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Capitolo II QUADRO SOCIO STORICO

2.6. Gli antefatt

Giugno e luglio del 1860 vedevano una Sicilia magmatica, ove focolai di rivolta si accendevano e si spegnevano pericolosamente, a Nicosia, Resuttano, Caronia, Regalbuto, Cesarò, Randazzo, Castiglione, Linguaglossa, Adrano, Maletto, Biancavilla, Centuripe, Alcara Li Fusi,

Ancora più illegittima appare poi, la riconduzione degli imputati del successivo processo del 1863 all’alveo della legge del Regno d’Italia, sebbene il reato fosse stato consumato durante il vigente codice borbonico, non ancora del tutto esautorato della propria efficacia. Il tutto infatti si snoda attraverso l’altalenante e bizzarra giustificazione da parte del Pubblico Ministero Matteo Muratori, secondo la ricostruzione che troviamo in Pappalardo, L’identità, cit., p. 86, per l’applicazione dell’una o dell’altra legge, in una altalenante presa di posizione secondo l’abbisogna.

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Mistretta, Cerami. Le autorità, il governatore, il comandante della Guardia nazionale, allertate dalla situazione non fecero nulla per ripristinare l’ordine e intelligentemente rispondere al malessere della plebe, ma si tennero fuori dalla questione e ciò segnò l’inizio del conflitto.

Certamente non mancò una generale informazione diffusa con gli scarni mezzi dell’epoca, un parallellismo di intenti in vari Comuni dettato dal lavoro alacre di emissari i quali andavano infuocando gli animi per favorire una contestuale ribellione, ma ciò non toglie che non si riscontra una organizzazione strutturata che vada oltre tali disordinate comunicazioni.

Un punto importante da sottolineare per comprendere la composizione della folla in tumulto, fu l’evasione dalle carceri di alcuni delinquenti brontesi i quali sobillavano il popolo alla sommossa col pretesto della mancata attuazione del decreto garibaldino di divisione delle terre. Ciò assieme ai canti inneggianti alla libertà, ai cortei canzonatori dinnanzi al Casino dei Civili, contribuì ad infiammare gli animi, già pesantemente frustrati dalle privazioni.

Certamente i borghesi e gli Inglesi della Ducea sottovalutarono i vari segnali di insoddisfazione lanciati dal popolo malgrado corresse voce, tra l’altro, della spartizione che sarebbe stata operata forzatamente dai contadini nel giorno cinque di agosto51.

In particolare, a seguito dello scioglimento dei Consigli comunali avvenuto a mezzo di decreto del 14 maggio, al fine di epurarli dalla presenza di filoborbonici, anche a Bronte si procedeva nel giugno a rinnovare le alte cariche comunali.

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Ciò che successe, per grandi linee e valutando con attenzione quelli che possono essere i fatti oggettivi, prescindendo ovvero dalle opinioni personali del nostro narratore, lo racconta il neo-presidente del Municipio, Sebastiano De Luca52 :

“Era qui formato il Consiglio Civico, nonché il municipio. Propriamente

dal primo si fù B(arone)llo D Giuseppe Meli, dal secondo lo fui io. Portò questa elezione un’invidia nei signori D Nicolò e D Placido fratelli Lombardo, D Carmelo e D Silvestro flli Minissale, D Luigi Saitta, D Salvatore Meli=stizzera, D Filippo e D Pietro Fratelli Sanfilippo i quali tutti pretendevano il predominio di questo paese. Corrucciati incominciarono a spargere voci sediziose da prima, e poi diedero opera ad una congiura tendente a far dichiarare abbasso i detti Presidenti; […] sparsero voce che i cappelli impedivano la divisione delle terre dimaniali, perché Sorci, ed incitavano i villici alla strage di tutti i Cappelli e porzione dei Maestri: a qual’uopo si riunivano nella casa di D Nicolò Lombardo, ed in quella dei fratelli Minissale , ed ivi chiamavano or venti, or trenta villici istruendoli del modo come distruggere i Cappelli di questo paese, incoraggiandoli a saccheggiare la loro casa ed indicando il modo come incominciare la detta strage, che si era quello di chiamare abbasso il municipio, ed il Consiglio civico, creando il nuovo, ad oggetto che questi dividessero le terre demaniali. Tali incitamenti furono reiterati per il corso di quasi due mesi La molla primiera di tali incitamenti si era che D Nicolò Lombardo dovea essere Presidente del Municipio, e D Luigi Saitta del Consiglio Civico […]Puntarono lo svilluppo della strage e dei saccheggi per il giorno Domenica cinque del corrente e siccome da parte dei buoni di questo Comune, e dalle autorità si scrisse a far venire la forza onde impedire lo svilluppo di tale strage, così i Minissali, ed i compagni accelerarono l’incominciamento della stessa”53.

A parte le ovvie considerazioni sulla circostanza che anche qui non viene fornita nessuna informazione circostanziata ma mere asserzioni, opinioni, non supportate da alcun riscontro se non la voce di un possidente ferito nei propri interessi economici e nel proprio orgoglio,

52 La testimonianza di proprietario, e quindi adeguatamente inasprita

dall’essere appartenente alla classe privilegiata brontese, va intesa e valutata secondo cautela, non esaltando certe illazioni che non sono affatto comprovate oggettivamente.

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sicuramente a Bronte si discuteva del destino del paese, delle fazioni politiche, auspicando un ricambio ai vertici al fine di creare delle condizioni di vita più tollerabili. Ad ogni modo emerge chiaramente la tendenza a considerare il popolo scevro da qualsiasi potenzialità intellettiva, privo di iniziativa o di idee che non fossero quelle derivanti dal presunto plagio da parte dei capi della rivolta, o presunti tali, ad una massa di pecoroni54.

Ciò che avvenne nella realtà fu una divergenza nella fazione dei

comunisti che, inizialmente concordi nel voler dare nuova veste alle

cariche comunali creando continuità tra vecchio e nuovo regime, si divise successivamente tra la fazione più moderata (coloro che volevano il mantenimento dello status quo, seppure sotto l’egida del nuovo regime), e i democratici più radicali, i quali avevano idee, più collimanti con gli interessi del popolo55.

Ed infatti, a riprova, si legga nel dibattimento del processo del ’63, la

cross examination, tra Saitta e Sebastiano De Luca, sulla circostanza che

lo stesso De Luca aveva avuto accesso alla carica dopo che il Saitta l’aveva rifiutata. De Luca prontamente risponde “essere vera la rinunzia

del Saitta, poiché lui accettò dopo la rinunzia di quest’ultimo, ha detto però, che quella fu sì una finzione, mentre se era vera la rinunzia del Saitta doveva anche negarsi ad accettarla quando il pubblicò lo

54 Una osservazione vien da farsi. L’anzidetto narratore era anch’egli

appartenente a quel gruppo di persone che avrebbero dovuto avere paura della furia omicida del popolo, e si presuppone che dovesse essere anche uno di quelli che aveva ogni interesse al mantenimento dello status quo a garanzia dei propri possedimenti e del proprio posto politico. Ciò ad ogni modo traspare anche dalla sua dichiarazione, ma il punto è un altro e mostra tutta la inattendibilità di quanto dichiarato dallo stesso, il quale dice di aver presenziato alle riunioni dove i congiurati “non avevano ritegno manifestare i loro gravi disegni”, ci si chiede infatti a che proposito e con quale scopo, i congiurati avrebbero palesato i loro disegni ad uno appartenente proprio alla fazione avversa, che ben avrebbe potuto contrastare i loro propositi.

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proclamò”. Saitta evidenzia invece che, la difficoltà consisteva proprio

nel sedare la folla in tumulto e, pertanto, anche nella ipotesi di poter rifiutare un così poco spontaneo invito56.

Questo a dimostrazione che ciò che muoveva i presunti capi non era ambizione politica, ma voglia di attuare quelle riforme sociali che erano da tutto il popolo auspicate, e che un Presidente del Municipio avversato da tutta la maggioranza al potere non avrebbe potuto attuare.

Ed infatti è verosimile che la rinuncia in prima battuta da parte di Saitta fosse dettata dalla reale consapevolezza che egli non avrebbe potuto governare in virtù degli ostacoli frapposti dalla maggioranza conservatrice del Consiglio, tra le idee e la realizzazione pratica del progetto sociale.

Se può avanzarsi qualche dubbio sulla narrazione fatta da Nunzia Avellina, come anche dagli altri testi ascoltati dalla Commissione Mista Eccezionale di Guerra circa il fatto che “i sudetti Individui congiurarono

contro i Galantuomini e contro la famiglia Lupo, incitando i villici al sangue, al saccheggio ed altre atrocità di uccidere i Capelli e Mastri come quelli che non avevano fatto eseguire la ripartizione delle terre demaniali a prò dei medesimi”, tuttavia emerge dalle testimonianze che

vi doveva essere sicuramente un fervido dialogo circa le sorti politiche del paese, ma non certamente un tipo di tendenza volta alla creazione di un vero e proprio movimento sociale57.

56 Ibidem, p. 149; cfr. anche Processo, faldone I, foglio 75.

57 La teste parla di “Don Nicolò Lombardo, Don Placido Lombardo, Don

Carmelo e Don Silvestro fratelli Minissale, Dr. Don Luigi Saitta, ed altri, per come mio marito mi diceva”, sono considerazioni che, ripetute anche dagli altri

testimoni ascoltati non vengono supportate da elementi oggettivi, ma sembrano con alta probabilità frutto di una esagerazione di popolo circa le reali intenzioni della fazione politica che voleva sostituire il Baronello Meli alla guida del Consiglio civico. Cfr. dichiarazione querelatoria di Nunzia Avellina, Vincenza Cimbali e Gaetana Celona in Processo, faldone I, fogli 1-6. Più tardi, il 09 agosto, in dibattimento il Minissale contesterà la suddetta testimonianza della

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Altro discorso è quello relativo alla spaccatura che si verificò tra idealismo dei presunti caporioni della rivolta, in primo luogo il Lombardo, e il popolo, tra cui va nominato anche Rosario Aidala, un muratore al quale, pare, il Lombardo avesse raccomandato di non uccidere nessuno, rispettando la proprietà privata e le casse municipali.

Ed infatti ad un certo punto è verosimile che il Lombardo, spogliatosi dalle proprie vesti reali di contestatore reazionario, ma pacifico, assume agli occhi del popolo l’aspetto, distorto dalla mentalità collettiva, di

leader. La gente comincia a fremere e oltrepassa le linee programmatiche

dettate dal partito dei comunisti, circa la manifestazione pacifica del 5 agosto, e, probabilmente aizzata dal fatto che “i buoni di questo, ed i

funzionari scrissero per far venire forza da Catania per impedirla, a conoscenza di tanto gli autori di tale congiura la sollecitarono e la fecero sviluppare alla prima di questo mese58.

La mattina del 3 agosto, la folla, memore dell’impegno sociale dell’avvocato Lombardo nell’aiutare la povera gente lo acclamò a viva voce Presidente del Municipio, la qual cosa sarà la sua rovina e rafforzerà nell’idea della Commissione Mista Eccezionale di Guerra, la sua posizione di caporione.