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Antonio Barluzzi. Architetto in Terra Santa

Nel documento N numero doppio (pagine 113-116)

I

l nome dell’architetto Antonio Barluzzi (Roma, 25 settembre 1884 -Roma, 14 dicembre 1960) in Italia è pressoché sconosciuto, mentre è ripetu-tamente citato dalle guide che accom-pagnano i visitatori in Terra Santa. Il li-bro dell’architetto Giovanna Franco Repellini (Edizioni Terra Santa) per-mette al pubblico italiano di familiariz-zare con questo personaggio e in parti-colare ai pellegrini dei Luoghi Santi di capire meglio l’architettura sacra che incontrano nella terra di Gesù.

L’impressionante opera del Barluzzi in Terra Santa, dal 1919 al 1955, ebbe due linee direttrici: il servizio totale alla Santa Sede e l’amore per la spiri-tualità francescana. La fedeltà al papa-to derivò dalla famiglia, che da genera-zioni era al servizio dei pontefici: il nonno Giulio scrisse la “Relazione sto-rica del viaggio di Sua Santità Papa Pio IX da Portici a Roma nell’aprile del-l’anno 1850”, mentre il padre Camillo

era minutante alla Segreteria di Stato di Pio IX e membro dell’Arciconfrater-nita di san Pietro Apostolo. Il giovane Antonio, attratto dalla figura di san Francesco, dopo aver riflettuto sulla vocazione sacerdotale, proseguì gli stu-di universitari entrando nel Terz’Orstu-di- Terz’Ordi-ne francescano. Nei lunghi anni passati in Palestina amò condividere con i frati l’austera vita dei conventi e trascorse i suoi ultimi anni in una cella francesca-na nel convento della Delegazione di Terra Santa a Roma, dopo aver devolu-to i suoi beni. Caritatevole con tutti, ebbe sempre un occhio di riguardo per le maestranze palestinesi, che per que-sto motivo lo amavano e ammiravano.

Nella parte introduttiva del libro viene descritta la volontà delle nazioni europee di rafforzare la loro presenza nel Vicino Oriente a partire dalla fine dell’800, approfittando del declino dell’Impero Ottomano che porterà alla sua definitiva caduta nel 1918. Il ripri-stino del Patriarcato latino di Gerusa-lemme nel 1847 aveva aperto nuovi sce-nari, poiché alla storica ed esclusiva presenza in Terra Santa dei Padri Fran-cescani, si affiancò la presenza di altre congregazioni, spesso incoraggiate dai diversi governi nazionali. In questo quadro si inseriscono le accese rivalità tra lo stato italiano e quello francese e le parallele difficoltà di buon vicinato tra i Francescani e le congregazioni

“francesi”, come gli Assunzionisti. Al-cuni esempi: nel 1885 l’apertura dell’o-spizio “Notre Dame de France” a Geru-salemme provocò i malumori della Cu-stodia di Terra Santa, perché da secoli l’accoglienza ai pellegrini cattolici era riservata ai Francescani. Sorsero delle incomprensioni anche per la costruzio-ne costruzio-nel 1910 della chiesa “francese” del Pater, sul Monte degli Ulivi (che gode tuttora dell’extraterritorialità), affida-ta all’epoca ai Padri Bianchi: i superiori della Custodia preferirono non parteci-pare alla cerimonia della posa della prima pietra.

breve storia dei regni latini, la Terra Santa fu dunque caratterizzata dalle chiese e campanili dei Crociati, come le torri campanarie che sorgevano nel complesso fortificato attorno alla basi-lica di Betlemme, ma tutto, o quasi, andò perduto. Tra le poche eccezioni vi è la basilica del Santo Sepolcro, seppur devastata (con le tombe dei re latini profanate e distrutte) e impoverita da-gli scismatici greci, e la chiesa di sant’Anna, entrambe a Gerusalemme.

Vi sarebbe anche il Cenacolo sul Monte Sion, che però è ridotto a un museo, a causa della proibizione di officiare im-posta ai Latini prima dalle autorità ot-tomane e ora da quelle israeliane. Atti-guo all’edificio conteso, nel 1936 i Francescani fondarono il “Cenacolino”, per avere un luogo di culto vicino alla sala dove fu istituita la SS. Eucarestia.

La caduta della Sublime Porta per-mise dunque la ricostruzione degli edi-fici di culto cattolici e non solo, poiché gli Inglesi favorirono la penetrazione in Terra Santa del protestantesimo (per la verità senza molti successi, come era già avvenuto in Italia col “risorgimen-to”). Da sottolineare come i Greci, da secoli adulatori del Turbante, rapida-mente si mostrarono amici dei prote-stanti in chiave anticattolica. Già alla fine dell’800 gli acattolici furono favo-riti dai Turchi: nel 1880 l’imperatore di Prussia ebbe il permesso di costruire la chiesa luterana del Redentore (sulle ro-vine della chiesa di S. Maria dei Latini) a pochi passi dal Santo Sepolcro e nel 1886 lo zar Alessandro III poté edifica-re la chiesa dei Russi scismatici sul Monte degli Ulivi. Nel 1910 il sovrano prussiano accontentò anche i cattolici tedeschi con la chiesa della Dormizione sul Monte Sion, caratterizzata da una forma tozza e pesante.

La Custodia di Terra Santa, anche col sostegno dei diversi governi italiani (che agirono attraverso l’ANSMI, Asso-ciazione Nazionale per Soccorre i Mis-sionari Italiani, fondata nel 1886 dal-In quegli anni si aprirono dunque

numerose case religiose, che si affian-carono ai conventi francescani, ma per la costruzione di nuove chiese (con po-che eccezioni, come la chiesa di santa Caterina d’Alessandria inserita nel complesso francescano di Betlemme, la co-cattedrale del SS. Nome di Gesù atti-gua al palazzo patriarcale, la chiesa di san Giovanni Battista a Ain Karem e la piccola basilica di Cana) si dovette aspettare la caduta dell’impero turco.

Fino a quel momento i pellegrini pote-vano visitare le vetuste basiliche del Santo Sepolcro a Gerusalemme, della Natività a Betlemme e poche altre, poi-ché la maggioranza delle chiese erano state distrutte dai terremoti e soprat-tutto dalle persecuzioni anticristiane.

Molti secoli prima i Crociati ebbero un doppio merito, riconosciuto da pochi:

ricostruire con perizia le basiliche dell’epoca bizantina devastate dai Per-siani (istigati dagli Israeliti) nel VII se-colo e nei secoli successivi dai maomet-tani (prima Arabi e poi Turchi), e di identificare i luoghi dove sorgevano le basiliche bizantine, come ha potuto comprovare l’archeologia moderna ne-gli ultimi decenni. In meno di due seco-li in tutta la Terra Santa l’architettura gotica restituì ai Luoghi Santi numero-se chienumero-se, affidate ai Benedettini e agli Agostiniani. Sul Monte Tabor sorgeva uno dei più importanti monasteri, e chi scrive qualche anno fa celebrò la S.

Messa nello spazio corrispondente al-l’antico refettorio benedettino. Nella

L’architetto Antonio Barluzzi

l’archeologo Ernesto Schiapparelli), trasformò il panorama architettonico della Palestina con l’edificazione di nu-merose chiese: l’artefice principale di questa ricostruzione fu Antonio Barluz-zi. Il pellegrino che visita la Terra San-ta non sospetSan-ta quante difficoltà (d’or-dine religioso, burocratico, politico, economico) si dovettero sormontare per costruire molte delle chiese che sorgono oggi in Galilea e in Giudea. I

“frati della corda” con caparbietà sep-pero costruire (o ricostruire) dal 1919 agli anni ’50: la basilica della Trasfigu-razione sul Monte Tabor; la basilica dell’Agonia al Getsemani; la chiesa del Buon Pastore a Gerico; la basilica della Visitazione a Ain Karem; la chiesa di san Lazzaro a Betania; il restauro del chiostro di san Girolamo e l’ampiamento della chiesa di santa Caterina a Be -tlemme; la chiesa dei Pastori a Beit Sa-hur, nei pressi di Betlemme; la chiesa del Dominus Flevit sul Monte degli Uli-vi. Furono inoltre ristrutturate la basi-lica delle Palme a Betfage e le chiese gerosolimitane della Flagellazione (Via Dolorosa) e della cappella del Crocifis-so al Santo Sepolcro.

Da parte sua, l’ANSMI fece costrui-re la basilica delle Beatitudini, trasfor-mando un sito che si affaccia sul lago di Tiberiade in uno stupendo giardino.

Ebbene, tutte queste chiese (a cui si deve aggiungere sul Monte Carmelo il nuovo convento carmelitano e il restau-ro del santuario, oltre ad altri edifici in Palestina, Libano e Giordania) furono progettate e realizzate dall’architetto Antonio Barluzzi, che spese buona

par-te della sua vita, della sua salupar-te e dei suoi denari al servizio della presenza cattolica in Terra Santa.

Non si trattava di edificare delle chiese per i cattolici palestinesi di rito latino: esse esistevano già, come gli edi-fici sacri già menzionati costruiti alla fine dell’800 oppure la chiesa del con-vento custodiale di San Salvatore, che per due secoli fu l’unica istituzione cat-tolica presente a Gerusalemme. Era ar-rivato il momento di ricostruire delle chiese nei Luoghi Santi principalmente per il clero e i fedeli che da tutto il mondo nel futuro si sarebbero recati in pellegrinaggio, facilitati dalle nuove modalità di viaggio, più comode e sicu-re. Il pellegrino, pensava Barluzzi, do-veva essere aiutato a meditare i vari misteri della vita di Cristo attraverso il simbolismo delle chiese costruite in quei luoghi; le particolarità architetto-niche dovevano quindi introdurre più facilmente alla contemplazione delle scene evangeliche e rimanere impresse nella memoria del pellegrino. Ecco dunque l’elemento simbolico presente costantemente nelle sue progettazioni:

la triplice partitura della facciata della basilica del Tabor a ricordo delle tre tende; la penombra nella chiesa del Getsemani, che richiama l’Agonia; la chiesa ottagonale delle otto Beatitudi-ni; il buio della parte inferiore e la luce della cupola nella chiesa di Betania per rappresentare la morte e resurrezione di Lazzaro; la chiesa a forma di tenda al Campo dei Pastori; la forma di goccia del Dominus Flevit, a ricordo delle la-crime di Gesù…

Il libro descrive la costruzione delle diverse chiese, con degli agili capitoli ricchi di documentazione d’archivio, come le note e i disegni dei progetti originali del Barluzzi, e di numerose fo-tografie. I primi capitoli illustrano la febbrile attività che accompagnò la co-struzione contemporanea delle prime chiese, sul monte Tabor e al Getsemani (con gli ostacoli posti dai Greci e dalle

La basilica sul Monte Tabor

sempre facile scegliere i migliori e in alcuni casi la buona parola di un prela-to o di un politico fece preferire i meno adatti. Barluzzi protestò per talune im-posizioni, come nel caso di Luigi Trifo-glio che fece il nuovo mosaico all’altare latino del Calvario, decisamente non al-l’altezza della sacralità del luogo.

Per concludere: la lettura del libro permette innanzitutto di conoscere in modo adeguato l’opera dell’arch. Anto-nio Barluzzi e di scoprire tanti preziosi particolari, frutto della profonda fede e dei talenti artistici del personaggio.

Inoltre permette di amare maggiormen-te i Luoghi Santi e, perché no, può inco-raggiare ad intraprendere un pellegri-naggio per pregare nei santuari descrit-ti nel libro.

don Ugo Carandino

• GIOVANNAFRANCOREPELLINI Antonio Barluzzi.

Architetto in Terra Santa, Edizioni Terra Santa, 2013.

Nel documento N numero doppio (pagine 113-116)