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Applicazioni delle equazioni di Lagrange

9.1. Moti in campi centrali

Notazione. Sia (O, ei) un sistema di riferimento fisso. Consideriamo qui il moto di un punto materiale P di massa m, soggetto a un campo di forze posizionali

F(x) = F (|x|) x

|x|, x6= 0 , (9.1)

con F ∈ C1(R3\ {0}). Assumeremo sempre−−→

OP 6= 0. 

E noto che il campo di forze F risulta essere conservativo in R` 3\ {0}, con potenziale

U (x) = Z|x|

¯ r

F (ρ) dρ , (9.2)

ove ¯r > 0 `e un valore fissato ad arbitrio.

Definizione 9.1. Il campo di forze in (9.1) si dice centrale, con centro

l’origine 0∈ R3. 

Visto il ruolo privilegiato che le (9.1), (9.2) assegnano alla distanza dall’o-rigine O, conviene introdurre come coordinate lagrangiane per il moto di P le coordinate sferiche

(r, ϕ, θ)∈ (0, ∞) × (−π, π) × (0, π) , in modo che

−−→OP = (r cos ϕ sin θ, r sin ϕ sin θ, r cos θ) . (9.3) La velocit`a v del punto si ottiene subito per derivazione, scomposta nella componente radiale e nelle due tangenti (alla sfera di raggio r):

v = ˙r x

|x|

+ r ˙ϕ sin θ(− sin ϕ, cos ϕ, 0)

+ r ˙θ(cos ϕ cos θ, sin ϕ cos θ,− sin θ) .

(9.4)

In questo modo si ha Tl= 1

2m|vl|2= 1

2m ˙r2+ r2ϕ˙2sin2θ + r2˙θ2

, (9.5)

e quindi

L = 1

2m ˙r2+ r2ϕ˙2sin2θ + r2˙θ2 +

Zr

¯ r

F (ρ) dρ . (9.6)

103

Le equazioni di Lagrange quindi sono d

dt

m ˙r

− m r ˙ϕ2sin2θ + r ˙θ2

− F (r) = 0 , (9.7) d

dt

mr2ϕ sin˙ 2θ

= 0 , (9.8)

d dt

r2˙θ

− m r2ϕ˙2sin θ cos θ

= 0 . (9.9)

La (9.8) mostra come la coordinata ϕ sia ciclica, e valga quindi l’integrale primo del moto

r(t)2ϕ(t) sin˙ 2θ(t) = r(0)2ϕ(0) sin˙ 2θ(0) =: c , t > 0 . (9.10) Teorema 9.2. Il moto di P nel campo centrale di forze (9.1) si svolge sul piano fisso passante per O e normale al vettore

−−→OP (0)∧ v(0) , se i due vettori −−→

OP e v all’istante iniziale t = 0 non sono paralleli.

Se invece sono paralleli, il moto di P si svolge sulla retta per O parallela a

−−→OP (0).

Dimostrazione. La scelta delle coordinate lagrangiane pu`o essere fatta in modo che all’istante iniziale si abbia

θ(0) = π

2 , ˙θ(0) = 0 . (9.11)

Infatti, in particolare, la seconda condizione vale se il piano θ = π/2 contiene v(0).

La (9.9), con le due condizioni iniziali in (9.11), ammette sempre la soluzione costante

θ(t) = π

2, t > 0 . (9.12)

E importante osservare che questo vale per ogni possibile scelta delle funzioni` r(t) e ϕ(t) nella (9.9). Quindi, per il teorema di unicit`a, relativo al problema di Cauchy (9.9), (9.11), la soluzione (r, ϕ, θ) del sistema lagrangiano (9.7)–

(9.9) ha come terza componente la funzione costante in (9.12). Questo significa che il moto si svolge sul piano θ = π/2.

Se i due vettori−−→

OP (0) e v(0) non sono paralleli, non c’`e altro da dimostrare.

Se invece sono paralleli, l’espressione (9.4) della velocit`a implica che ˙ϕ(0) = 0, perch´e il secondo termine a destra nella (9.4) `e ortogonale a−−→

OP (0). Dalla (9.10) segue quindi che

˙

ϕ(t) = 0 , t > 0 ,

ossia che, oltre a θ, anche ϕ si mantiene costante. Il moto si svolge dunque sulla retta per O e la posizione iniziale di P .  Proposizione 9.3. Nel caso in cui −−→OP (0) e v(0) non siano paralleli, la traiettoria del punto P nel piano θ = π/2 pu`o essere espressa come una curva nella forma

r = R(ϕ) , (9.13)

almeno in un intervallo 0≤ t < ¯t.

9.1. MOTI IN CAMPI CENTRALI 105

Dimostrazione. Basta osservare che la (9.10) implica che ˙ϕ non si annulla mai nelle ipotesi stipulate; quindi `e possibile ottenere la funzione inversa t = τ (ϕ), e quindi ricavare r come funzione di ϕ mediante la τ :

R(ϕ) = r(τ (ϕ)) .

La τ `e definita, al pi`u, nell’intervallo (−π, π) di variazione della ϕ, e quindi la rappresentazione (9.13) `e solo locale, come indicato nell’enunciato.  La seguente Proposizione mostra come un campo di forze radiale sia conser-vativo solo se vale la (9.1).

Proposizione 9.4. Un campo di forze F(x) = g(x) x

|x|, x∈ R3\ {0} , (9.14) con g ∈ C1(R3\ {0}) `e conservativo se e solo se vale g(x) = F (|x|), per una opportuna F ∈ C1(R3\ {0}).

Dimostrazione. A) Se vale g(x) = F (|x|), il potenziale di F `e stato indicato nella (9.2).

B) Viceversa, assumiamo che esista un potenziale U ∈ C1(R3\ {0}) per F come in (9.14). Dati due punti qualunque x1 e x2 con

|x1| = |x2| > 0 , si ha

U (x2)− U(x1) = Z

γ

∇ U · T ds = Z

γ

F · T ds = 0 ,

ove γ `e una qualunque curva regolare che giaccia sulla sfera di centro l’origine di raggio|x1| = |x2|, e che congiunga i due punti. Infatti il versore tangente a γ, indicato con T , risulta allora tangente a questa sfera, e perci`o ortogonale a F che per ipotesi ha sempre direzione radiale.

Dunque U `e costante su ciascuna sfera di centro l’origine; perci`o dipende solo da |x| e il suo gradiente F ha direzione radiale, e modulo dipendente

solo da |x|. 

9.1.1. La velocit`a areolare.

Definizione 9.5. Sia (r(t), ϕ(t)) la rappresentazione nelle usuali coordinate polari di un moto piano. La quantit`a

1

2r(t)2ϕ(t)˙

prende il nome di velocit`a areolare. 

La motivazione geometrica della Definizione9.5`e data dal seguente Lemma.

Lemma 9.6. Assumiamo che la traiettoria di un moto nel piano (x1, x2) sia rappresentabile come in (9.13), per 0 < t < ¯t, e che in particolare ˙ϕ(t) > 0 per 0 < t < ¯t. Definiamo anche il settore polare

S(t) =

(x1, x2)| 0 < r < R(ϕ) , ϕ ∈ (ϕ(0), ϕ(t))

. (9.15) Vale allora

d

dtarea(S(t)) = 1

2r(t)2ϕ(t) ,˙ 0 < t < ¯t . (9.16)

Dimostrazione. Basta osservare che nelle ipotesi poste nell’enunciato

Se vale ˙ϕ < 0, si dimostra in sostanza lo stesso risultato, con ˙ϕ sostituito da

| ˙ϕ| in (9.16).

E chiaro che S(t) `e la parte di piano spazzata dal raggio vettore del moto` nell’intervallo di tempo (0, t).

Teorema 9.7. (II legge di Keplero) Il moto di P , soggetto al campo di forze centrali in (9.1), ha velocit`a areolare costante.

Dimostrazione. L’integrale primo (9.10), sostituito nella definizione di

velocit`a areolare, implica subito la tesi. 

9.1.2. La formula di Binet.

Teorema 9.8. (Formula di Binet) La funzione R introdotta nella Pro-posizione 9.3soddisfa

Dimostrazione. Dalla (9.10) si ha

˙r(t) = dR La tesi segue sostituendo la (9.20), e ancora la (9.10), nella (9.7). 

9.2. Sistemi di riferimento mobili. Le forze fittizie.

Consideriamo un sistema di corpi rigidi come nella Sezione 7.1.

Nelle ipotesi del Teorema 7.1, ossia in sostanza se vale l’ipotesi dei lavori virtuali, si ricavano le equazioni di Lagrange (7.1).

Qui esaminiamo le conseguenze su queste equazioni di un cambiamento di sistema di riferimento.

Notazione. Introduciamo dunque un sistema di riferimento mobile S = (XO, uh). Si noti in particolare che questo nuovo sistema di riferimento `e lo stesso per tutti i corpi rigidi del sistema olonomo, ossia non dipende da i.

Supponiamo inoltre che sia XO che la velocit`a angolare ω della terna (uh)

siano assegnate come funzioni del tempo. 

9.2. SISTEMI DI RIFERIMENTO MOBILI. LE FORZE FITTIZIE. 107

E chiaro che per le velocit`` a e accelerazioni relative a S si possono ottenere rappresentazioni analoghe a quelle della Sezione6.1. Tuttavia `e facile intuire che le equazioni di moto devono essere diverse nel sistema di riferimento fisso e in quello mobile.

Teorema 9.9. Vale per ogni h∈ {1 , . . . , ℓ}

Qui alti e alci indicano le accelerazioni di trascinamento e di Coriolis inS.

Dimostrazione. Secondo la (2.28) si ha, per ogni i = 1, . . . , n,

ali = alti+ alci+ alS i. (9.23) Usando l’ipotesi dei lavori virtuali (6.26) si ottiene dunque, sostituendo la (9.23), da cui le (9.21) seguono secondo la stessa dimostrazione del Teorema7.1.  Osservazione 9.10. Nella (9.22) gli argomenti delle varie funzioni sono stati omessi per semplicit`a, ma `e bene notare in modo esplicito che nelle ipotesi stabilite all’inizio della Sezione anche le alti e alci, oltre che le dFli, risultano funzioni di (q, ˙q, t) (e non di ¨q), il che giustifica la notazione in

(9.21). Si veda infatti la Definizione2.20. 

9.2.1. Casi in cui l’accelerazione di Coriolis d`a contributo nullo alle equazioni di Lagrange.

9.2.1.1. Moto relativo funzione di una sola coordinata lagrangiana. `E il caso in cui

Xli(q, t; λi) = XO(t) + X3 j=1

yji(q; λi)uj(t) , q ∈ Q ⊂ R . (9.24) Nella (9.21) si ha

alci·∂Xli

e quindi vlS ie ∂ X∂qli sono paralleli. Ne segue dalla (9.25) che alci·∂Xli

∂q = 0 .

Esempio 9.11. Punto vincolato a una curva solidale con S.

Sia γ una curva solidale con S, parametrizzata da ψ(s, t) = XO(t) +

X3 j=1

ψj(s)uj(t) , s∈ J .

Se il punto P `e vincolato a γ, si pu`o usare s come coordinata lagrangiana, cosicch´e

Xl(s, t) = ψ(s, t) . Come gi`a visto,

vlS = ˙s(t)∂Xl 9.2.1.2. Piano ruotante intorno a un asse che giace sul piano medesimo.

Supponiamo qui che

ω(t) = ω(t)u3(t) , u3(t) = e3, t∈ I ,

e che O sia fisso, coincidente con l’origine del sistema di riferimento fisso.

Dunque il moto di S `e una rotazione (non uniforme, in genere) intorno all’asse fisso per O parallelo a e3. Sia Π(t) il piano passante per O e normale a u1(t); quindi Π(t) ruota intorno all’asse (solidale con S) passante per O e parallelo a u3, che giace su Π(t).

9.2. SISTEMI DI RIFERIMENTO MOBILI. LE FORZE FITTIZIE. 109

9.2.2. Moto su una sfera in un sistema di riferimento ruotante.

Consideriamo un punto P di massa m vincolato alla superficie sferica di raggio R > 0 e centro l’origine del sistema di riferimento fisso. Sul punto non sono applicate forze.

Questo `e un caso particolare dell’Esempio 6.13, in cui prendiamo F = 0.

Osservazione 9.12. Con la notazione dell’Esempio 6.13, si pu`o sempre assumere, scegliendo opportunamente le coordinate lagrangiane ϕ, θ, che le condizioni iniziali siano

ϕ(0) = ϕ0 ∈ (−π, π) , θ(0) = π

2, ϕ(0) = ˙˙ ϕ0 ∈ R , ˙θ(0) = 0 . (9.27) Le (6.23)–(6.24) allora implicano subito che il moto si riduce a un moto circolare uniforme sulla circonferenza (massima) θ = π/2, o alla quiete.  Qui vogliamo scrivere le equazioni di moto in un sistema di riferimento ruotante S = (O, uh), ove

u1(t) = cos(ωt)e1+ sin(ωt)e2, u2(t) =− sin(ωt)e1+ cos(ωt)e2, u3(t) = e3,

con ω > 0 costante, e O coincidente con l’origine del sistema di riferimento fisso (e quindi con il centro della sfera). La velocit`a angolare diS `e

ω(t) = ωe3 = ωu3(t) . Il moto sar`a

Xl(ϕ, θ, t) = R cos ϕ sin θu1(t) + R sin ϕ sin θu2(t) + R cos θu3(t) , (9.28) secondo l’usuale parametrizzazione di una superficie sferica con

ϕ∈ (−π, π) , θ∈ (0, π) .

Tuttavia le coordinate lagrangiane ϕ, θ hanno qui un significato diverso da quello che avevano sopra (nella notazione dell’Esempio 6.13): infatti per ϕ, θ costanti, il punto risulta fermo non nel sistema di riferimento fisso, ma invece in quello mobile S.

Inoltre, ora le curve di livello θ = costante (i ‘paralleli’) non sono pi`u scelte ortogonali a una direzione arbitraria (il che aveva condotto alla possibilit`a di scrivere la (9.27)), ma piuttosto ortogonali alla direzione (fissata) di ω, cio`e dell’asse di rotazione.

Scriviamo le equazioni di Lagrange in S; la velocit`a `e data da vS = ˙ϕ∂Xl

∂ϕ + ˙θ∂Xl

∂θ , (9.29)

ove

∂Xl

∂ϕ =−R sin ϕ sin θu1(t) + R cos ϕ sin θu2(t) ,

∂Xl

∂θ = R cos ϕ cos θu1(t) + R sin ϕ cos θu2(t)− R sin θu3(t) . Si noti che

∂Xl

∂ϕ ·∂Xl

∂θ = 0 .

Dunque un conto diretto d`a TS = 1

2m|vS|2= 1

2mR2[ ˙ϕ2sin2θ + ˙θ2] . (9.30) Restano da valutare le componenti lagrangiane delle forze, che si riducono nel caso presente a quelle delle forze fittizie, secondo la (9.22).

Di nuovo, calcoli diretti danno Fc=−2mh

ωu3∧

˙ ϕ∂Xl

∂ϕ + ˙θ∂Xl

∂θ

i

= 2mωR

( ˙ϕ cos ϕ sin θ + ˙θ sin ϕ cos θ)u1 + ( ˙ϕ sin ϕ sin θ− ˙θ cos ϕ cos θ)u2

,

(9.31)

da cui

Fc·∂Xl

∂ϕ =−mωR2˙θ sin(2θ) , (9.32) Fc·∂Xl

∂θ = mωR2ϕ sin(2θ) .˙ (9.33) Inoltre, visto che

Ft =−mω ∧ [ω ∧ Xl] = mω2R sin θ[cos ϕu1+ sin ϕu2] , (9.34) si ha

Ft·∂Xl

∂ϕ = 0 , (9.35)

Ft·∂Xl

∂θ = 1

2mω2R2sin(2θ) . (9.36) Si verifica quindi che le equazioni di Lagrange sono

¨

ϕ sin2θ =− ˙θ( ˙ϕ + ω) sin(2θ) , (9.37) θ =¨ 1

2( ˙ϕ + ω)2sin(2θ) . (9.38) Esercizio 9.13. Si verifichi che nel caso la sfera ruoti intorno all’asse e3 con velocit`a angolare ω, e quindi S si possa considerare solidale con la sfera, le equazioni di moto rimangono invariate, sia nel sistema di riferimento fisso, che in quello mobile.

In particolare, rimane valida l’Osservazione 9.12: se il punto `e fermo all’i-stante iniziale (nel sistema di riferimento fisso) rimane in quiete.  Esercizio 9.14. (Moti su paralleli) Si dimostri che i moti con θ = θ0 costante sono possibili per ogni valore di θ0 ∈ (0, π), e si riducono a moti circolari uniformi.

Tuttavia la loro velocit`a `e arbitraria solo per un particolare valore di θ0.  Esercizio 9.15. (Moti su meridiani) Si dimostri che ϕ pu`o mantenersi costante solo se anche θ rimane costante, e assume un particolare valore.

Si noti anche come questa impossibilit`a dei moti lungo meridiani sia dovuta

alla presenza della forza di Coriolis. 

Esercizio 9.16. (Ritorno al sistema fisso) Si interpretino i moti trovati negli Esercizi 9.14e 9.15 nel sistema di riferimento fisso. 

Parte 4

Appendici

APPENDICE A

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