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Sugii Gisaburō partecipò al primo lungometraggio della trilogia, Sen’ya ichiya

monogatari, in veste di animatore esterno. La scena di cui si occupò si trova intorno al

cinquantesimo minuto del film, ed è piuttosto lunga. Per stessa ammissione dell’animatore, per realizzarla non si servì di un bozzetto, pertanto sprecò “moltissima carta”29.

Il protagonista della pellicola, Aladdin, è appena approdato all’isola delle donne- serpente ed è ritratto nell’atto di fare l’amore con la regina, che è, appunto, un serpente. Sugii utilizzò la sua sensibilità per creare una scena dalle movenze morbide, fluide, che sembrano riprendere lo strisciare dei rettili sulla carta.

Su uno sfondo rosa, appaiono delle linee dal lato destro, che si piegano in avanti per poi tornare indietro, senza formare da principio un’immagine definita. I primi contorni che si delineano paiono richiamare la forma di natiche femminili che si muovo imitando l’amplesso; ciò è comprensibile grazie anche all’uso dello sfumato scuro che sottolinea le ombre. La scena si allarga e mostra due gambe e due mani che si carezzano, senza seguire una logica spaziale (una mano tocca la coscia e l’altra il basso ventre, appena abbozzato nel disegno). Con una diversa angolazione, le linee si allungano e solo una gamba permane nell’inquadratura, l’altra si trasforma nella schiena di un uomo, e

28 ISHIOKA, Animeshi Sugii..., 2012. 29 Ibidem.

ritornano le movenze dell’amplesso.

Dopo un restringimento di campo che pare mostrare una forma fallica, che si tramuta subito in un ginocchio mediante il sapiente utilizzo di un’unica linea, si raggiunge uno svariato numero di ginocchia, che subito divengono mani che si accarezzano, come se delle braccia fossero incrociate, e i gomiti venissero inghiottiti da alcuni lembi di pelle che rimandano in modo piuttosto chiaro all’organo sessuale femminile. Dalle dita fuoriescono delle braccia, che culminano in due mani che si stringono, si intrecciano.

Di nuovo, le dita si tramutano in ginocchia, tornano a essere dita, e sembrano spingere per divenire gambe, infine si stabilizzano in due corpi che si abbracciano, sorprendentemente senza testa. La scena si focalizza quindi su una linea che attraversa lo schermo, pulsando, mimando l’atto sessuale, per infine sfumare fuori dall’inquadratura.

In totale, la scena disegnata da Sugii Gisaburō si estende per circa due minuti e mezzo. Il fondale è colorato di un rosa molto scuro, quasi fucsia. I disegni sono stati realizzati prima a matita e in seguito colorati con la luce30.

Nonostante l’assenza di genitali, dovuta anche alla volontà di Sugii di illustrare il piacere che si riesce a provare attraverso il sesso, più che il sesso in sé, la scena fu comunque eliminata dai censori31. Sebbene il film avesse come target un pubblico

adulto e molte immagini di nudi femminili fossero presenti nel lungometraggio, è facile comprendere questa decisione: la scena, infatti, è tanto forte e suggestiva proprio perché non mostra nulla di concreto, ma riesce a trasmettere i sentimenti provati dai personaggi, risultando in qualche modo ben più sovversiva di un semplice seno denudato.

La vera conquista e il genio di Sugii Gisaburō si manifestano, tuttavia, in Kanashimi

no beradonna. In quest’ultimo lungometraggio della Mushi Production, egli lavorò

come capo animatore e si occupò di pianificare l’intero movimento della storia, poiché, secondo il regista Yamamoto Eiichi, lui era l’unico a poterlo fare32.

Una delle scene più memorabili in tal senso è la fuga di Jeanne dalla folla inferocita che le dà la caccia in quanto strega. In questa sequenza, il fondale immobile scorre alle 30 ISHIOKA, Animeshi Sugii..., 2012.

spalle della figura della donna, la quale si divincola in ogni direzione, come se corresse in un sogno e non riuscisse a muovere gli arti in modo appropriato, “come se il suo corpo andasse in direzioni differenti”33.

L’animazione del film in generale si può annoverare come “animazione illustrata” o “a collage”, poiché la maggior parte delle scene non è integrata con movimento – fatta esclusione per la maggioranza di quelle in cui appare il Diavolo e poche altre che in tal modo acquistano molto più significato – ma da uno scorrimento delle camera su un lungo foglio, con una costruzione delle vicende “a collage”. Nonostante Sugii Gisaburō non prediligesse queste genere di animazione, egli decise di assecondare le richieste del regista Yamamoto Eiichi, imponendo dei movimenti ai disegni di Fukai Kuni, da lui tanto ammirati per la bellezza e la precisione del tratto.

Sebbene non si abbia una precisa di idea di quale scena abbia curato Sugii nella lavorazione di Kureopatora, si può ben presumere che, data la buona riuscita del primo tentativo, egli si sia dedicato all’espressione del piacere provato dalla regina d’Egitto e da Cesare: il loro amplesso, infatti, è illustrato in maniera molto affine a quello di Aladdin e della donna-serpente.

La scena si instaura dolcemente su uno sfondo dai toni blu, intorno al trentesimo minuto di animazione. Dapprima, compaiono due curve con una protuberanza, che parrebbero essere i seni di una donna, ma l’impressione cambia immediatamente, quando due piccole braccia con altrettante piccole mani sembrano spezzare la figura, giungendo dagli estremi dell'inquadratura, e aprono una nuova interpretazione all’immagine: due corpi, l’uno sopra l’altro e senza testa, si accarezzano.

Dopo che il precedente disegno ha attraversato lo schermo, appare una linea ondulata, che ondeggia, innalzando e abbassando i propri lembi esterni. Essa scompare, e viene sostituita da un groviglio di ginocchia, gambe e piedi, che si muovono lentamente. La camera scorre sul disegno, inquadrando, poco prima che ne svaniscano i tratti, anche il basso ventre dei due amanti (che risulta essere, in ogni caso, stilizzato).

Al termine di un susseguirsi di linee che convergono e si separano, ma che in realtà non tratteggiano alcuna immagine, se non un vago rimando alla forme delle spalle di un uomo ritratto di schiena, ricompaiono i due corpi senza testa, nell’atto di accarezzarsi. Il 33 ISHIOKA, Animeshi Sugii..., 2012.

punto focale è centrato sul movimento delle mani sul dorso della figura in primo piano, che dà quindi le spalle alla camera. L'inquadratura si allarga, e si delineano anche le gambe dei personaggi, per poi tornare in alternanza a concentrarsi sulle schiene. La scena si interrompe bruscamente, ritornando ai colori e disegni consueti del lungometraggio. Nel complesso, la sua durata si aggira attorno ai due minuti, ed è piuttosto lenta e meno briosa di quella del precedente film. Il senso di questa lentezza è anche dato dalla scelta del colore blu ghiaccio e del bianco in cui le linee spariscono, e poi si riformano, invece che del rosa carico.