II Reclutamento e arrivo degli italiani in Spagna
II.4 Composizione politica e sociale degli antifascisti italiani in Spagna
Lo studio sulla composizione sociale e politica dei brigatisti italiani, che hanno combattuto per la causa della repubblica spagnola, è un tema che negli ultimi anni ha favorito il ridestarsi di un dibattito vivace e ricco di nuovi spunti di investigazione266.
Fino a pochi anni fa, gli unici studi in merito erano stati condotti da Franco Giannantoni e Fabio Minazzi che grazie all'approfondita analisi delle biografie dei volontari italiani provenienti dall'archivio AICVAS hanno potuto elaborare delle statistiche attendibili circa la provenienza, l'età anagrafica e l'estrazione sociale degli antifascisti italiani presenti in Spagna durante la guerra civil267.
In relazione alla differente composizione politica dei volontari, dai dati raccolti268 si evince che i comunisti, con il 38,2% pari a 1301 combattenti, costituivano il gruppo politico più consistente e forte, seguito, subito dopo, dagli anarchici che con i loro 328 combattenti, rappresentavano il 9,6%, e costituivano, dunque, secondo gruppo politico più consistente, essendo seguiti a loro volta, dai socialisti, che con i loro 224 iscritti, rappresentavano, invece, il 6,5%. I repubblicani, con l'1,6%, ossia 56 combattenti, e gli esponenti di Giustizia e Libertà, con l'1,1%, vale a dire 39 combattenti, erano infine i due gruppi politici più esigui.
Questo dato, di per sé emblematico, va integrato con la constatazione che il gruppo di combattenti di cui non si conosce l'esatta collocazione politica rappresenta invece la maggioranza dei volontari, in quanto contraddistinto dalla percentuale del 42,6% pari a 1449 persone.
Probabilmente, molti di questi combattenti, i cui dati biografici risultano oggi carenti e lacunosi, saranno stati collegati, in maniera più o meno diretta, a qualche
266 Si pensi ad esempio agli studi condotti negli ultimi anni da Enrico Acciai e Giulia
Quaggio circa la composizione delle colonne italiane in Spagna, E. Acciai – G. Quaggio (a cura di), Un conflitto che non passa: storie, memorie e rimozioni della guerra civile spagnola, op cit. oppure da Ilaria Cansella e Francesco (a cura di), Volontari antifascisti toscani nella guerra civile
spagnola, op. cit.
267
Cfr. F. Giannantoni – F. Minazzi (a cura di), Il coraggio della memoria e la guerra civile
spagnola (1936-1939), AICVAS-Edizioni Arterigere, Milano-Varese 2000.
268 Le statistiche sono estrapolate dallo studio condotto da F. Minazzi, La guerra civile
spagnola, il coraggio della memoria e la scuola quale laboratorio storico in pp. 31-89 in F.
Giannantoni – F. Minazzi, Il coraggio della memoria e la guerra civile spagnola (1936-1939), op. cit. Per una più approfondita analisi delle biografie dei volontari antifascisti italiani in Spagna, si veda: Associazione Italiana Combattenti Antifascisti in Spagna (AICVAS), Il coraggio della
108 determinata forza politica. In ogni caso, accanto a questi volontari, di cui si ignora oggi la precisa collocazione, vi è stato probabilmente anche un gruppo di combattenti antifascisti non esiguo, e non direttamente schierato con una precisa forza politica. Questo dato, se eventualmente confermato da ulteriori indagini, non sarebbe privo di un suo interesse specifico, perlomeno nella misura in cui consentirebbe di documentare come la partecipazione alla guerra civile spagnola, abbia coinvolto persone coerentemente antifasciste non direttamente iscritte ad un determinato partito politico.
Minazzi sottolinea come gli operai costituiscano il gruppo più consistente e numeroso: con riferimento esclusivo ai 2543 combattenti di cui si conosce con sicurezza la professione svolta prima della loro partecipazione alla guerra spagnola, si può affermare che essi rappresentino, con 1485 persone, il 57,6% del totale.
Gli operai erano seguiti, nel numero, dal gruppo dei liberi professionisti (19,8%, con 505 uomini), da quello dei contadini (8,8% con 224 combattenti) e infine, da quello degli intellettuali (un po' più esiguo con il suo 4,4% pari a 114 persone). Questo dato si impone, a parere di Minazzi, in tutto il suo «significato storico e sociale»269, se si pensa che la percentuale degli operai presenti tra i volontari antifascisti italiani, anche prendendo in considerazione il numero complessivo dei 3397 volontari (includente quindi anche quello dei combattenti di cui si ignora la professione), rappresenta pur sempre il 43,1% del totale e denota, quindi, come l'elemento proletario costituisse veramente l'asse dell'intero movimento di volontari antifascisti.
Per quanto concerne l'esiguo numero degli intellettuali, occorre tenere presente che la loro presenza durante la guerra civile spagnola appare ridotta solo perché gli intellettuali per definizione rappresentano un gruppo di minoranza all'interno della nazione270.
Questi dati ci forniscono una prima importante indicazione, ossia che la maggioranza dei volontari antifascisti giunti in Spagna aveva già alle spalle
269
Cfr. F. Minazzi, La guerra civile spagnola, il coraggio della memoria e la scuola quale
laboratorio storico, op. cit. p. 55.
270 Sulla partecipazione degli intellettuali alla guerra civile spagnola, cfr. A. Garosci, Gli
109 un'esperienza precedente di migrazione. Questo precedente aveva una duplice ragione: poteva essere ricondotta a cause economiche o a disoccupazione, per cui questi uomini erano migrati per trovare lavoro all'estero, oppure era causata da motivi politici, o ancora, le due regioni si intrecciano.
In ogni caso, la grande maggioranza di questi volontari antifascisti italiani nel loro recarsi nella penisola iberica proveniva già dall'estero per ragioni meramente economiche o politiche.
Di questa colonna di 2799 volontari antifascisti nati in Italia, andati a combattere in Spagna, ben 412 partirono direttamente dall'Italia per recarsi Spagna; pari al 14,7% del totale dei 2799 combattenti, secondo Minazzi, questa percentuale è soggetta ad aumentare sensibilmente, soprattutto se si tiene presente che molti altri combattenti antifascisti volontari furono in realtà costretti ad abbandonare l'Italia pochi mesi prima proprio per ragioni politiche271.
Ad ogni modo questa percentuale del 14,7% dimostra emblematicamente che anche in Italia, nel cuore del regime dittatoriale fascista, durante lo svolgimento della guerra civile spagnola, qualcosa effettivamente riuscì a muovere soprattutto nell'ambito della classe operaia, dato che furono proprio gli operai a capire l'importanza internazionale della guerra antifascista che si sarebbe combattuta in Spagna.
Sempre in relazione alla provenienza geografica, Minazzi rileva che rispetto alle 2790 biografie note, dividendo la penisola in tre macroaree, la provenienza dei volontari poteva essere così rappresentata272:
Nord : 66,7% (pari a 1868 persone) Centro: 24,6% (pari a 691 persone), Sud e Isole: 8,2% (pari a 231 persone)
Minazzi scompone ulteriormente questi dati regionali, e prende in più diretta considerazione analitica la suddivisione provinciale, rilevando che le regioni legate ad un maggiore sviluppo economico, nonché alcune di quelle che erano state storicamente dei bacini di utenza privilegiati dell'emigrazione della ricerca di
271 Cfr. A. Bechelloni, Antifascismo ed esilio, op. cit., p. 147.
272 Cfr. F. Minazzi, La guerra civile spagnola,il coraggio della memoria e la scuola quale
110 un lavoro avevano offerto l’apporto più significativo al flusso di volontari antifascisti recatisi nella penisola iberica. Inoltre le aree del Nord rappresentavano il punto principale di un movimento di lotta che risultava strettamente legato, sia allo sviluppo economico, sia al connesso mondo operaio, e quindi di conseguenza la relativa coscienza di classe formatasi in seno al proletariato più combattivo. In questo senso possono essere spiegati anche i dati relativi ai maggiori centri urbani: nelle grandi città le contraddizioni sociali si presentavano aumentando lo sviluppo di conflittualità, e contribuendo indirettamente ad un approfondimento quasi naturale della coscienza di classe di tutta la popolazione urbana273.
Se si considera la diversa collocazione politica dei volontari in relazione alle tre differenti macroregioni italiane si rileva274:
Anarchici (300 unità) Nord: 57% Centro: 35% Sud e Isole: 8% Comunisti (140 unità) Nord: 68,9% Centro: 20% Sud 15,4% Repubblicani (55 unità) Nord: 56,3% Centro: 38,1% Sud e Isole: 5,4% Socialisti (207 unità) Nord: 70%; Centro: 22%; Sud e Isole: 7,2%
Infine, degli 808 volontari la cui identità politica rimane ad oggi sconosciuta, si suddividono anche loro nelle seguenti percentuali:
Nord: 67,5%; Centro: 20,9%; Sud e Isole: 11,4% 273 Ivi, p. 84. 274 Ivi, p.85.
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Le statistiche confermerebbero quanto precedentemente rilevato, ossia che il bacino di provenienza privilegiato dei volontari fascisti italiani nella guerra civile spagnola era costantemente rappresentato, per tutte le forze politiche, dal Nord del paese.
Questo dato è da ritenersi importante, se è vero che la Resistenza avrebbe trovato successivamente proprio nel Nord del paese il suo punto di riferimento, e considerando che durante il referendum istituzionale del 2 giugno del 1946 sarà ancora una volta il nord a votare massicciamente in favore della Repubblica. I dati riportati nello studio precedente si incrociano e si incastrano perfettamente con quelli prodotti dallo studio condotto da Enrico Acciai sulla composizione della Sezione Italiana e della Brigata Garibaldi, formazioni a maggioranza della componente italiana275. Lo stesso Acciai sottolinea come la “condizione di esule” fosse un tratto comune nella gran parte dei componenti della brigata, così come una grande percentuale di essi dichiarava di lavorare quale operaio o artigiano; l'esilio, dovuto a motivazioni non strettamente economiche, ma legato principalmente alla necessità di sfuggire alle violenze squadriste che negli anni Venti avevano colpito diverse zone nel Nord Italia.
Le statistiche, anche in questo caso, rilevano una preponderanza di volontari originari del centro-nord: Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto, ossia quelle maggiormente colpite dalla violenza squadrista negli anni Venti, concludendo infine, che le aree di provenienza coincidevano con quelle con una «tradizione di politicizzazione più forte»276
Confrontando quindi la composizione sociale in relazione alle differenti collocazioni politiche, il quadro specifico di ciascun movimento politico si fa molto più preciso, e ad ogni modo dal confronto dei dati emerge il seguente quadro analitico, per cui è interessante prendere in considerazione le medie dell'età, in rapporto alle differenti provenienze regionali.
275
Cfr. E. Acciai, Il contributo italiano al volontariato internazionale in Spagna. Una storia plurale (1936-1939) in I. Cansella – F. Cecchetti, Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, op. cit, pp. 49-118.
112 Si evince in questo modo, che in media i combattenti più maturi erano quelli del Centro (34,4 anni), mentre i più giovani risultavano essere quelli del Nord (33,5 anni), quelli del Sud infine rappresentano un'età media di 33,7 anni.
Questa media dell'età, relativamente alta, costituisce un dato civile e storico non trascurabile, poiché porta a considerare che la generazione che ha partecipato più attivamente alla guerra civile spagnola, e ne ha rappresentato la spina dorsale, è stata quella nata all'inizio del secolo, o comunque prima della presa del potere da parte del fascismo nel 1922.
Si tratta pertanto di una generazione di combattenti antifascisti che si era formata prima del fascismo, ma successiva alla più matura e precedente generazione di democratici.
È una generazione di trentenni che aveva visto la genesi del fascismo, e pertanto rappresentava un momento di passaggio politico tra i vecchi militanti e la nuova generazione antifascista di ventenni. Molti esponenti di questa generazione di trentenni sarebbero poi finiti a costituire non solo i quadri e gli elementi di riferimento di molte formazioni partigiane durante la resistenza, ma anche di alcune formazioni politiche clandestine277.
A parere di Minazzi, si può parlare della guerra civile spagnola come una “guerra del popolo”278
, radicata in una manifestazione politico civile di carattere spontaneo, documentata dall'ampia adesione popolare a questa guerra.
Una guerra antifascista in cui i ceti più umili sfruttati ebbero la forza di imbracciare le armi per combattere il fascismo internazionale. La base di questi eroici combattenti, era senza dubbio «rappresentata dal militante operaio trentenne, con la sua forte radicata coscienza di classe, frutto della sua passione civile e del suo impegno di lotta. »279.
277
Ibid.
278 Ivi, p. 70.
279 Cfr. F. Minazzi, La guerra civile spagnola,il coraggio della memoria e la scuola quale
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