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Appendice Un proble ma lessicale: προμνηστῖναι

Nei versi iniziali del segmento appena analizzato le eroine del passato, spinte da Persefone, si accalcano in modo confuso sul sangue; Odisseo, per regolare il loro afflusso, decide, sguainando la spada, di lasciar loro bere il sangue una ad una e, come risultato, ottiene una successione ordinata – catalogica perché frutto di una selezione con pretese di completezza – delle donne e delle loro rispettive presentazioni genealogiche. Il termine che sembra voler riassumere, anticipare e sintetizzare tale successione è l’oscuro προμνηστἶναι (v. 233), che, sia per via del valore chiave che assume all’interno di questo passo e di questo catalogo, sia per la sua scarsa perspicuità sul piano etimologico, merita certamente un breve spazio di discussione.

L’aggettivo compare nell’epos omerico soltanto in due passi, nella Nekyia e in Od. XXI 230, sempre accompagnato da un verbo di moto; nel caso del XXI libro Odisseo sta esortando il figlio, Melanzio ed Eumeo ad abbandonare le lacrime e a rientrare nella sala del palazzo, ma non tutti insieme (μηδ' ἅμα πάντες), bensì προμνηστἶνοι, «uno alla volta», per primo lo stesso Odisseo e poi gli altri, per non destare sospetti. In questo segmento il significato è ben chiarito dal contesto e dalla seconda parte del verso, che sembra chiosare l’inusuale agg ettivo; una simile resa, del resto, si adatta anche al passo della Nekyia, nel quale, grazie allo stratagemma della spada, le eroine non si accalcano tutte sul sangue, ma vengono costrette a presentarsi una ad una. Le prime difficoltà sorgono quando si cerca di spiegare etimologicamente tale significato; la critica antica era concorde nell’accostare, operando una paraetimologia, l’aggettivo al verbo μένειν, con l’aggiunta successiva di sigma per ragioni fonetiche (διὰ τὸ καλλιφωνότερον, cf. Eust. ad Od. XX 387 p. 1896, 63): esso era impiegato in questi contesti perché i personaggi, maschili nel XXI e femminili nell’XI, si aspettavano l’un altro e procedevano pertanto «uno alla volta»453.

Le ipotesi linguistiche moderne, invece, sono principalmente due: la prima è stata avanzata da Hoffmann (1901, 474s.), e poi accolta da molti studiosi454, e

suppone una derivazione dalla radice *mnā di προμνάομαι – Hoffmann pensa ad

453 Cf. Eust. ad Od. XI 230 p. 1680, 50-60; ad. XX 387 p. 1896, 60; ad XXI 230 p. 1907, 19-22 e 1908, 2s.,

schol. V ad Od. XI 233 e Q ad Od. XXI 230, Orion 138, 29, unde EM 689, 39, Apollon. Lex. s.v.

προμνηστἶναι, Hsch. p 3581, Suid. p 2511.

un ipotetico *προμν῅στις – con l’aggiunta di un suffisso -ινος455 con il valore di

«relativo a», con un significato complessivo quindi di «nach der Art eines oder einer πρόμνηστος», «concernente l’attività del corteggiamento»; la seconda ipotesi, invece, più recente, risale a Forssman (1964, 11-28)456 e connette l'origine del

termine alla preposizione πρό. Il linguista parte dall’analisi del sostantivo πρύμνα, «poppa della nave» e dell’aggettivo πρυμνός, «estremo», e li spiega facendo appunto ricorso alla preposizione πρό, alla quale si sarebbe poi legato un suffisso *-mno-, che, secondo Forssman, sarebbe stato un suffisso anticamente consueto in indoeuropeo per formare aggettivi da preposizioni di tipo locale457; ad una siffatta

radice προμν-, impiegata in senso avverbiale, si sarebbe poi saldato un ulteriore suffisso -στἶνος, il medesimo dell’aggettivo ἀγχιστἶνος, dei latini clandestinus e intestinus e anche dell’omerico ἄντηστις. Questo peculiare suffisso viene spiegato da Forssman con la radice al grado zero di ἵστημι con il vocalismo i458, e, nel caso

di προμνηστἶναι, ἀγχιστἶνος e dei due vocaboli latini, con un’epentesi aggiuntiva nasale, formazione motivata con un parallelo tra mare e marinus. Le difficoltà nelle quali incorre l’idea di Forssman non sono però trascurabili: innanzitutto essa si fonda su un parallelo con una formazione, πρυμνός, la quale non presenta un’etimologia unanimemente condivisa459, e, in secondo luogo, l’accostamento tra

προμνηστἶναι, ἀγχιστἶνος e ἄντηστις – termine che, tra l’altro, rappresenta un ἅπαξ nella letteratura greca a noi superstite, perché è presente solo in Od. XX 387 – non tiene conto né del fatto che, secondo l’idea maggiormente condivisa, il secondo dei tre termini non si compone di un suffisso -στἶνος, ma si forma a partire dal

455 Tale suffisso può formare aggettivi sia con il tono sull’ultima sillaba sia con il tono ritratto, come è per προμνηστἶνοι; esso indica di norma la materia, l’origine o la natura di qualcosa e generalmente si lega a radici nominali o avverbiali. Chantraine (1979, 200 -205) lo definisce frutto di una collisione tra suffisso indoeuropeo e terminazione mediterranea.

456 L’ipotesi di Forssman è accolta da West 2001, 119, LfgrE III 1560 (s.v. προμνηστἶνοι) e Heubeck 2003, 280.

457 Lo studioso cita paralleli da diverse lingue indoeuropee: il sanscrito ni-mná («che sta giù»), dalla preposizione che significa «giù», il latino antemna («palo della vela»), da ante, l’ittita šarāmna («che sta sopra»), dalla preposizione šarā, «sopra» ed il lituano priemenė`, «anticamera», formato da un ipotetico *prei, «davanti».

458 West (2001, 118s.) propone invece una formazione del suffiss o da ἑδ-τι, con il significato di «sitting».

459 Cf. DELG 944 per tutti i dubbi in proposito, come il non m eglio chiarito oscuramento dell’

omicron – che Forssman spiegava facendo ricorso ad alcuni esempi lesbi – e il fatto che un simile

suffisso sia attestato solo in pochi ed oscuri termini indoeuropei. Sulla scarsa produttività e sull’oscurità del suffisso -mn- cf. anche Chantraine 1979, 214-216.

superlativo di ἄγχι, ἄγχιστος460, né della sostanziale differenza che intercorre tra

l’annessione di -στἶνος ad una semplice preposizione, come è nel caso di ἄγχι e ἀντί, e l’aggiunta di esso ad un aggettivo già ampliato come l’ipotizzato *πρόμνος. La spiegazione, in definitiva, risulta troppo congetturale ed elucubrata: essa postulerebbe infatti una radice di partenza πρό- con aggiunte successive di ben tre suffissi; se però, a questo punto, l’unica ipotesi accettabile rimane quella di Hoffman, resta comunque da comprendere quale legame possa sussistere tra la radice di un verbo connesso con la sfera del matrimonio e un aggettivo che significa «in successione». La soluzione fornita a tal proposito da Hoffmann non si dimostra infatti soddisfacente: secondo lo studioso sarebbe esistita un’usanza scherzosa, diffusa in ambiente indoeuropeo, in base alla quale, durante la domanda di matrimonio da parte di un pretendente o durante la cerimonia stessa, venivano fatte sfilare al posto della futura sposa, debitamente nascosta, una alla volta, altre donne, e da qui si sarebbe generato, per un aggettivo che significava «relativo alla proposta di matrimonio», il senso secondario di «uno dopo l’altro». La civiltà greca, purtroppo, non offre però testimonianza alcuna di una simile pratica matrimoniale461, e i paralleli che Hoffmann adduce sono infatti tratti dal

folklore slavo, germanico, estone ed italiano462. Dal momento che non pare

metodologicamente fondato accogliere un’ipotesi che si fonda su un confronto di tipo antropologico con una civiltà così distante sia nel tempo che nello spazio semplicemente sulla base di una nebulosa comune ascendenza indoeuropea, occorre forse guardare altrove per rintracciare una spiegazione plausibile per προμνηστἶνοι.

Innanzitutto si può notare come, in entrambi i passi dove è impiegato, l’aggettivo sia corredato da una sorta di glossa esplicativa o comunque preparato dalla narrazione immediatamente precedente, in modo che il significato non possa essere equivocato: ciò lascerebbe pensare ad un impiego traslato di un termine di non immediata fruibilità da parte dell’uditorio, oppure ad un vocabolo arcaico già oscuratosi: il verbo μνάομαι, in effetti, ha un campo semantico molto distante da quello qui impiegato.

460 Cf. DELG 16 e LSJ9 17; contra West 2001, 118s.

461 Cf., e.g., la trattazione sistematica dell’argomento offerta da Collignon 196 9. A conferma dell’improbabilità di una simile pratica in ambiente greco arcaico occorre sottolineare anch e, seguendo Vérilhac-Vial 1998, che prima del matrimonio vigeva una rigida separazione dei sessi e che i contatti tra gruppi maschili e femminili non avvenivano che nel corso della vera e propria cerimonia nuziale.

Se si indaga in modo più approfondito l’origine etimologica proposta da Hoffmann, però, ci si accorge di un fatto curioso: la totalità dei composti di προ- e della radice di μνάομαι, tutti relativi all’attività della mezzana e connessi all’azione di «indurre al commercio sessuale o al matrimonio» – questo infatti il significato del verbo προμνάομαι – non sono attestati che a partire dal V sec. a.C.463. La grande distanza temporale e culturale che separa gli impieghi classici e

post-classici di tali nomi dall’epos omerico rende pertanto azzardata ogni deduzione del senso di προμνηστἶναι basata sul raffronto con formazioni che non dovevano essere usuali all’epoca della prima ricezione dei poemi. Ad essere frequente in Omero è, invece, il verbo base, cioè μνάομαι, che significa sia «pensare, ricordarsi» sia «corteggiare», con i diversi suoi derivati. Questi due significati, si noti, vanno ricondotti, anche se molto distanti semanticamente, ad una medesima radice, *mnā/men464, come ha dimostrato Benveniste (1954, 13-18)465:

tracciando un parallelo con l’espressione latina mentionem facere (de puella), lo studioso ha infatti brillantemente ipotizzato che il significato di «corteggiare» derivi da quello di «menzionare, ricordarsi» tramite l’uso sempre più stilizzato della forma μνᾶσθαι γυναἶκα, con il senso, appunto, di «menzionare, suggerire una fanciulla come futura sposa», azione tipica che aveva come protagonisti il pretendente da una parte e il padre della ragazza dall’altra.

Ebbene, passando in rassegna le testimonianze storiche e culturali arcaiche di quella fase del matrimonio che μνάομαι descrive e che si può definire appunto ‘del corteggiamento’, si può facilmente notare che, più che per un’inattestata sfilata di fanciulle prima della promessa sposa, essa sembra caratterizzarsi, sia nella sua forma più agonistica che in quella più ‘economica’, per una successione di

463 Le prime attestazioni si trovano in: S. OC 1075 (προμνάομαι con il significato, traslato, di «sognare, sperare»), E. Hipp. 589, Ar. Nu. 42, Pl. Tht. 149d-151b e X. Mem. II 6, 36 (προμνήστρια, «ruffiana», ovvero colei che μνᾶται πρὸ ἑτέρου).

464 Cf. anche Frisk GEW 240 s.v. μιμνήσκω.

465 A tal proposito occorre menzionare una terza ipotesi interpretativa del termine προμνηστἶναι, avanzata molto recentemente da Almirall Sardà (1994, 37 -42): lo studioso spagnolo si rifà alla derivazione proposta da Hoffmann, ma preferisce connettere il vocabolo al significato di «tener en la mente», il quale, secondo lui, va tenuto anche etimologicamente ben distinto da quello di «pretender en matrimonio». In conclusione, la corretta traduzione di προμνηστἶναι sarebbe dunque quella di «teniendo un pensamiento previsor», da πρό più μν῅στις («pensamiento»), in riferimento all'atteggiamento cauto che avrebbero sia Odisseo ed i suoi fedeli in Od. XXI, sia le eroine nell'Ade. Se, però, di procedere prudente si può parlare a proposito della scena di Od. XXI, nulla nel testo ci autorizza a pensare che anche le donne della Neky ia avanzino con cautela, dal momento che Odisseo ha dovuto addirittura frenare con la spada il loro convulso accalcarsi sul sangue.

pretendenti che, uno dopo l’altro, gareggiano o fanno proposte di doni concorrenziali tra loro. Già l’Odissea, a questo proposito, sembra delineare una situazione ben precisa: tra i Proci, infatti, emerge più di una volta l’idea che a guadagnare Penelope sarà proprio colui che, offrendo più doni degli altri, vincerà tale contesa466. Il passo più eloquente ai fini della presente analisi risulta Od. XVI

389-392, in cui Antinoo suggerisce ai pretendenti: μή οἱ χρήματ' ἔπειτα ἅλις θυμηδέ' ἔδωμεν / ἐνθάδ' ἀγειρόμενοι, ἀλλ' ἐκ μεγάροιο ἕκαστος / μνάσθω ἐέδνοισιν διζήμενος· ἡ δέ κ' ἔπειτα / γήμαιθ' ὅς κε πλεἶστα πόροι καὶ μόρσιμος ἔλθοι. La contrapposizione istituita dall’eroe tra lo stare tutti raccolti, in massa, presso la dimora di Penelope e il corteggiamento per così dire ‘ordinato’, nel quale ciascuno per sé467, e dunque uno alla volta, i pretendenti vanno ad offrire i propri

ἐέδνα468, sembra dunque offrire uno spunto documentario e culturale utile alla

comprensione semantica di προμνηστἶνοι. La pratica che l’Odissea testimonia si ritrova poi identica nel Catalogo delle donne pseudo-esiodeo, a proposito dei pretendenti di Elena (frr. 196-204 M.-W.): rispetto ai doni offerti da tutti gli altri, infatti, Menelao νίκησε (<) πλεἶστα πορών (fr. 204, 85-89). L’omogeneità di tali testimonianze sembra insomma delineare una pratica reale e condivisa presso gli ἄριστοι: il γάμος vero e proprio, in quanto legame sociale e contrattuale, era preceduto da una fase pubblica di trattative economiche ch e aveva come protagonisti i gruppi familiari della futura sposa e dei pretendenti469, come in una

sorta di asta470, che poi terminava con la scelta, da parte del padre o di un generico

κύριος della futura sposa471, del miglior pretendente.

466 Pretendenti che corteggiano Penelope offrendo doni sono descritti in Od. XI 117 (= XIII 378), XVI 76s., XIX 528s., XX 334s., e XXI 161s., mentre Eurimaco pare prevalere sugli altri per la sua offerta in

Od. XV 17s. Anche nel regno dei Feaci sembra sussistere questa consuetudine, perché di Nausicaa si

dice che andrà in sposa a chi avrà la meglio ἐέδνοισι (Od. VI 158s.). Il corretto corteggiamento è poi compiutamente descritto da Penelope in Od. XVIII 275-280: μνηστήρων οὐχ ἥδε δίκη τὸ πάροιθε τέτυκτο, / οἵ τ᾽ ἀγαθήν τε γυναἶκα καὶ ἀφνειοἶο θύγατρα / μνηστεύειν ἐθέλωσι καὶ ἀλλήλοισ᾽ ἐρίσωσιν· / αὐτοὶ τοί γ᾽ ἀπάγουσι βόας καὶ ἴφια μ῅λα / κούρης δαἶτα φίλοισι, καὶ ἀγλαὰ δὦρα διδοῦσιν· / ἀλλ᾽ οὐκ ἀλλότριον βίοτον νήποινον ἔδουσιν.

467 La derivazione etimologica di ἕκαστος da ἑκάς, con il suo valore di «afar, far off» (LSJ9 499), conferma, in questo passo, il valore ‘processionale’ dell’immagine evocata da Antinoo.

468 L’esatto referente di tale termine resta di identificazione incerta; in dubbio è anche l a sua possibile identità semantica rispetto a δὦρα; pareri contrastanti si possono trovare in Finley 1955, Lacey 1966, Di Lello Finuoli 1984, Perisinakis 1991.

469 L’entità stessa degli ἕδνα impedisce di pensare che fossero posseduti e gestiti da un singolo individuo, cf. Scheid 1979, 60-73.

470 Cf., e.g., Di Lello Finuoli 1984, 289-302 e Perisinakis 1991, 297-302.

471 Nel caso del wedding contex t di Elena descritto dal Catalogo delle donne sono i fratelli Castore e Polluce a gestire la scelta del marito e a fungere quindi da tutori.

A livello mitologico, inoltre, la contesa tra i pretendenti sembra assumere un carattere più marcatamente agonale, e prendere la forma della cosiddetta ‘gara matrimoniale’: anche in questo caso i diversi aspiranti alla mano della fanciulla si avvicendano, uno dopo l’altro, in prove sancite dal padre472. Gli esempi di

cosiddette ‘gare dotali’ sono numerosi nella mitologia473, ma Erodoto (VI 126-130)

ne testimonia anche una realizzazione storica e concreta, quella ad opera di Clistene, che, con un evidente messaggio aristocratico identitario, si narra sottopose ad una sorta di interrogatorio e a prove i pretendenti della figlia474. Il

succedersi, davanti al padre, degli aspiranti al matrimonio – o nell’atto della proposta di doni, o nell’ambito di una vera e propria prova atletica475 – sembra

pertanto un dato istituzionale, ben radicato nella cultura greca arcaica476.

Se la realtà del corteggiamento, dello μνᾶσθαι arcaico, spiegherebbe dunque in modo plausibile lo slittamento di significato che porterebbe a προμνηστἶναι, resta da chiarire il senso da attribuire al prefisso προ-, che, in tutti i composti – classici ed ellenistici – con la radice di μνάομαι, esprime il valore «al posto di, nell’interesse di» e dà pertanto come risultato termini relativi all’attività del mezzanato. La grande distanza temporale che separa però l’aggettivo omerico προμνηστἶναι da tutti gli altri composti in προ- rende lecita l’ipotesi che, nel caso in esame, il prefisso possa non avere il medesimo valore rispetto agli esempi più

472 Cf. Brelich 1958, 105s.

473 Sia Icario, sia Anteo sia Danao sancirono una gara di corsa per selezionare il futuro sposo delle figlie (cf. Pi. P. 9, 105-125, Paus. III 12, 1-3 e 13, 6;), Enomao sfidò uno ad uno i pretendenti alla mano di Ippodamia e fu battuto solo da Pelope (cf., per tutte le testimonianze del mito, Grimal 1987, 224s. e 369), Neleo promise di dare la figlia Però in sposa soltanto a chi avesse riportato le vacche di Ificlo (la leggenda è citata già in Od. XI 289-291 e XV 226), Atalanta indisse una gara di corsa per scegliersi il marito (cf. Apollod. III 9, 2 e, forse, già Hes. fr. 73 M.-W.), la stessa gara con l’arco bandita da Penelope era volta a selezionare il futuro sposo (la successione uno dopo l’altro dei pretendenti nella prova è chiara da Od. XXI 141s., ὄρνυσθ᾽ ἑξείης ἐπιδέξια πάντες ἑταἶροι). 474 Sull’intero argomento dei wedding contexts si veda anche, recentemente, Cingano 2005, 124-127. 475 Un altro caso è poi quello del giuramento a cui Tindaro sottopose, a turno, i pretendenti di Elena, facendoli salire uno dopo l’altro sulla pelle di un cavallo sacrificato per l’occasione (cf. Paus. III 20, 9).

476 Da un punto di vista metodologico, l’impiego di fonti mitografiche o letterarie anche tarde per ricostruire ritualità e nozioni arcaiche si giustifica facendo ricorso alla nozione di images che è stata proposta da L. Gernet: una storia mitica, infatti, benché tramandata da autori successivi, può contenere in sé frammenti, 'fotogrammi' e residui inconsapevoli che si rifanno a forme di civiltà e di pensiero molto più antiche, i quali, poi, nello sviluppo diacronico di quella vicenda, sono serviti da poli d'attrazione e hanno corrisposto ad oggetti diversi di preoccupazione o d'interesse in ambienti successivi; cf. anche Nillson 1972; per una rassegna delle acquisizioni metodologiche di Gernet si vedano Di Donato 1990, 109s. e Soldani 2004.

tardi. Da un punto di vista strettamente linguistico, infatti, la particella avverbiale πρό possiede un originario valore spaziale e, in seconda istanza, temporale, al quale hanno solo progressivamente fatto seguito, in senso figurato, i valori di «in difesa di», «in cambio di», «al posto di» ecc477. Nei poemi omerici, di conseguenza,

sia per quanto riguarda il semplice πρό, sia per ciò che interessa i verbi con esso formati, non si riscontra mai un impiego già traslato di πρό, ma soltanto un suo uso spaziale («davanti») e, in misura molto minore, temporale («prima»). L’ipotesi più probabile è dunque quella che, anche in προμνηστἶναι, προ- abbia un’accezione semplicemente spaziale, e che indichi quindi, letteralmente, un atto di «μνᾶσθαι davanti»478: tale atto, in accordo con la fisionomia istituzionale del

corteggiamento, potrebbe pertanto essere identificato con il momento in cui i pretendenti si presentavano, appunto, «davanti» al padre della futura sposa.

La diffusione nel mondo greco arcaico di un’omogenea pratica di corteggiamento, ben testimoniata già a partire dall’Odissea e poi dal Catalogo delle donne, che prevedeva una successione dei pretendenti davant i al futuro suocero, potrebbe, in conclusione, essere alla base del significato così peculiare di un composto come προμνηστἶναι, confermando la sua derivazione etimologica dalla stessa radice del verbo μνάομαι, come proposto da Hoffmann. Il significato di «concernente l’attività del corteggiamento», avanzato dallo studioso tedesco, riceverebbe così una più precisa contestualizzazione socio-culturale.

477 Cf. Heilmann 1963, 195s., Luraghi 2003, 155-164.

478 Sotto questo aspetto una conferma viene anche dal ragionamento di Forssman (1964, 6 -28), il quale sottolinea, nel significato del termine προμνηστἶναι, la forte valenza spaziale assunta da προ- .

Il catalogo dei compagni di battaglia