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I tre lungometraggi della serie Animerama sono stati pensati fin dal principio come opere indirizzate a un pubblico di adulti, e ciò significava, di fatto, l’averli concepiti come prodotti di animazione erotica. Il risultato, certamente da considerarsi in rapporto al periodo storico della loro proiezione nelle sale, è un miscuglio di scene dal sapore fortemente sensuale più o meno esplicite, dove la sessualità è mostrata soprattutto per mezzo di segni e rimandi, linee che si intrecciano e simboli, mentre la vista diretta di genitali non trova spazio.

Sen’ya ichiya monogatari

Si può dire che in Sen’ya ichiya monogatari sia proprio il desiderio sessuale a dare la spinta all’azione narrata. Il protagonista, Aladdin, si invaghisce della giovane schiava Miriam, e decide pertanto di rapirla. La trasporta quindi in una casa apparentemente disabitata, dove i due ragazzi consumano il loro amore. Dapprima, Aladdin osa solo sfiorare le labbra di Miriam con le sue, quindi l'abbraccia e la bacia con passione, toccandole il seno. Miriam ha un’espressione di pace scolpita sul volto, non di estasi o piacere. La musica calma aiuta a calarsi nell’atmosfera dolce, di un amore sussurrato, accarezzato e non violento. Lei, completamente nuda, piega le ginocchia e lascia che i piedi scivolino sui pantaloni di lui. Il ventre di lei, sottile ma morbido, è in evidenza oltre il bacino di Aladdin, in un’inquadratura eroticissima. L’immagine di Miriam è mutata: ora è dipinta sui toni del rosso con un forte riflesso verde, colori che si contrastano. Qualche goccia bianca disegna le labbra e i denti, visibili nella bocca dischiusa. La ragazza è ormai immersa nel piacere. La camera scivola sul suo corpo, lascivamente abbandonato, le braccia aperte e distese lungo i fianchi, in una posa di totale rilassamento. Arrivati all’inguine, la scena viene tagliata, finché, finalmente, Aladdin e Miriam si lasciano trascinare dall’amore.

L’atto non viene mostrato esplicitamente, si è preferito invece animare un fiore rosso – rimando alla perdita della verginità di Miriam – mentre sta sbocciando. Il simbolismo legato all’idea del fiore, segno di purezza e di giovinezza, mentre matura, quindi passa

dal bocciolo all’età adulta, sarebbe già più che sufficiente a veicolare l’immagine desiderata allo spettatore, che di certo ha compreso la crescita dei sentimenti dei due protagonisti e l’amore che hanno consumato. Tuttavia, gli animatori e il regista si spingono oltre, seguendo la decisione di trasformare i pistilli di suddetto fiore, attraverso cui la camera sembra muoversi, in un tunnel che si snoda sullo schermo mediante linee che convergono in un centro comune, un vuoto nero, in un chiaro riferimento al ritratto di un utero, così che la scena si connoti di uno spirito più adulto e, in un certo senso, esplicito. Sotto un distesa di fiori scarlatti, i due innamorati volano su un tappeto magico, legati in uno stretto abbraccio. Lui indosserà i pantaloni per l’intera durata della scena.

All’insaputa dei giovani, il loro amplesso viene spiato da Suleiman, il proprietario della stanza da letto in cui si sono rifugiati: egli li rinchiude, ordinando loro di continuare ad amarsi per il suo personale piacere. Il tema del voyeurismo viene ripreso anche in un momento successivo, ma stavolta sarà lo spettatore ad avere la sensazione di spiare l’intimità di due persone, nello specifico quella dei personaggi del Ministro Badhli e della moglie del defunto Capo della polizia (la quale aveva addirittura un rapporto quasi incestuoso con il proprio figlio, Havalaskum, prima che questi morisse), che vengono intravisti amarsi al di là di un velo dalla colorazione viola e dorata, scena che riprende esplicitamente quella di Aladdin intento a braccare la regina delle donne- serpente, vista oltre una tenda bordata d’oro, nell’atto della sua trasformazione. Questo pare quasi un monito morale sull’eticità del voyeurismo in sé, e sulle conseguenze che esso può avere: si ripensi soltanto alla morte quasi immediata di Suleiman dopo la scoperta dei due giovani nella sua abitazione, o la fuga forzata di Aladdin dall’isola. D’altronde, la curiosità, o, meglio, l’eccesso di curiosità, da sempre motore delle vicende di svariati personaggi, in molte culture letterarie viene tradizionalmente punita.

Basti riflettere sulla curiositas di Ulisse1 o sulla cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden

nella Bibbia2, libri i cui riferimenti nel film sono molteplici, specialmente dell’ultimo

menzionato, durante la scena che vede protagoniste le donne-serpente.

Ed è proprio in questi minuti ambientati sull’isola che si concentra la maggioranza delle scene erotiche del lungometraggio. Le immagini di nudità femminile, per quanto essa sia velatamente celata dai lunghi capelli fluenti delle donne, sono naturalmente fonte di erotismo, tuttavia l’isola pare essere inesauribile sorgente di segni e rimandi, nonché di riproduzioni esplicite. I corpi di donna vengono unificati e rappresentati come un tutt’uno, si ammassano e si muovono seguendo un moto ondulatorio, come fossero trascinate in mare, fino ad andare a

congiungersi in un insieme di linee al centro di una schermata bianca; e queste linee tracciate si trasformano, per la seconda volta nella pellicola, in un organo

sessuale femminile, che viene aperto e attraversato da uno stanco Aladdin. La figura, in ogni caso, non è esplicita come potrebbe risultare a parole: si tratta pur sempre di una comunicazione tramite un disegno che, naturalmente, finisce col risultare familiare allo spettatore, fino a indurlo a ritrarre nella propria mente l’idea stessa del genitale femminile. È da notare, comunque, che le donne non si curano esclusivamente di Aladdin, ma nella foga si accarezzano anche tra di loro, si abbracciano, e appare chiaramente una di loro che si immerge nel basso ventre di una compagna, a praticarle, presumibilmente, del sesso orale.

Il protagonista, comunque, si ferma a riposare e rinfrescarsi presso una vasca naturale, da cui zampilla acqua fresca e le cui rocce sono levigate in modo tale da assumere le sembianze di un lascivo corpo di donna, le gambe aperte, il seno sporgente e il ventre vuoto che ospita Aladdin. Quando aziona la doccia, il cui getto è emesso da 1 Thomas STURMER, Il mito di Ulisse nel tempo, un tòpos letterario, in “AgoraVox”, 2010,

uno dei capezzoli, l’acqua in eccesso viene drenata attraverso lo spazio tra le cosce. Anche i tronchi dell’isola sono sinuosi, e riprendono i tratti del profilo di una donna in posa voluttuosa, i seni voluminosi e il fondoschiena esposto. I loro frutti sono inequivocabilmente a forma di natiche, ma anche di cuore rosso stilizzato, e magicamente aiutano a recuperare vigore sessuale in chi ne mangia, tanto che ad Aladdin compare un cuore rosa e palpitante sia sul petto, sia tra le gambe, e i muscoli e il cervello acquistano nuova forza e sembrano vibrare di energia.

Le donne-serpente, come si è detto poco sopra, sono anche occasione per animare immagini di amore omosessuale, ma il punto forte e massimo esponente nell’intera lunghezza del film per quanto riguarda l’espressione attraverso l’uso di segni è la scena animata e disegnata da Sugii Gisaburō, il talentuoso animatore lodato e amato anche dal regista Yamamoto Eiichi3. Su uno sfondo rosa carico, colorato mediante luci,

si intrecciano e formano linee continue, sinuose e ondulate, efficaci mezzi metaforici dell’amplesso in cui si trovano

invischiati Aladdin e la regina dei serpenti. In questo inseguirsi di immagini, di cui si parla nel capitolo specifico dedicato all’animatore e

regista sopraccitato, lo spettatore si trova di fronte a continui rimandi e provocazioni visive, come una forma apparentemente fallica che prende vita da un ginocchio soltanto mediante l’aggiunta di una linea nel mezzo della figura, o le dita intrecciate dei due amanti che si carezzano e vanno a trasformarsi in un groviglio di gambe, o ancora ginocchia e mani che si tramutano in una schiena maschile ritratta mentre si accoppia

3 Cfr. ISHIOKA Masato, Animeshi Sugii Gisaburōアニメ師杉井ギサブロー (“Maestro d'animazione Sugii Gisaburō”), 2012.

con una donna, come se fosse un susseguirsi di illusioni ottiche, che, grazie al cambio di prospettiva della camera e dello schermo, si trasfigurano sempre in qualcosa di differente rispetto a quanto si è pensato in principio. Vi sono, poi, figure che paiono essere state create in questo contesto esclusivamente per far nascere rimandi sessuali nella mente dello spettatore. È questo il caso della figura di Mardia, la giovane ladra il cui vestito rosso e attillato, una tutina a tutti gli effetti, non si adatta assolutamente al contesto in cui è ambientata l’azione (sebbene gli abiti degli altri personaggi siano commisurati al tempo e al luogo della narrazione), ma sembra essere giunta direttamente dagli anni in cui venne fabbricato il lungometraggio. Il taglio sbarazzino dei capelli ricci color carota è più significativo infatti degli anni Settanta e forse precursore dei successivi Ottanta, piuttosto che dell’antica Baghdad. La donna, poi, entra in scena per la prima volta totalmente nuda, ritratta finché nuota in un lago, e viene poco dopo stuprata da

Badhli, cogliendo così l’occasione di mostrare anche il lato violento del sesso e della sessualità. Per l’intera pellicola un seno le uscirà provocante dalla veste,

offrendo costantemente una fonte di eccitazione. Oltre a Mardia, degni di menzione sono di certo i due piccoli alieni che aiuteranno Jalis e Aslan a unirsi e coronare il proprio amore: Gin e Giny. Essi sono immortali e mutaforma, pertanto sperimentano in ogni modo possibile la loro intimità, che pare ormai risultare noiosa a Giny. Questa, oltretutto, si esibisce in uno svariato numero di trasformazioni erotiche, che avvengono per mezzo dello

sfregamento dei seni: un ragno, un cavallo (anch’esso con un petto femminile) che necessita una conturbante sculacciata autoinflitta per riuscire a produrre una coda, o anche una leonessa che, esibendo il deretano flessuoso allo spettatore, riesce ad allontanare l’attenzione dei leoni dall’attaccare il suo amato Aslan, infine un mostro in cui Gin la trasforma, per proteggerla (mostrarsi nelle sue vere sembianze la farebbe morire, ma lei è disposta a farlo per amore di Aslan), e che avrà una coda, una proboscide e in ultima istanza un aspetto orrendo, ma comunque un abbondante petto. Gin e Giny non sono così differenti, nella loro forma, dagli esseri umani. Sono rispettivamente verde e arancione, con un’antenna sulla sommità della testa e un naso a punta. Giny ha un seno, i fianchi accentuati e tutto sommato un aspetto piacevolmente femminile, Gin è più virile.

Anche nel travestimento da uomo di Jalis si può vedere una maniera come un’altra per mostrare un diverso aspetto della sessualità. La ragazza deciderà di viaggiare da sola per ritrovare il suo amore, che è sicura di non aver sognato, e ritiene di certo che viaggiare vestita da uomo sia più sicuro. Aslan, infatti, le toccherà il seno per verificare la sua femminilità e avverrà in questo modo il riconoscimento reciproco. Il ragazzo, inizialmente riluttante a commettere una simile azione con un altro uomo, è stupito e felice di aver ritrovato Jalis, per scontento di Giny che, divenuta un cavallo rosa, lo aveva accompagnato per accontentarlo, e si vede accoppiata con il di lei destriero, invaghito a tal punto della sua trasformazione da emanare cuoricini rubino nell’aria attorno a lui.

Kureopatora

Il cambiamento del titolo di Kureopatora in Cleopatra: Queen of Sex, eseguito dall’adattamento americano, non riflette affatto il rilievo che riveste il sesso in questo lungometraggio, né la modalità in cui esso viene illustrato e affrontato, facendo apparire il film decisamente più superficiale di quanto realmente sia, almeno agli occhi di uno spettatore ignaro. In verità, la sfera sessuale in Kureopatora si basa principalmente sul presupposto che questa venga utilizzata come moneta di scambio per conquistare e proteggere il regno della protagonista, l’Egitto, e un mezzo per le donne di ottenere ciò

che desiderano, sfruttando e aggirando gli uomini. La chiave di lettura, come si può comprendere, è quindi decisamente più ampia.

Il tono assunto dalla storia è messo in chiaro già dall’apparizione di Cesare sullo schermo: il condottiero, appena giunto in Egitto, rapisce una fanciulla e le spoglia il seno con la forza. In verità, le chiederà perdono poco più tardi, dimostrando nel corso della pellicola la propria natura passionale, ma non per questo priva di morale.

Cleopatra viene

presentata per la prima volta alla riunione dei ribelli, intenzionati a liberarsi degli invasori dell’Egitto, cioè di Cesare, e del faraone suo alleato, utilizzando una donna che avvicini il dittatore romano e lo uccida. Cesare, infatti, è conosciuto per la sua passione per le belle ragazze. Libia si offre volontaria, ma Apollodoria la ferma: una donna comune come lei non potrebbe mai riuscire a entrare nelle grazie di Cesare tanto da poterlo assassinare, è necessaria una persona di rango più elevato. A questo punto, ella presenta Cleopatra, che appare con il volto nascosto da un cappuccio. I ribelli la riconoscono, è la sorella maggiore del faraone, e per questo esprimono un forte scetticismo, in quanto proprio il sovrano ha permesso a Cesare di prendere il controllo della loro patria. Cleopatra afferma di essere differente, e di non voler altro che la libertà per l’Egitto, di essere disposta a morire per la causa. Apollodoria la definisce come una donna in grado “di uccidere un uomo e di farlo impazzire”. Ella prende quindi la mano di uno degli uomini e la infila sotto la veste di Cleopatra. Il resto non è esplicito: viene inquadrato il volto del ribelle, che arrossisce violentemente. All’improvviso prende a gridare, spalanca la bocca e la sua lingua si annoda4. Egli ritira la mano, gli occhi che roteano e

afferma che quella è l’arma di Cleopatra. I ribelli sono comunque dubbiosi per l’apparenza non proprio avvenente della donna. Apollodoria, quindi, li colpisce e li sgrida, assicurandoli che ella diverrà la più bella di tutte. La loro discussione è interrotta dall’arrivo delle forze armate e dalla fuga delle due donne, accompagnate da Libia.

Dopo la scena della trasformazione di Cleopatra da quella ragazza dalla bellezza anonima alla regina che la Storia narra, lo spettatore la segue mentre ella si reca da Cesare, rinchiusa in un sacchetto di indumenti sporchi da Apollodoria (richiamo alla tradizione che la vorrebbe arrotolata in un tappeto dal fedele Apollodoro)5, dal quale

farà uscire prima le lunghe gambe flessuose, in un gesto convenzionalmente erotico, infine il volto. Cesare rimarrà subito impressionato dalla bellezza della donna, e i due si scambieranno un ardente bacio e si lasceranno andare a una notte d’amore. I disegni della scena dell’amplesso richiamano quelli realizzati da Sugii Gisaburō6 per Sen’ya

ichiya monogatari, nonostante lo sfondo sia di un azzurro ghiaccio e non rosa. Anche in

questo caso, vengono utilizzate delle semplici linee ondeggianti, le quali portano alla mente figure di arti umani, mani e piedi, spesso sproporzionati. L’impressione che permane è ben diversa da

quella suscitata nel primo lungometraggio: i corpi infatti risultano essere sì sinuosi, tanto che una linea oscillante spesso prende possesso dello

schermo, ma ben meno precisi e molto più abbozzati. I rimandi erotici persistono, a

cominciare dall’apertura

stessa della scena, in cui paiono essere inquadrati i seni di una donna, che si rivelano essere solo due corpi l’uno sopra l’altro, ritratti

mentre si accarezzano. I capezzoli, in realtà, altro non sono che le teste mozzate dei due

5 Cfr. il capitolo Il tempo.

amanti, non illustrate. La linea ondulante potrebbe rappresentare il movimento della schiena di uno dei due protagonisti, ma, prima che la si possa interpretare, svanisce nell’azzurro dello sfondo. A essere ben definite, invece, sono le gambe intrecciate. A differenza della scena descritta nel primo film, qui le linee non mutano tra di loro, bensì svaniscono, per essere ricreate dal nulla, in un vortice intenso e veloce. Spesso sfiorano la forma di un ginocchio, di una spalla, ma non si fermano, non perdurano, si interrompono e rinascono a ciclo quasi continuo, fino all’apparizione dei due personaggi, e al brusco ritorno alla narrazione consueta.

Nella magistrale scena di Cleopatra nel bagno, si è riusciti a creare disegni senza china di contorno, ma definiti solo da un’ombreggiatura sui toni del blu. I capezzoli della regina sono realistici più che nel resto del lungometraggio, di un color carne piuttosto scuro. La donna trascina su di sé l’acqua calda, e sensualmente si bagna. Lo spettatore la vede attraverso lo scroscio della doccia e il vapore crea una distorsione nei contorni: si ha così la sensazione di spiare veramente l’intimità della donna. La musica, il tema principale del film7, aiuta di certo a calarsi nell’atmosfera.

Cesare entra nella stanza da bagno e la raggiunge nella vasca, il contrasto della sua pelle blu e quella candidamente rosata di Cleopatra offrono una discrepanza sullo schermo, e si incrociano nell’acqua rosea. I due personaggi si accarezzano dolcemente sotto il getto della doccia, e il corpo nuovo e tornito della donna – e le sue curve, soprattutto – viene spesso inquadrato in primo piano. I suoi seni compaiono come isole nell’acqua, che diviene anch’essa personaggio dominante nella scena. A interromperla è la presunta malattia di Cesare, che, completamente nudo, si divincola nella stanza e compie gesti consulti, bizzarri e umoristici. In pochi istanti, con il pugno destro ben serrato all’altezza dell’inguine, il dittatore mima anche un gesto di onanismo.

In maniera totalmente differente è trattato l’amore tra Cleopatra e Antonio. La donna si abbandona servilmente sul materasso, e il triumviro si getta letteralmente su di lei,

scatenando gemiti di piacere da parte della regina. I disegni vibrano sullo schermo, perdendosi in macchie di colore, fino a che l’immagine si taglia irregolarmente,

lasciando intravedere una vasta porzione di foglio bianco sotto di essa. Il disegno “cadrà” fuori dallo schermo, tramutandolo in una schermata nera da cui infine appaiono i due personaggi, avvinghiati nell’amplesso.

L’immagine è convenzionale, i colori ricalcano quelli classici della pelle umana, ma la particolarità è la spessa linea che taglia a metà il piano, e divide il disegno, che viene però sovvertito. Nella parte alta sono raffigurate le gambe e le anche di Cleopatra e Antonio, mentre in quella inferiore domina la schiena dell’uomo, accarezzata dalle mani della regina. I due disegni si muovo in sincrono, mimando i movimenti del sesso con naturalezza e realismo. La schermata vibra nuovamente, rimescolando le due immagini. Dopo uno sfondo nero di transizione, tornerà la storia iniziale.

Volta più alla commedia è la scena in cui le giovani egiziane invitano tutti i soldati a dividere con loro il letto, affinché la propria regina attui il suo piano di indebolimento dell’esercito romano. Il tipo di animazione muta, e così anche la musica si rallegra8. I

disegni divengono più stilizzati e dai colori più caldi, come fossero un quadro dipinto a olio.

Per raffigurare la loro foga, un soldato è mostrato mentre numerose donne stampano sul suo viso l’impronta di rossi baci. Esse hanno capigliature rosa che si fondono con lo schermo, della medesima colorazione. Una poderosa egiziana si rigira tra le mani un guerriero romano, lo strapazza, esponendo il proprio deretano allo schermo, facendolo quasi sembrare un grande cuore rosa e stilizzato. Infine, i tratti del viso già poco delineati scompaiono del tutto e la faccia si trasforma in un'enorme bocca dalle labbra vermiglie e carnose, che divorerà il povero soldato. Un’altra coppia è ritratta solo da metà busto, gli ampi seni della donna ricoprono il viso dell’uomo, che inizia a muoversi