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L’animazione mista – ovvero l’utilizzo di fondali reali su cui vengono poste le animazioni e su di essi fatte muovere – è ampiamente utilizzata in questa pellicola, meno nei due film successivi della trilogia.

A partire dalla scena iniziale del viaggio di Aladdin nel deserto, infatti, si nota che le dune non sono affatto disegnate, bensì riprese reali il cui colore è stato esasperato fino a farle apparire bianche e su cui viene apposta e fatta danzare l’ombra del protagonista e quindi inserita la figura stessa del personaggio, che appare come una marionetta di carta.

È dal deserto che spesso giungono le migliori animazioni a tecnica mista, come si evince dalla prima scena di tempesta di sabbia durante la compravendita di schiave, grazie alla quale Aladdin riesce a strappare Miriam dalle grinfie di Havalaskum. Il medesimo uso della sabbia si troverà anche successivamente, durante la colluttazione tra Aladdin e Badhli, nel mezzo della quale un’ennesima tempesta colpirà il protagonista. Aladdin ha appena appreso della morte di Miriam, e vorrebbe vendicarsi uccidendo Badhli, che ritiene essere l’unico colpevole dei drammi che ha passato. La loro lotta nel deserto è per più volte osservata attraverso due tondi nello schermo, l’uno comprendente Aladdin e l’altro Badhli. In realtà sono le orbite vuote del teschio di animale abbandonato sulla sabbia, che restringe il campo dell'azione. Un’altra tempesta si avrà nelle scene finali del film, quando la Torre di Baghdad crolla sotto il forte vento del deserto e Aladdin ritorna tra le dune, sempre fotografate realmente come all’inizio del lungometraggio. È una felice coincidenza o forse uno strategico utilizzo del

linguaggio visivo il fatto che l’arrivo di una tempesta combaci con i sentimenti forti provati dal protagonista Aladdin: la frustrazione per non poter ottenere Miriam, la rabbia per la morte dell’amata, la questione di Jalis e la fine della propria carriera da Califfo.

Non solo la sabbia viene illustrata realmente: anche il suo opposto, il mare, gode dello stesso trattamento. Appare per la prima volta quando Aladdin convince Mardia a risparmiargli la vita e a fuggire invece con lui a bordo di un cavallino di legno volante. I due sorvolano delle onde che sono, appunto, rappresentate con vere immagini. Sarà così per tutto il viaggio per mare, che Aladdin sia rimasto sull’isola delle donne-serpente o che sia egli naufragato sulla nave del Genio,

le cui vele, in ogni caso, sono intessute con vera stoffa.

Altri punti di immagini fotografate si ritrovano disseminate per l’intera pellicola.

Ne sono un esempio tutto ciò che include l’oro, come i tesori della caverna dei ladri dentro i quali Aladdin si tuffa e la cui luce è esasperata e stereotipata, le tende viola e oro della stanza della regina delle donne-serpente, o ancora la gara del fiore e della farfalla durante la sfida tra Aladdin-Sinbad e il Califfo. A concludere questo elenco, le riprese di Baghdad durante il regno di Aladdin e la costruzione della Torre, che regala scene suggestive quando viene scossa dalle tempeste di sabbia, mentre Aladdin urla la sua frustrazione al vento, raffigurato come una nebbiolina bianca che si muove sulla città, o al crollo della costruzione da lui commissionata.

Kureopatora

Il colore

Nel secondo lungometraggio degli Animerama, la presenza di colori fuori dall’ordinario o in qualche modo simbolici è significativamente diminuita rispetto al precedente Sen’ya ichiya monogatari, ed è quindi limitato ad alcune scene. In

Kureopatora si preferisce, invece, un rimando di segni più esplicito.

Sarebbe errato, tuttavia, non considerare queste poche ma sostanziali scene in cui anche l’uso del colore contribuisce a creare l’atmosfera corretta in cui inserire il narrato. È questo il caso delle numerose scene di battaglia, a partire da quelle iniziali ispirate da una vena di slapstick comedy9 per le figure stilizzate e caratterizzate da personaggi

vestiti in abiti contemporanei e dal design completamente diverso rispetto a quello usato nel resto del film, i quali vengono strapazzati dall’esercito conquistatore, o schiacciati inverosimilmente da un grossa macchina che cala un masso sulla testa di centinaia di egiziani radunativi sotto. Sono queste le primissime immagini dell’Egitto, luogo di lotta in cui predominano colori freddi e acidi, come il blu, il rosso chiaro e il giallo o il verde, utilizzati anche per i corpi dei personaggi, come l’intero esercito romano, tinto di una sfumatura di blu, di alcuni condannati a morte verdastri, donne dal corpo completamente rosso-arancione o giallo.

Questo poi prosegue anche nella distruzione del gruppo di cospiratori anti-romani da parte dei soldati di Cesare. I primi sono rappresentati come ombre rosse, mentre i secondi hanno di nuovo toni sul blu. Si scontrano su uno sfondo nero che fa da contrasto a questi due colori primari, utilizzati esclusivamente per tracciare i profili dei loro corpi e delle loro armi, lasciandoli sostanzialmente in ombra. Il sangue, naturalmente, ha dovuto trovare una diversa gradazione in cui collocarsi, divenendo verde acido, quindi

9 Tipo di commedia basata sul linguaggio del corpo e nata con il cinema muto. Il termine deriva dal

un colore non solo freddo come può esserlo il blu, ma anche discretamente più acceso. Gli schizzi esplodono dai corpi martoriati dei ribelli, solo per finire a imbrattare lo schermo.

Nell’avvicinarsi al finale della vicenda, si troverà un’altra scena di battaglia, stavolta navale, in cui si scontreranno Antonio e Ottaviano per la supremazia dell’Egitto, ovvero la Battaglia di Azio del 31 a.C.10 Mentre Antonio incontra il suo destino di sconfitto,

sapendo comunque di essere già stato avvelenato dalla sua innamorata, le immagini del suo amore con Cleopatra affiorano, adornate di una tinta bluastra per sovrastare quelle della guerra, dai toni decisamente più foschi a causa del fumo dei cannoni e degli incendi, fino all’ultima di queste, che invece risulterà essere molto vivida.

Il fuoco si merita una sezione a parte: esso, infatti, non conserva quasi mai i colori che si trovano in natura. Riprendendo ancora una volta la scena della marcia romana sull’Egitto, i rosa

carico, blu chiaro, giallo, verde, arancione e rosso si fondono nelle fiamme della abitazioni bruciate dai soldati. Nella prima esplosione che causa l’affondamento della nave di Ionius, le fiamme sono raffigurate come un insieme di giallo, rosso e blu, mentre il fumo che si alza dalle rovine dell’imbarcazione è nero, grigio e addirittura verde scuro. Ionius, poi, per salvarsi dall’imprigionamento presso gli egiziani, e per sottrarre Libia allo stupro di gruppo, costruirà a mano un esplosivo fatto in casa, che si brucerà formando scintille e fiamme dal colorito bianco, rosa e blu.

Il colore diviene parte importante e caratteristica nelle immagini della divertentissima e concitata scena in cui le donne egiziane intrattengono i soldati romani per far sì che Cleopatra possa realizzare il proprio piano di uccidere Antonio. Le case, 10 Cfr. il capitolo Il tempo per la comparazione con la veridicità storica nel film.

l’intera città, i corpi iniziano a muoversi a ritmo di musica11, perdono i contorni di china

predefiniti e rimangono come quadri dipinti a olio, grosse macchie di colore sullo schermo. Presto anche i corpi nudi e felici delle coppie intente a fare l’amore si confondono con lo sfondo, le movenze sono più morbide e al contempo caricaturali, i colori sono più caldi e accesi per trasmettere la gioia e l’assurdità della situazione.

Una tecnica di certo innovativa, nonché una trovata illuminante, è la decisione di distinguere gli incarnati dei personaggi anche solo per specificare la loro appartenenza, sia questa romana o egiziana, facendo sì quindi che Libia e altre donne della corte abbiano un colorito più scuro e tipicamente africano, mentre la pelle di Cleopatra e del fratello Tolomeo sia pallida come quella dei romani e, in generale, della popolazione europea, poiché la discendenza della loro dinastia è greca e non egiziana. Tutto questo va certamente a contrastare con la carnagione di Cesare che, assieme a quello dei suoi gladiatori, a eccezione di Ionius, che pare più un tedesco o comunque un nordico, è bluastro. Apprenderemo che, in ogni caso, il dittatore soffre di una rara malattia, e questo potrebbe giustificare la cera non proprio sanissima che si ha l’impressione di avere di fronte, se non che il medesimo incarnato si vedrà anche in Ottaviano.

Una deflagrazione di colori, sapientemente sistemata come l’esplosione di un insieme di fuochi artificiali, precede, intervalla e segna financo la conclusione della scena d’arrivo a Roma di Cleopatra, accompagnata da Cesare e dal loro figlio Cesarione. L’importanza delle immagini e la necessità di cesura che viene perfezionata grazie appunto alla presenza di questi stacchi colorati è descritta nell’apposito capitolo concernente i segni inclusi nel lungometraggio12. Questi due minuti di ininterrotti

disegni, riproduzioni e parodie sono demarcati in questo modo al fine di trovare uno spazio separato dal resto della narrazione nella quale sono stati inseriti.