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1.4 L’attività dei movimenti antifascisti italiani in Argentina tra gli anni ‘20 e gli anni ’40.

Gli antifascisti italiani alla fine degli anni Venti cominciarono a farsi sentire in Argentina. Per iniziativa di Paolo Prister, dirigente del Centro repubblicano, uomo di grandi possibilità economiche e di Giuseppe Parpagnoli, il Psi, il Psuli, la Lidu e il Partito repubblicano il giorno 26 gennaio 1929, dichiararono costituita la sezione di Buenos Aires della Concentración antifascista.

Durante la presidenza argentina del radicale Yrigoyen171, periodo di crescente

mobilitazione politica, venne favorita l’attività dei gruppi italiani. Infatti un regime come quello di Yrigoyen, in cui aveva largo spazio la propaganda tesa al rispetto delle libertà politiche, costruiva un terreno quasi ideale per le

169 Un sintomo allarmante era venuto, nel marzo del 1943 dai grandi scioperi operai, che partendo da Torino, avevano interessato tutti i maggiori centri industriali del Nord. La prima vera protesta di massa del periodo fascista era il sintomo di un diffuso disagio popolare legato al carovita, all’acuirsi dei disagi alimentai, agli effetti dei bombardamenti aerei alleati che, nell’inverno ’42-’43, avevano colpito sempre più frequentemente le città italiane; ma era anche il risultato di una ripresa delle forze antifasciste, in particolare dei comunisti.

170 P.CARUSO, I partiti politici italiani dall’unità ad oggi, Edizioni Studium, Roma, 2001, pag.85. La delegazione era formata da De Gasperi per la DC, Giorgio Amendola per il PCI, Bonomi e Meuccio Ruini per la Democrazia del Lavoro e Luigi Salvatorelli per il Partito d’Azione.

171 Per notizie su Yrigoyen Cfr. M.SOANE, Argentina, paese dei paradossi, Laterza, Roma-Bari, 2004.

87 attività antifasciste, anche le più estremiste come quelle degli anarchici172.

L’ambasciata d’Italia faceva pressione sulle autorità argentine affinché frenassero questa attività antifascista; ma con scarso esito, a causa di motivi di politica interna. Il ministro degli esteri dell’allora presidente Alvear (1922- 1928) che seguì la prima presidenza di Yrigoyen, Ángel Gallardo, era secondo gli italiani un dichiarato ammiratore di Mussolini. I documenti confermano che seppure egli non adottasse misure restrittive nei riguardi delle associazioni italiane avverse al fascismo, fece valere la sua influenza per impedire che senatori e deputati prendessero parte alle attività antifasciste e che queste fossero controllate dalla polizia locale. C’erano nel 1928 grandi tensioni a causa della campagna elettorale; tra l’altro bisogna ricordare che proprio gli anni tra il 1928 e 1929 furono quelli di maggiore attività antifascista. Infatti il regime di libertà facilitava l’azione quasi continua alla quale prendevano parte gli argentini, gli italiani e gli spagnoli, come gruppi maggioritari.173

Ma non era solo questa ondata di incontri, di assemblee e di volantini nella capitale, e in altre città come Rosario o Bahia Blanca, a sud di Buenos Aires a preoccupare il governo, l’esercito e la stampa “responsabile”, quanto la diffusione di queste manifestazioni nelle province e nelle federazioni agrarie che fino a quel momento avevano fatto udire la propria voce solo sporadicamente. Con l’inizio degli anni ’30 e il colpo di stato del generale Uriburu si interrompeva una lunga tradizione di stabilità costituzionale che riempiva d’orgoglio gli argentini. Le forze politiche dell’opposizione, fino ad allora così combattive, non furono capaci di costituire un movimento contrario al governo e alla sospensione delle garanzie costituzionali. Le

172 M.DE LUJÁN LEIVA, Il movimento antifascista italiano in Argentina (1926-1945) in Gli italiani

fuori dall’Italia, (a cura di) B.BEZZA, Franco Angeli, Milano, 1983, pag. 567.

173 Si registravano allora una serie di manifestazioni antifasciste come la giornata internazionale contro la guerra, la celebrazione del XX settembre, la commemorazione di Mazzini, Garibaldi, Matteotti, gli omaggi alle vittime del fascismo, la commemorazione di Gastone Sozzi, richieste di libertà per Camillo Berneri, Sacco e Vanzetti ecc.

88 organizzazioni più colpite (espulsione dal paese, carcere, scioglimento delle associazioni, divieto di stampa) furono le anarchiche e le comuniste e, nell’ambiente italiano, i gruppi con esse in contatto.

Il governo di Uriburu rappresentava un fallito tentativo di instaurare un regime fascista e rompeva in maniera traumatica il processo di democratizzazione dell’Argentina. Per prima cosa esso sospese le libertà politiche. Molti attivisti si rifugiarono in Uruguay per sfuggire alla polizia argentina e per essere pronti a far ritorno nel momento un cui ci fossero stati segnali di crisi del regime. Infatti non si dovette attendere molto perché il primo segno di apertura fu la consultazione elettorale “pilotata” del novembre 1931, nella quale trionfò il candidato del governo il generale. Agustín Justo. In questa occasione, l’astensione del Partito Radicale di Yrigoyen favorì il successo dei socialisti che ottenevano 43 deputati e 2 senatori mentre il partito Penelón, ora chiamato Concentracción obrera argentina, portava alcuni rappresentanti al Concejo deliberante.174

Dopo la parentesi di Uriburu, l’antifascismo potè contare nuovamente sull’appoggio governativo. Quando le condizioni politiche lo permisero, coincidendo con eventi di portata mondiale come la guerra di Etiopia e la guerra civile spagnola, tutta la forza del movimento si espresse in un vivace pronunciamento dell’opinione pubblica, solidale, con i repubblicani spagnoli e gli antifascisti italiani.175 L’antifascismo fu un aspetto nell’ampio processo di

mobilitazione della classe media e del vecchio proletariato di origine europea, nel quale si inserirono coloro i quali erano arrivati dopo il fascismo e che avevano una medesima tradizione politica e sindacale. Il movimento democratico, quello socialista e quello comunista aderiscono alla formazione del fronte unico che caratterizza la politica europea posteriore al 1934, dando avvio con una efficace azione congiunta contro il fascismo e il nazismo e per la riconquista delle libertà politiche La mobilitazione si canalizzò nei

174 M.DE LUJÁN LEIVA, op. cit., pagg. 568-569.

175 M.DE LUJAN LEIVA, Il movimento antifascista italiano in Argentina (1922-1945), in B.BEZZA,

89 sindacati, nei partiti politici e coinvolse anche gli intellettuali. Sono gli anni in cui, come rivela Luján Leiva, giungevano a Buenos Aires, Tucumán e Córdoba, Rodolfo Mondolfo, Renato Treves e Gino Germani verso i quali la cultura argentina ha un debito molto grande e per certi aspetti non del tutto riconosciuto. Le autorità del momento non si mostrarono molto entusiaste per l’arrivo di questi italiani e gli spagnoli Jiménez de Azúa, Claudio Sanchez Albornoz, portatori di rinnovamento ideologico e rivali nei concorsi accademici.176 La situazione politica argentina, intanto registrava degli

interessanti sviluppi. L’opposizione socialista in Parlamento nel giugno del 1939 ottenne di far votare una legge per la difesa della nazionalità argentina contro l’infiltrazione delle idee straniere che costituì un duro colpo per la propaganda fascista abituata ad un ambiente più favorevole: si dovettero rimuovere i ritratti del duce dalle scuole e si sospese tutta la propaganda del regime. Gli agenti dell’ambasciata e dei dopolavoro non avevano ottenuto fino a quel momento grandi risultati, sebbene avessero avuto l’appoggio delle istituzioni ufficiali e della chiesa. Tuttavia, la martellante propaganda sull’onore nazionale e sull’Italia imperiale continuava ad avere ascoltatori.177

Le associazioni di mutuo soccorso di tendenza democratica costituirono una Federazione delle società italiane in Argentina per arrestare l’azione della fascista Federazione delle Società Italiane al Plata e della Dante Alighieri dalla quale un gruppo democratico si separò per fondare la Nuova Dante che tuttora funziona e ha rifiutato il rientro nella vecchia associazione.178 Ma nel

1938 la situazione politica in Argentina cambiava ancora una volta quando fu eletto presidente della repubblica Roberto M.Ortiz, candidato del governo e avvocato delle imprese britanniche. La sua precedente appartenenza al Partito Radicale alimentò le speranze di un ritorno al sistema democratico e

176 M.DE LUJAN LEIVA, op. cit. pag. 570.

177 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Ministero degli interni, DGPS, 1926, b. 39.

178 Tenere in piedi vecchie alleanze e rivalità è una caratteristica della collettività italiana che ha vissuto il periodo della guerra e che non ha fatto rientro in Italia. Cfr. M.LUJÁN LEIVA, op. cit, pag. 12.

90 che si ponesse fine alle attività pro-fasciste e pro-naziste che si svolgevano liberamente a livello economico, nella stampa e nei contatti con alcuni settori nazionalisti dell’esercito. Il suo tentativo di generare una sorta di “democrazia allargata” ebbe una breve vita a causa delle sue precarie condizioni di salute, oltre che all’opposizione dell’ala più conservatrice della società argentina (filo-ingliese e fautrice di una Argentina latifondista) e di gruppi che erano vicini a Hitler e Mussolini. In questo clima politico andavano delineandosi tre linee all’interno della politica argentina: una più neutralista, un’altra più interventista che parteggiava per gli alleati e una terza pro-nazista. Intanto sul finire degli anni ’30 il mondo dell’emigrazione politica sarebbe stato caratterizzato da un elemento nuovo: si tratta dell’arrivo degli scampati all’ondata di antisemitismo che si ebbe in Italia dopo la promulgazione delle leggi razziali. Nell’osservare il fenomeno dell0emigrazione razziale ed il suo nesso con l’antifascismo vale la pena mantenere una certa cautela già osservata da alcuni studiosi, anche se, nel caso dell’Argentina, la comunità italiana si arricchisce di esuli dal notevole spessore politico e culturale, certamente non legati al regime, tra i quali i già ricordati Rodolfo Monfolfo e Renato Treves, i matematici Beppo Levi e Alessandro Terracini, il linguista Benvenuto Terracini, lo storico della scienza Aldo Mieli, i giuristi Camillo Viterbo e Marcello Finzi, il fisico Andrea Levialdi ed i medici Renato Segre, Leone Lattes e Amedeo Herlitzka, che contribuirono a rafforzare il peso dell’antifascismo non solo nella comunità degli italo-argentini, ma anche, superate le difficoltà dell’inserimento, nel mondo della cultura platense.179

Ulteriore sviluppo dell’attività antifascista fu la creazione del gruppo Italia Libera, il 31 maggio del 1940. Un certo numero di associati al Centro

179 P.R.FANESI, Verso l’altra Italia.Albano Corneli e l’esilio antifascista in Argentina, Franco Angeli, Milano, 1991, pagg. 92-93. Per un parziale elenco degli immigrati in Argentina in seguito alle leggi razziali e per le relative biografie, Cfr.,AA.VV, Los italianos en la Argentina (a cura di F.KORN), Fondazione Gianni Agnelli, Buenos Aires, 1983.

91 Matteotti, Nicola Cilla, Leonardo Alterisio, Renato Ugolini, Guido Tempesti e Michelina Ugolini, attaccano sui muri di Buenos Aires i primi manifesti dell’associazione. Era la nascita di una delle prime organizzazioni antifasciste che avrebbe poi interagito con le altre associazioni sia nel paese sudamericano che con l’Italia.

Il Comitato Italia libera riceve le prime adesioni da socialisti e repubblicani. Otterrà buona accoglienza nella componente italiana presente nei sindacati tessili, metallurgici e grafici, e anche nei trasporti e nelle costruzioni. Inoltre nelle associazioni regionali la sua diffusione si presentò talmente promettente che l’ambasciata fece arrestare Ugolini e Tempesti che vennero, senza alcun esito, a rinunciare all’attività per la diffusione del movimento. L’attivismo dei due antifascisti era dovuto soprattutto alla necessità di controbattere l’azione de “Il Mattino d’Italia”, organo degli “ovristas e anche una certa propaganda neutralista argentina. Con un giornale del nuovo movimento, “Italia Libera”, il cui direttore era Nicola Cilla mentre il finanziatore e organizzatore l’ingegner Torquato di Tella180, che già in passato aveva finanziato la

Concentrazione di Parigi.

È interessante notare come Di Tella abbia avesse avuto un intenso rapporto epistolare (in tutto 28 lettere) con il leader socialdemocratico Filippo Turati (19 di Turati a Di Tella e 9 di Di Tella a Turati).181 In una delle lettere

all’ingegnere italo-argentino, in un momento in cui, per mancanza di fondi, sembrava doversi cessare improvvisamente, ogni attività pubblicistica, Turati scriveva:

180 Su Di Tella Cfr. D.PETRIELLA-S.SOSA MIATELLO, Diccionario Biográfico Italo-Argentino, Buenos Aires 1976.

181 Il carteggio fa parte di un fondo costituito da due buste, contenente una serie di documenti di varia natura, assai interessanti, riguardanti, per lo più, problemi di finanziamento della”Concentrazione di Azione Antifascista”. Si tratta oltre al carteggio in questione, dei bilanci della Concentrazione, redatti da Turati per gli anni 1928-1931, delle ricevute dei versamenti effettuati dal leader socialdemocratico in favore della ”Libertà”, della Concentrazione, del Bollettino “Italia”, dell’Archivio della Biblioteca della Concentrazione, Archivio della Fondazione “Instituto Torquato Di Tella” di Buenos Aires.

92 “Se qualche Zio d’America non ci aiuta, saremo costretti tra breve a sospendere le nostre pubblicazioni, ossia praticamente, a far punto e a scioglierci. Quale trionfo per il fascismo, liberato dalla spina del fuoriuscitismo, autorizzato a gridare che tutto l’antifascismo all’estero è anch’esso disfatto, che la vita del regime è assicurata per sempre! Quale enorme inespiabile delitto da parte nostra!”182 L’impegno portato dalla

Concentrazione nello sforzo propagandistico era però destinato a scontrarsi con il limite invalicabile della ristrettezza dei mezzi finanziari disponibili. Quel cerchio politico-organizzativo che il socialista Bruno Buozzi, nel momento di massimo sforzo finanziario del Cartello antifascista, aveva sintetizzato nella formula ”l’azione crea i mezzi per l’azione”183, in realtà non

si realizzerà mai veramente e le pubblicazioni concentrazioniste (La Libertà, il settimanale satirico “Il Becco Giallo” e successivamente il bollettino “Italia” stampato in francese e dedicato specialmente alla stampa estera) verranno ad assorbire la stragrande maggioranza delle sottoscrizioni tra i militanti e i contributi che dall’estate del 1928 fino all’inverno del 1932 saranno versati da Di Tella.184 In una di queste lettere del’Archivio della Concentrazione inviate

al leader socialista, Di Tella incredulo sulle difficoltà nell’ ottenere contributi da industriali o commercianti italiani, suggeriva di bussare alla porta della massoneria, facendo leva sui temi dell’anticlericalismo, ora che il regime aveva stipulato il trattato del Laterano e la Conciliazione.185

Nel maggio del 1941 grazie a Italia Libera venne pubblicato a Buenos Aires un manifesto antifascista che raccolse circa quattrocento firme. Pur attraverso alcune difficoltà, il movimento si rafforzò e acquistò un certo prestigio, anche per la presenza al suo interno di personalità di origine italiana appartenenti al

182 Cfr. la lettera di F.Turati a Di Tella del 24 novembre, citata in B.TOBIA Storia del Socialismo

italiano, Vol. IV, Il Poligono, Roma, 1981, pagg. 65-66. 183 Ivi, pag. 66.

184 Ibidem.

185 B.TOBIA, Il problema del finanziamento della Concentrazione d’Azione antifascista, in “Storia Contemporanea”, giugno 1978, pag. 433.

93 mondo politico argentino.186 Nel 1942 esisteva dunque una rete antifascista

che, seppur debolmente, legava alcuni fra i più importanti stati sudamericani. Secondo una fonte fascista, “Italia Libera”, rafforzata da elementi argentini appartenenti a partiti avversi al nazifascismo, contava circa 2500 membri nella sola Argentina. Oltre a Torquato di Tella e Nicola Cilla, erano membri dell’associazione Tito e Curio Chiaraviglio, Alberto Pecorini, Sigfrido Ciccotti.187 Italia Libera assunse ben presto un carattere indipendente, di

movimento antifascista accettando nelle sue file iscritti di vari partiti politici. Nel suo statuto si leggevano infatti alcuni articoli caratterizzanti del movimento, in cui sosteneva che:

Art.- 1 Los principios fondamentales de Italia Libre son los siguientes: a) defensa de los derechos del hombre y del ciudadano, según el espiritu de la democracia argentina; b) respeto y tolerancia por todos los credos religiosos; c) repudio de cualquier sistema dicratorial de gobierno; d) repudio de toda teoria racial. Art 2.-Pueden adherirse a Italia Libre ciudadanos que partenescan a cualquier partido politico, cuyo programma no se opongfa a los principios indicados en el articulo anterior. Art. 3 - De acuerdo con los principios enunciados, se considera esplicitamente imcompatible la afiliación a Italia Libre de elementos controlados directa o indirectamente por partidos o movimientos totalitarios”(art.5)188. Dopo il 1941 i comunisti chiesero di entrare a far parte di Francia Libera e di Italia Libera. Le risposte furono diverse. Francia Libera era a Buenos Aires un movimento importante. Essa accetterà i comunisti causando l’allontanamento di alcuni membri che non avevano intenzione di collaborare con essi. In Italia libera si ebbero notevoli dissensi interni. Il Comitato esecutivo, in cui operavano Cilla, Pecorini e Sigfrido Ciccotti, assunse una linea rigidamente

186 A.VARSORI, Gli alleati e l’emigrazione democratica antifascista, Sansoni, Firenze, 1982, pag. 160. 187 Per quanto riguarda i fratelli Chiaraviglio, essi potevano vantare la loro parentela con Giovanni Giolitti. Alberto Pecorini era stato membro della delegazione italiana alla conferenza di Versailles e aveva insegnato presso università degli Stati Uniti. Sigfrido Ciccotti si era rifugiato in Argentina dopo aver trascorso qualche tempo nelle carceri fasciste mentre Nicola Cilla, come già accennato, era il redattore capo del settimanale “Italia Libre” organo.

94 anticomunista e di avvicinamento alla Mazzini Society nata negli USA.189 Nel

complesso comunque “Italia Libera” approvava i piani del conte Sforza in esilio e della Mazzini Society. Essa inoltre riconosceva nel conte, quale esponente di maggior prestigio dell’antifascismo, il leader naturale del movimento di opposizione al regime.190 Sforza cercava in sostanza di formare

un esercito costituito dagli italiani esuli ma, molte opposizioni a questo disegno, a cominciare dagli inglesi che cercavano di avere un’influenza sulla politica americana verso l’Italia.191

Tra il 1941 e il 1942, Sforza incontra enormi difficoltà per realizzare il suo piano, anche se nella primavera del 1942, l’OFF (Office of Facts and Figures), profondamente preoccupato della lealtà degli italo-americani, organizzò cicli

189 Ivi, pag 576. Serafino Romualdi, membro della Mazzini Society nel luglio del 1941 arriverà a Buenos Aires e presentava la Mazzini Society come associazione destinata a organizzare gli italiani per il dopoguerra, assicurando la libertà di opinione e di voto nelle deliberazioni , nei giornali, e nelle varie istituzioni culturali e lavorative.

190A.VARSORI, Gli alleati e l’emigrazione democratica…, cit, pag. 160-161. Inoltre “Italia libera”, come tutto il movimento antifascista risentì notevolmente dell’entrate in guerra degli Usa e dell’insuccesso della conferenza di Rio de Janeiro (gennaio 1942) che impediva la costituzione di un fronte comune belligerante di tutta l’America. I governi argentino e cileno rifiutavano di dichiarare guerra all’Asse, Il panamericanismo urtava contro la decisione di neutralità argentina, appoggiata da settori filo nazisti, ma anche in modo nascosto, dall’Inghilterra, interessata a mantenere contatti economici con l’Argentina.

191Altro interlocutore dell’America per le questioni italiane divenne il Vaticano. Roosevelt corteggiava i voti dei cattolici negli Stati Uniti e sperava di servirsi del Vaticano per persuadere gli stati sud americani a entrare in guerra a fianco degli Alleati. La nomina di Myron Taylor come rappresentante speciale presso Pio XII, a dispetto della forte opposizione protestante, costituisce un indice del peso attribuito al Vaticano dalla politica estera di Roosevelt. Gli Stati Uniti giudicavano la Chiesa più che la monarchia, la roccia sulla quale costruire una stabile e democratica Italia post-bellica. Conseguentemente, l’amministrazione era molto sensibile alle pressioni provenienti dal Vaticano. Su questo aspetto Cfr. E. AGA ROSSI, La politica degli Alleati

verso l’Italia nel 1943, in L’Italia fra tedeschi ed alleati, a cura di R. DE FELICE, Bologna, 1973, pagg. 202-203.

95 di conferenze in cui Sforza, accompagnato da Pacciardi, si presentò alla comunità italo-americana come incarnazione della garanzia americana per una giusta pace con l’Italia. In particolare Pacciardi, che aveva combattuto in Spagna, avrebbe ricevuto un invito ufficiale a prendere contatto con un organismo del governo americano per discutere della situazione italiana. Esso proveniva dall’ufficio newyorkese del Coordinator of Information (COI), l’agenzia di intelligence diretta dal colonnello William Bill Donovan che diventerà in seguito l’Office of Strategic Service (OSS). L’incontro avverrà il 14, nella capitale, dove Pacciardi incontrerà Donovan. Donovan mise immediatamente le carte in tavola. È lieto di conoscere Pacciardi “come soldato” e di discutere con lui ”possibilità di azione militare”. Il colonnello americano, insisteva sul fatto che qualsiasi forza costituita in questo modo non doveva “identificarsi con uno o più partiti politici italiani” e soprattutto, non doveva “impegnare politicamente il governo degli Stati Uniti sia in forma esplicita che implicita”. La politica insomma, deve “restare fuori”.192

Donovan spiegò anche che i volontari italiani sarebbero entrati nella legione per il solo motivo che sono “pronti a combattere e morire per la libertà del loro paese”. E suggerì addirittura il nome. ”Se si chiamasse Legione Garibaldi questo di per sé stesso chiarirebbe che i volontari combattono per liberare il loro paese e creare una situazione in cui, in seguito, saranno possibili le loro scelte politiche”.

Pacciardi si mise subito al lavoro. Nelle sue carte c’è un documento, in inglese, che si può far risalire a questo periodo. Intitolato “Practical Plan for the Organization of the Garbaldi Legion”. Esso individua in sedici punti la strategia da seguire.

Agli Stati Uniti Pacciardi chiese l’autorizzazione ad aprire un quartier