CAPITOLO I: NASCITA ED EVOLUZIONE DELL’ISTITUTO
1.6. Interventi della giurisprudenza
1.6.2. Interventi del Consiglio di Stato
Successivamente alla sentenza pocanzi analizzata, sono stati messi in atto i vari interventi legislativi che abbiamo avuto modo di esaminare ed anche il Consiglio di Stato si è pronunciata non di rado sulla questione. La sentenza del 24.4.2015 della Terza Sezione del Consiglio di Stato ha rappresentato un punto cruciale in quanto ha richiamato i precedenti giurisprudenziali aventi ad oggetto diversi casi di impugnazione di decreti con i quali è stato disposto lo scioglimento di Consigli comunali ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. Essendo stata avvertita la sussistenza di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, in quella sede vennero enunciati dei principi generali su tale questione, pur con riferimenti alla sentenza emessa dalla Corte Costituzionale nel 1993. Il Consiglio di Stato, infatti, ha fatto riferimento a quest’ultima per rammentare come lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose sia una misura straordinaria di prevenzione a cui l'ordinamento ha dovuto ricorrere per contrastare quelle situazioni patologiche di danneggiamento del naturale funzionamento di organi locali, come affermato dalla stessa Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2895 del 28 maggio 2013, per le quali è necessaria un’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata. In un’altra occasione lo stesso organo giurisdizionale, anche con la sentenza n. 4845 del 26 settembre 2014, è stato piuttosto esplicativo sull’istituto in questione, rispondendo al quesito se si tratti di una misura sanzionatoria o preventiva e il CdS ha accolto il secondo approccio. Infatti ha chiarito che la natura del provvedimento non è sanzionatoria in quanto non si intende reprimere condotte che riguardano singoli amministratori, tutt’altro ha l’importante finalità di salvaguardare la funzionalità dell’amministrazione pubblica. Pertanto dalla già citata sentenza 2895/2013 si deduce che il decreto del Presidente della Repubblica con il quale è disposto lo scioglimento e la relazione
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ministeriale di accompagnamento24 sia un atto di alta amministrazione in quanto implica che il risultato che emerge dalle consultazioni elettorali comunque non possa prevalere rispetto ad un’azione amministrativa che risulta inquinata da condizionamenti criminali.
Per quanto concerne gli elementi sulla base dei quali può essere disposto il provvedimento dissolutorio, il Consiglio di Stato si è espresso nel senso che gli elementi che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento non possono essere considerati singolarmente, bensì bisogna tenerne conto complessivamente, in quanto legate tra di loro, come ricordato sempre dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1547 del 10 marzo 2011, e devono essere in grado di ricostruire in maniera analitica in cosa consista il condizionamento mafioso. Di conseguenza esso si rileva non nel momento in cui si verifichino dei collegamenti che riguardano singole persone o persino singoli episodi ma solo laddove emergano situazioni tali per cui sia plausibile che abbia avuto luogo un’alterazione della realtà contingente e che gli amministratori locali siano in uno stato di soggezione verso la criminalità organizzata in base a dati quali vincoli di parentela, rapporti di amicizia o frequentazioni varie. A tal proposito il CdS, in occasione della sentenza n. 3340 del 2 luglio 2014, ha affermato che, per intraprendere un’azione di scioglimento nei confronti dei consigli comunali, non è indispensabile che contestualmente venga avviato l’esercizio dell’azione penale. Infatti sembra essere al di fuori di ogni dubbio che il provvedimento di scioglimento possa essere adottato certamente in relazione ad accertamenti piuttosto specifici ed approfonditi che dimostrino un concreto collegamento tra amministratori e criminalità organizzata senza che obbligatoriamente debbano essere evocate circostanze di natura penale; tuttavia non si può pensare che un decreto di scioglimento, che ha la capacità di incidere sul voto popolare, possa essere emanato senza alcun grado di
24 Il D.P.R. e la relazione ministeriale di accompagnamento sono due punti nevralgici della procedura di scioglimento, che tra poco analizzeremo approfonditamente.
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convincimento e senza un quadro probatorio fondato, naturalmente con un livello inferiore rispetto al caso in cui si debba procedere all’avvio dell’azione penale25, lasciando all’Amministrazione statale un margine di apprezzamento rilevante che la mette in condizione di valutare un effettivo condizionamento o meno. La Sezione ha aggiunto che, sebbene sia veritiero che gli elementi raccolti debbano essere «concreti, univoci e rilevanti», come è richiesto dalla nuova formulazione dell’art. 143, comma 1, del d.lgs. 267 del 2000, soltanto con un esame “allargato” si può ricostruire l’eventuale condizionamento mafioso, tenendo conto complessivamente degli aspetti che hanno inciso sull’azione dell’ente amministrativo26. Nonostante le modifiche normative che sono state effettuate nel corso degli anni e che fanno dell’istituto uno degli strumenti più noti di contrasto alla diffusione della criminalità organizzata sul territorio nazionale, rimane fermo che con l’art. 143 del d. lgs. n. 267 del 2000 «la finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo» (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2038 del 23 aprile 2014), con l’obiettivo di evitare che l'amministrazione dell'ente locale possa cedere all'influenza della criminalità organizzata27. Dati gli ampi poteri che il giudice amministrativo detiene nell’esame delle impugnazioni dei provvedimenti di scioglimento, la Sezione con la sentenza n. 1266 del 6 marzo 2012 ha affermato che il sindacato di legittimità, che può essere esercitato dall’ente sciolto, possa essere effettuato senza valutazioni che, al di fuori della repressione del travisamento dei fatti, si muovano sul piano del merito, tranne che si tratti di fatti non veritieri. Un’attenzione particolare merita la lamentata mancanza di una formale comunicazione agli interessati dell’avvio del
25 Consiglio di Stato, Sezione III n. n. 1266 del 6 marzo 2012. 26 Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2895 del 28 maggio 2013. 27 Consiglio di Stato, Sezione III, n. 3340 del 2 luglio 2014.
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procedimento amministrativo e la carenza di un successivo reale contraddittorio: in merito a ciò la Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 727/14 ha sostenuto che la comunicazione dell’avvio del procedimento non è necessaria non solo per via della natura preventiva e cautelare del decreto di scioglimento ma anche perchè il procedimento riguarda l’organo locale nel suo complesso, quindi l’intera collettività, e non i soggetti che lo amministrano. A ciò va aggiunto un ragionamento portato avanti dal Consiglio di Stato con la sentenza 6657/2009, secondo cui a prevalere sono le esigenze di celerità, senza dare per scontato una collaborazione procedimentale dei soggetti per i quali si ipotizza un collegamento con la criminalità organizzata.
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“Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo soltanto essere intellettualmente onesti e mettere in guardia i nostri lettori. L’imparzialità è un sogno, la proibità è un dovere” Gaetano Salvemini
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