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L’antico connubio tra mafia e politica

CAPITOLO IV: ASPETTI SOCIOLOGICI, CRITICHE E

4.6. L’antico connubio tra mafia e politica

Il rapporto tra mafia e politica è uno degli più oscuri e controversi della storia del nostro Paese, avendo a riguardo lo Stato e ciò contro cui lo Stato stesso dovrebbe combattere. Talora, per indicare il malsano connubio, si fa riferimento ai concetti di contiguità o di coabitazione, trascurando la definizione di mafia e le relazioni intrinseche che la caratterizzano assieme allo Stato. È doveroso precisare che la mafia non ha ideologie ma ha la capacità di fiutare chi è in grado di conquistare e mantenere il potere: funga da esempio la mafia siciliana, ossia Cosa Nostra, che si è adeguata ai vari cambiamenti politici e alle continue successioni ai vertici che si sono verificate tant’è vero da rivelarsi nella cosiddetta Prima Repubblica sia liberale sia democristiana e nella Seconda Repubblica adattabile ai diversi partiti che andavano via via affermandosi, come confermato dall’atteggiamento dei mafiosi nelle fasi di transizione. Volgendo uno sguardo al passato, negli anni del dopoguerra si creò una forte ventata separatista il cui obiettivo era quello di ottenere l’autonomia regionale per preservare gli interessi dei proprietari terrieri. Pertanto alcuni mafiosi avevano il controllo sia di sezioni del Partito Separatista sia di sezioni della Democrazia Cristiana per assicurarsi agganci con entrambi i competitori elettorali.

Durante il periodo dei governi di centro la mafia ebbe dei rapporti diretti con il partito di maggioranza relativa, arrivando ad utilizzare ancora la forza per arginare il comunismo e per consolidarsi come forza armata proprio nel periodo in cui i movimenti agrari perdevano peso e le forze di opposizione politica venivano ridimensionate sempre di più. Agli inizi della metà del secolo scorso aumentarono i canali di dialogo della mafia con pezzi dello Stato e organizzazioni criminali riuscirono persino ad accedere al denaro pubblico grazie ad una fitta rete di rapporti instaurata con imprenditori, amministratori locali, politici e liberi professionisti: erano entrati a far parte a tutti

gli effetti della borghesia sociale141.

A quel punto, e ancora una volta dobbiamo ricollegarci a

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note vicende storiche emerse in Sicilia142, le associazioni criminali accumularono talmente tanto potere da pretendere maggiori spazi dai propri referenti politici; soprattutto in quelli anni stava prendendo forma il rinomato “Compromesso storico” che consisteva in aperture verso il mondo comunista. Questa inversione di tendenza portò all’uccisione di due uomini della maggioranza, ossia Michele Reina nel 1979 e Piersanti Mattarella nel 1980, il che sbarrava le porte ad ogni tipo di coinvolgimento del mondo della sinistra che metteva in atto delle politiche mal concilianti con gli interessi mafiosi, tra cui l’attenzione verso il settore degli appalti di opere pubbliche. Il segnale fu, comunque, accolto e terminò il confronto intrapreso143. Un punto di non ritorno si raggiunse con l’assassinio di Salvo Lima il 12 marzo del 1992, reo, secondo Cosa Nostra, di non aver eliminato le conseguenze del maxiprocesso nel quale erano stati condannati pesantemente molti mafiosi, anche all’ergastolo, per i sanguinosi omicidi commessi negli anni ’80. Non a caso venne colpito proprio Salvo Lima, il cui nome è spesso stato affiancato a figure criminali.

Dopo la caduta del muro di Berlino del 1989 è completamente mutato il quadro socio-politico, infatti il comunismo si è via via disciolto, quanto meno in Europa, e la mafia si è dovuta relazione con forze politiche discendenti da quelle scomparse a seguito dei processi per corruzione all’interno di Tangentopoli. Anche agli inizi degli anni ’90 la mafia non ha smesso di farsi sentire, soprattutto durante quella che è stata ribatezzata come “la stagione delle stragi”, caratterizzate dagli attentati di Capaci e di Via D’Amelio e dalle stragi del 1993 di Roma, di Firenze e di Milano durante gli anni della Trattativa Stato-Mafia144. A seguito di arresti nei confronti di mafiosi di spicco, tra cui Salvatore Riina, è stato messo da parte il metodo violento, soprattutto quando di mezzo vi erano uomini delle

142 SANTINO U., La mafia siciliana dalle stragi alla mediazione, in Centro

Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato”, 2003.

143 SANTINO U., 1989, pp. 287 ss.

144 DI MATTEO N., LODATO S., Il patto sporco. Il processo Stato-mafia nel

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istituzioni quali politici e magistrati: ciò non vuol dire che i clan abbiano smesso di usare la forza, semplicemente hanno utilizzato le proprie energie per concentrarsi su altri settori, tra cui quello delle opere pubbliche, sempre in continuità con il settore politico145. La verità sulle bombe degli anni ’90 è emersa e ci indica che uomini dello Stato hanno trattato con Cosa Nostra, che uomini della divisa come Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe de Donno hanno aperto un canale con Cosa Nostra, che il politico Marcello Dell’Utri fece da tramite politico tra la mafia siciliana e il partito – nato in quel periodo – “Forza Italia”, che queste persone sono state condannate nello stesso processo insieme a mafiosi del calibro di Leoluca Bagarella e Antonino Cinà e che è stata fatta giustizia per tutti coloro che a nome dello Stato combattevano ciò che altri pezzi dello stesso Stato favorivano146.

145 SANTINO U., Politica e mafia, in Centro Siciliano di Documentazione

“Giuseppe Impastato”, 2015.

146DI MATTEO N., LODATO S., Il patto sporco. Il processo Stato-mafia nel

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