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Oltre al peso dato da temi come la sessualità, la violenza, la schiavitù, non certo una novità ma di sicuro una strada ancora poco battuta in un’epoca precedente alla realizzazione massiccia di pinku eiga1 di animazione e direct-to-video2, popolari

soprattutto a partire dagli anni Ottanta, questa trilogia è degna di nota per la portata delle animazioni, dei segni in esse trasmessi e degli esperimenti compiuti nei lungometraggi.

Sen’ya ichiya monogatari

Il colore

Il colore e, di conseguenza, l’assenza di colore sono le caratteristiche che per prime saltano all’occhio dello spettatore che si avvicini a quest’opera della Mushi Production. Come si vedrà in seguito, il cinema in generale – e l'animazione in particolare – possiede la peculiarità di passare da una ricchezza e varietà di toni e luci a una fotografia più monocroma, a punti in cui addirittura si troverà un totale vuoto nello sfondo, con il chiaro intento di rispecchiare il sentimento che il protagonista sta vivendo all’interno della scena.

Dopo una serie di immagini i cui colori vengono raffigurati in modo piuttosto classico, ecco apparire per la prima volta la predominanza del rosso e

delle sue sfumature, che si faranno strada anche in altri parti della narrazione visiva. Durante l’amplesso tra Aladdin e la giovane schiava Miriam, meglio descritto

1 I “film rosa”, film soft-porno sviluppatisi durante gli anni Settanta in Giappone. Confronta il capitolo

Cenni storici.

nell’apposito capitolo Sensualità e sessualità negli Animerama3, infatti, le immagini e il

corpo di lei assumono più volte i toni caldi del cremisi, a simboleggiare non soltanto la perdita della verginità della ragazza, ma anche il calore e la passione che avvolgono i due personaggi. La scelta di non mostrare direttamente i corpi nudi – fatta eccezione per il seno di Miriam – ma di sostituire il tutto con la rappresentazione di un fiore che sboccia in mezzo allo schermo per poi andarsi a trasformare nel tessuto interno di un utero è un interessante rimando di segni che esemplifica il lavoro dell’intera opera. Ne è un ulteriore esempio il susseguirsi di linee ondulate sullo sfondo rosa carico (e non rosso, stavolta) nel corso di altre scene d’amplesso e di sesso di gruppo, quando Aladdin approda sull’isola delle donne serpente. Fra tutte, di particolare rilevanza è quella disegnata da Sugii Gisaburō4, in cui il protagonista si unisce alla regina dei serpenti, in

cui linee ondulate si installano sul fondale rosa. Rossi sono anche i frutti dalla forma di natiche femminili – di cuore – che questa dà da mangiare ad Aladdin, per potergli restituire vigore ed energia in modo da proseguire l’unione con lui.

Il rosso torna presto con la successiva presentazione della banda di ladri; ispirati naturalmente alla storia di Ali

Baba e i Quaranta Ladroni5

della raccolta di novelle omonima del lungometraggio, l’uomo a capo di questo manipolo di furfanti del deserto si chiama Kamarkim e non pare nemmeno essere uno dei personaggi centrali. Sarà molto più rilevante sua figlia Mardia, compagna di viaggio di Aladdin per un breve periodo e perennemente nel retroscena delle sue avventure. Gli uomini di Kamarkim sono rappresentati come figure bianche e dai contorni morbidi ma disarmonici, che danzano nella caverna che è il loro

3 Cfr. Sessualità e sensualità negli Animerama.

4 Cfr. la sezione dedicata presso la filmografia dell'artista, Sugii Gisaburō e gli Animerama. 5 Nonostante sia uno dei più famosi racconti tra quelli inclusi in Le mille e una notte, Ali Baba e i

quaranta ladroni ne entrò a far parte soltanto nel XVIII secolo per mano dell'orientalista francese

Antoine Galland (1646-1715), nell'undicesimo libro della prima traduzione europea di Les mille et

une nuit, contes arabes traduits en français (“Le mille una notte, storie arabe tradotte in francese”,

covo. Mentre i loro corpi sono candidi con forti ombre, come se fossero colpiti da luce diretta, lo sfondo delle rocce è color sangue. Essi danzano, come se nuotassero, le spade in pugno e una donna da contendersi, con una musica ritmata di sottofondo.

In seguito vi è, appunto, l’introduzione del personaggio di Mardia, la quale indosserà per l’intera durata del film, nonostante il salto temporale di quindici anni, una succinta tutina rossa e attillata, da cui spesso fa capolino un capezzolo se non entrambi i seni, offrendo un simbolo della forza del personaggio e della sua sensualità. A incorniciare questi tratti caratteriali sono anche i capelli di Mardia, sbarazzini e di un bel carminio.

Persino la rappresentazione del fuoco conserva dei particolari poco comuni: come ci si aspetterebbe da qualsiasi tipo di incendio, sia esso dipinto nell’animazione o meno, le

tinte predominanti sono

naturalmente quelle del rosso. Tuttavia non solamente le fiamme vengono raffigurate in questo modo, sono persino i personaggi e le pareti del palazzo di Suleiman a conservarne la sfumatura. L’idea che viene trasmessa è quella di un'osmosi di colore, che riesce a contagiare non tanto i luoghi che lo circondano, ma finanche le persone. In questa scena, inoltre, sono di nuovo protagonisti i ladri di Kamarkim, e quindi anche Mardia. La loro presenza non è che una continuazione della tonalità, e quasi un’estensione e completamento delle immagini precedentemente viste nella caverna.

Non meno significativa è la scelta del rosso per colorare la scena della rivolta di Baghdad a fine pellicola, quando la folla insorge contro il dispotismo e la tirannia della guida di Aladdin, eletto califfo in precedenza e da allora sempre visto indossare un manto dello stesso colore. Il fervore della popolazione diviene così ben definito non solo dalle azioni, bensì trova il modo di trasmettersi inconsciamente allo spettatore. Stavolta, tuttavia, saranno gli edifici della città e il cielo ad assumere le tonalità del rosso, mentre i personaggi rimarranno invariati. Mardia, che appare vagare per i tetti di Baghdad, sarà quasi una macchia confusa in mezzo alla moltitudine di gradazioni differenti di scarlatto.

come nel corpo di Havalaskum dopo che questi ha bevuto una pozione d’amore, nel piumaggio dell’uccello gigante che lotta contro un mostro in una delle isole del viaggio di Aladdin, o di una palla gigante e non meglio identificata che vaga nel mare e porta la barca a naufragare, o nel vestito delle donne che irrompono in una danza frenetica e sensuale nel corso della gara tra il Califfo di Baghdad e Aladdin-Sinbad per la supremazia della città. Il rosso è da sempre simbolo di femme fatale se indossato da una donna, tuttavia qui par più essere una forzatura, una induzione allo spettatore di credere che anch’esse siano passionali, piuttosto che avere un vero e proprio significato come nel caso dell’abito di Mardia. Certamente, l’importanza della sfumatura di questo colore viene trasmessa allo spettatore dalle immagini dei vari amplessi o da quelle di furore e rabbia, coltivando i sentimenti forti dei protagonisti e mostrandosi in ogni suo significato.

È forse ancora più evidente l’assenza stessa del colore, in un’animazione tanto ricca come quella di Sen’ya ichiya monogatari. Le primissime immagini della pellicola dipingono il protagonista assoluto, Aladdin, che cammina nel deserto in direzione di Baghdad6. La colorazione, in questo caso, si basa fortemente sui toni di grigio, con largo

uso del nero per rimarcare le ombre, e del bianco. È molto interessante il ruolo coperto proprio dall’ombra del venditore d’acqua, che si allarga, si sposta nel quadro dell’immagine, si assottiglia, rivelandosi l’unico elemento duttile del fondale, su cui la figura di Aladdin pare essere sovrapposta come una marionetta di carta le cui gambe si muovono a ritmo. Questa stessa sequenza di immagini verrà ripetuta, al contrario, come l'epilogo della narrazione, in cui Aladdin riconosce la propria avidità e fa ritorno alla vita che conduceva prima delle vicende raccontate, tornando nel deserto come venditore d’acqua, riportando ciclicità.

Nell’introduzione del personaggio di Mardia, la scena dello stupro della ragazza da parte di Badhli è molto significativa e caratteristica per l’uso della colorazione, che è ottimizzata al fine di ottenere un effetto pastello con tanto di linee bianche tra il tratteggio delle matite. Il cielo, tuttavia, è raffigurato in nero e bianco, un incrocio di righe che cozzano tra loro, si inghiottono e riemergono, probabilmente a sottolineare la crudezza della situazione che il personaggio femminile sta vivendo, il sentimento di 6 Per un'analisi più dettagliata della scena, si veda il capitolo Il tempo.

odio che sta provando e i moti del suo animo. A un certo punto i contorni del corpo di Mardia sfumeranno e soltanto i suoi occhi e le lacrime da lei versate saranno visibili, i disegni della scena evidenziati dall’utilizzo di colori pastello non però privi di forti contorni neri. Un impiego molto simile del colore sarà visibile in un’altra scena, all’arrivo di Sinbad presso Baghdad, il cui porto e vicinanze saranno descritti nel medesimo modo, con immagini pastello dai toni scuri e con contorni ben definiti, che tracciano persino lo scorrere delle onde del mare, il tutto realizzato in toni seppia.

Peculiari sono le scene di prigionia e tortura7 che subisce Aladdin dopo la cattura sua

e di Miriam da parte di Badhli. I colori divengono ovattati sullo sfondo, il buio con il nero, il grigio e il blu sono preponderanti, mentre il protagonista mantiene i propri colori originali, vivi e accesi come alla luce del giorno, nonostante sia rinchiuso in una cella sotterranea. Questo almeno fino al momento in cui si fingerà morto e anch’egli assumerà un incarnato cadaverico come quello già visto in alcuni prigionieri. Dopo essere stato gettato nella fossa comune, egli diviene tutt’uno con l’oscurità, tanto che quando comincerà la sua scalata verso l’uscita e la conseguente libertà ne verrà mostrato solo il volto, un pallido cerchio bianco che pare fluttuare nel buio totale che lo circonda. Alla fine tornerà il colore, in un’alba calda dai toni del rosso e del rosa, e Aladdin correrà verso il sole, una grande palla all’orizzonte.

Aladdin si rimette subito sulle tracce di Miriam, che nel frattempo è spirata per partorire Jalis, la loro figlia. I colori che accompagnano la sua ricerca sono per la maggior parte freddi, come il verde, il blu, il giallo, o un rosso intaccato da una forte presenza di bianco. I disegni sono statici, e sembrano essere solo una bozza incompleta dell’immagine proposta, che non giungerà mai. La matita nera delinea sommariamente i contorni, le ombre sono date da semplici righe orizzontali e verticali sul volto e sui

vestiti. Le uniche animazioni sono i movimenti dei piedi di Aladdin, visibili mentre attraversano verticalmente lo schermo in una striscia dai toni arancioni. Man mano che il protagonista si avvicina

alla verità, i colori si inscuriscono: lui rosso, i palazzi blu, lo sfondo nero e infine di nuovo Aladdin, ma in un giallo carico. Le ombre sono sempre più marcate, l’espressione sul suo viso sempre più scura. Le sue domande divengono frenetiche, e così le immagini, che si susseguono in

riquadri su un unico fondale nero, ma sono ormai pezzi del volto, tagli di mani e piedi, sempre più abbozzati. Lui, disperato, apparirà sul lato destro, ancora

disegnato a matita, fintanto che sulla sinistra dello schermo vediamo Miriam partorire, in un tratto di animazione comune, lo stesso delle scene precedenti e successive del lungometraggio. Si giunge infine alla totale assenza di colori alla notizia della morte dell’amata. Aladdin è una figura bianca, oltre le sbarre di un cancello, tratteggiato con contorni scuri. Il resto dello sfondo è nero, simbolo della sua tristezza e del suo vuoto interiore.

Lo stesso sentimento di vuoto che si riflette nell’immagine si ritroverà parecchio più avanti, quando un ignaro Aladdin tenterà di sedurre la propria figlia, rischiando così l’incesto, poiché Jalis è naturalmente identica alla donna che non ha mai dimenticato8, e capirà che la

ragazza gli preferisce il giovane Aslan, nonostante le innumerevoli ricchezze di cui Aladdin è in possesso e che promette sia a lei sia al giovane. In questo caso, addirittura, l’animazione è ridotta al minimo. Soltanto la figura di Aladdin è tracciata di bianco su uno sfondo nero, tutto si svuota, la mente e il cuore del protagonista e l’immagine nella

8 La somiglianza tra le due protagoniste femminili è certamente ricercata: persino la doppiatrice è la stessa, Kishida Kyoko. Cfr. La colonna sonora e l'appendice Staff dei film.

pellicola, con le sue sensazioni. Aladdin rimane un tratto trasparente sullo sfondo della città, mentre piagnucola come un bimbo a cui è stato negato un giocattolo a lungo desiderato. Questo è un altro

esempio di efficace trasmissione delle emozioni di cui si avvale questo film.