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Il catalogo dei personaggi del passato ancestrale Introduzione

Dopo aver concluso con un nuovo tipo di recusatio il catalogo dei compagni di Troia (ἔνθα χ᾽ ὅμως προσέφη κεχολωμένος, ἤ κεν ἐγὼ τόν· / ἀλλά μοι ἤθελε θυμὸς ἐνὶ στήθεσσι φίλοισι / τὦν ἄλλων ψυχὰς ἰδέειν κατατεθνηώτων, vv. 565- 567), Odisseo passa ad enumerare, ritmandola con un diverso tipo di contextual verb, un’altra categoria di personaggi, meno facilmente classificabili sotto un’etichetta univoca, ma che per comodità potremmo chiamare “ancestrali‘, in riferimento al fatto che appartengono tutti, a diverso titolo, a generazioni mitiche molto anteriori a quella di Odisseo e che pertanto non intrattengono, a differenza, come si è visto, delle eroine, alcun tipo di legame genealogico con il mondo da lui vissuto.

Anche per questo nuovo capitolo di analisi puntuale, dunque, varranno le considerazioni metodologiche sopra esposte: in virtù del carattere intrinsecamente selettivo del catalogo, si cercheranno di reperire, anche per questa sequenza, uno o più criteri di scelta e di associazione tra gli items, oltre ad inquadrare la sequenza dei personaggi ancestrali in rapporto alle due sequenze catalogiche precedenti, mettendone in evidenza peculiarità e differenze.

Minosse

Od. XI 568-571 568 ἔνθ᾽ ἦ τοι Μίνωα ἴδον, Διὸς ἀγλαὸν υἱόν, χρύσεον σκ῅πτρον ἔχοντα θεμιστεύοντα νέκυσσιν, 570 ἥμενον· οἱ δέ μιν ἀμφὶ δίκας εἴροντο ἄνακτα, ἥμενοι ἑσταότες τε, κατ᾽ εὐρυπυλὲς Ἄϊδος δὦ.

Il primo degli incontri con personaggi del passato più antico è quello con Minosse, che viene descritto seduto, con in mano lo scettro, nell’atto di esercitare l’attività di θεμιστεύειν sui morti intorno a lui.

Minosse, personaggio – secondo la mentalità moderna – ai limiti tra storia e mitologia, ma, secondo il pensiero del pubblico omerico, semplicemente

appartenente all’ancestrale passato dei Greci599, è nominato anche in altri passi

epici: oltre alla menzione all’interno dell’item di Arianna, al v. 322 della Nekyia, ad Od. XIX 178s. lo si colloca a Creta come regnante600, mentre in Il. XIII 450s. si parla

della sua nascita da Zeus e di suo figlio Deucalione, da cui poi nacque a sua volta il condottiero cretese a Troia, Idomeneo; in Il. XIV 322 si precisa poi – all’interno di un altro catalogo, ovvero quello delle amanti del padre degli dèi, che Zeus si unì alla figlia di Fenice, Europa, per mettere al mondo Minosse e il fratello Radamanto. Anche il Catalogo delle donne, inoltre, trattava di questa stirpe: il fr. 140 M. -W. (= schol. AB Il. XII 292) accenna ancora una volta alla nascita di Minosse, Radamanto e Sarpedone da Zeus, che aveva assunto le sembianze di un toro, e da Europa, e colloca i due figli divini a Creta; il fr. 141 M.-W., di tradizione papiracea, sembra raccontare questa stessa storia in forma estesa – con la precisazione del dono che Zeus avrebbe fatto alla donna, la famosa collana forgiata da Efesto già citata a proposito di Erifile – e, nel nominare i tre figli, li accompagna ad epiteti eloquenti (vv.13s.) Μίνω τε κρείοντα δίκαιόν τε Ῥαδάμανθυν / καὶ Σαρπηδόνα δἶον ἀμύμονά τε κρατερόν τε601; il fr. 144 (= Pl. Min. 320d), ancora, è specificamente

dedicato a Minosse, definito come ὃς βασιλεύτατος 602 †γένετο θνητὦν

599 Sul concetto di mito com e di una fase antica della storia ellenica, si veda l’introduzione, supra, pp. 37s.

600 Il passo presenta una difficoltà interpretativa. I versi 178s. recitano infatti: τῆσι δ᾽ ἐνὶ Κνωσός, μεγάλη πόλις, ἔνθα τε Μίνως / ἐννέωρος βασίλευε Διὸς μεγάλου ὀαριστής. Non chiaro è stato giudicato dai critici l’aggettivo ἐννέωρος, soprattutto sulla base del fatto che Platone ( Lg. 624a-b e

Min. 319c) ne fornisce una complessa esegesi. Il filosofo spiega infatti l’aggettivo facendo

riferimento ad una tradizione secondo cui ogni nove anni Minosse si recava in una grotta dove conversava con Zeus al fine di riacquistare l’autorità necessaria per tornare a gov ernare (la stessa interpretazione è ripresa dagli scoli B V al v. 179 e da Str. X 4, 8, il quale cita Eforo, FGrHist 70 F 147). Il passo risulterebbe in tal caso traducibile come «confidente, ogni nove anni, del grande Zeus», ma Russo (2004, 249s.) preferisce legare ἐννέωρος al verbo βασίλευε ed intenderlo, in maniera a suo parere più affine alle altre occorrenze omeriche (che vanno rese generalmente come «di nove anni di età»), con il senso di «per nove anni», e con riferimento quindi alla durata del regno di Minosse (su regni in cicli novenali cf. anche Stanford II 323 e Willetts 1962, 87s.). LSJ9 570 traducono in maniera dubbiosa con «a nove anni di età» o, alternativamente, «dopo nove anni». Gli scoli al verso, in effetti, citano anche altre possibili int erpretazioni, però lo spazio che dedicano a quella platonica è maggiore: da un punto di vista semantico, in definitiva, la spiegazione del filosofo appare la più coerente.

601 La prima parte di entrambi i versi è frutto di una ricostruzione, giudicata però s icura da Hirschberger 2004, 310s.

602 Sull’impiego di questo superlativo per connotare l’ἄναξ supremo (ad es. Agamennone per il contingente acheo a Troia, cf. Il. IX 69, e, appunto, Minosse, che è detto ἄναξ proprio nella Nekyia) si vedano le osservazioni di Marrucci 2007, 44 e 60s.

βασιλήων603 / καὶ πλείστων ἤνασσε περικτιόνων ἀνθρώπων / Ζηνὸς ἔχων

σκ῅πτρον· τὦι καὶ πολέων βασίλευεν; nei frr. 145 e 146, infine, si parla della prole di Minosse, e in particolare del Minotauro e del figlio Androgeo. Per quanto riguarda quindi le testimonianze di epoca arcaica, si può affermare con una certa sicurezza che, già ben prima del V sec. a.C., la storia di Minosse e i tratti più caratteristici di questo personaggio, ovvero il ruolo regale, il potere su Creta, la nascita da Zeus e la vicenda del Minotauro, fossero molto noti e 'dominati' sia dai cantori che dai pubblici che li ascoltavano604. Non solo la vicenda nei suoi tratti più

generali, ma anche alcuni particolari, si ritrovano in modo molto simile tra epos omerico e produzione esiodea: uno di questi, che è presente sia nell’immagine della Nekyia sia al v. 3 del fr. 144, è appunto lo σκ῅πτρον. Questo oggetto, «instrument d’autorité, source de puissance royale»605, è solito, nell’immagine della

società che ci fornisce l’epos, accompagnare diversi ‘specialisti’, tutti accomunati dalla necessità di possedere un mezzo che conferisca a ciò che loro affermano una garanzia di inviolabilità, sacralità e ispirazione606; è pertanto impugnato dagli

araldi, che nel corso dell’assemblea lo passano a chi prende la parola «per legittimare l’ufficialità e l’autorevolezza dell’intervento»607, dai μάντεις608, e, infine,

dai sovrani609, come dalla tradizione era considerato appunto Minosse.

Uno σκ῅πτρον è inoltre impugnato dai γέροντες riuniti, nell’immagine forgiata sullo scudo di Achille (Il. XVIII 505), per amministrare la giustizia, dirimere una controversia pubblica e ottenere alla fine il premio come miglior oratore giudiziario, in quello che è stato acutamente definito un «agone rapsodico- giurisprudenziale»610. Questo appare, forse, sotto molti aspetti, il parallelo più

603 La corruttela metrica del testo appare in un certo senso ‘superficiale’ e permette comunque di analizzarne il contenuto.

604 Il mito cretese, pur senza menzione esplicita di Minosse, è evocato anche in Il. XVIII 580-584. 605 Gernet 1968, 127.

606 Cf. Gernet 1968, 127, Melena 1972, 321-356, e Hirschberger 2004, 313; ulteriore bibliografia in Fratini 2007, 22 n. 3.

607 Gostoli 2005, I 135. Cf. Il. I 234, 245, III 218, VII 277 e 412, X 321, XXIII 568, Od. II 37, 80. 608 Cf. Il. I 15, 28, 374, Od. XI 91 (Tiresia proprio nella Nekyia).

609 Cf. Il. II 46, 101-108, 186, 199, 206, 265, IX 38 e 99 (Agamennone ha un proprio scettro, ricevuto in eredità e proveniente da Zeus, che sembra garantirgli la leadership sull’intero contingente e che conferisce un peculiare potere anche a chiunque altro capo lo impugni, come nel caso di Odisseo ai vv. 186, 199, 265), IX 156 e 298, XVIII 557, Od. III 412 (anche gli altri βασιλεἶς possiedono uno scettro per amministrare la loro regalità).

610 Il Professor G. Cerri, in una lezione di dottorato tenuta nel febbraio 2009 presso l’Università di Roma tre, ha analizzato questo segmento e lo ha impiegato per interpretare il passo, fino a quel momento molto controverso, di Hes. Th. 79-97: alla luce del parallelo omerico, in effetti, la

calzante per l’attività di Minosse nell’Ade. Anche il figlio di Zeus, infatti, è impegnato in un’azione che sembra a tutti gli effetti quella che gli era propria in vita – come sarà anche, più esplicitamente ammesso, nel caso successivo di Orione – : è descritto in qualità di sovrano e, in quanto tale, è amministratore di θέμιστες, a beneficio di un gruppo di anime che glielo chiedono (εἴροντο v. 570); tra l’altro, Eustazio, nel suo commento al passo (ad Od. XI 570 p. 1699, 10-20), sostiene che alcuni dei morti che gli si affollano intorno – si noti che alla menzione odissiaca dell’ἀμφί611 (v. 570) fa da pendant l’accenno iliadico al ἱερῷ ἐνὶ κύκλῳ (XVIII 504) –

siano dei giudicati, mentre altri siano συνδικασταί. Il verbo impiegato per descrivere l’attività di Minosse con lo scettro è θεμιστεύω, che è proprio, appunto, dell’esercizio delle norme e delle consuetudini e dell’amministrazione della giustizia612; nell’unico altro passo omerico in cui compare, Od. IX 114, è attribuito ai

Ciclopi in un senso del tutto stravolto: dopo aver asserito che per loro non esistono assemblee né θέμιστες (v. 112), si precisa che ciascuno esercita l’attività del θεμιστεύειν sulla propria moglie e sui figli, senza curarsi degli altri, ed esercitando quindi un giudizio e una scelta che non sono basati sulla comunità, ma sull’arbitrio individuale. L’immagine delineata dalle parole di Odisseo è certo ben più sfumata e generica rispetto a quella dell'agone giurisprudenziale dello scudo o della Teogonia, ma è pur vero che si tratta di una trasposizione post mortem di una realtà sociale, e quindi l’esattezza di tutti i particolari non sembra necessaria al contesto e ai fini della situazione, come invece poteva essere in un’ekphrasis come quella di Il. XVIII. Il fatto, quindi, che Minosse sia descritto nell’atto di governare ed amministrare le θέμιστες non potrà più, definitivamente, essere interpretato come un accenno orfizzante613; tutt’al più si potrà lasciare in sospeso l’annosa questione

in merito al fatto che questo passo implichi una concezione dell’aldilà che comprendeva una distinzione delle ψυχαί tra premiate e punite. L’idea di un articolato giudizio post mortem sembra infatti appartenere, rispetto al quadro omerico, ad un momento successivo del pensiero e della letteratura greca614, però,

descrizione esiodea di sovrani che, amministrando la giustizia in un agone, necessitano del dono della dolce eloquenza delle Muse, risulta decisamente più persuasiva.

611 A proposito dell’impiego socialmente significativo di tale preposizione si veda quanto afferma Marrucci (2007, 46): «il ruolo di perno sociale giocato dall’anax rispetto ad una comunità di guerrieri è tradotto dalla preposizione (avverbio o pre-verbo) amph i».

612 Cf. Lfg rE II 994s., s.v. θεμιστεύω.

613 Cf., tra gli ultimi sostenitori di una simile influenza, Page 1965, 48 n.6, con bibliografia, e Casadio 1986, 294, ma cf. Dodds 2003, 185: «credo che ormai nessuno consideri più come ‚interpolazione orfica‛ le figure dei ‚grandi peccatori‛ dell’Odissea».