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“purezza di sangue”

Nel documento N numero doppio (pagine 97-100)

N

on è un libro contro i Gesuiti (cer-tamente nell’intenzione dell’auto-re). Mi riferisco all’opera di Robert Aleksander Maryks: The Jesuit Order as a Synagogue of Jews (L’ordine dei Gesui-ti è una Sinagoga di Giudei). La frase che da il titolo al libro di Maryks fu pronunciata dal Re di Spagna Filippo II (p. 133), stupito del singolare fenome-no; il sottotitolo esprime meglio l’ogget-to dell’opera: Jesuits of Jewish Ancestry and Purity-of-Blood Laws in the Early So-ciety of Jesus (Gesuiti di origine giudai-ca e le leggi sulla purità di sangue nei primi tempi della Compagnia di Gesù).

Due sono quindi i temi del libro: gli Statuti di purezza di sangue (in spagno-lo “limpieza de sangre”) da un lato, che riguardavano i “cristiani nuovi” o “con-versos”, i cristiani cioè di origine giu-dea o musulmana, ed il gran numero di codesti “cristiani nuovi” tra i primi Ge-suiti iberici.

Nel primo capitolo Maryks tratta del contesto storico degli Statuti discrimi-natori dei “nuovi cristiani” (1391-1547), dalla Sentencia-Estatuto di Pedro de Sarmiento (1449), condannato da Ni-cola V (Humani generis inimicus, testo latino pp. 257-260) ai più celebri statuti (1547) dell’arcivescovo di Toledo, Juan Martinez detto Siliceo, creato cardinale da Paolo IV. A torto si pretende (ad esempio con Poliakov) che tali statuti abbiano trasformato l’antico antigiu-daismo cristiano (che risponde però all’anticristianesimo giudaico) in anti-semitismo razzista: l’esclusione dei giu-deo-cristiani riguardava solo i converti-ti dopo i battesimi di massa del 1391, non concerneva i benefici spirituali ma solo quelli temporali, ed era motivato

dal pericolo delle conversioni insincere o solo parziali, quali erano quelle dei Marrani (che praticavano nascostamen-te i riti giudaici) e quelle degli Alum-brados, eretici “spirituali” quasi tutti di origine conversa (cf STEFANIAPASTO

-RE, Un’eresia spagnola. Spiritualità con-versa, Alumbradismo e Inquisizione 1449-1559, Olschki, Firenze, 2004): del-le discriminazioni che normalmente non avrebbero avuto motivo di esistere (se non nella misura in cui San Paolo stesso raccomanda la prudenza verso i neofiti) divenivano improrogabili in quel determinato contesto storico.

Maryks esamina in seguito l’attitudi-ne della Compagnia di Gesù verso gli Statuti, ed in generale il problema dei

“nuovi cristiani”, problema strettamen-te collegato a quello dell’Inquisizione (spagnola, ma non solo). Non mancaro-no infatti nella Compagnia dei difensori degli Statuti sulla “Limpieza de sangre”, e della stretta collaborazione con l’In-quisizione, a cominciare dallo stesso ni-pote di sant’Ignazio, Antonio de Araoz, ma non mancarono neppure dei fermi oppositori, tra i quali spiccava san Fran-cesco Borgia, favorevole al contrario ad una stretta collaborazione tra i Gesuiti e la Scuola di Giovanni d’Avila, lui stes-so converstes-so e composta quasi esclusiva-mente da convertiti dal Giudaismo (il Padre Maestro Avila fu beatificato da Leone XIII, “canonizzato” da Paolo VI e dichiarato “dottore della Chiesa” da Be-Recensioni

• ALEKSANDER

MARYKS

The Jesuit Or-der as a Syna-gogue of Jews, Brill, Boston 2010, 282 pag.

nedetto XVI). In una appendice, Maryks pubblica (in italiano) un memo-riale (scritto verso il 1588) del padre ge-suita Benedetto Palmio (1523-1598), provinciale di Lombardia molto vicino a san Carlo, e poi assistente generale per l’Italia, che attribuisce all’influenza di Padre Borgia (a sua volta ‘ingannato’ da un frate “converso”, Juan de Tejeda) (1) l’accresciuto peso dei “cristiani nuovi”

nella Compagnia, causa di dissensioni interne e gravi pericoli. E in effetti i

“cristiani nuovi” non mancarono nella prima Compagnia: dei sei compagni di s. Ignazio nella fondazione della Compa-gnia (Montmartre 1543), Pierre Fabre, s. Francesco Saverio, Simao Rodrigues, Diego Lainez (1512ca-1565) primo suc-cessore di s. Ignazio, Alfonso Salmeron, e, Nicolas Alonso de Bobadilla (1509ca -1590), ben quattro erano di origine con-versa (Rodrigues, Lainez, Salmeron e, pare, Bobadilla), anche se Palmio stima-va Lainez (“un vero israelita nel quale non è inganno”) e Bobadilla paradossal-mente si opponeva ai conversos. Pro-converso fu invece il Pro-converso (e biogra-fo di sant’Ignazio) Pedro de Ribadeney-ra (1525-1611), come pure il suo buon amico Luis Santander (1527-1599), della scuola avilina, come avilini ricercati dall’Inquisizione erano Diego de Guz-man e Gaspar de Loarte. Converso fu il segretario di s. Ignazio, Juan Alfonso de Polanco (1524-1576). Juan Jeronimo Na-dal (1507-1580) probabile discendente di ebrei di Maiorca, fu strenuo difenso-re dei conversos, come pudifenso-re il diploma-tico Antonio Possevino (1533-1611). Di origine ebraica fu il teologo e primo cardinale gesuita, Francisco de Toledo (1532-1596), come lo furono i teologi Juan de Mariana (1536-1624), Francisco Suarez (1548-1617) (che sostenne la le-gislazione contro i conversos), Gregorio de Valencia (1549-1603) e Diego de Le-desma (1524-1575). Formava un “trium-virato” con i conversos Polanco e Nadal il Padre Cristobal Sanchez de Madrid (1503-1573), detto il “dottor Madrid”,

anch’egli di origine ebraica. Conversos furono gli esegeti Juan de Maldonado (1533-1583) e Luis del Alcazar (1554-1613), il noto predicatore degli Esercizi Francisco de Villanueva (1509-1557), il

“memorialista” Dionisio Vasquez (1527-1589), il giurista Garcia Giron de Alar-con (1534-1597). Meno noto il gruppo di conversos di Medina del Campo: i fra-telli Loarte (Baltasar e il già citato Ga-spar) e José Acosta (1540-1600) con i suoi quattro fratelli, tutti gesuiti. E si potrebbero citare con Maryks Juan Bauptista Pacheco, Cristobal Rodriguez, Alonso Ruiz, Hernando de Solier (1526-1603), Enrique Enriques (1536-1608), Pedro de Parra (1521-1593), Manuel de Sà (1528-1596), Juan Jeronimo, Baltasar de Torres, Juan Alonso de Vitoria, Gio-vanni Battista Eliano o Romano (1530-1566), Alfonso de Castro, Alfonso de Pisa (1528-1598) che fu accusato di averroismo, e molti altri. Molti di essi, con disappunto di Palmio, insegnarono al Collegio Romano (ad es. Vasquez, Mariana, Ledesma, Parra, Acosta, de Sà, Eliano… cf CATTO, pp. 63-64). Infine, Maryks segnala molti personaggi con un retroterra converso o Alumbrado (mai condannati in quanto tali, però) che ebbero a che fare in seguito con s.

Ignazio, come Pedro Cuadrado, France-sco (francescano) e Pedro Ortiz, Manuel Miona (c. 1477-1567) che fu confessore di s. Ignazio, Miguel Eguia (1495-1546), stampatore che pubblicò Erasmo e Juan de Valdés, ed il fratello Diego, anch’egli confessore di s. Ignazio.

Nel secondo capitolo della sua ope-ra, Maryks espone la politica filo-con-versos dei primi gesuiti, fissandone il periodo tra il 1540 ed il 1572, ovvero fino alla morte del secondo successore di s. Ignazio, san Francesco Borgia, an-che se non mancarono, come detto, de-gli oppositori a questa politica nel seno della Compagnia. Le cose cambiarono con la morte del Borgia e la terza con-gregazione generale che ne seguì. Il terzo successore di sant’Ignazio

avreb-be dovuto essere il converso Polanco, sostenuto dai Padri spagnoli, che erano in maggioranza; a lui si opponevano quelli italiani e portoghesi, che otten-nero da Papa Gregorio XIII che non fos-se nominato uno spagnolo: fu così che, su intervento del Papa, il nuovo gene-rale fu il fiammingo Everardo Mercu-riano, che iniziò ad allontanare discre-tamente i “nuovi cristiani” dai posti di responsabilità, suscitando la sedizione dei “Memorialisti” spagnoli, che Maryks dimostra essere in gran mag-gioranza di origine ebraica (molti di loro erano discepoli del Maestro Avila, uno era persino parente di Baruch Spi-noza, pp. 125-128). Sotto il successore di Mercuriano, Claudio Acquaviva (quinto proposito generale della Com-pagnia dal 1581, eletto dalla quarta congregazione generale) si giunse alla contrastata decisione di uniformarsi, durante la quinta congregazione gene-rale del 1593, agli statuti di “limpieza de sangre” già vigenti in Spagna e ne-gli altri ordini religiosi, regola che re-stò in vigore fino al 1946. Come ram-menta Maryks non mancarono però le eccezioni, tra le quali quelle di Alexan-dre de Rhodes (1583-1660), Baltasar Gracian (1601-1658) o il famoso Anto-nio Vieira (1608-1697).

Ma il semplice fatto di discendere da degli antenati ebrei o mori, quale in-fluenza poteva avere sui discendenti?

A parte i casi già segnalati dei Marrani o degli Alumbrados (casi simili, ma an-che opposti, in quanto i primi erano le-gati alle ‘opere’ del mosaismo, mentre i secondi disprezzavano le ‘opere’ pro-prie del cattolicesimo – come le prati-che liturgiprati-che, ascetiprati-che, monastiprati-che – per preferirgli l’illuminazione interiore diretta mediante l’orazione mentale) si può ipotizzare che questo retroterra – oltre ad un ovvio filo-giudaismo e al-trettanto ovvio anti-anti-giudaismo – abbia favorito alcune ardite aperture riguardo alla salvezza degli infedeli. Si pensi ad esempio alla “accomodatio”

(adattamento) degli Esercizi Spirituali a Giudei, Musulmani ed eretici preco-nizzato da Jeronimo Nadal, che preve-deva di dar loro il principio e fonda-mento e le meditazioni della prima set-timana “nihil de Trinitate… nihil de Christo… illis proponendum”, ottenen-do il perottenen-dono dei peccati mediante la contrizione perfetta, dando in seguito la meditazione del Re temporale e dei due vessilli “ad unum Deum referen-dæ” per giungere all’elezione “il che non è difficile per i musulmani che pro-fessano che sia la nostra legge sia il loro corano conducono alla salvezza” (il testo per uso interno e rimasto a lungo inedito, composto da Nadal per rispon-dere alla ‘censura’ fatta agli esercizi, pur approvati da Paolo III, dal frate do-menicano Tommaso Pedroche, si trova ora tradotto in spagnolo e facilmente reperibile a questo indirizzo:

https://www.ignaziana.org/apologia.pdf) L’“accomodatio” di Nadal potrebbe poi a sua volta spiegare quella pratica-ta dai Padri Ricci (1552-1610), Valigna-no (1539-1606) e Nobili (1577-1656) nel-la questione dei riti cinesi, giapponesi e malabarici.

Concludendo questa recensione, vorrei precisare che non mancano i grandi Santi che hanno onorato la Chie-sa e rallegrato il Paradiso e che erano di origine ‘conversa’: basti pensare a Santa Teresa e San Giovanni della Cro-ce. D’altra parte, i “nuovi cristiani”

sono stati spesso anche terreno favore-vole a insidiose eresie: si pensi al caso di Juan de Valdés di cui ho già parlato in un articolo di Sodalitium (n. 36, “L’e-resia ai vertici della Chiesa”) in quanto fu ispiratore dei cardinali Morone, Pole e altri, sospettati di eresia da Paolo IV e san Pio V (è uscita recentemente un’interessante biografia del Morone:

M. Firpo, G. Maifreda, L’eretico che sal-vò la Chiesa. Il cardinale Giovanni Moro-ne e le origini della Controriforma, Ei-naudi, 2019). Specialmente nei periodi di crisi, Dio suscita dei Santi e dei

mo-vimenti spirituali che, proprio per le vette raggiunte possono però correre anche dei rischi quanto all’ortodossia:

si pensi ad esempio al fenomeno dei fraticelli e degli spirituali nell’ambito della rigogliosa famiglia francescana.

Anche nella Controriforma, delle pian-te piantapian-te dal Padre celespian-te incontra-rono delle difficoltà del genere, come quella dei Cappuccini, che rischiò di soccombere con l’apostasia del loro Vi-cario generale, ovvero superiore, Ber-nardino Ochino, anche lui discepolo di Valdés (su di lui cf M. CAMAIONI, Il Van-gelo e l’Anticristo. Bernardino Ochino tra francescanesimo ed eresia, Il Mulino, 2018), oppure quello dei Barnabiti, fon-dati da sant’Antonio Maria Zaccaria, che vennero sospettati a causa del frate domenicano Battista da Crema (le cui opere furono messe all’indice) che del-lo Zaccaria e di san Gaetano da Thiene, fondatore con Gian Pietro Carafa dei Teatini, fu direttore spirituale. Proprio Gian Pietro Carafa volle ed ottenne da Paolo III l’istituzione del S. Uffizio (Li-cet ab initio, 1542) e, divenuto Papa col nome di Paolo IV, capì la necessità e l’urgenza di questa nuova Inquisizione per estirpare il cancro dell’eresia: la sola rinascita spirituale avviata dalla Controriforma correva infatti il rischio di contaminarsi senza il rigido controllo della suprema congregazione romana, che avrebbe separato la zizzania dal buon grano. I pontificati di san Pio V e di Sisto V, in particolare, continuarono l’opera del Carafa e dettero un contri-buto decisivo, oltre a quello di tanti nuovi ordini religiosi, tra i quali gli stessi Gesuiti, a salvare la barca di Pie-tro dalla tempesta della pseudo-riforma protestante. Santità di vita e ortodossia di dottrina devono sempre procedere assieme, anche se, a questo fine, gli or-gani preposti all’ortodossia devono pu-rificare, anche con il fuoco della prova, l’oro purissimo della santità.

don Francesco Ricossa

Nota

1) S. Ignazio stesso, con una celebre lettera del 1549 a s. Francesco Borgia dovette smorzare gli entusiasmi gioachimiti e millenaristici dei ge-suiti Andres de Oviedo e Francis Onfroy, influen-zati dalle ‘visioni’ del terziario francescano Juan de Tejada, che vedevano nel Borgia il futuro

“Papa Angelico”(cf anche : M. CATTO, La Compa-gnia divisa, Morcelliana, 2009, pp. 56-61; Aa. Vv.

Dizionario storico dell’Inquisizione, Ed. della Nor-male, voce s. Francesco Borja).

Un protagonista del

Nel documento N numero doppio (pagine 97-100)