II Reclutamento e arrivo degli italiani in Spagna
II.3 Antifascismo, esilio e polizia politica.
A pochi mesi dall'avvento al potere di Mussolini, un numero via via crescente di oppositori scelse di espatriare, generalmente per sottarsi alle vessazioni delle camicie nere, che rendevano impossibile le permanenza nel consueto ambiente lavorativo e familiare. I cittadini schedati come irriducibili avversari del PNF potevano trovare nell'emigrazione interna un riparo precario e momentaneo, per questo motivo molti si risolsero a cercare asilo presso un paese straniero. La Francia rappresentò lo sbocco naturale al flusso degli oppositori messi al bando dal fascismo, e se in un primo momento il fenomeno riguardò soprattutto i militanti di base, più esposti alla violenza, già dal 1925 l'inasprimento autoritario spinse sulla via dell'esilio anche i leader dei movimenti che sarebbero presto diventati fuorilegge222.
Gli antifascisti lasciarono la patria perlopiù in forma clandestina, sperando di rimanere in esilio per breve tempo e di poter presto rientrare in patria, una volta fosse avvenuto l'auspicato rivolgimento degli assetti del potere. L'evoluzione degli eventi avrebbe affondato ogni illusione, mentre anno dopo anno cresceva il numero degli esuli che a loro volta si frammentavano in gruppi e fazioni in forte concorrenza tra loro, suscitando in molti dei fuoriusciti un senso di smarrimento, acuito dalla difficoltà di trovare lavoro e dagli oggettivi intralci del soggiorno in terra straniera223.
Come sostiene Antonio Bechelloni, l’esilio antifascista intervenne dopo quasi mezzo secolo di emigrazione di massa degli italiani in alcuni grandi paesi industrializzati d’Europa, «così come in un numero cospicuo di paesi del nuovo
222 Cfr. M. Franzinelli, I tentacoli dell'Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia
politica fascista, Bollati Boringhieri, Torino 2000, p. 180. Circa gli studi sull'organizzazione della
polizia politica durante il regime, si rimanda a M. Canali, Le spie del Regime, Il Mulino, Bologna 2004.
223 Per un approfondimento sul tema dell'esilio e dell'azione antifascista organizzata
all'estero si veda S. Fedele, Storia della Concertazione antifascista 1927-1934, Feltrinelli, Milano 1976.
91 mondo in per lo meno tre continenti o sub-continenti e pochi mesi dopo l’inizio di una terza grande ondata migratoria, dopo la pausa forzata della Grande guerra»224. La Lega Italiana per i Diritti dell'Uomo (LIDU), fondata a Parigi e consociata con la omonima associazione francese, si sforzò di sensibilizzare i governanti e l'opinione pubblica sulla situazione degli esuli, con risultati alterni.
Poiché gli esuli si erano stabiliti soprattutto in Francia, le attenzioni della polizia politica si concentrarono sul quella nazione. Sin dalla metà degli anni Venti l'impianto spionistico del regime fascista aveva la sua base operante a Parigi, ma al contempo si muoveva nel vicino Belgio e in Svizzera.
In particolare, alcuni gruppi di fuoriusciti attirarono fin da subito l'attenzione del regime; ad esempio Giustizia e Libertà sin dalla sua fase costituente fu seguita con estrema attenzione dalla polizia politica attraverso rapporti informativi che diedero conto dell'attività propagandistica esplicata da Emilio Lussu, fondatore del movimento, considerato, dagli informatori dell'OVRA come l'avversario più insidioso del fascismo subito dopo il partito comunista, sospettato di ricorrere a metodi terroristici. Si pose pertanto speciale cura nell'infiltrazione di elementi fidati nello stato maggiore del movimento, cercando nello stesso tempo di indurre alla collaborazione, o corrompendo i suoi esponenti. Gli apparati riservati strinsero Giustizia e Libertà in una tenaglia spionistica articolata su diversi livelli di attacco: in Italia si utilizzavano provocatori o ex oppositori per dare corpo a complotti che avrebbero portato all'arresto dei cospiratori, mentre in Francia si infiltravano fiduciari tra i quadri del movimento, che operavano per la raccolta di notizie e l'imbastitura di false iniziative225.
La suddivisione degli esuli in movimenti eterogenei rappresentò al contempo un elemento di debolezza politica, e il principale fattore di agevolazione all'infiltrazione poliziesca. Diversi gruppi si contendevano «l'esclusività della purezza ideologica»226: i comunisti erano antitetici a ogni altro movimento227, i
224 Cfr. A. Bechelloni, Esilio e Antifascismo in «Pensieri e Parole» n. 2 maggio 2002, p. 142.
Dello stesso autore si veda Carlo e Nello Rosselli e l'antifascismo europeo, Franco Angeli, Milano 2001.
225 Ibid.
92 socialisti erano di per se stessi divisi tra massimalisti e riformisti, gli anarchici polemizzavano con tutti i fronti antifascisti, mentre GL era invisa a tutti gli schieramenti in maniera identica228.
L'azione spionistica all'estero si sviluppò pertanto nelle condizioni più favorevoli, con i servizi investigativi che si conformavano sostanzialmente alla geografia degli esuli politici, con Francia, Svizzera e Belgio che si configuravano come i paesi più attenzionati, in quanto meta del maggior numero di fuoriusciti dall'Italia. Se Parigi contava il maggior numero di spie del regime, a causa del numero di antifascisti italiani presenti sul territorio, la confederazione elvetica costituiva uno snodo strategico per la polizia politica fascista, soprattutto per la presenza di esponenti di punta del fuoriuscitismo comunista, socialista e repubblicano, oltre a personalità indipendenti quale l'ex presidente del Consiglio Nitti.
Il regime tentò di controllare indirettamente i profughi attraverso funzionari cantonali compiacenti, ma l'operazione si rivelò più difficile del previsto, poiché differentemente da quanto avvenuto in altri paesi, il regime non era riuscito a stabilire saldi rapporti tra i referenti spionistici italiani e l'apparato di sicurezza locale229.
In Belgio la situazione si presentava in maniera differente; poiché la comunità degli esuli era di dimensioni ridotte, si presentava più difficoltosa l'introduzione di spie. Ciò nonostante, sin dal 1927 si notava la presenza di una stretta rete di confidenti230.
Per quanto concerne la rete spionistica del regime presente in Spagna, Franzinelli sottolinea come già con le elezioni del 12 aprile 1931, con la sconfitta della monarchia e l'avvento di un governo democratico, vennero salutate dagli esuli italiani come un “successo dell'antifascismo europeo”231
e venne valutato come un'ottima occasione per allacciare rapporti internazionali «volti all'isolamento del
227
Sulla storia del partito comunista italiano durante l'esilio e la formazione dei fronti popolari in Spagna e Francia, si rimanda a P. Spriano, Storia del Partito Comunista italiano, vol. 2,
Gli anni della clandestinità, Einaudi, Torino 1969 e Id, Storia del Partito Comunista italiano, vol. 3, I Fronti Popolari, Stalin, la guerra, Einaudi, Torino, 1970.
228
Ivi, p. 153.
229 Ivi, p. 189. 230 Ivi, p. 183. 231 Ivi, p. 260.
93 regime mussoliniano»232. Diversi profughi, ad iniziare dai dirigenti di Giustizia e Libertà, accorsero a Madrid, divenuta la città simbolo della lotta vittoriosa contro le destre; la conseguenza immediata fu l'innalzamento dell'attenzione fascista verso i connazionali recatisi nella penisola iberica.
Con la sollevazione militare di Franco, e il conseguente scoppio della guerra civil, la difesa della Repubblica e del Frente Popular divenne la priorità per migliaia di fuoriusciti, che si arruolarono tra le fila delle Brigate Internazionali. I contraccolpi del conflitto si avvertirono anche in Italia, dove si risvegliarono gli antifascisti che, attraverso volantini, scritte murali et similia, espressero la propria solidarietà alla causa antifascista spagnola. Tra i circa 3500 volontari, sottolinea Franzinelli, si trovavano anche diverse decine di spie, «distribuite sia a livello dei quadri intermedi, sia tra i miliziani»233.
Dall’ottobre del 1936 la Polizia Politica informava sistematicamente il Ministero degli Esteri di connazionali che si spostavano verso la Spagna, probabilmente per unirsi alle milizie rosse catalane; gli informatori davano notizia di chi prendeva parte alla commemorazione per il 19° anniversario della rivoluzione russa del 3 dicembre 1936234.
Sin dal principio del conflitto, la polizia politica ottiene notizie precise circa gli esuli italiani che partecipavano a manifestazioni per la sensibilizzazione alla causa spagnola:
Un comitato misto belga (comunisti, socialisti e anarchici) ha indetto per sabato scorso 27 corr., una serata pro-Spagna che ha avuto luogo nella grande sala della Maison des Huit Heures.
Erano presenti un'ottantina di spagnoli, qualche italiano e molti belgi. In tutto circa 300 persone.
Venne rappresentata una commedia a sfondo sociale, ci furono in seguito delle danze spagnole, poi venne un discorso di un belga sulla situazione spagnola235.
232 Ibid. Si veda inoltre M. Canali, «Polizia politica fascista nelle vicende della guerra civile
spagnola», in Cultura, Societat i Politica a la Mediterrània contemporània - Institut d'Estudis Baleàrics - 2012.
233 Cfr. M. Franzinelli, I tentacoli dell'Ovra, op. cit., p. 263. 234 ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50 , Lettera non datata, Francia. 235 Bruxelles, 31/05/1937 in ACS, AA. GG. 1937-1939, b. 50, Belgio.
94 Oggetto di interesse per i delatori, non erano solo le riunioni private, ma anche le manifestazioni antifasciste, durante le quali era facile riconoscere i volti di connazionali perseguiti in Italia per reati politici. Nel caso qui di seguito, la spia riferisce la circostanza in cui alcuni antifascisti si erano resi manifesti durante la premiazione presso una scuola italiana a Genk:
A pag. 3 del mio notiziario n. 99 del dicembre u.s., è fatta menzione di un rapporto della Polizia di Genk in data 1/5/1936 in cui è fatta relazione di una dimostrazione antifascista con grida Viva Matteotti! Abbasso la Guerra! Abbasso Mussolini! In occasione della premiazione della scuola italiana di Genk fatta dall’agente consolare italiano236
.
Durante tutta la durata del conflitto, inoltre, i servizi segreti italiani seguirono l'attività del periodico Il grido del Popolo, e tentarono sistematicamente di riscostruire, attraverso l'attenta analisi del giornale, sia l'identità dei firmatari degli articoli, sia quella dei caduti antifascisti nelle battaglie, di cui puntualmente veniva riportato il nome di battaglia, più raramente quello di battesimo. Si riusciva così a risalire ai nomi di chi si distingue o muore nella battaglia del Monte Aragon237, oppure si mandavano gli articoli scritti da Augusto Pezzetta, in cui si parlava della situazione del fronte a Pelahustan238; il più della volte era difficile, se non impossibile, risalire all'autore dell'articolo239.
A partire da gennaio del 1937 la polizia politica cercò di ottenere informazioni direttamente da Parigi sugli anarchici che rientrano feriti da Barcellona, città che da lungo tempo ospitava una numerosa colonia di italiani antifascisti, e in particolare anarchici aderenti al CNT:
[…] participasi a codesta On. Divisione che le indagini già fatte in via fiduciaria per identificare a Parigi l’anarchico Milani Ludovico, recatosi nell’agosto scorso a Barcellona e rimasto ferito, hanno avuto esito negativo, né si è in grado al presente di promuovere indagini nella Spagna per il medesimo scopo. Con l’occasione si sommette l’ipotesi – non
236
ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50, nota dell’ufficio della Polizia Politica del 11/01/1937. Segue una nota dell'agente: «Ho esaminato gli incartamenti di quasi tutti i dimostranti (identificati o pretesi tali) [seguono nomi]. Dall’attento esame degli incarti di questi individui, risulta che tutti indistintamente sono “politicamente incensurati».
237 ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50, Il grido del Popolo, nota polizia politica del
10/10/1936.
238 Ibid.
239 ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50, Il grido del Popolo, nota polizia politica del
95 suffragata però da alcun elemento di fatto – che il Milani di cui sopra e il Milano segnalata con appunto [..] arruolato nelle milizie rosse catalane, siano la stessa persona.
Anche il giornale “Giustizia e Libertà” era ritenuto una fonte valida per la polizia, che in tal modo riusciva ad apprende i nomi di alcuni morti e feriti tra i brigatisti sul fronte di Huesca240. La Polizia aveva anche infiltrati presso l’Ospedale di Barcellona, i quali sistematicamente denunciavano connazionali morti o feriti in entrata presso lo stabile:
Partecipasi a cod. On. Divisione che, secondo informazioni confidenziali, nello scorso ottobre fu trasportato all’Ospedale clinico di Barcellona il cadavere di un connazionale, certo Guerra, non meglio identificato. Neppure si conoscono le cause che hanno determinata la morte, ma presumibilmente trattavasi di un italiano arruolatosi volontario nelle milizie rosse catalane.241
Proprio la capitale catalana, da sempre meta privilegiata dell'emigrazione italiana e in parte, anche degli investimenti di alcuni grandi produttori, quali Pirelli e Martini, era oggetto di particolare attenzione da parte del regime, e di conseguenza, della polizia politica, che monitorava con attenzione e crescente preoccupazione l'attività dei connazionali residenti a Barcellona affiliati ai circoli anarchici e antifascisti. In particolare, dopo l'alzamiento dei generali ribelli, è lo stesso Consolato italiano a Barcellona a inviare notizie a Roma sulla situazione dei fuoriusciti arrivati in territorio catalano242.
240 ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50, nota polizia politica: «il giornale Giustizia e libertà n.
49 c.m. pubblica il seguente elenco di morti e feriti che la nota colonna Rosselli ha avuto nelle ultime azioni compiute sul fronte di Huesca».
241
Ivi, nota polizia politica del 27/11/1936. I delatori informavano non solo degli antifascisti caduti al fornte, ma anche dei feriti giunti a Barcellona direttamente da Huesca, ad indicare una fittissima rete spionistica presente nella capitale catalana durante tutta la durata del conflitto: «risulta da informazioni confidenziali che nello scorso ottobre è stato trasportato all’ospedale clinico di Barcellona un connazionale, certo Giardia Galante Pietro, non meglio indicato, volontario nelle milizie rosse. Detto individuo non sarebbe stato profondamente ferito, ma mentre trovavasi al fronte, gli sarebbe sopraggiunta una grave ernia. […]» Ibid.
242
«Por otro lado, a las ya de por sí complicadas preocupaciones del Consulado, se añadiría un elemento de gran transcendencia para las autoridades fascistas italianas: la presencia de fuoriusciti antifascistas. En esta dirección, el 4 de agosto iniciaba una serie de informes en los que explicaba la creciente actividad de los elementos de extrema izquierda italianos en Barcelona. Una actividad que, usando Cataluña como base, empezaba a amenazar con llevar una propaganda y actuación “subversiva” a la misma Italia.» Cfr. A. González i Vilalta, Catalunya bajo vijilancia, op. cit. 204. Sulla politica estera italiana in Catalogna si veda dello stesso autore Catalunya vista
por la dipomàcia feixista italiana (1930-1943) in La Catalogna in Europa, l'Europa in Catalogna. Transiti, passaggi, traduzioni. (Venezia, 14-16 febbraio 2008) , ISBN- 978-88-7893-009-4.
96 Alla rete di controllo del regime non sfuggivano altresì gli spostamenti dei connazionali all'interno della stessa Spagna durante tutta la durata del conflitto o la loro militanza nelle forze repubblicane, così che il Ministero degli Esteri informava il Ministero dell’Interno, tramite telegramma, non solo dei nomi dei combattenti, ma anche delle funzioni che questi ricoprivano all'interno delle Brigate243.
Come sottolineato da Franzinelli, la polizia monitorava sistematicamente i confini, intuendo come la gran parte dei clandestini che tra fine del 1936 e l'inizio del 1937 si spostavano in Francia, probabilmente avrebbero cercato di valicare i Pirenei per giungere in Spagna244
.
Il Belgio, nonostante la scarsa consistenza della comunità italiana rispetto alla Francia o la Svizzera, era costantemente monitorato circa gli spostamenti di connazionali verso il fronte spagnolo. Spesso le lettere degli esuli antifascisti che promuovevano attività contro il regime, venivano intercettate dalla polizia e trascritte ed inviate al Ministero dell’Interno, con lo scopo di capire gli spostamenti di anarchici e comunisti.
Nel caso presentato di seguito, emerge come gli antifascisti fossero spesso consapevoli di essere monitorati dalla polizia italiana, e come, in taluni casi, non potessero né tornare spostarsi verso il fronte in Spagna, né tornare indietro:
243 «Oggetto: Fuorisciti italiani in Spagna: Per opportuna notizia, si ha il pregio di segnalare
i seguenti nominativi di fuorisciti italiani combattenti sul fronte aragonese: Nivolai- Bersi- Spada- Cermellini- Scatossa- Sterminino- Fanna– Ferrari- Zanotti – Silvestrini – Raffaelli – Panteo- Jacchia Giusto – Torroni – Graziani Rino di Giacomo – Sales – Ulinio. Hanno funzioni di ufficiale nelle milizie antifasciste i fuoriusciti Torroni – Bifolchi Giuseppe – Libero Battistelli (comanda una batteria». ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50, nota polizia politica del 17/11/1936.
244 ACS, M.I. D.G.P.S. 1936-39 b. 50 nota polizia politica del 15/01/1937: «Trovasi a Nizza
venuto pure clandestinamente, un certo Vincenzo non meglio identificato, sarebbe nativo di S. Andrea allo Jonio, nel marzo 1910. Trovasi ospite di amici in Bld. Carabacel I.L’interessato è pure in procinto di recarsi tra le file spagnole, nel prossimo contingente». Ovviamente, all’informazione segue la richiesta della stessa polizia per avere informazioni sulla stessa persona da parte del Prefetto della città natia del segnalato, anche se con molto ritardo: «S.E. il Prefetto di Catanzaro, Pregasi V.E. di compiacersi di disporre urgentissime indagini per l’identificazione di tale Vincenzo (questo è il nome di battesimo), detto Don Vincenzo Calabrese, nato a Santo Andrea del Jonio nel marzo 1910 in Ispagna nelle milizie rosse. – In uno con le complete generalità, si gradirà ogni possibile notizia utile sui precedenti, specie politici, del predetto individuo, nonché sull’epoca e sui motivi dell’espatrio.» Ivi, nota polizia politica, 08/04/1937.
97 Corre voce tra gli anarchici di Bruxelles che sia Bifochi Giuseppe che Paini Alduino, tuttora a Barcellona, sono guardati a vista e non possono muoversi; entrambi avrebbero ardentissimo desiderio di “tagliare la corda” e ritornare in Belgio (come del resto hanno fatto sapere a più riprese) ma non verrebbe loro dato il permesso; sarebbero in certo qual modo prigionieri senza per altro essere rinchiusi in carcere245.
Gli infiltrati interni ai movimenti antifascisti in Belgio fornivano alla polizia financo le foto dei sovversivi, allo scopo di poterli individuare più facilmente246. Il reclutamento tra gli esuli italiani per la difesa della Repubblica, che, come precedentemente dimostrato, avveniva attraverso circoli, o associazioni che operavano in clandestinità, continua durante tutto il 1937, e desta non poche preoccupazioni nelle spie del regime all'estero, le quali cautamente osservavano e rendevano conto agli uffici preposti in Italia:
Il Dino Nenni ci scrive da Grasse (Francia) che il Girolimetti Ferruccio si trova in un ospedale di Barcellona ferito da un colpo di fucile al costato desto. La reclutazione di volontari continua in Francia, anzi il Nenni ci domanda se abbiamo qualche probabilità di reclutare gente. Nel caso affermativo, dice di avvertirlo, che lui prenderà le disposizioni necessarie per riceverli a Nizza o a Marsiglia e penserà lui a farli giungere in Spagna. [segue elenco di nominativi sulle notizie ricevute da anarchici dal fronte]247
Molti documenti sono relativi a nominativi di cittadini jugoslavi in Belgio, afferenti alle milizie popolari, di cui la polizia voleva scoprire la possibile origine italiana:
Da fonte fiduciaria si è avuto un elenco di cittadini jugoslavi, già residenti in Belgio, arruolati nelle milizie popolari spagnole. Poiché tuttavia non è raro che individui orinari di località di confine delle Venezia Giulia si qualifichino per cittadini jugoslavi, potrebbe essere che qualcuno di tali volontari rossi sia di nazionalità italiana e, pertanto, ad ogni buon fine si trascrive l’elenco [segue elenco di nomi]248
.
Al Ministero dell’Interno arrivavano da parte dell’informatore anche i nominativi dei connazionali pronti alla partenza dal Belgio con allegati i commenti della
245 Ivi, nota polizia politica del 22/06/1937, Bruxelles.
246 «Sabato 10 corrente è venuto a trovarmi Sampietro. Mi ha consegnato la fotografia che vi
accludo.[…] La donna raffigurata nella foto è appunto la Catelli [Argentina] che ha soggiornato in Spagna per parecchi mesi; dei volontari “rossi” accanto alla Catelli non mi pare di conoscerne; Bifolchi [Giuseppe] non vi figura» Ivi, nota polizia politica del 12/07/1937, Bruxelles.
247 Ivi, nota polizia politica del 12/05/1937, Liegi. 248 Ivi, nota polizia politica del 31/03/1937, Bruxelles.
98 polizia politica su ogni singolo nome, il che evidenzia come l'acquisizione di informazioni da parte del regime fosse costante e capillare, come nel seguente caso in cui si sottolinea come il soggetto attenzionato avesse precedentemente dimostrato le proprie simpatie antifasciste, concretizzatesi poi nell'arruolamento nelle brigate in difesa della repubblica spagnola:
Eccovi alcuni altri nominativi di volontari italiani partiti per la Spagna arruolatisi nelle milizie rosse: […] È partito pure per la Spagna, probabilmente in compagnia di Toffolo [Pietro], certo Pillotto Antonio fu Gregorio e di e di Turrini Angela, nato a Villafranca (Verona) il 5.9.1899. Dall’esame dell’incarto che l’interessato abitava in Belgio dal 1925; ultima sua residenza Genk, Oudeoitè n.23. Sin dal 1931 venne segnalato a Questa Ditta come antifascista; non risulta pertanto abbia esplicato intensa attività politica dato che nel suo incarto non trovo che un unico rapporto che non prova fatti tali da designarlo come politicamente interessante; semplicemente lo si dichiara antifascista.
Risulta aver lasciato Genk il 31/10/1936 per andare ad arruolarsi nelle milizie rosse spagnole 249.
Dopo Bruxelles, era Liegi la città maggiormente popolata da italiani, che per motivi di lavoro avevano riparato in Belgio, e una volta arrivati erano venuti in contatto con organizzazioni dichiaratamente antifasciste, le quali, una volta scoppiata la guerra civile in Spagna, si erano impegnate per promuove l'arruolamento nelle fila delle Brigate Internazionali. Per questo motivo, le spie del regime operavano sistematicamente per rendere noti i nominativi di chi reclutava e di chi passava il confine:
[…] sono stato mercoledì a Bruxelles, ma non ho trovato il Sartoris in