• Non ci sono risultati.

II Reclutamento e arrivo degli italiani in Spagna

III. Italiani su fronti oppost

III.6 La propaganda al fronte

Dall'inizio della guerra furono numerosi gli antifascisti esiliati che andarono in Spagna in difesa della Repubblica, ancora prima dell'organizzazione delle Brigate Internazionali404. Nell'estate del 1936 arrivarono fino in Italia per la prima volta, tramite la radio, le voci dell'antifascismo italiano trasferitosi nella penisola iberica. Si trattava fondamentalmente di interventi comunisti o di membri di Giustizia e

Libertà trasmessi dall'emittente di Barcellona. La chiarezza dell'ascolto e il

perfetto italiano degli speakers indusse le autorità fasciste a sospettare dell'esistenza di emittenti clandestine in Italia, o comunque, in Svizzera; già alla fine del 1936 si parlava di una emittente del Pci. Questa programmazione, all'inizio solo sporadica, ma poi divenuta sempre più regolare, durò durante tutto il conflitto e si convertì poi nell'emittente conosciuta come Radio Milano405.

La propaganda fascista in Italia si mosse in due direzioni: da una parte con l'intercettazione delle frequenze di stampo internazionale e antifascista e la conseguente interferenza su di esse, dall'altra l'EIAR diede uno spazio sempre maggiore alle questioni spagnole e all'intervento italiano sul fronte nazionalista406. Furono numerose anche le cronache di partenza e arrivo dei contingenti volontari per la Spagna.

Venne anche organizzata una massiccia campagna di contropropaganda: l'EIAR trasmise, per tutta la durata del conflitto, all'interno della programmazione per l'estero, un servizio in spagnolo, ma una volta partito il contingente militare italiano, la propaganda fascista tramite radio si concentrò sull'emittente di maggior prestigio, Radio Verdad.

Per quanto riguardò la propaganda italiana fascista in territorio spagnolo, alla fine di ottobre era talmente inferiore a quella tedesca, che l'ambasciatore Pedrazzi aveva rinunciato alla competizione; più volte l'ambasciatore cercò di spronare Ciano a seguire gli avvenimenti in modo più attivo, ma fu tutto inutile: sino all'inizio di dicembre Ciano non approvò neppure l'incremento delle attività

404 Sulle Brigate internazionali vedi la voce omonima cura da R. S

KOUTELSKY in

Enciclopedia della sinistra europea del XX secolo, diretta da A. Agosti, Roma, Editori Riuniti,

2000, pp. 391-393.

405 Poi divenuta Radio Milano Libera, che avrebbe trasmesso da Mosca dal 1940 al 1945. 406 Ente Italiano Audizioni Radiofoniche.

187 italiane in Spagna; in sostanza, tranne che per l'appoggio a Bonaccorsi, non abbiamo prove che i rappresentanti ufficiali italiani, inviati da Ciano e Mussolini, si siano adoperati, in maniera seria e sistematica, per favorire lo sviluppo di un qualsiasi gruppo politico407.

Tuttavia, dal novembre 1937, l'Ufficio Stampa Italiano408, guidato dall'ex console generale a Barcellona Carlo Bossi, redasse un nuovo Bollettino Stampa da spedire a tutti i giornali che conteneva «quasi ed esclusivamente i progressi realizzati dall'Italia Fascista in ogni campo»409.

Il Bollettino stampa dell'USI venne inviato a tutte le stazioni radio italiane perché venisse diffuso: emetteva attraverso Radio Nacional de Salamanca un notiziario in lingua italiana destinato alle truppe del CTV; esso collaborò anche ai notiziari in francese e venne rifornito di materiale propagandistico dal Regio Consolato di Siviglia (per gli spazi radiofonici dei quali disponeva nella Uniòn Radio

Sivillana). Forniva anche gran parte del materiale che trasmetteva Radio Verdad e

si occupava inoltre di spedire per posta materiale propagandistico, dietro richiesta, ai radioascoltatori di quest'ultima. L'USI pubblicava anche diversi prospetti, opuscoli, oltre al quotidiano Il Legionario; aveva a disposizione una biblioteca con circa 4.000 volumi al servizio delle truppe italiane di retroguardia. Forniva un suo servizio fotocinematografico e si incaricava del controllo dei corrispondenti italiani in Spagna. L'Usi portò avanti questo tipo di organizzazione durante tutto il 1938; i suoi uffici centrali erano a San Sebastián e dipendeva dalla rappresentanza diplomatica del CTV.

Il fenomeno di maggior rilievo della propaganda italiana in Spagna, fu certamente la pubblicazione del giornale Il Legionario, la cui distribuzione durò dal marzo del 1937 fino alla fine di agosto del 1938; inizialmente uscì come settimanale con testata in spagnolo410, e con il sottotitolo: “Giornale dei lavoratori combattenti in difesa della civiltà europea contro la barbarie rossa”, ma dal settembre successivo,

407 Tanto che rappresentanti italiani non cercarono nemmeno di influenzare Franco perché si

avvicinasse a qualche gruppo specifico

408 Acronimo USI. 409

Cfr. P. Corti – A. Pizarroso Quintero, Giornali contro: "Il Legionario" e "Il

Garibaldino": la propaganda degli italiani nella guerra di Spagna, Alessandria, Edizioni

dell'orso, 1993, p. 29.

188 la testata venne redatta in italiano e il sottotitolo cambiato in un più semplice: “Quotidiano dei legionari combattenti in Spagna”.

La sede della redazione inizialmente venne situata a Salamanca, poi a Valladolid e infine a Zaragoza. La redazione era formata quasi interamente da membri dell'USI con a capo Bonaventura Caloro.

In una prima fase il giornale era composto di un solo foglio con informazioni provenienti, per esempio, dalla radio italiana411, oppure si riportavano dal fronte varie notizie sul CTV, come promozioni, medaglie e onorificenze di vario genere; venivano riprodotti anche articoli di altri giornali, tra i quali, ovviamente, Il

Popolo d'Italia che veniva distribuito gratuitamente alla truppe e spesso anche ai

civili spagnoli.

Anche se il giornale nacque con nome spagnolo, il testo venne scritto sempre in italiano e i riferimenti alla Spagna, tranne quelli che si rifacevano alla guerra, furono sempre abbastanza scarsi. Nessun generale, tranne Franco, venne mai masso in risalto, almeno fino al 1938, quando iniziarono ad essere pubblicate le biografie dei generali franchisti.

Dal luglio divenne un quotidiano, raddoppiando di conseguenza il numero di pagine; la collaborazione con l'esercito divenne più serrata e lo stesso Bossi, ebbe istruzioni dal generale Bastico, comandante del CTV, su come organizzare il giornale con apposite rubriche: una di politica, una tecnico militare, una con bollettini ufficiali e una di varietà. Nel periodo intercorrente tra l'estate e l'autunno del 1937 il periodico si adattò bene al ruolo di voce della propaganda e venne curato nei minimi aspetti.

Vista la diffusione che la rivista ottenne, anche tra i civili, nel 1938 Bossi inoltrò la domanda di poter pubblicare Il Legionario per la vendita; tale circostanza avrebbe fatto sì che i redattori del giornale accedessero alla qualifica di giornalisti, e di conseguenza divenissero anche meritevoli di liquidazione. Pietromarchi si rifiutò categoricamente di cambiare il carattere della rivista, cioè di foglio gratuito pubblicato per i combattenti sotto totale onere dello Stato: a seguito di questo fatto il caporedattore Caloro venne sollevato dall'incarico e Il Legionario terminò la sua pubblicazione alla fine di maggio dello stesso anno.

411

189 Da quel momento tra i soldati vennero distribuiti vari giornali italiani, e data l'insistente richiesta da parte degli ufficiali del CTV, anche riviste di stampa umoristica412.

L'informazione che veniva data dal quotidiano può essere definita molto ricca e varia, divisa come detto prima, in sezioni specializzate, addirittura con una rubrica dedicata allo sport; dal numero 152, venne realizzata anche una sezione fotografica intitolata “Fotolegionario”, in cui venivano puntualmente pubblicate le fotografie delle famiglie dei legionari italiani in Spagna: in particolare veniva dato maggiore rilievo a quelle famiglie composte da quattro/cinque figli, quasi a sottolineare lo spirito avventuriero e coraggioso di questi soldati.

Ovviamente un simile atteggiamento rientrava nella retorica fascista classica in cui lo sviluppo demografico della popolazione era un suo cavallo di battaglia, ma

Il Legionario addirittura indisse un concorso per le famiglie lontane più numerose.

Alcuni argomenti tornavano spesso sulle pagine della rivista: tra questi vi era l'importanza della propaganda e dei mezzi di comunicazione, spesso cercando di mettere in risalto come fosse necessaria la stampa come strumento di lotta politica, e quasi sempre si terminava l'articolo con la considerazione secondo la quale anche il Duce era stato un giornalista.

Altro argomento molto trattato era quello della propaganda nemica, riferiva in particolare alle Brigate Internazionali, ma non si faceva mai riferimento alla presenza di italiani nelle stesse, e meno che mai si parlava apertamente del giornale Il Garibaldino, foglio della contropropaganda.

Non potevano mancare ovviamente l'esaltazione dell'eroe legionario, dei caduti, dei piloti, ma anche delle cronache di guerra, queste ultime ovviamente descritte con una forte deformazione narrativa.

412 «Conoscendo le difficoltà che ebbe Il Legionario, ci sorprende, considerazioni

contenutistiche a parte, la sua qualità giornalistica. Non va dimenticato che un gruppetto di giornalisti lontani dal loro paese, in condizioni di lavoro molto difficili, che si rivolgeva ad un pubblico ovviamente fedele, ma molto ristretto, fu capace di dar vita ad un giornale che, oltre a compiere la funzione di propaganda per la quale era nato, offriva una completa informazione nazionale, internazionale e di guerra. Se siamo capaci di prescindere dal tono retorico, comune del resto a tutta la stampa italiana dell'epoca, possiamo affermare che ne Il Legionario non troviamo quegli eccessi verbali che ci potremmo aspettare da un giornale che era nato come un'arma di guerra», tratto da P. Corti – A. Pizarroso Quintero, Giornali contro: "Il Legionario" e "Il

190 La partecipazione di Franco nella vita della rivista appariva piuttosto scarna; in generale ci si limitava a riportare i messaggi di saluto da parte del Caudillo alle truppe italiane.

Il Legionario appare come qualcosa di più di un semplice giornale di guerra,

infatti «esso ha avuto una certa influenza sulla stampa spagnola del fronte ribelle e soprattutto sullo sviluppo della propaganda di guerra nella Seconda Guerra Mondiale. Questa pubblicazione riveste quindi interesse che va oltre i confini cronologici del conflitto spagnolo»413.

Sempre a proposito della stampa in Spagna, è stato possibile rinvenire presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito una relazione del giornalista che curava gli articoli per Il Popolo d'Italia; in detta relazione troviamo descritta la difficoltà con cui le comunicazioni avvenivano tra la stazione radio spagnola e la redazione in Italia: in primo luogo a causa della scadente apparecchiatura e in secondo, per via della penuria di stenografi e della loro poca professionalità sul luogo di lavoro:

MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI Maggio, 1938

Ti ho detto che non vedo giornali. Il “Popolo d'Italia” arriva regolarmente e rapidamente al fronte è diffuso e letto. Ieri a S. Sebastiano non ne ho trovato più una copia, nemmeno dei numeri arretrati. Tutto venduto. Quando mi capita, io lo leggo, saltando i miei servizi che mi fanno pena. Nomi sbagliati, parole equivocate che significano il contrario di quello che ho scritto, interi pezzi saltati per cui in quello che rimane non c'è più senso, preposizioni rovesciate per cui, invece di dire “dal tal posto”, è scritto “al tal posto” e non si capisce più niente, assurdità, oscurità, storpiature, controsensi, svuotamenti di significato per equivoci di assonanza, tutto vi trovo radunato in una preposizione che persino la mia filosofica abitudine professionale agli errori trova dolorosamente allarmante.

Naturalmente, il lettore che non capisce da a sé stesso la colpa, mi fa il più ampio credito, tira innanzi, si contenta dell'idea generale che afferra e si considera soddisfatto. Lo Stato Maggiore e moltissimi ufficiali superiori per conto loro, che raccolgono i miei servizi come documentazione e ricordo, cosa di cui sono molto lusingato, conoscendo i fatti correggono gli sbagli, per loro evidenti. Ma il mio sforzo di chiarezza e la mia fatica per raggiungere l'evidenza, da me

413

P. Corti – A. Pizarroso Quintero, Giornali contro: "Il Legionario" e "Il Garibaldino”, op. cit., pag 66.

191 laboriosamente afferrata sui fatti, non danno al giornale il loro, pieno rendimento.

La trasmissione orale produce sempre degli errori, ma durante la battaglia per Bilbao, per esempio, ci sono stati servizi trasmessi personalmente da me che hanno raggiunto un grado alto di correzione. Con la radio campale è un disastro. Le ragioni sono varie.

Prima di tutto, la radio che si adopera al fronte (una stazione autoportata americana presa ai rossi a Santander), perfetta nel suo genere, è debole. Va con l'energia elettrica di una semplice lampada da da illuminazione. Sufficiente per trasmettere fino a Roma brevi messaggi, chiari, che possono essere ripetuti dalla stazione ricevente per il controllo, come è l'uso nelle comunicazioni militari, non può trasmettere lunghi servizi giornalistici senza produrre equivoci di assonanza. Si detta “conquistare” e dall'altra parte odono “acquistare” o, peggio ancora “conservare”. Il senso è perduto ma nessuno se ne accorge.

Finché ero io solo a servirmi della radio, la dettatura era lenta e per ogni frase si chiedeva a Roma la ripetizione, se sorgevano dubbi. Ma quando sulla stazioncina campale si sono rovesciate dieci o dodici mila parole al giorno, il lavoro deve correre, e quel che arriva arriva. Inoltre, la dettatura non è fatta da professionisti, è fatta da due sottufficiali del corpo dei radiofonisti, che pronunziano con cura, sono molto diligenti, ma spesso leggono male, vedono una parola per un'altra di modo che l'errore comincia qualche volta a stabilirsi alla partenza. A Roma tutto il lavoro, per tutti i giornali, viene raccolto da due soli stenografi ministeriali, dei quali uno è discreto. L'altro è sordo, capisce male, si fa ripetere ad ogni passo, è lentissimo. Quindi, inesattezze ed ingombro. Credo che lo stenografo che dico sordo sia deficiente di orecchio solo alla radio, che richiede un orecchio finissimo, appunto perché debole, e che egli sia magari un eccellente stenodattilografo sotto la dettatura diretta. Ma per il servizio giornalistico radiofonico è una calamità.

Due soli stenografi per una mole di lavoro che arriva in blocco sono pochi. Non possono raccogliere bene tutto, svolgere tutto, ricordare tutto che ne vorrebbero almeno tre, e di primissimo ordine tutti ben addestrati al servizio stampa, stenografi vecchi del mestiere, dei campioni giornalistici e poi, non dipendono essi dai giornali, non possono avere alcuno stimolo di rivalità e di amor proprio a beneficio del giornale che in un certo momento servono, non sono controllati dal giornale non sono pagati dal giornale, e non hanno beneficio se fanno perfettamente, o detrimento se fanno bene bene.

Sono persuaso che fanno quello che possono, ma il risultato è infelicissimo. Si aggiunga a questo la complicazione dell'orario. Che la radio funzioni per il giornale del mattino dalle 19 alle 21 è una approssimazione. È che gli stenografi funzionano dalle 19 alle 21. E questa è un'altra cosa.

Mi spiego. Io avevo creduto che dalle 19 alle 21 si potesse consegnare il lavoro alla radio con la certezza della sua trasmissione. Non è così. Se, mettiamo, a mezzogiorno la radio ha già ricevuto 29 colonne da trasmettere, alle 19 comincia a dettarle a Roma. Alle 21 smette. E chi portasse il suo lavoro alla radio nelle ore apparentemente stabilite si troverebbe a terra. Il suo servizio non verrebbe raccolto perché, essendo la stazione occupata sino alle 21 a trasmettere la roba arrivata prima, e dopo le 21 non essendovi più stenografi, la trasmissione stessa, qualunque sia il lavoro rimasto fuori anche se consegnato fra le 19 e 21.

192 Per favore speciale, e non senza protesta, da parte degli stenografi, ho in questi casi ottenuto un prolungamento di orario. Ma mi è successo di essere stato piantato dagli stenografi, pure avendo portato il lavoro alla radio prima delle 21, e di dover la trasmissione alla premura e alla buona volontà del personale radio – tanto quello campale quanto quello di M. Mario – il quale personale, senza obbligo alcuno, ha dettato e raccolto i miei servizi lentamente, parola per parola in esteso, oppure trasmesso con l'alfabeto Morse.

Da questa paradossale situazione deriva la necessità per i corrispondenti di anticipare fino all'assurdo la consegna degli originali nei giorni di avvenimenti importanti, quanto cioè il massimo tempo disponibile dovrebbe essere dedicato a seguire le operazioni ed a scrivere. Avviene precisamente quella ressa paralizzante che prevedo, che non soltanto va a detrimento della concorrenza delle trasmissioni ma sacrifica chi arriva ultimo.

Per noi il periodo migliore della radio, quello in cui ero solo a servirmene è finito. In certi giorni la radio è presa d'assedio. Se il “Popolo d'Italia” per sua iniziativa aveva trovato il modo di essere il primo, di battere gli altri giornali, di crearsi un vantaggio, non vedo perché il Ministero della Cultura Popolare dovesse preoccuparsi degli altri giornali e provocare dalle loro direzioni l'ordine di adoperare tutti la radio.

Per il segreto nella radiofonia vi sono apparecchi adottati nelle radiotelefonie transatlantiche e molto in uso in Germania, i quali scompongono la voce alla partenza e la ricompongono all'arrivo, in modo che chi intercetta i messaggi non ode dei suoni strani e gorgoglianti che sembrano un discorso cinese. Perché il Ministero che ritrae proventi dalle trasmissioni, non adotta questi apparecchi? La radio potrebbe diventare uno strumento di enorme valore anche per le conversazioni politiche. CAPO DEL (illeggibile) – COLLEGAMENTI (Generale L. Laccetti)414

414

USSME, Fondo F-18, busta 35, Relazione del Ministero delle Comunicazioni, Maggio, 1938.

193

IV Donne in guerra