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Fascismo e cattolicesimo

Nel documento N numero doppio (pagine 103-106)

A

guisa di recensione, pubblichiamo la prefazione di don Francesco Ri-cossa al libro di Raffaele Amato, Vange-lo e moschetto. Fascismo e cattolicesimo:

sintonie, attriti, battaglie comuni, ed.

Solfanelli, Chieti, 2019. Per un appro-fondimento si vedano sul canale youTu-be di Sodalitium le tre lezioni tenute da don Ricossa alla giornata per la Regali-tà Sociale di Cristo (Modena 2019).

“Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava la società: allora la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato, quando la re-ligione fondata da Gesù Cristo, collocata stabilmente a livello di dignità che le competeva, ovunque prosperava, col favo-re dei Principi e sotto la legittima tutela dei magistrati; quando sacerdozio e impe-ro pimpe-rocedevano concordi e li univa un fausto vincolo di amichevoli e scambievo-li servigi. La società trasse da tale ordina-mento frutti inimmaginabili, la memoria dei quali dura e durerà, consegnata ad in-numerevoli monumenti storici, che nessu-na mala arte di nemici può contraffare od oscurare. Il fatto che l’Europa cristia-na abbia domato i popoli barbari e li ab-bia tratti dalla ferocia alla mansuetudi-ne, dalla superstizione alla verità; che ab-bia vittoriosamente respinto le invasioni dei Maomettani; che abbia tenuto il pri-mato della civiltà; che abbia sempre sa-puto offrirsi agli altri popoli come guida e maestra per ogni onorevole impresa; che abbia donato veri e molteplici esempi di libertà ai popoli; che abbia con grande sa-pienza creato numerose istituzioni a sol-lievo delle umane miserie; per tutto ciò deve senza dubbio molta gratitudine alla religione, che ebbe auspice in tante im-prese e che l’aiutò nel portarle a termine.

E certamente tutti quei benefìci sarebbe-ro durati, se fosse durata la concordia tra i due poteri: e a ragione se ne sarebbero

potuti aspettare altri maggiori, se con maggiore fede e perseveranza ci si fosse inchinati all’autorità, al magistero, ai di-segni della Chiesa. Si deve infatti attri-buire il valore di legge eterna a quella grandissima sentenza scritta da Ivo di Chartres al pontefice Pasquale II: “Quan-do regno e sacer“Quan-dozio proce“Quan-dono concordi, procede bene il governo del mondo, fiori-sce e fruttifica la Chiesa. Se invece la con-cordia viene meno, non soltanto non cre-scono le piccole cose, ma anche le grandi volgono miseramente in rovina” .

Mi perdonerà il lettore, e anche l’Au-tore, che mi ha fatto l’onore di chieder-mi una prefazione a questa sua opera (pur sapendo che non ne condivido ne-cessariamente tutte le opinioni), la lun-ga citazione – abbastanza nota ma rara-mente seguita – dell’enciclica di Papa Leone XIII, Immortale Dei, del 1 novem-bre 1885 (la parola della Chiesa non ha età, ma è sempre giovane ed attuale).

Mi sembra opportuna poiché le “sin-tonie, gli attriti e le battaglie comuni”

tra Fascismo e Cattolicesimo non ri-guardano tanto i rapporti tra un regime politico e la Religione divinamente ri-velata (son cose imparagonabili) quan-to piutquan-tosquan-to i rapporti propri al campo politico da un lato, al diritto pubblico ecclesiastico dall’altro, tra quelle due Società perfette che devono dirigere gli uomini al fine e al bene comune, tem-porale o spirituale, a seconda che si parli dell’Impero (lo Stato) o del Sacer-dozio (la Chiesa militante). La concor-dia dei due poteri nella verità porta con sé grandi benefici, il dissidio gran-di sventure, sia nell’orgran-dine temporale che in quello spirituale.

A cent’anni dalla fondazione dei Fa-sci di combattimento in Piazza San Se-polcro, a Milano, e a novant’anni dal Concordato tra Regno d’Italia e Chiesa Cattolica, l’Autore ha voluto trattare delle sintonie e delle battaglie comuni tra Fascismo e Cattolicesimo, senza na-scondere onestamente anche i numero-si attriti tra un movimento e un regime

che resse l’Italia dal 1922 al 1943 (e in parte fino al 1945) e una Chiesa al con-tempo divina e umana che ha già tra-versato due millenni di storia.

Impresa non facile, quella del nostro Autore, anche decidendo di metter da parte la questione ebraica (p. 8, con un accenno a p. 223), non solo in quanto il Fascismo suscita ancor oggi, a più di 70 anni dalla tragica morte di Mussolini, vivissime passioni di odio o di amore, ma anche perché si tratta di questione estremamente complessa.

Se i rapporti tra Stato e Chiesa sotto il governo Mussolini (e dopo) furono re-golati dal già citato Concordato (e dal Trattato) del 1929, che riconosceva – come già in teoria lo Statuto Albertino – la Chiesa come religione di Stato, e se anche la Repubblica Sociale Italiana mantenne in vigore il Concordato (e la religione di Stato), e se non mancarono anche gli attriti (i più noti dei quali sono esposti nell’enciclica di Pio XI Non abbiamo bisogno del 29 giugno 1931), è anche vero che sia nel movi-mento Fascista, sia tra i cattolici mili-tanti, vi furono attitudini, opinioni e posizioni diversissime riguardo al tema che ci occupa, ovvero quello dei rap-porti tra il Fascismo e il Cattolicesimo.

Ben nota è la distinzione defeliciana tra Fascismo movimento e Fascismo Regime e, come ricorda anche l’Autore, varie e diversissime, spesso contrastan-ti, furono le correnti di pensiero con-fluite nel Fascismo che solo la persona di Mussolini, forse, poteva tenere assie-me. Diversa anche l’attitudine dei cat-tolici impegnati in politica nei confron-ti del Fascismo (e quale Fascismo poi?

Quello delle origini? quello del Regi-me? quello della Repubblica?) non solo tra gli oppositori, ma anche tra coloro – oggi dimenticati – che con il Fascismo collaborarono almeno a partire da un certo periodo: si pensi alla mortale di-visione che opponeva i Cattolici inte-grali da quelli modernisti e moderniz-zanti che confluirono, col Centro

Nazio-nale Italiano, nel governo Fascista, per non parlare del “partito gesuita” che nel contempo faceva la fronda (con Pa-dre Rosa) o al contrario teneva i contat-ti (con Padre Tacchi Venturi) con Mus-solini. Mons. Benigni e don Paolo de Töth, per fare un esempio, nulla aveva-no a che spartire con un Grosoli, un Murri, finanche un Gemelli…

L’autore di queste righe, come è ben noto (ai pochi che lo conoscono) si onora di seguire la scuola detta Cattolico-inte-grale, che dal 1919 al 1929 fu rappresen-tata dalla rivista Fede e Ragione di don Paolo de Töth, di Mons. Umberto Beni-gni e del Marchese Sassoli. I cattolici di

“Fede e Ragione” si opposero strenuamen-te al Fascismo delle origini, quello “San-sepolcrista”, vedendovi a ragione un’ope-ra della Massoneria (basti dire che tutti i

“quadrumviri” della Marcia su Roma erano iniziati): “la massa di manovra della setta, oggi, è il cosiddetto fascismo. La mas-soneria e la setta sono abilissime per assu-mere la fisionomia e il carattere delle circo-stanze, nelle quali esse si devono muovere, e la nuova forma, il nuovissimo abito, sotto del quale esse oggi coprono, ipocritamente, il proprio movimento, è il ‘fascismo’” (Fede e Ragione, 10 aprile 1921 p. 5).

Un giudizio severo che – quanto alla prassi – mutò come mutò il Fascismo, al punto che, ricordando nel 1958 il catto-lico integrale Sassoli de’ Bianchi, don Paolo de Töth scrisse: “Nessun uomo di governo aveva parlato della Chiesa con il rispetto del Mussolini; nessuno fino allora

Il cardinal Gasparri e Mussolini firmano i Patti Lateranensi

aveva auspicato la fine del conflitto fra Chiesa e Stato in Italia, a parte tante buone leggi e la Carta del Lavoro, ispira-ta tutispira-ta quanispira-ta ai principi della sociolo-gia cattolica (…). Vero: la superbia offu-scò il giudizio a Mussolini fino a spingerlo contro la Chiesa; però non senza mancare di giustizia si potrebbe negare il bene da lui operato, procurandogli fiducia e plau-so da altissimi perplau-sonaggi della Chiesa, che nessuno oserebbe accusare di Fasci-smo. Come è vero che nessuno ebbe il co-raggio del marchese Sassoli nel riprendere a Mussolini la gravissima sciocchezza de-gli antistorici discorsi pronunciati alla Camera all’indomani del Patti Latera-nensi sull’origine del Cristianesimo e del-la Chiesa”. Un giudizio ben diverso da quello iniziale, equanime, senza acri-monia, come senza servilismo. Un aned-doto mi pare – al proposito – rivelatore.

Mi riferisco ad un documento pubblica-to e commentapubblica-to dal prof. Mauro Forno dell’Università di Torino, che riguarda un rapporto inviato al Ministero degli Affari Esteri da Mons. Benigni, dopo un suo viaggio in Inghilterra nell’aprile 1926. Il prelato perugino, che dal 1923 collaborava con detto Ministero, e che dal 1927 collaborò anche col Ministero degli Interni (Polizia politica), informa-va il governo italiano sulla situazione dei movimenti inglesi favorevoli al Fa-scismo, nonché contro i nemici comuni che lì agivano. Ebbene, in questo docu-mento con il quale Mons. Benigni colla-borava con il Fascismo, e lavorava con-tro i nemici del Fascismo, non esita a dire di sé: “non sono fascista”.

Da un punto di vista dottrinale, sia l’Autore che il prefatore vedono, tra Fascismo e Cattolicesimo, attriti e sin-tonie: in verità, più sintonie, per l’Auto-re, più attriti per il prefatore. Non cre-do, ad esempio, che il Dio di cui parla-va Gentile (le cui opere sono all’Indice dei libri proibiti) sia veramente, e non solo a parole, quello adorato (e non solo rispettato) dalla Chiesa cattolica;

credo piuttosto che si tratti del “dio” di

Mazzini. E non credo che in campo so-ciale i principi del Sindacalismo rivolu-zionario, alle origini del Fascismo, e an-cor meno quelli del povero Bombacci alla fine, si identifichino con la dottri-na sociale della Chiesa. L’humus cultu-rale del primo fascismo, di cui parla l’Autore nel cap. 2 (socialisti, repubbli-cani, futuristi, sindacalisti rivoluziona-ri, dannunziani; i nazionalisti confluiro-no dopo), era sostanzialmente anti-cat-tolico, e come tale fu denunciato anche (e soprattutto) dai Cattolici integrali.

Ma siccome un governo si giudica più dalla sua azione piuttosto che dai suoi principi, giacché in gran parte si occu-pa del contingente, non c’è dubbio che – a partire dal 1923, come detto – i Cat-tolici integrali sostennero l’azione del governo fascista soprattutto contro i

“nemici comuni”, secondo il program-ma dell’Intesa Roprogram-mana di Difesa Sociale:

contro il Giudaismo internazionale (il

“vitello d’oro”), contro la Massoneria e il più vasto mondo esoterico (la “setta verde”), contro il socialcomunismo (“il lupo rosso”) e le liberal-democrazie, contro, infine, il cattolicesimo democra-tico e i suoi occulti sostenitori in alto loco (“l’internazionale bianca” e “la mano nera”): giustamente l’Autore ri-corda le numerose fattive leggi in favo-re della favo-religione e della famiglia, e la grande benemerenza dell’intervento vittorioso nella guerra di Spagna (dove però i cattolici tradizionalisti si

ricono-• RAFFAELE AMATO

Vangelo e moschetto.

Fascismo e cattolicesimo:

sintonie, attriti, batta-glie comuni Ed. Solfanel-li, Chieti, 2019 pag. 264

€ 19,00

scono nel Carlismo, e non nella Falan-ge). Un paragone tra l’Italia di allora e quella scristianizzata uscita dal conflit-to mondiale, anche per colpa della De-mocrazia Cristiana, non può che andare a favore dell’Italia di allora, scrive Amato, senza timore di poter essere contraddetto.

Due punti importanti della politica mussoliniana furono senza dubbio le leg-gi avverse alla Massoneria del 1925 ed il Concordato del 1929, che segnarono una svolta rispetto ai governi liberali prece-denti e che allontanarono dal Fascismo molti massoni e tradizionalisti pagani, che videro rovinare le loro aspettative.

L’Italia del 1929 era però uno stato cat-tolico o uno stato concordatario? I Patti Lateranensi suggellavano la vittoria del Risorgimento oppure la sua sconfitta? O piuttosto, nessuna delle due cose? Già al-l’indomani della firma del trattato le in-terpretazioni, lo abbiamo visto, anche tra i contraenti stessi, divergevano. La legge del novembre 1925 contro le Asso-ciazioni Segrete (che non contiene il vo-cabolo ‘massoneria’) era certamente an-ch’essa un ribaltamento della situazione rispetto al predominio massonico prece-dente (e susseguente!), ma non impedì, come dimostra il Vannoni (e non nascon-de Amato in questo libro) che molti mas-soni fossero però presenti nella fila del Fascismo: si pensi ai numerosissimi mas-soni delle origini, da Piazza San Sepolcro alla Marcia su Roma, dal delitto Matteot-ti fino al 25 luglio (anche se un Farinac-ci, ad esempio, iniziato all’Obbedienza di Piazza del Gesù e anche a quella di Pa-lazzo Giustiniani, sostenne la RSI), mal-grado la dichiarata incompatibilità, dal 1923, tra Massoneria e Partito Nazionale Fascista. La Massoneria puntò sul Fasci-smo nascente (più su D’Annunzio che su Mussolini, per la verità): ne ebbe un’a-mara sorpresa. Ha saputo prendersi, di-poi, la sua spietata vendetta. Facciamo sì che non abbia, (umanamente parlando), l’ultima parola.

La genealogia dei Sossa e il

Nel documento N numero doppio (pagine 103-106)