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La genealogia dei Sossa e il martirio del beato Lorenzino

Nel documento N numero doppio (pagine 106-109)

M

ons. Umberto Benigni nella sua

“Storia Sociale della Chiesa” trat-ta dell’omicidio rituale giudaico in una corposa appendice al primo tomo del IV volume (dalla pag. 369 alla pag.

387), nella quale descrive l’esistenza e la natura del “delitto rituale ebraico per versare il sangue di cristiani specialmente fanciulli”. Nel lungo elenco di fatti di sangue, riconducibili nel corso dei seco-li a questa pratica, si legge anche:

“1485. A Marostica (Vicenza) il beato Lo-renzino assassinato dagli ebrei il venerdì santo 5 aprile” (in nota: “probabilmente per spillare sangue”).

Si tratta della morte violenta di un bambino di 5 anni, Lorenzino Sossio, avvenuta nella Settimana Santa nel 1485. Tra le pagine di un libretto devo-zionale pubblicato del 1954 con l’impri-matur della diocesi di Vicenza, “Il beato Lorenzino da Marostica nella Storia e nel Culto” (edizione riveduta e aggiornata di un opuscolo di mons. Giovanni Ron-coni del 1885) si legge: “Nel giorno che la pietà cristiana consacra alla morte di Cristo, vagavano per quei luoghi degli ebrei, con il truce disegno di trovare tra i cristiani una vittima da sacrificare in odio a Gesù Cristo”. Il libretto prosegue narrando l’avvistamento della vittima prescelta in località Cà Lugo, nell’at-tuale comune di Valrovina, e la consu-mazione del delitto: “Spogliatolo delle vesti, l’appoggiarono con il dorso al tron-co di una grossa quercia, gli tirarono in-dietro le braccia e poi lo legarono le mani e i piedi in forma di crocifisso. La tenera età, le lagrime, i gemiti, lo spasimo di tut-te le membra, non valsero a placare quei discendenti dei crucifissori di Cristo, che inveirono ancor più verso il piccino, fin-ché questi, mancandogli le forze, con il pallore mortale sul volto, piegò la dissan-guata testa e morì. Allora, staccatolo dal-la quercia lo seppellirono, coprendo con

terra, sassi e fogliami l’insanguinato ca-davere”.

Il corpicino fu ritrovato in una fossa naturale nei boschi di Valrovina e in seguito traslato nella chiesa parroc-chiale di Marostica: i numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione diffuse-ro rapidamente il culto al piccolo mar-tire. Il testo del libretto prosegue asso-ciando la devozione al beato Lorenzino a casi analoghi successi a Trento (san Simonino nel 1474) e nel villaggio tiro-lese di Rinn, in Tirolo (il beato Andrea Oxner nel 1462): in tutti questi casi la Chiesa permise il culto e autorizzò una Messa e un’Ufficiatura propri.

Le popolazioni di Valrovina e di Ma-rostica (e non solo, essendosi il culto diffuso in altre terre venete), hanno sempre invocato con fede il “loro” mar-tire, con voti e suppliche. Nella chiesa parrocchiale di Valrovina si venera un braccio del fanciullo, mentre in quella di S. Maria Assunta a Marostica vi è un’urna con il corpicino incorrotto. Nel-la seconda guerra mondiale gli abitanti di Marostica invocarono la protezione del beato e la cittadina fu risparmiata dalla catastrofe bellica. In ringrazia-mento nel 1947 fu inaugurata una nuo-va cappella laterale nella parrocchiale per ospitare l’urna col santo, alla pre-senza dei vescovi di Vicenza e di Reg-gio Emilia (ex parroco di Marostica). I carnefici erano ormai dimenticati, ma non il glorioso martire.

Tuttavia la serena e profonda devo-zione popolare iniziò ad essere il bersa-glio dell’ebraismo italiano che, dopo il concilio Vaticano II, pretese la soppres-sione, tra gli altri, del culto di san Si-monino e del beato Lorenzino. Già nel 1972 la rivista Shalom parlava di “pre-sunto” martirio (M. NARDELLO, Il pre-sunto martirio del beato Lorenzino Sossio da Marostica, luglio/agosto 1972). Se a Trento gli israeliti ottennero facilmen-te dai loro frafacilmen-telli minori, cioè i moder-nisti della Curia, la cancellazione del culto (e addirittura l’occultamento

del-le reliquie), a Marostica del-le cose sono andate diversamente, anche per la pre-senza in Vaticano di Mons. Piergiorgio Nesti (1931-2009), originario della citta-dina veneta, che fece tutto il possibile per intralciare l’operazione. Sta di fatto che l’urna con le reliquie del martire è ancora in chiesa, anche se l’attuale ‘ar-ciprete’ nega che si tratti di un corpo umano e lo definisce una “bambolina”, espressione sgraziata per indicare un semplice simulacro.

Uno dei tanti interventi “negazioni-sti” è stato all’origine di un libro pub-blicato nel 2018: o felix culpa! Infatti, nel 1984 si tenne a Marostica il conve-gno: “Storia e mito nella vicenda del bea-to Lorenzino”, dove si affermò che “è ri-sultata evidente la totale assenza di fon-damento storico della tradizione del mar-tirio del beato Lorenzino, tradizione di epoca tardiva, carica di contraddizioni” e che “il nome Sossio non risulta fra le fa-miglie di Valrovina e di Marostica dell’e-poca”. Secondo questa versione dei fat-ti quindi, non solo tutta la vicenda sa-rebbe frutto della fantasia, ma addirit-tura il protagonista e la sua famiglia non sarebbero mai esistiti! Quella sera si trovava in sala lo storico Stefano Zu-lian, legato a Marostica per la tradizio-ne scacchistica della città che, dopo una lunga ricerca negli archivi, stu-diando le carte del XV e XVI secolo ha

Affresco nel capitello dove fu ritrovato il corpo del Beato Sossio in Valrovina

dato… scacco matto ai mistificatori, con la pubblicazione del libro “I Sossa e il Beato Lorenzino. La loro storia nei do-cumenti d’archivio”.

Il lettore troverà nelle prime pagine dell’opera la documentazione fotografi-ca dei luoghi più signififotografi-cativi del culto al beato Lorenzino, a iniziare dal capi-tello costruito sul luogo del martirio, sopra la fossa dove fu rinvenuto il cor-po straziato.

Seguono una trentina di fitte pagine frutto delle ricerche dell’Autore negli atti pubblici e privati dal secondo Quattrocento a tutto il Cinquecento nell’area del bassanese. Dei Sossa (Sos-sio) il Zulian ricostruisce l’albero ge-nealogico e alcuni momenti salienti della loro vita, tra cui il testamento di Nicola Sossa del 1572 trascritto nel li-bro, decisivo per la ricerca. Di partico-lare importanza il libro cassa di Anga-rano (nella metà del XV comunità uni-ta a quella di Valrovina), dove sono re-gistrate alcune spese fatte nel 1485 per il “puto di Varoina”, senza indicazione del nome poiché si trattava di qualcosa ampiamente notorio ai contemporanei.

Ma sono soprattutto gli altri prota-gonisti della vicenda, gli Israeliti, a ri-vivere nelle pagine del libro, con un ampio riferimento ai fatti trentini del 1474 (martirio di san Simonino), undici anni prima dell’uccisione del beato Lo-renzino. Si intrecciano nomi e luoghi di due vicende identiche con esiti giudi-ziari diversi. Se a Trento i colpevoli fu-rono condannati, malgrado mille intri-ghi che manifestarono l’influenza che i detentori di ricchezze avevano presso le autorità imperiali e persino quella romana, per gli analoghi fatti di Valro-vina la macchina della giustizia veneta si infranse contro gli scogli dell’astuzia degli usurai. Probabilmente fu conces-so un prestito di denaro al Doge, per far fronte a necessità belliche contro i Turchi, in cambio della “dimenticanza”

degli atti processuali. L’Autore segue nella sua ricerca in particolare una

fa-miglia di ebrei presenti prima a Trento e poi Bassano e Udine, i Marcuzzo: uno di essi sarà tra i principali indiziati per l’uccisione del beato Lorenzino. Dalle carte compare anche un notaio origina-rio di Valrovina, Giorgio Angelini, pro-babilmente scomunicato per aver par-tecipato a delle nozze ebraiche a Bassa-no, e quindi in buoni rapporti con gli israeliti della zona (se la legò al dito e nel testamento non lascerà una sola moneta alle istituzioni religiose). Su un atto rogato da Angelini nel 1475, una mano postuma disegnerà il cadavere di un bambino (documentazione fotografi-ca riportata dallo Zulian), quasi a dire:

“guarda cosa hanno fatto i tuoi amici”.

Il libro da pag. 76 a pag. 131 presen-ta delle utilissime presen-tavole sinottiche per districarsi meglio nella vicenda, con la disposizione in ordine cronologico degli atti e degli avvenimenti narrati, suddi-vise in tre colonne: gli ebrei del bassa-nese, le vicende del territorio e in par-ticolare della famiglia Sossa e infine

“casi di cronaca nera” in cui furono co-involti gli israeliti.

Nel complesso si tratta di una ricer-ca che, meritevole di ulteriori sviluppi, scompagina la tesi di chi negava l’esi-stenza della famiglia dei Sossa e, per il fatto stesso, la “Pasqua di sangue” del 1485, che causò il dolorosissimo lutto familiare. Non sembra invece condivisi-bile la distinzione fatta dall’Autore tra gli ebrei Askenaziti e Sefarditi, con l’attribuzione dei delitti rituali com-messi nel corso dei secoli unicamente ai primi.

Terminiamo con una nota di colore:

la festa liturgica è stata soppressa, ma che fine ha fatto la fiera esterna in ono-re del beato Loono-renzino che si svolgeva all’esterno della chiesa? La risposta la troviamo sul sito “Santi e Beati”, eco della voce affranta della Curia vicenti-na: “Si celebra ancora, purtroppo, e con grande solennità”. Il beato Lorenzino dal Paradiso guarderà divertito i pal-loncini e le ciambelle della fiera e i

suoi devoti potranno affermare, dopo aver letto il libro, che non tutte le ciambelle dei nemici della fede e della storia riescono col buco.

• STEFANOZULIAN

I Sossa e il Beato Lorenzino. La loro storia nei documenti d’archivio Attilio Fraccaro Editore, 2019 (il libro si può acquistare su Amazon oppure contattando la tipografia Grafiche Basso di Cassola,

tel. 0424.533089, info@grafichebasso.it)

Nel documento N numero doppio (pagine 106-109)