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Anidride carbonica (CO 2 ) 

Onda lunga

2. Riscaldamento dell’aria: determina l’aumento della velocità di fusione dei ghiacciai e del ghiaccio polare In seguito allo scioglimento si ha una variazione delle caratteristiche

4.3  Gas serra e aerosol 

4.3.2  Anidride carbonica (CO 2 ) 

L’anidride carbonica è attualmente il più importante e potenzialmente più pericoloso dei gas serra, la cui concentrazione nella troposfera è aumentata più del 35% negli ultimi 200 anni, passando dallo 0,028% dell’epoca preindustriale al valore attuale dello 0,038%.

Ogni anno, circa il 65% della CO2 viene immessa nell’atmosfera in seguito alle attività di estrazione

e utilizzo termoelettrico dei combustibili fossili; il resto per effetto della deforestazione che trasforma ampi territori forestali naturali in ecosistemi agricoli, i quali catturano una quantità di CO2 da 20 a 200 volte inferiore.

54 A tutti è nota l’importanza della CO2 per la vita sulla Terra. E’ un gas assolutamente

indispensabile per la fotosintesi e permette la produzione delle sostanze organiche necessarie a tutti gli esseri viventi, piante, animali e microbi, i quali successivamente la liberano nuovamente

nell’atmosfera attraverso la respirazione o la decomposizione.

Figura 19: Ciclo del Carbonio

La concentrazione della CO2 nell’atmosfera, oltre che dal consumo e rilascio da parte degli esseri

viventi, è regolata anche da altri fenomeni importanti. Da una parte diminuisce diffondendo naturalmente nell’acqua degli oceani, dove può precipitare sotto forma di carbonati insolubili e contribuire alla formazione dei sedimenti e delle rocce calcaree; dall’altra viene immessa in grandi quantità dalla nostra civiltà industriale, prodotta soprattutto dall’uso dei combustibili fossili per i trasporti, il riscaldamento e la produzione di energia elettrica. Anche alcuni fenomeni naturali, legati soprattutto al vulcanesimo, immettono CO2 nell’atmosfera, ma certamente quasi tutto l’aumento

osservato deriva dalle attività antropiche. 4.3.3 Metano (CH4) 

Il metano è il principale componente del gas naturale ed è un eccellente carburante poiché produce un grande quantitativo di calore per massa unitaria. Bruciando una molecola di metano in presenza di ossigeno si forma una molecola di CO2, due molecole di acqua (H2O) e si libera una quantità di

calore pari a 891 KJ/mol:

55 Dalla combustione di un metro cubo standard (15 °C, 1 Atm) di metano si ottengono circa 36 MJ (8940 Kcal).

Il legame covalente carbonio-idrogeno nel metano è uno dei più forti tra tutti gli idrocarburi, per questo motivo il suo uso come materia prima in chimica è limitato. La ricerca di un catalizzatore che possa facilitare l'attivazione del legame C-H nel metano e negli altri alcani leggeri è un'area di ricerca con importanti risvolti industriali.

Il metano è un gas serra presente in atmosfera in concentrazioni molto inferiori a quelle della CO2

ma con un potenziale di riscaldamento globale ben 25 volte superiore (tempo di integrazione del GWP di 100 anni).

La sua concentrazione in atmosfera è aumentata da 715 ppb nel periodo preindustriale a 1732 ppb nei primi anni novanta con un incremento del 142%. Da quel momento il tasso di crescita della sua emissione è andato diminuendo fino a raggiungere un valore di concentrazione pari a 1774 ppb nel 2005.

Il metano è il risultato della decomposizione di alcune sostanze organiche in assenza di ossigeno e per questo motivo è classificato anche come biogas.

Le principali fonti di emissione di metano nell'atmosfera sono:

 decomposizione di rifiuti solidi urbani nelle discariche;

 fonti naturali (paludi);

 estrazione da combustibili fossili;

 processo di digestione degli animali (bestiame);

 batteri nelle risaie;

 riscaldamento o digestione anaerobica delle biomasse.

Dal 60% all'80% delle emissioni mondiali è di origine umana. Esse derivano principalmente da miniere di carbone, discariche, attività petrolifere e gasdotti e agricoltura.

Il metano è inodore, incolore ed insapore, quindi per essere distribuito nelle reti domestiche deve essere "odorizzato" mediante un processo di lambimento di un liquido dal caratteristico che gli conferisce "odore di gas" (spesso si tratta del tetraidrotiofene). Questo procedimento si rende indispensabile in modo da rendere avvertibile la presenza di gas nell'ambiente e diminuirne la sua pericolosità.

56 4.3.4 Protossido di azoto (N2O) 

Il protossido di azoto costituisce una piccolissima parte dell’atmosfera, ed è mille volte meno presente della CO2 ma quasi 300 volte più potente nel trattenere il calore (tempo di integrazione del

GWP di 100 anni). La concentrazione del protossido di azoto è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni, passando da 270 ppb del periodo pre-industriale ai 319 ppb del 2005.

La maggior parte del protossido di azoto in atmosfera deriva da processi microbiologici. Nei terreni e nelle acque, le maggiori fonti di emissione di N2O sono i processi di nitrificazione e

denitrificazione, quest’ultimo il principale responsabile delle emissioni di N2O in ambienti

sotterranei.

Esso viene anche prodotto dalla deforestazione e dalla conseguente trasformazione di vasti territori in sistemi agricoli. Altre fonti sono la combustione di biomasse e dei combustibili fossili. Più difficile è determinare la quantità e l’importanza dell’N2O rilasciato dai fertilizzanti.

4.3.5 Clorofluorocarburi (CFC) 

Composti chimici sintetici costituiti da idrocarburi nei quali tutti gli atomi di idrogeno sono

sostituiti da atomi di cloro o di fluoro. Sintetizzati per la prima vota negli anni trenta del 20° secolo, fino a non molto tempo fa venivano utilizzati come propellenti nelle bombole spray, come

refrigeranti nei sistemi frigoriferi, come solventi e come agenti schiumogeni nella produzione di imballaggi.

I CFC sono sostanze inerti, e quindi atossiche. Proprio a causa della loro inerzia chimica, tuttavia, si diffondono intatti in atmosfera raggiungendone gli strati più alti. Nella stratosfera, la radiazione solare che li colpisce innesca reazioni fotochimiche che coinvolgono l’ozono, riducendo la concentrazione in atmosfera di questo importante composto. La relazione tra clorofluorocarburi e assottigliamento dello strato di ozono fu rilevata negli anni settanta dello scorso secolo; la scoperta diede origine a ricerche scientifiche e iniziative internazionali finalizzate a ridurre l’uso e la

concentrazione atmosferica dei CFC. Oggi sembra che le misure adottate nel protocollo di Montréal, ratificato nel 1987, stiano dando i loro frutti.

Sono potenzialmente i gas serra più attivi ma, essendo stati usati soltanto per pochi decenni, la loro concentrazione nella troposfera è bassa, circa 0,9 ppb. Inoltre le ultime misure dimostrano che la loro concentrazione inizia a diminuire a causa della riduzione della loro produzione.