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Capitolo 2. Il DNA tumorale circolante (ctDNA)

3.2 Materiali e metodi

3.2.2 Procedure e strumenti

Raccolta, trattamento e conservazione del campione

Ogni paziente è stato sottoposto a una broncoscopia, durante la quale è stato eseguito un prelievo istologico o citologico.

I campioni istologici sono stati fissati in formalina e inclusi in paraffina; quelli citologici sono stati strisciati su un vetrino e colorati, oppure inclusi in blocchi di paraffina.

A ciascun paziente arruolato sono stati prelevati anche 15 ml di sangue in provette contenenti l’anticoagulante K3EDTA.

Entro 3 ore dal prelievo, il sangue intero è stato processato alla temperatura di 4°C mediante due centrifugazioni di 10 minuti ciascuna: la prima a 3000 rpm al fine di separare il plasma dalla componente cellulare; la seconda a 14000 rpm per eliminare dal plasma isolato ogni eventuale traccia cellulare residua.

Il campione di plasma così ottenuto, circa 7 ml per ogni paziente, è stato conservato a -80°C fino al momento dell’eventuale estrazione del ctDNA.

Il plasma non è stato mai sottoposto a più di due cicli di congelamento-scongelamento, in modo da preservare l’integrità e la concentrazione degli acidi nucleici.

Metodiche di estrazione del DNA e del ctDNA

Nei pazienti che hanno ricevuto la diagnosi cito-istologica di adenocarcinoma polmonare, è stata effettuata l’estrazione del ctDNA a partire da 4 ml di plasma, utilizzando il kit QIAamp® Circulating Nucleic Acid (Qiagen).

La procedura di estrazione si articola in quattro fasi successive, che prevedono l’impiego di colonnine dotate di una membrana di silice a scambio ionico e di un sistema di pompa a vuoto.

Dato che il ctDNA in circolo è legato a proteine o racchiuso in vescicole, il primo passaggio per la sua estrazione consiste in un processo di lisi in condizioni altamente denaturanti e a temperature elevate. I campioni sono lisati mediante agitazione su vortex per 30 secondi e incubazione a 60°C per 30 minuti, in presenza della proteinasi K e del Buffer ACL, che insieme assicurano il rilascio completo degli acidi nucleici e l’inattivazione delle DNAsi presenti nel plasma.

Il secondo passaggio consiste nell’aggiunta di un buffer di binding ACB e nel trasferimento del lisato sulla colonnina dotata di una membrana di silice affinché passandovi attraverso, grazie all’azione di una pompa a vuoto, il ctDNA vi si leghi. A ciò fa seguito il lavaggio della membrana di silice mediante appositi buffer ed etanolo, al fine di rimuovere eventuali residui contaminanti e far sì che solo il ctDNA vi rimanga adeso. Infine l’ultimo passaggio consiste nella eluizione del ctDNA in 65 μL di Buffer AVE: questo volume di eluizione è stato ottimizzato per ottenere una quantità di acidi nucleici sufficiente per la caratterizzazione molecolare mediante Real-Time PCR.

Per quanto riguarda l’estrazione di DNA dai preparati istologici o citologici ottenuti in corso di broncoscopia, è stato usato il QIAamp® DNA Mini Kit (Qiagen). Una volta sezionato e sottoposto al processo di sparaffinatura e di arricchimento tissutale tramite microdissezione manuale, il preparato istologico o citologico viene agitato su vortex e incubato a 56°C in presenza del buffer di lisi ATL e della proteinasi K, fino a che non risulta completamente lisato.

Con l’ulteriore agitazione su vortex e l’aggiunta di Buffer AL ed etanolo, si ottiene una soluzione omogenea che viene trasferita su una colonna dotata di una membrana di silice. Una volta che tutto il lisato è passato attraverso quest’ultima e che il DNA vi si è legato, la membrana viene lavata con buffer di lavaggio ed etanolo e il DNA eluito in 35 μl di Buffer AE. Infine, in seguito a lettura spettrofotometrica, il DNA è normalizzato a 10 ng/ul per l’analisi MALDI-TOF.

Analisi mutazionale del DNA e del ctDNA

Per la caratterizzazione molecolare del DNA estratto da preparati istologici o citologici, è stato impiegato il kit certificato Miriapod® Lung Status (Diatech Pharmacogenetics) che, tramite la piattaforma Sequenom MassARRAY® iPLEX, che sfrutta la tecnologia MALDI-TOF associata alla tecnologia Single Base Extension, ha permesso di rilevare in parallelo le principali mutazioni dei geni EGFR, KRAS, BRAF, NRAS, PIK3CA, ALK, ERBB2, DDR2, MAP2K1 e RET.

Infatti, in seguito all’amplificazione di almeno 5 ng di DNA con PCR multiplex e alla reazione di estensione del primer, i campioni sono colpiti da un laser UV e gli ioni liberati sono accelerati in un campo elettrostatico all’interno di un tubo a vuoto.

Un detector rileva il tempo di volo, che dipende dalla massa dell’analita e dunque dalla sua sequenza. In questo modo è possibile individuare la presenza di eventuali mutazioni nel DNA esaminato con un’accuratezza ≥ 99,7% e una sensibilità che può scendere sotto il 5%.

La ricerca delle mutazioni a carico del gene EGFR sul ctDNA è stata condotta invece utilizzando il kit Easy® EGFR (Diatech Pharmacogenetics) che sfrutta sonde molecolari LNA al fine di rilevare le mutazioni più frequenti a carico degli esoni 18, 19, 20, 21 del gene EGFR, con una sensibilità dell’1-2%.

Tale kit si avvale di 7 miscele di primer e sonde LNA sequenza-specifiche per l’amplificazione di uno o più alleli mutati, e di un saggio di controllo (EGFR control mix), che consente di valutare la qualità e quantità del DNA presente nei campioni, in quanto costituito da primer e sonde specifiche per una mutazione nota e per una regione del gene EGFR priva di qualsiasi polimorfismo. Le sonde LNA sono marcate con il fluoroforo FAM, che segnala il legame della sonda al target mutato e corrisponde al canale di acquisizione verde, e con il fluoroforo HEX, che segnala invece il legame della sonda a un gene di controllo endogeno e corrisponde al canale di acquisizione giallo.

Se la procedura di amplificazione è eseguita correttamente, tutti i campioni analizzati generano una curva di amplificazione nel canale giallo (sonda HEX), mentre solo quelli in cui è presente la mutazione generano una curva di amplificazione nel canale verde (sonda FAM).

Per verificare che la curva presente nel canale verde sia generata da una vera amplificazione del target in esame, e non da un artefatto, si utilizza il calcolo del ΔCt che permette, per uno stesso campione, il confronto dell’andamento della curva di amplificazione specifica della mutazione rispetto all’andamento della curva di amplificazione del saggio di controllo. Un ∆Ct elevato, che si ha quando la curva di amplificazione specifica della mutazione si discosta molto da quella del saggio di controllo, è indicativo della presenza di un artefatto.

Infine l’analisi mutazionale del gene KRAS è stata condotta mediante il kit Easy® KRAS (Diatech Pharmacogenetics) che, impiegando una procedura e sonde molecolari analoghe a quelle descritte per EGFR, permette la caratterizzazione molecolare delle mutazioni più frequenti a carico degli esoni 2 (codoni 12 e 13), 3 e 4 del gene KRAS

Raccolta dei dati clinici

I dati clinici dei pazienti arruolati nello studio sono stati acquisiti mediante la compilazione di un’apposita scheda al momento dell’arruolamento e della cartella clinica nel corso delle visite di controllo ambulatoriali presso il servizio di pneumo-oncologia della U.O. di Pneumologia Universitaria.

I pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di adenocarcinoma polmonare e sono risultati EGFR mutati, sono stati sottoposti al trattamento in prima linea con inibitori tirosin chinasici di prima o seconda generazione; mentre quelli Wild Type al trattamento chemioterapico, indipendentemente o meno dalla presenza di mutazione di KRAS, secondo lo schema più adeguato alle condizioni cliniche del paziente.

I pazienti sono stati rivalutati con esame obiettivo, esami ematochimici e TC torace- addome con mezzo di contrasto ogni 3 mesi a partire dall’inizio del trattamento.

La valutazione della risposta al trattamento è stata effettuata sulla base delle dimensioni delle lesioni tumorali target, secondo i criteri RECIST v1.1260.

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