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Negli anni Venti, la politica estera fascista verso l’America Latina non registrò grandi successi. L’attenzione di Mussolini sui paesi latinoamericani venne rilanciato dai mutamenti che si verificarono nei paesi latino-americani durante gli anni Trenta.90 Il 1930 fu un anno di grande instabilità politica in

Sud America. Le scosse provocate dalla crisi del ’29 sulle fragili strutture economiche latino-americane, legate prevalentemente all’esportazione verso il mercato statunitense si aggiunsero all’acutizzarsi delle divisioni politiche

88 Ibidem.

89 P.V.CANNISTRARO-G.ROSOLI,. cit. pagg. 36-37.

90 M.MUGNAINI, L’Italia e l’America Latina ( 1930-1936): alcuni aspetti della politica estera fascista, in “Storia delle relazioni internazionali, anno II, 1986, n.2, pag. 203.

49 interne e, talvolta, a un riaccendersi dei contrasti tra rivendicazioni particolaristiche e istanze nazionali o nazionaliste. In questo quadro, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, si verificarono dei colpi di stato militari nei due principali paesi latinoamericani, l’Argentina e il Brasile, che erano anche quelli con le colonie italiane più numerose e con rapporti più stretti con l’Italia.

I due pronunciamenti militari erano espressione di esigenze diverse ed erano destinati a produrre effetti differenziati, ma in entrambi i casi si trattava di eventi destinati a influire in misura notevole sul futuro politico dei due paesi. Pertanto essi suscitarono l’attenzione del governo di Roma, che accordò un sollecito riconoscimento ai due “governi provvisori”.91 “Mussolini avrebbe

voluto- come ha scritto Mugnaini-, che il riconoscimento diplomatico di Roma giungesse per primo, cosa che non si verificò, dando luogo a qualche incomprensione fra il Duce e l’ambasciatore a Buenos Aires, Pignatti”, ma i riconoscimenti italiani non mancarono ugualmente di suscitare simpatie e di essere apprezzati dai nuovi governanti argentini92 e brasiliani, alquanto

bisognosi di ottenere attestati di legittimità” 93.

In particolare in Argentina, l’evolvere della situazione era motivo di interesse crescente per il fascismo. In Argentina, al momento del golpe del 9 settembre, il generale José Felix Uriburu aveva potuto contare sul sostegno, o quanto meno sul disinteresse, di quasi tutte le forze politiche (anche una parte dei radicali all’opposizione) scontente dell’ultimo governo del radicale Hipólito Yrigoyen. Tuttavia a mano a mano che il governo militare usciva dall’ambiguità iniziale e precisava i suoi intendimenti, esso vedeva restringersi la sua base di consenso e assumeva caratteri autoritari. La proclamazione dello stato d’assedio a tempo indeterminato insieme al tentativo del governo di Uriburu di dar vita a una struttura organizzata sul modello dei fasci italiani (la Legione civica argentina), che aveva compito di

91 Ibidem. 92 Ibidem.

50 sostenere nel paese l’azione del governo, facevano sperare a Roma, che in Argentina potesse consolidarsi un regime vicino al fascismo.

Mussolini e Grandi potevano inoltre constatare che la tendenza all’affermarsi di governi autoritari non insolita in America Latina, ma che si rivelava per la prima volta influenze più o meno fascistizzanti si andava delineando in altri paesi come il Perù e il Cile. L’affermarsi di governi antidemocratici toglieva spazio all’attività degli antifascisti che, come nel caso argentino si videro talvolta messi fuorilegge a causa dei loro legami con i partiti dell’opposizione94. Grandi non mancò di indicare i provvedimenti argentini

“su altri paesi dell’area per indurli a fare altrettanto, come accadde con il vicino Uruguay tradizionalmente ospitale verso i democratici”.95 Nuova

spinta ricevette così l’opera di fascistizzazione delle collettività italiane, che aveva ora modo di esplicarsi in un’atmosfera più congeniale e di legarsi a tematiche interne alla vita politica latino-americana. Da questi nuovi regimi politicamente affini il governo di Roma sperava di ottenere più facilmente sostegno per gli obiettivi della politica estera italiana in Europa e nel Mediterraneo, per il raggiungimento dei quali era indispensabile anche un certo grado di consenso internazionale. Ciò appariva tanto più possibile grazie alla fase delicata attraversata dagli equilibri politici che alla stessa collocazione internazionale dell’America centro-meridionale. Scarsamente rappresentati a Ginevra (non vi erano, ad esempio, rappresentati argentini e messicani, i paesi dell’America latina mostravano segni di sfiducia anche nei rapporti interamericani. Particolarmente criticati erano gli Stati Unit, accusati di privilegiare gli interessi particolaristici rispetto a quelli continentali.

Il fascismo, ha osservato Marco Mugnaini, faceva scuola e ciò permetteva al Duce di presentarsi come il capostipite di una nuova ideologia politica che, con i necessari adattamenti nazionali, si andava diffondendo in Europa e suscitava echi in altri continenti. Ciò gli consentiva- come ha scritto Mugnaini

94 Cfr. M.DE LUJAN LEIVA, Il movimento antifascista italiano in Argentina(1922-1945) in B.BEZZA

(a cura di), Gli italiani fuori d’Italia, Franco Angeli, Milano, 1983. 95 M.MUGNAINI,L’Italia e l’America Latina…, cit. pag. 205-206.

51 - “di rendere più autorevole la sua immagine di statista e di trarne vantaggi in termini di prestigio; un elemento anch’esso di quella potenza internazionale che il Duce aveva cercato di curare fin dai primi giorni del suo governo. Il fascismo inoltre, poteva tentare di utilizzare le affinità ideologiche come canale preferenziale per instaurare con l’America Latina quei rapporti più solidi ed estesi già auspicati da Mussolini nel 1928 e dal sottosegretario agli Esteri, Fani, nel 1929”.96 Inoltre Roma coltivava l’ambizione di riorientare

la politica di penetrazione e di influenza politico-culturale in America del Sud già prospettata nel trattato decennale di amicizia firmato nel 1926 da Mussolini e poi rimasta lettera morta; tanto più che c’era chi cominciava a guardare al corporativismo come a un modello per risolvere anche i problemi economici e sociali del continente americano. Queste motivazioni erano in parte fondate, in parte illusorie, ma rivelavano, da parte fascista, il sorgere di un interesse politico per i fatti latinoamericani non più circoscritto ai temi dell’emigrazione e dell’interscambio economico.

Si può dunque affermare che il principio degli anni T renta segnò il momento iniziale di una nuova fase nei rapporti fra l’Italia e l’America latina, con l’avvio da parte fascista di un’azione durevole, naturalmente non esente da incoerenze, battute d’arresto e improvvisi spostamenti di accento, ma invariabilmente tesa a conquistare posizioni in terra sud-americana. Com’è evidente Mussolini, nel tentativo di mettere in pratica i suoi disegni latinoamericani, era consapevole dei limiti che non poteva per il momento valicare e si preoccupava di non urtare la suscettibilità dei paesi che avevano nella zona interessi maggiori, cioè gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (che fra l’altro erano potenze con le quali fino a quel momento aveva avuto buoni rapporti). Se c’erano elementi che sembravano favorire il fascismo come modello, ciò non si riteneva necessariamente per la sua penetrazione attraverso le colonie di connazionali. L’affermarsi di regimi nazionalisti latino-americani non avrebbe favorito infatti la diffusione degli appelli

52 patriottici presso le collettività di origine italiana che, anzi, sarebbero state spinte sempre più a integrarsi nelle nuove realtà.

Il fascismo inoltre doveva tener conto che, sia in Argentina sia in altri paesi dell’America Latina, la maggior parte delle masse di origine italiana era legata ai partiti di opposizione. Infatti, in Argentina gli italiani si raccoglievano per tradizione nel Partito radicale, contro il quale si era diretto il golpe di Uriburu; i militari nel 1930 avevano motivato questa loro sortita con l’intento di salvaguardare gli interessi nazionali e di garantire il funzionamento delle istituzioni in un frangente difficile per le sorti del paese, duramente provato dalla svalutazione monetaria e dalla caduta delle esportazioni di prodotti agricoli e dell’allevamento.97 “Dato che – come ha

scritto Valerio Castronovo - “essi intendevano puntare sullo sviluppo di un’industria nazionale per porre rimedio alla depressione economica e trovare un lavoro a quanti erano rimasti sul lastrico, ci si aspettava che si accingessero a realizzare un esperimento di tipo populista”98. “Senonché

Uriburu, contrariamente alle aspettative, non mise mano a una politica di intervento pubblico, e badò soltanto a modificare la Costituzione in senso autoritario, dopo di che rinunciò, nel febbraio del ’32, al suo mandato”.99 I

propositi di revisione costituzionale- come ha scritto sempre Mugnaini - , “del nuovo governo non erano poi certo tali da suscitare le simpatie degli italo- argentini, che vi scorgevano il pericolo di un ritorno a momenti da poco superati nei quali erano stati loro negati i diritti politici”.100

97 Sui militari argentini si vedano L.NORTH, Civil-Military Relations in Argentina, Chile and Perù, Institute of International Studie, University of California, Berkley, 1967; M.A.SCENNA, Los

militares, Editorial Belgrano, Buenos Aires, 1980; A.ROUQUIE’, Poder militar y sociedad polìtica en

la Argentina, Vol.I, Emecé editores, Buenos Aires, 1994.

98 V.CASTRONOVO, Piazze e caserme. I dilemmi dell’America Latina dal Novecento a oggi, Laterza,Roma-Bari, 2007, pag.44.

99 Ibidem.

100 M.MUGNAINI, L’Italia e l’America Latina…, cit. pagg. 207-208. A facilitare il compito di Uriburu aveva inoltre contribuito il crescente isolamento internazionale al quale il presidente deposto aveva esposto il suo paese, nei confronti sia degli Stati Uniti, sia dell’Europa. Infatti,

53 La situazione nei paesi che maggiormente interessavano l’Italia si modificò velocemente, ma non nella direzione auspicata dal fascismo. Infatti, in Argentina, il governo di Uriburu, dopo un primo rimpasto nell’aprile del 1931, indisse le elezioni per l’8 novembre dello stesso anno mentre i progetti di revisione costituzionale non superarono mai la fase progettuale. I conservatori, scampati al pericolo di una svolta nazional-populista, unirono le loro forze in una coalizione denominata Concordancia, e riuscirono a far prevalere, nelle elezioni presidenziali tenutesi subito dopo, e non senza il ricorso a vari brogli, il generale Augustín Pedro Justo Rolón, che entrò in carica il 20 febbraio 1932.101 “Le elezioni alle quali non partecipò l’ala

maggioritaria del Partito radicale, portarono alla Casa Rosada il generale Justo.”[…] L’azione successiva del nuovo governo avrebbe reso ancor più manifesto che l’indirizzo politico dominante in Argentina non era fascista bensì conservatore”.102.

Justo che fu il secondo capo militare della cosiddetta “decada infame” , il vero ispiratore di Uriburu, arrivò alla presidenza nel 1932 e vi rimase fino al 1938, aveva le carte in regola dal punto di vista delle aderenze internazionali. Ma

alla neutralità dell’Argentina durante la prima guerra mondiale (iniziata dai conservatori di Roque Sáenz Pena e Victorino de la Plaza nel 1914 e ribadita dal radicale Yrigoyen nel 1916), aveva fatto seguito l’astensione dalla partecipazione ai lavori della Società delle Nazioni dopo il 1920. Il governo del radicale Marcelo T. Alvear presidente tra il 1922 e il 1928 aveva modificato di poco quell’orientamento, e peraltro nel 1930 il Parlamento argentino non aveva ratificato il

Covenant ginevrino. Questa posizione era bilanciata da una rete di rapporti bilaterali con i principali paesi europei.

101 V.CASTRONOVO, cit. pag. 44. La situazione era tornata (seppur con qualche grosso strappo eversivo) nell’alveo della legalità, grazie a due circostanze: l’esito della Conferenza panamericana di Montevideo nel dicembre 1933, in cui venne adottata una convenzione che vietava a uno Stato americano di intervenire nella vita pubblica di un altro, e che, ribadita tre anni dopo da una successiva conferenza dello stesso tenore, valse a rassicurare il governo di Buenos Aires dai timori di un’ingerenza di Washington nei propri affari interni; la forte ripresa, dal 1938, degli acquisti di derrate alimentare argentine da parte della Gran Bretagna e degli Stai Uniti.

54 non professava un nazionalismo fascistoide: puntava di più sulle alleanze sociali interne. Anche il generale Justo fu toccato dai paradossi di fondo della storia argentina. Infatti Justo era il padre di Liborio Justo, noto col soprannome di Quebracho, uno dei fondatori del trotskismo argentino, e padrino di Mario Roberto Santucho, settimo figlio maschio di un deputato radicale, che negli anni Settanta sarebbe diventato il principale capo dell’Ejercito Revolucionario del Pueblo (ERP), il più importante gruppo di guerriglia urbana guevarista durante la sua presidenza.103 Al di là di questi

paradossi, il governo di Justo si sosteneva su tre pilastri: la frode elettorale, l’intervento nelle province e la violenza politica.104

Da questi e da altri elementi, era necessario dedurre che gli esiti della rivoluzione del 1930 in Argentina, come anche in Brasile, se pur erano stati fonte di vantaggi politici e propagandistici per il governo di Roma, non avevano del tutto soddisfatto le sue aspettative. Mussolini poteva in compenso constatare che le simpatie in senso fascista traevano nuova spinta dall’apparizione sulla scena politica latino-americana di partiti politici locali che per la prima volta si richiamavano in maniera netta ed esplicita all’esempio del regime italiano. Era il caso, ad esempio, dell’appena sorto Partito fascista argentino. La destra argentina tuttavia rimaneva più nazionalista che fascista e si raccoglieva in alcuni circoli militari nostalgici del generale Uriburu e nell’A.N.A.(Associazione nazionale argentina) il cui elemento di maggiore spicco era il senatore Sanchez Sorondo, sino all’aprile del 1931 ministro degli Interni nel primo governo Uriburu. La nascita di

103 Durante la sua presidenza Justo dovette subire l’affronto del figlio Liborio il quale, in occasione della visita di Franklin Delano Roosvelt nel 1936, entrò nella Camera dei Deputati al grido di “Abbasso l’imperialismo americano”.

104 M.SEOANE, Argentina. Paese dei paradossi, Laterza, Roma-Bari, 2004, pagg.50-51. Durante la presidenza di Justo si cercò di assassinare il giurista Lisandro de la Torre, un dirigente democratico progressista che aveva denunciato gli affari disonesti del regime nel monopolio della carne, ma il sicario Ramón Valdéz Cora, legato al ministro dell’agricoltura Luis Duhau, sbagliò il bersaglio e al suo posto rimase ucciso il giovane senatore Enzo Bordabeherem, uno dei suoi collaboratori.

55 movimenti che dichiaravano di ispirarsi più o meno direttamente al fascismo fece sorgere il problema di definire l’atteggiamento che avrebbero dovuto avere nei loro confronti i fasci all’estero; problema che appariva urgente da definire, visto che alcune organizzazioni periferiche dei fasci all’estero, chiedevano istruzioni alle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane sull’opportunità o meno di far aderire i loro iscritti ai nuovi partiti nazionalistici o filo-fascisti. La posizione adottata dall’Italia fu quella di confermare l’orientamento già assunto in altre occasioni, teso a mantenere i fasci all’estero estranei alle vicende politiche interne del paese ospite, in modo da poter continuare a svolgere opera di indottrinamento delle masse italiane senza che ciò divenisse un ostacolo al mantenimento di buoni rapporti con i governi in carica. C’era la volontà di non aumentare la già lunga lista di punti di frizione con il vigoroso sentimento nazionalista che si andava diffondendo in America latina.105

Un altro fatto stava intanto producendo modificazioni significative rispetto al 1930: la nuova partecipazione dell’America Latina alla vita internazionale. Infatti l’Argentina per opera del suo ministro degli Esteri, Saavedra Lamas106,

andava promuovendo una serie di iniziative tese a far acquisire al suo paese un peso crescente negli affari continentali, provocando le apprensioni del governo di Rio de Janeiro: “la proposta di un patto interamericano di non aggressione, l’opera di mediazione tra Bolivia e Paraguay per il conflitto del Chaco, le mosse diplomatiche compiute per mantenere aperti i mercati europei alle esportazioni argentine e infine il rinnovato interesse di Buenos

105 Le principali questioni riguardavano l’integrazione nazionale delle collettività italiane, la doppia cittadinanza, il servizio militare degli italo-americani, delle scuole italiane all’estero. 106 Saavedra Lamas fu giurista e politico. Nel 1936 Saavedra Lamas fu eletto Presidente dell’Assemblea della Società delle nazioni e ricevette il Premio Nobel per la Pace, per la prima volta assegnato al di fuori dell’Europa e Nord America. Il motivo principale dell’assegnazione del premio fu la sua opera di mediazione durante la Guerra del Chaco fra Paraguay e Bolivia che durò tre anni dal 1932 al 1935.

56 Aires verso l’organizzazione ginevrina107. “Il riavvicinamento argentino alla

Società delle Nazioni”, continua Mugnaini –“si inseriva in una tendenza in atto in quasi tutta l’America Latina, che aveva già avuto un momento significativo nell’adesione al Covenant da parte del Messico (avvenuta nel 1931 tramite i buoni uffici del governo repubblicano spagnolo al potere dopo la caduta di Primo de Rivera)”.

“In Italia si reputava quindi conveniente puntare a rapporti più stretti con il governo argentino che, come aveva potuto constatare l’ambasciatore Arlotta il 20 dicembre 1932 al momento del suo accreditamento a Buenos Aires, considerava l’amicizia dell’Italia quale elemento fondamentale della sua politica”.108

“La scelta di riconfermare il rapporto preferenziale con l’Argentina si inseriva nel solco della tradizione diplomatica italiana, ma derivava anche da considerazioni nuove di ordine internazionale e di ordine interno relative al paese platense. Sul piano interno, il governo Justo-Roca era la prima espressione di quella coalizione fra conservatori e radicali antipersonalisti, denominata concordancia, che avrebbe retto le sorti del paese per oltre dieci anni. Il giudizio di Arlotta su quel governo che in Argentina è stato denominato come la “Decada infame” era il seguente: ‘per quanto debole possa essere, mi consta essere composto preponderantemente da elementi filo- fascisti’”109.Verso le forze politiche di opposizione presenti nel paese

l’ambasciata mostrava di non nutrire grande considerazione perché, come riferiva sempre Arlotta, sia che si trattasse di partiti “ultra-democratici”(il

107 M.MUGNAINI, L’Italia e l’America Latina…, cit., pag. 214-215. “Il riavvicinamento argentino alla Società delle Nazioni si inseriva in una tendenza in atto in quasi tutta l’America Latina, che aveva già avuto un momento significativo nell’adesione al Covenant da parte del Messico (avvenuta nel 1931 tramite i buoni uffici del governo repubblicano spagnolo al potere dopo la caduta di Primo de Rivera) ma acquistava un valore particolare per l’Italia che poteva vantare una tradizione di ottimi rapporti con la repubblica platense”. In Ibidem.

108 M.MUGNAINI, L’Italia e l’America Latina…, cit, pag. 215. 109 Ivi, 215-216.

57 riferimento era al Partito radicale e ai diversi raggruppamenti di sinistra) o “ultra nazionalisti argentini” (di destra, ma fautori dell’argentinismo come valore supremo) non c’era da sperare “almeno nelle attuali circostanze (…) una sincera profonda tutela degli interessi italiani”. Per Roma era dunque più saggio assecondare il governo Justo che continuava a vedere negli antifascisti una forza di opposizione più o meno legata al Partito radicale, che (se pur in condizione di semi-illegalità) rimaneva la più temuta forza politica antigovernativa.

Non si profilavano all’orizzonte neppure motivi di contrasto fra le esigenze italiane e l’aspirazione argentina a contare di più sulla scena internazionale; anzi le due politiche potevano trovare alcuni punti di contatto. L’accresciuto ruolo continentale di Buenos Aires, come rileva ancora Mugnaini, e il ravvicinamento all’Europa controbilanciavano l’influenza internazionale di Washington, cosa che non dispiaceva affatto Mussolini. L’Italia poteva soprattutto sperare che un rapporto stretto con l’Argentina costituisse una buona base per lo sviluppo della politica latino-americana del fascismo e al tempo stesso, permettesse di guadagnare un alleato nell’organizzazione ginevrina. Nel conquistare le simpatie argentine, la diplomazia italiana si trovò a gareggiare con il Foreign Office, che perseguiva obiettivi non dissimili da quelli di Palazzo Chigi. Da parte sua, il ministro argentino Saavedra Lamas cercò, abilmente, di giocare al contempo le carte dell’amicizia britannica e italiana, anche perche ciò non appariva in quel momento in contraddizione. Buenos Aires mostrava spiccato interesse per i suoi rapporti con Roma, Londra e anche Parigi che rimaneva pur sempre un punto di riferimento per la cultura e la politica latino-americana, facendo credere di porre le tre capitali su un piano di completa parità, essendo però evidente che quelli che più premevano all’Argentina erano i rapporti con la Gran Bretagna. I motivi per i quali Buenos Aires preferiva un eventuale accordo con Londra erano due, in primo luogo quello di carattere economico; stretti dalla necessità di trovare sbocchi alle proprie esportazioni agroalimentari, necessità resa ancor più acuta dagli esiti protezionisti della conferenza del

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Commonwealth tenutasi a Ottawa, i governanti argentini ritenevano che