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Capitolo 2. Il DNA tumorale circolante (ctDNA)

2.3 Applicazioni cliniche del ctDNA nel tumore polmonare

Il ctDNA ha le potenzialità per diventare un marcatore diagnostico, predittivo e prognostico nella gestione dei pazienti con neoplasia polmonare.

Possibili applicazioni cliniche della biopsia liquida consistono infatti nell’impiego del ctDNA come biomarcatore al fine di: caratterizzare la malattia dal punto di vista molecolare; monitorarne la risposta al trattamento in tempo reale e stimarne il rischio di progressione; identificare la presenza di eventuali meccanismi di resistenza responsabili del fallimento terapeutico e valutare l’eterogeneità della malattia, anche allo scopo di identificare nuovi bersagli molecolari242,243.

Per quanto riguarda il suo ruolo diagnostico, negli ultimi anni un numero crescente di studi e metanalisi ne hanno valutato il valore nella gestione dei pazienti con NSCLC, mostrando complessivamente una sensibilità del 62% e una specificità del 96% rispetto alla genotipizzazione tissutale244-246. Ciò ha condotto all’approvazione clinica dell’impiego del ctDNA per la ricerca di mutazioni di EGFR nei pazienti per i quali alla diagnosi il tessuto da analizzare ottenuto mediante biopsia non sia sufficiente o idoneo per la caratterizzazione molecolare93.

Tuttavia dati recenti hanno suggerito che l’abilità di identificare mutazioni di EGFR nel plasma dei pazienti con NSCLC è significativamente più alta in presenza di malattia extratoracica (M1b) piuttosto che in caso di malattia intratoracica (M1a), pertanto anche questo fatto dovrebbe essere preso in considerazione nella gestione clinica di tali pazienti247,248.

Ulteriori sforzi sono necessari per aumentare la sensibilità di questo approccio e un utile supporto in questo senso potrebbe essere rappresentato dalle metodiche di NGS.

Oltre che per la caratterizzazione molecolare alla diagnosi, un crescente interesse è rivolto all’impiego del ctDNA come strumento per il monitoraggio dinamico dei cambiamenti molecolari dei pazienti in corso di trattamento215,243.

Questa possibile applicazione clinica è supportata dall’evidenza che modificazioni nei livelli di ctDNA correlano con la risposta al trattamento in molti tipi di tumore, compreso quello del polmone, come riportato da alcuni studi in letteratura249,250.

Oxnard e i suoi collaboratori, analizzando mediante ddPCR prelievi seriati del plasma di pazienti EGFR mutati in trattamento di prima linea con erlotinib, hanno dimostrato che la mutazione attivante riscontrata prima dell’inizio della terapia diminuisce in relazione alla risposta al trattamento, fino a non essere più identificabile nella maggior parte dei pazienti, per poi comparire nuovamente al momento della progressione, fino a 4 mesi prima che quest’ultima sia ritenuta tale secondo i criteri RECIST249.

In un altro studio251 condotto su pazienti EGFR mutati in trattamento con TKI-EGFR, è stato visto che le variazioni dei livelli di ctDNA durante il trattamento correlavano con il quadro radiologico nei pazienti che rispondevano alla terapia (risposta completa o parziale), ma non in quelli che mostravano stabilità o progressione di malattia. Ciò ha fatto supporre che i pazienti con risposta radiologica completa o parziale presentassero prevalentemente cellule tumorali recanti la mutazione di EGFR, mentre i pazienti con malattia stabile o in progressione, ma con buone risposte del ctDNA, presentassero un quadro misto di cellule EGFR Wild Type ed EGFR mutate. Questo studio ha dimostrato che l’intervallo di tempo ottimale tra il campione di ctDNA prelevato prima dell’inizio della terapia e il successivo dovrebbe essere superiore a un mese, in quanto per intervalli inferiori i livelli di ctDNA non si sono rivelati ottimi predittori della risposta radiologica, dal momento che tali livelli si elevano subito dopo l’inizio del trattamento a causa della rapida necrosi tumorale. Un altro interessante risultato è stato che in 11 pazienti su 17 in progressione radiologicamente confermata, nei quali i livelli di EGFR ctDNA sono incrementati durante la terapia, le variazioni nel ctDNA hanno anticipato i rilevamenti radiologici in media di 4 settimane.

Il ctDNA potrebbe inoltre consentire di individuare precocemente mutazioni di resistenza ai TKI, al fine di personalizzare la terapia di seconda linea del paziente e in particolare di individuare quel sottogruppo di pazienti candidabili ad un regime di trattamento con farmaci di terza generazione252.

Lo studio di Oxnard e collaboratori precedentemente descritto è stato il primo a dimostrare anche che l’analisi seriata del ctDNA di pazienti in trattamento con TKI- EGFR consentiva l’identificazione della mutazione di resistenza T790M settimane, e a volte anche mesi, prima della progressione radiologica, evidenziando la possibilità di anticipare l’evidenza clinica di progressione attraverso una precoce caratterizzazione molecolare249. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche da Sorensen e dai suoi colleghi253.

Tuttavia, è stato osservato che il rilievo mediante ctDNA di picchi di mutazione T790M nelle fasi precoci del trattamento con TKI-EGFR possa essere soltanto transitorio e dunque non sia sinonimo di resistenza ai farmaci a bersaglio molecolare251.

Inoltre, di recente è stata valutata prospetticamente la sensibilità e specificità della genotipizzazione su plasma mediante ddPCR in 180 pazienti con NSCLC avanzato, includendo 60 pazienti con resistenza acquisita ai TKI-EGFR.

Lo studio ha mostrato una specificità del 79% e una sensibilità del 77% nell’identificazione della mutazione T790M, dunque inferiori a quelle osservate nell’identificazione attivante di EGFR al momento della diagnosi, verosimilmente a causa dell’elevata eterogeneità tumorale254.

L’outcome dei pazienti T790M positivi su plasma è risultato simile a quello dei pazienti T790M positivi su tessuto tumorale. Invece il RR e la PFS dei pazienti T790M negativi sul plasma ma positivi alla biopsia tissutale si sono rivelati significativamente più alti di quelli T790M negativi anche sul tessuto tumorale. Infine, parte dei pazienti con genotipizzazione plasmatica positiva per T790M ma risultati T790M negativi all’analisi tissutale hanno mostrato un outcome clinico favorevole, simile a quello dei pazienti T790M positivi su tessuto254.

Sulla base di questi dati la genotipizzazione del plasma potrebbe rappresentare il primo step per l’identificazione della mutazione T790M al momento della progressione. Infatti alcuni studi hanno dimostrato che ripetere la biopsia al momento della progressione può essere fatto all’incirca nell’80% dei pazienti, ma in più del 20% dei casi il materiale ottenuto non è adeguato per l’analisi molecolare255,256.

Tuttavia la sensibilità e specificità del ctDNA nell’individuazione delle mutazioni di resistenza non è ancora sufficientemente elevata e dunque la rebiopsia resta necessaria in molti casi194.

Studi preliminari hanno evidenziato la possibilità di eseguire la genotipizzazione del DNA circolante anche sulle urine, mostrando una sensibilità che va dal 72 al 93% nell’identificare la mutazione T790M, tuttavia è necessaria la conferma di questi risultati su coorti che comprendano un più ampio numero di pazienti257.

Infine, un’ulteriore applicazione clinica del ctDNA consiste nella possibilità di valutare l’eterogeneità tumorale, che è un aspetto molto importante al fine di personalizzare la terapia con farmaci a bersaglio molecolare o con combinazioni di

Il tumore del polmone non è una malattia stabile dal punto di vista genomico, bensì è caratterizzato da un alto grado di eterogeneità258,259, intesa sia come presenza di cloni cellulari differenti coesistenti all’interno della massa tumorale, sia come differenza nel profilo genetico tra tumore primitivo e metastasi.

Una singola biopsia tissutale offre solo un’istantanea del tumore mentre il ctDNA, potendo essere ripetuto nel tempo e originare potenzialmente da qualsiasi cellula tumorale, sia del tumore primitivo sia di un sito metastatico, potrebbe fornire informazioni più rappresentative del complessivo stato mutazionale.

In particolare il ctDNA potrebbe rappresentare un valido aiuto per l’identificazione di metastasi silenti e di difficile localizzazione oppure per i casi in cui non ne sia possibile il campionamento diretto.

Capitolo 3. Correlazione tra biopsia solida e liquida nella gestione dei

pazienti affetti da adenocarcinoma polmonare.

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