II Reclutamento e arrivo degli italiani in Spagna
II.2 Reclutamento per il Corpo Truppe Volontarie
Non appena la notizia del reclutamento di volontari si diffuse, molti privati cittadini, da tutta Italia, inviarono le proprie domande alla sede di Piazza Navona o direttamente le consegnarono nella mani di “rappresentanti” che portarono personalmente a mano le domande di decine di compaesani. Tra l'8 dicembre 1936 e il 26 febbraio 1937 pervennero circa 5.000 domande all'Ufficio Spagna: la maggioranza dei volontari italiani si era rivolta direttamente al Ministero degli Esteri, ma vi fu anche chi scrisse direttamente a Mussolini o alla figlia Edda, chi alla Segreteria di Stato del Vaticano e chi, addirittura, a Hitler191.
Il Gabinetto Ufficio Spagna (GabUS) chiese al ministero degli Interni informazioni su circa 3.500 persone che avevano manifestato l'intenzione di arruolarsi nell'esercito di Franco. Il ministero, attraverso la pubblica sicurezza, rispose limitatamente su 2.500 circa: dei richiedenti circa il 69% erano lavoratori e solo il 4% studenti, metà era sopra la trentina e solo un quarto aveva meno di venticinque anni. Massimiliano Griner sostiene che circa un quarto di costoro aveva precedenti penali; nella maggior parte dei casi si trattava di aggressioni, furti e ubriachezza molesta, ma non mancavano anche gli assassini e i colpevoli di omicidio volontario192.
Gran parte delle lettere di arruolamento giungevano direttamente all'ufficio preposto dal Ministero degli Esteri a piazza Navona; da queste sono rilevabili le
191 Alcune di queste richieste, autografe e indirizzate al duce, riportano la ferma volontà dei
richiedenti nel poter partecipare all'impresa spagnola, in una commistione tra sentimenti anticomunisti e motivazioni di carattere contingente, quali i disagi e le privazioni da cui sono prostrati e da questi “spinti” a prendere parte alla guerra civil: «Duce, sin dall'inizio della partecipazione dei legionari italiani alla santa causa del movimento franchista, il mio animo si è sentito di unirsi agli altri per combattere -con le armi- i rossi bolscevichi […] Duce, ho 19 anni, sono abituato a sopportare disagi e fatiche, e sento di avere nel sangue la stessa forge, quello stesso impeto, quello stesso spirito, dei miei antenati. Permettetemi di dimostrare che sono un fascista della prima ora. […] in Archivio Centrale dello Stato (d'ora in poi ACS), Presidenza del Consiglio dei Ministri 1937-1939 (d'ora in poi PCM), b. 47, Richieste di arruolamento.
192
Dati tratti da M. Griner, I ragazzi del '36: l'avventura dei fascisti italiani nella guerra
civile spagnola, Milano, Rizzoli, 2006, p. 162. La motivazione ideologica, anche secondo Rochat,
era decisamente superiore negli ufficiali, ma quasi totalmente assente nelle gran parte delle truppe. Si veda in proposito G. Rochat, Le guerre italiane 1935-1943. Dall'Impero d'Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino 2005 p. 107: «In conclusione ci sembra attendibile che i 50.000 uomini partiti per la Spagna fossero quasi tutti volontari, anche se per motivi molto più pratici che ideali. Si trattava di una massa eterogenea, poco addestrata e con scarsa coesione (le unità della Milizia furono costituite, o meglio improvvisate in Spagna)».
76 condizioni sociali o personali dei volontari: analfabeti, braccianti, disoccupati o galeotti.
Dalla documentazione d’archivio è inoltre possibile avere molte notizie sul reclutamento dalle quali emerge che molti dei primi volontari per la Spagna erano dei veri e propri “mercenari”, assoldati dai nazionalisti spagnoli. In alcune lettere di reclutamento è stato possibile rintracciare alcuni esuli italiani dalla Russia che avevano dovuto abbandonare la propria casa all'indomani della rivoluzione, e, che, pertanto, si trovavano non solo in difficili condizioni economiche, ma erano anche motivati nel combattere la causa anticomunista in Spagna:
20 ottobre 1936
Nel 14 mi trovavo in Russia proprietario di garages. Appena scoppiata la guerra entrai volontario nell'Armata Imperiale Russa, fui otto mesi con un'auto blindata colla famosa 10ma Divisione Cavalleria Cosacca; poi fino alla Rivoluzione come pilota nella 17ma Squadriglia Sottotenente e più volte decorato della croce di cavaliere di San Giorgio. Scoppiata la Rivoluzione perdetti tutti i miei beni, il padre di mia moglie fucilato, la famiglia distrutta. Noi potemmo fuggire e venire in Patria e continuare il mio servizio militare. Causa gli orrori vissuti mia moglie dopo poco tempo impari e morì. [...]. Tale è il mio odio contro il Comunismo che imploro la S.V.I. di volermi mandare in Spagna a combattere nelle file di S.E. il Generale Franco. Se avessi mezzi sarei partito per conto mio [...] sono un guidatore di carri d'assalto e come motorista e meccanico non temo rivali [...] sono iscritto al P.N.F..
Salvini Luigi
via Principe Amedeo 2, Roma193
Non poche sono le missive di coloro che scrivevano all'Ufficio Spagna affermando di essere stati ingaggiati in Italia da cittadini spagnoli per combattere la guerra civile al fianco dei nazionalisti con l'allettante promessa di una ricompensa in denaro in cambio dell'arruolamento presso il CTV. Questo un appunto dell’”Ufficio”: Rinaldi Giuseppe Roletta Paolo Ruggeri Bernardino DICHIARANO
77 di aver ottenuto dal noto suddito spagnolo Martinez de Bujanda l'arruolamento per la Spagna.
Questi senza far stipulare alcun contratto di arruolamento ma promettendo a ciascuno di essi condizioni vantaggiose – come una paga mensile dalle 3 alle 4 mila lire e un premio di smobilitazione dalle 8 alle 10 mila lire, più un'assicurazione sulla vita, li fece partire per Genova dando loro un biglietto ferroviario e 50 lire194.
Non è possibile, ad oggi, calcolare il numero esatto degli uomini che per primi si arruolarono nella Milizia anziché nell’esercito regolare, poiché le iscrizioni pervenivano presso le sedi delle provincie o regionali. Se diamo per certo il numero indicato da Griner, 5.000 unità non era un numero elevato per un paese popoloso come l'Italia, che nel 1936 contava circa 49 milioni di abitanti. Griner indica come possibile causa delle scarse adesioni, almeno al principio, la poca propaganda che i mass media fecero della causa spagnola nazionalista, che non avendo sottolineato abbastanza la persecuzione subita dai cattolici spagnoli e dal clero, argomento che avrebbe avuto un grande impatto sicuramente sulla popolazione italiana195.
La maggior parte delle risorse economiche e belliche disponibili, sia dal punto di vista propagandistico che da quello pratico, erano state investite nell'impresa etiopica, mentre è necessario sottolineare che nel fronte opposto, nelle file dei repubblicani, avevano aderito, in quel momento, già circa 3.000 italiani196.
Le prime camicie nere, come ricordato da Coverdale e da Vaquero Peláez, salparono col piroscafo Lombardia; non formavano certo un contingente, quanto piuttosto una “massa informe”197
di persone; molti erano disoccupati sulla soglia della disperazione, altri alcolizzati, delinquenti abituali e per gran parte non idonei a combattere; il poco tempo a disposizione non aveva permesso di mettere insieme altro, e lo stesso esercito non poteva fare molto meglio. Per scegliere i
194
Ibid.
195
Cfr. M. Griner, I ragazzi del '36, op. cit.
196 Di cui la maggior parte esuli da tempo, per motivi politici, ma molti alche lavoratori
italiani trasferitisi all'estero che vennero reclutati attraverso circoli antifascisti in paesi come Francia, Belgio e Svizzera.Si veda in proposito: E. Lussu ( a cura di M. Brigaglia), Per l’Italia
dall’esilio, Ed. Della Torre, Sassari 1976 e inoltre S. Neri Serneri, “Guerra civile” e ordine politico. L’antifascismo in Italia in Italia e in Europa tra le due guerre in «Italia contemporanea»
n. 229, Carocci editore, dicembre 2002, pp. 621-623.
78 candidati non si accertava la loro idoneità, piuttosto una “idoneità generica alla guerra”, il che consentiva un sostanzioso alleggerimento delle procedure di accertamento. Di questi volontari Franco avrebbe potuto farne ciò che desiderava, avrebbe potuto utilizzarli come unità per formare compagnie o per aumentare il numero di volontari del Tercio o dell'esercito nazionalista198.
Come già sottolineato in precedenza, le richieste di arruolamento giungevano al GabUS, non solo attraverso richiesta diretta la Ministero degli Esteri, ma anche attravero le sedi della Milizia locale, e in ultima istanza, attraverso le prefetture, che si impegnavano ad inviare le missive degli aspiranti volontari alla sede centrale perché venissero valutate.
Attraverso l'analisi delle richieste di arruolamento, è possibile rilevare come la volontà di partecipazione alla causa anticomunista nel Mediterraneo, si mescolava a sentimenti ed esigenze di carattere contingente, quali la difficoltà a trovare lavoro o cercare un'occasione per sfuggire alla povertà.
Questo è il caso di alcuni volontari che, rivolgendosi a i prefetti di competenza, avevano chiesto di poter essere arruolati per la Spagna, la richiesta veniva spesso accompagnata da sedicenti “motivi patriottici”:
Dipace Pasquale nato nel 1910, ha fatto parte dell'Arma dei Carabinieri C.A. quando è stato riformato dopo sette anni per difetto visivo.
Ora trovasi disoccupato come altri suoi fratelli e il padre. Non iscritto al P.N.F. ma di sentimenti patriottici e devoto al Regime.
Prefetto Motta199
Merlo Stefano nato nel 1904, buona condotta morale e politica, precedenti penali non iscritto al P.N.F. ma ossequiente direttive assegnate. Prefetto Miranda200
198 Ibid. 199
ACS, MI, DGPS, Div. AGR, categoria annuali 1936, cartella 15. Lettera motivazionale , 24/12/36, Milano.
200 Ivi, 23/12/1936, Messina. Sono numerose le lettere che i prefetti inviano al GabUS da cui
emerge la condizione di forti ristrettezze economiche da parte di coloro che si proponevano quali volontari per la Spagna. Le missive venivano spedite perlopiù dalle zone più depresse della penisola, volendo citare solo alcuni stralci delle lettere rinvenute, si può capire come i prefetti proponessero all'Ufficio Spagna soggetti di varia natura e genere. Si fa riferimento a volontari descritti come dotati di «buona condotta morale, civile, politica, iscritto Fasci Giovanili. Buona famiglia di contadini in buone condizioni economiche. Disoccupato.» [Ivi, 31/12/1936, Pavia] e al contempo si propongono soggetti che hanno «buoni precedenti politici, è iscritto al P.N.F. dal 24 maggio 1934, condanna per furto con circostanze aggravanti per furto continuato. Attualmente in carcere a Sulmona.» [Ivi, Aquila, 21/12/1936].
79 La legione straniera, il Tercio Extranjero, costituiva la terza via con cui gli italiani potevano giungere in Spagna per combattere la causa nazionalista. Gli arruolati italiani nel Tercio consistevano in una cifra decisamente ridotta rispetto ai numeri citati precedentemente, e alcuni aspiranti coscritti vennero scartati appena giunti a Cadice perché non soddisfatti della paga promessa201.
I volontari italiani del Tercio spesso si distinguevano per atteggiamenti “minacciosi” e “poco urbani” sin dal momento dell'imbarco verso la Spagna ma venivano comunque lasciati partire per il fronte:
Dei volontari facevano parte Trani detto Fiori Giulio, Pandolfi Giovanni, Caioni Settimio, Pozzi Eugenio, Carini Luigi, si sono imbarcati diretti a Palma, hanno tenuto a bordo contegno poco urbano e minaccioso rendendosi responsabili di incresciosi incidenti.
Hanno risposto alla gentilezza con contegno provocatorio e irriverente. Curzi Antonio e Stellacci Pietro dichiararono di essere stati ingaggiati dal Governo Spagnolo per il Tercio.
Topini Romolo asseriva di aver ricevuto a Roma dagli agenti spagnoli 50 lire, una tessera ferroviaria fino a Genova, dove si è imbarcato202.
Mentre in Spagna affluivano i pochi legionari del Tercio, in Italia continuava freneticamente la preparazione della missione militare. Insieme ai vertici delle forze armate, Mussolini e Ciano avevano convenuto di mandare uomini sufficienti a coprire quattro divisioni, per circa 50.000 uomini. Tre divisioni sarebbero state coperte dalle Camicie nere, mentre una soltanto dal Regio esercito203.
Il contributo dell'Esercito alla causa nazionalista spagnola era reso complesso dall'impossibilità riscontratasi di un invio immediato di uomini. Mentre fu relativamente facile provvedere al materiale bellico, prelevato dai depositi di mobilitazione, teoricamente intangibili e già impoveriti dalla missione etiopica, si
201 Il Tercio Extranjero, costituito nel 1920 ai comandi di Yagüe, consigliere di Franco, era
stato composto, fino al 1932, da otto battaglioni, fino quando il governo repubblicano aveva deciso di sciogliere il settimo e l'ottavo, poiché non aveva piena fiducia nella volontà dell'esercito. Nel
Tercio ci si poteva arruolare sotto falso nome e durante la permanenza nessun legionario poteva
essere consegnato alla giustizia o estradato a quella in un altro paese; in pratica, si dava la possibilità ai miliziani di potersi costruire una nuova vita. Inoltre i volontari usavano chiamarsi
novios de la muerte e per questo si facevano cucire sulla camicia un teschio con sopra scritto “a mi novia”. Cfr. G. Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, op.cit., p. 103.
202 ACS, MI, DGPS, Div. AGR, categoria annuali 1936, cartella 15, Notizie circa
l'arruolamento di volontari, Genova, 20/2/1937.
80 rivelò difficile reclutare in poche settimane 50.000 uomini da mandare in Spagna, senza inviare unità già costituite.
Il ricorso alla Milizia, con l'apporto di circa 30.000 uomini, può essere spiegato con «l'esigenza politica di una partecipazione volontaria e fascista»204, ma soprattutto per via della maggiore facilità con cui si potevano arruolare volontari con diverse motivazioni, ideologiche per pochi, economiche per la grande maggioranza. Se è possibile riscontrare una motivazione di caratettere ideologico da parte degli ufficiali della Milizia rispetto ai soldati inquadrati nell'esercito, questa si accompagnava a una minore preparazione bellica. Per tale motivazione, spesso gli uomini vennero impiegati con i gradi che avevano ricevuto durante la permanenza nella stessa Milizia, spesso superiori a quelli conseguiti con l'arruolamento nell'esercito205.
Vaquero Peláez riguardo l'arrivo dei primi volontari italiani in terra spagnola, ricorda come i contingenti arrivavano in Spagna attraverso i porti andalusi e come questi uomini, definiti dallo storico come «disposti a tutto», una volta giunti a terra, venivano immediatamente trasferiti presso la “Base Nord” e ripartiti tra Aranda de Duero e Almazán206. Lo studioso spagnolo, ancora una volta, sottolinea come i volontari italiani fossero spinti da motivi strettamente personali, che nulla avevano a che vedere con la causa dei golpisti spagnoli; molti erano coloro i quali erano stati assegnati ai campi di lavoro in Etiopia, e che solo in ultimo erano stati inquadrati nelle milizie in partenza per la Spagna. Per questo motivo si rivelavano inadatti al combattimento, in quanto «pronti ad imbracciare una pala per spalare le strade, e non un fucile». Ricorda inoltre, la difficile situazione in cui versavano le famiglie del sud Italia nel periodo; la povertà che spingeva ad accettare di andare
204 Cfr. G. Rochat, Le guerre italiane, op. cit., p. 105. 205
Luca Pietromarchi, per meglio gestire la spedizione di uomini sul campo, e collaborare al meglio con le autorità militari si coordinò con gli uffici del Regio Esercito; proprio questi ultimi però, si rivelarono piuttosto lenti nel preparare i soldati, rispetto ai piani del Duce. Per questo motivo il generale Mario Roatta decise di rivolgersi alla Milizia, la quale stava anch'essa addestrando camicie nere per la partenza in Spagna, che si trovò meglio disposta nell'inviare i propri uomini con rapidità e senza aver terminato l'addestramento pur di venire incontro alle esigenze di Mussolini. Cfr. J.F. Coverdale, Gli italiani fascisti, op. cit.
206 «Nuevos contingentes van llegando a España por los puertos andaluces, dispuestos a
todo, con esa obediencia ciega a su jefe. Parte de ellos serìan trasladados a la que llamó “Base Nord”, repartidos por las zonas de Aranda de Duero y Almazán, con algo menos de ese espíritu idealista y más intereses personales en su alislamiento como voluntarios.» Cfr. D. Vaquero Peláez,
81 a lavorare in Abissinia e in Etiopia come operai, povertà che spesso condusse molti volontari ad accettare di andare a combattere una guerra che nulla aveva a che vedere con il proprio paese, per semplice tornaconto economico207. Le stesse “alte sfere” dell'esercito si rendevano conto della profonda differenza esistente tra i volontari della Milizia e quelli dell'Esercito.
Attraverso l'analisi delle sentenze emesse dal Tribunale Militare italiano presso Aranda de Duero è stato possibile elaborare una statistica circa l'età anagrafica, il livello di istruzione, lo stato civile e familiare dei legionari, su un campione di circa 1000 uomini, una cifra esigua per avere dei risultati definitivi, ma certamente significativa per poter realizzare una prima valutazione.
Un risultato, ottenuto attraverso l'esame delle sentenze del CTV, è una prima statistica circa l'origine regionale degli uomini giudicati dal tribunale militare; dividendo il numero di legionari in quattro macroaree di provenienza, otteniamo la seguente suddivisione percentuale:
Nord: 16% Centro: 20% Sud: 43% Isole: 21%208
Dalle statitische riportate si può dedurre che le aree depresse economicamente, siano state quelle che maggiormente contribuirono nell'inviare uomini che ingrossarono le fila dei nazionalisti in Spagna. Negli anni Trenta, l'economia stagnante del Mezzogiorno italiano, fece sì che i residenti di queste zone
207 «Muchos se apuntaron como voluntarios para ir a Abisinia, no a España, y no como
voluntarios para la guerra, sino para el trabajo. Eran reclutas para el ejército del trabajo abisino recién creado, unidades similares a las alemanas denominadas Servicio de Trabajo Voluntario. No era ni mucho menos una formación de élite para la guerra. Muchos eran campesinos del sur de Italia, viniendo unos libremente y otros siendo obligados. La mayoría se aislaban por otros motivos que poco tenían que ver con sus ideales fascistas: gente en paro, con poco futuro económico, con problemas familiares, ciudadados con conducta sociales conflictivas, otros con esperanza de hacer méritos y ascender en el partido. Algunos pensaban que en vez del fucil que les habían entregado deberían tener un pico para hacer carretera». Ibid.
208 I dati statistici sono estrapolati dalle sentenze del Tribunale Militare presenti in ACS,
82 emigrassero in massa all'estero in cerca di maggiore fortuna lavorativa; e se uno sfogo immediato poteva venir rappresentato dalle colonie di recente creazione, è evidente che l'arruolamento nell'esercito o nella legione straniera, in cambio di forti somme di denaro, poteva rappresentare un'alternativa valida all'emigrazione209.
Come risulta evidente dal grafico n.1, avendo posto sull'asse delle ascisse gli anni di nascita rilevati, e sull'asse delle ordinate il numero di uomini nati in quel medesimo anno, l'età dei legionari, contrariamente da quanto affermato dagli studiosi presi in esame finora, risulta essere compresa tra i 53 anni (per il giudicato più anziano in assoluto), e i 18 (età del più giovane).
Il primo dato che si evince dal grafico è che la maggior parte degli uomini giudicati presso il tribunale militare risultava essere nata tra il 1913 e il 1917, per cui la media della risultante età anagrafica era compresa tra i 24 e i 20 anni210:
209 Ibid. 210 Ibid.
83 Relativamente al livello di istruzione, i dati statistici rilevano che, contrariamente alle aspettative, per il campione di uomini esaminati non vale la vulgata corrente: i legionari non erano analfabeti, ma si dichiaravano capaci, nella grande maggioranza, almeno di saper leggere e scrivere211:
A tale proposito è doveroso ricordare come negli anni presi in considerazione non esitesse ancora una definizione di “analfabeta”; pertanto si potrebbe presumere
211
Ibid. A proposito del livello di alfabetizzazione in Italia durante il fascismo rimandiamo agli studi di Ester de Fort in merito: «Solo col 1951 dal la definizione di alfabeta fu attribuita a coloro che sapevano leggere e scrivere, ma va dato atto che rivelano che gran parte dei ci si doveva come adeguare a regole di natura internazionale. È evidente che la rilevazione della sua capacità di leggere, stabilita con criteri non sempre chiari, in genere in seguito ad una dichiarazione di fronte ad un commesso del censimento (o ad un uomo di fiducia del capofamiglia), come come stabilivano le norme relative al censimento del 1911, che non prevedeva, di solito verifiche, non ci dica molto sulla qualità di analfabetismo, rimane infatti celata quell'ampia zona grigia di chi vuol capace di decifrare un testo non accoglieva però il significato. Anche i dati sulla capacità di scrittura in fondo, non ci dicono se chi sapeva scrivere, o piuttosto chi, fosse in grado di redigere un testo comprensibile fornito dissenso, o non si limitasse invece a segnare la propria firma.» in E. De Fort, «L'alfabetismo in Italia tra Otto e Novecento. Il caso della Sardegna» in R. Sani – A. Tedde, Maestri e istruzione popolare tra Otto e Novecento,
Interpretazioni, prospettive di ricerca, esperienze in Sardegna, V&D, 2003, p. 82. Si veda inoltre,
della stessa autrice: La scuola elementare. Dall'unità alla caduta del fascismo, Il Mulino, Bologna 1996. 0 50 100 150 200 250 ANNO 1884 1889 1891 1893 1895 1897 1899 1901 1903 1905 1907 1909 1911 1913 1915 1917 1919 1913 Numero Legionari Anno no si NON PERVENUTO 0 100 200 300 400 500 600 700 800 Istruzione Elementare N u m e ro L e g io n a ri
84 che i volontari fossero in realtà capaci di firmare e sapessero leggere e redigere testi semplici.212.