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Cambiamento di sistemi di riferimento

2.1. Cambiamenti di base dipendenti dal tempo

Definizione 2.1. Si dice terna (di riferimento) mobile nell’intervallo I ⊂ R una terna M = (u1, u2, u3) con

ui : I → R3, ui ∈ C1(I) , e tale che

(u1(t), u2(t), u3(t))

sia una base ortonormale in R3 per ogni fissato t∈ I.  Sia

f : I → R3, f ∈ C1(I) . (2.1)

Si ha

f(t) = X3 i=1

fi(t)ui(t) , t∈ I , (2.2) con

fi(t) = f (t)· ui(t) , i = 1 , 2 , 3 , t∈ I , cosicch´e le funzioni fi sono in C1(I).

Definizione 2.2. Sia f come in (2.1)–(2.2). Si definisce derivata di f relativa a M la funzione vettoriale

df dt



M

(t) = X3 i=1

dfi

dt (t)ui(t) , t∈ I .

 Sia g ∈ C1(I), e sia f : I → R3 come in (2.1)–(2.2). Allora

d dt(gf )



M

(t) = dg

dt(t)f (t) + g(t)

df dt



M

(t) , (2.3)

per t∈ I. Quindi, definendo per le funzioni scalari g ∈ C1(I)

dg dt



M

(t) = dg

dt(t) , t∈ I , (2.4)

la (2.3) implica che per la derivata relativa vale l’usuale regola di Leibniz.

Le propriet`a di linearit`a rispetto alla somma e al prodotto per costanti reali sono di immediata verifica.

17

Seguono Teorema 2.3. Esiste una unica funzione vettoriale

ω: I → R3, ω∈ C(I) , (2.5) Per dimostrare questo teorema useremo il seguente lemma, che `e in realt`a un caso particolare del teorema stesso.

Lemma 2.4. Esiste una unica funzione vettoriale ω: I → R3, ω∈ C(I) , tale che per i = 1, 2, 3,

dui

dt (t) = ω(t)∧ ui(t) , t∈ I . (2.7) Dimostrazione. Supponiamo che ω con le propriet`a richieste esista, e denotiamola come Resta da determinare ω1. Imponiamo dunque la (2.7) per i = 2:

du2

dt (t) =−ω3(t)u1(t) + ω1(t)u3(t) , che permette di ottenere

ω1(t) = du2

dt (t)· u3(t) =−du3

dt (t)· u2(t) , (2.11) oltre che di ritrovare la (2.10).

Quindi, se ω con le propriet`a richieste esiste, deve avere la forma (2.8) con le componenti ωi individuate dalle (2.9)–(2.11). Questo dimostra l’unicit`a.

Per dimostrare l’esistenza, basta verificare che ω cos`ı definita soddisfa la (2.7): un calcolo elementare che si riduce in sostanza ai passaggi gi`a svolti.



2.1. CAMBIAMENTI DI BASE DIPENDENTI DAL TEMPO 19

Dimostrazione del Teorema 2.3. Sia f come nell’enunciato, e ω come nel Lemma 2.4. Allora

df Perci`o la (2.6) `e soddisfatta.

Infine la funzione ω `e unica, perch´e se vale la (2.6), allora vale anche la (2.7), e si pu`o quindi applicare il risultato di unicit`a del Lemma 2.4.  Definizione 2.5. La funzione ω tale che valga la (2.6) si dice velocit`a

angolare di M.  Lo stesso ragionamento mostra che ω ha direzione costante nel sistema fisso

se e solo se ha direzione costante in S. 

Esempio 2.7. (Rotazione) Nel caso in cui

 Definizione 2.8. Una funzione vettoriale f : I → R3 si dice solidale con M se esistono tre costanti λi ∈ R, i = 1, 2, 3, tali che

2.2. Cinematica relativa

Definizione 2.10. Un sistema di riferimento mobile `e una coppia

S = (XO,M) , (2.16)

ove XO `e un moto, ed M una terna mobile. 

Noi interpretiamo la coppia (XO,M) come un sistema cartesiano di riferi-mento mobile: il moto XO`e quello dell’origine O(t), e la terna mobileM `e quella dei versori dei tre assi. Scriveremo anche S = (O, M).

Nel seguito si denota

vO(t) = dXO

dt (t) , aO(t) = d2XO

dt2 (t) . (2.17) Definizione 2.11. Sia X : I → R3 un moto. Si definisce velocit`a relativa di X nel sistema di riferimento mobile S (2.16) la funzione vettoriale

vS(t) = Definizione 2.12. Sia X : I → R3 un moto. Si definisce accelerazione relativa di X nel sistema di riferimento mobileS (2.16) la funzione vettoriale

aS(t) = Osservazione 2.13. Se denotiamo

X(t)− XO(t) = ove si `e usata la notazione delle Definizioni 2.10 e2.11.

Dimostrazione. Si ha

ove si `e applicato anche il Teorema 2.3. 

Definizione 2.15. Il moto X : I → R3 si dice solidale con S se il vettore

X − XO `e solidale conM. 

2.2. CINEMATICA RELATIVA 21

Segue subito

Corollario 2.16. Sia il moto X : I → R3 solidale con S. Allora in I valgono vS = 0 e

v= vO+ ω∧ [X − XO] . (2.21) Definizione 2.17. La funzione vt : I → R3

vt = vO+ ω∧ [X − XO] (2.22)

si dice velocit`a di trascinamento. 

Con la notazione (2.22) la (2.20) si scrive come

v(t) = vt(t) + vS(t) , t∈ I . (2.23) Osservazione 2.18. La vt dipende solo da vO, ω e dalla posizione rela-tiva X(t) − XO(t). Per questo si pu`o introdurre il campo di velocit`a di trascinamento come la funzione definita in R3× I da

Vt(x, t) = vO(t) + ω(t)∧ [x − XO(t)] . (2.24) Vale

vt(t) = Vt(X(t), t) .

 Teorema 2.19. (Coriolis) Sia X : I → R3 un moto. Vale allora in I

a= d2X

dt2 = aO+dω

dt ∧ [X − XO] + ω∧

ω∧ [X − XO] + 2ω∧ vS

+ aS.

(2.25)

ove si `e usata la notazione delle Definizioni 2.10, 2.11e 2.12.

Dimostrazione. Si ha per il Teorema 2.14 a= d

dt

vO+ ω∧ [X − XO] + vS

= aO+ dω

dt ∧ [X − XO] + ω∧ d

dt[X− XO] +dvS

dt (per (2.6):)

= aO+ dω

dt ∧ [X − XO] + ω∧ [v − vO] + aS+ ω∧ vS

(per (2.21):)

= aO+ dω

dt ∧ [X − XO] + ω∧

ω∧ [X − XO]

+ 2ω∧ vS+ aS.

 Definizione 2.20. La funzione at: I → R3

at = aO+dω

dt ∧ [X − XO] + ω∧

ω∧ [X − XO]

(2.26) si dice accelerazione di trascinamento, e la ac: I → R3

ac = 2ω∧ vS (2.27)

si dice accelerazione di Coriolis. 

Con le notazioni (2.26) e (2.27), la (2.25) si scrive

a(t) = at(t) + ac(t) + aS(t) , t∈ I . (2.28) Osservazione 2.21. Se un moto X `e solidale, allora ac= 0, aS = 0 in I.

Valgono per at considerazioni simili a quelle dell’Osservazione2.18.  Definizione 2.22. Sia S = (XO,M) un sistema di riferimento mobile.

Se esiste un moto solidale con S che `e costante nel sistema di riferimento fisso, cio`e se S mantiene un punto fisso, il moto di S si dice una precessione.

Se ω≡ 0, il moto di S si dice una traslazione.

Se ω mantiene direzione costante, il moto di S si dice una rotazione. Se inoltre anche il modulo di ω `e costante, il moto si dice una rotazione uniforme

o costante. 

2.3. Passaggi da una base mobile all’altra

In questa Sezione mostriamo come le formule trovate sopra per il passaggio da un sistema di riferimento fisso a un sistema di riferimento mobile in realt`a valgano anche per il passaggio tra sistemi di riferimento mobili.

2.3.1. Al posto del sistema di riferimento fisso possiamo conside-rarne uno mobile, I. Usando le propriet`a della derivata relativa, possiamo ripetere tutti gli argomenti della Sezione 2.1, sostituendo all’usuale derivata in t la derivata relativa a una terna mobile N = (w1, w2, w3).

Indichiamo con ωN M la velocit`a angolare di M relativa alla terna N . Valgono allora, in particolare la

dui dt



N

(t) = ωN M(t)∧ ui(t) , t∈ I , (analoga di (2.7)) (2.29) e pi`u in generale l’analoga di (2.6)

df In modo pi`u esplicito: esiste una unica funzione vettoriale ωN M tale che valgano le (2.29), (2.30).

La Definizione2.8`e indipendente dalle considerazioni che stiamo svolgendo;

il Corollario 2.9 infine continua a valere se la (2.14) viene sostituita dalla

df dt



N

(t) = ωN M(t)∧ f(t) , t∈ I . (2.31) 2.3.2. Al posto del sistema di riferimento fisso possiamo conside-rarne uno mobile, II. Anche i risultati di cinematica relativa dimostrati nella Sezione 2.2possono essere estesi al caso in cui il sistema di riferimento

‘di partenza’ sia mobile.

Introduciamo quindi il sistema di riferimento mobile Σ = (X,N ), e defi-niamo

2.3. PASSAGGI DA UNA BASE MOBILE ALL’ALTRA 23

queste non sono altro che la velocit`a relativa e l’accelerazione relativa di XO in Σ, come definite nelle Definizioni 2.11 e 2.12. Si noti che le (2.17) sono ora casi particolari delle (2.32).

Per un moto X : I → R3 valgono allora l’analoga di (2.20)

vΣ = [vO]Σ+ ωN M∧ [X − XO] + vS, (2.33) e l’analoga di (2.25)

aΣ = [aO]Σ+ 2.3.3. Inversione dei ruoli. Dalla (2.30) segue subito che

0 = Ne segue per l’unicit`a della funzione ωMN che

ωMN =−ωN M. (2.35)

2.3.4. Composizione di velocit`a angolari.

Teorema 2.23. Siano M, N , P tre terne mobili, come in Definizione 2.1.

Allora

(per le definizioni di derivata relativa e di velocit`a angolare)

=

2.4. Ricostruzione di una terna mobile a partire dalla velocit`a angolare

Teorema 2.24. Sia M = (ui) una terna mobile, come in Definizione 2.1, e sia t0∈ I un istante fissato. Allora, assegnato un vettore f ∈ C(I), e una base ortonormale positiva in R3

w01, w02, w03, esiste un’unica terna mobile N = (wi) tale che

ωMN = f , in I, w1(t0), w2(t0), w3(t0)

= w01, w02, w03

. (2.37) Dimostrazione. Definiamo la terna di vettori (wi) come la soluzione del sistema di e.d.o. 

dwi

dt



M

(t) = f (t)∧ wi(t) , (2.38) con i = 1, 2, 3. Questo `e un sistema di 9 e.d.o. scalari nelle 9 incognite costituite dalle componentidei tre vettori incogniti wi nella base (ui).

Dato che (2.38) `e un sistema lineare a coefficienti continui in I, la soluzione w1(t), w2(t), w3(t)

,

risulta definita per ogni t∈ I, ed `e unica e di classe C1(I).

Va dimostrato che `e una base ortonormale positiva per ogni t ∈ I. Intanto, si ha per ogni coppia (i, j): in tutto I, per il Lemma A.6. Dato che all’istante iniziale t0

wi(t0)· wj(t0) = δij, per la scelta dei dati iniziali, segue che

wi(t)· wj(t) = δij, per ogni t∈ I.

Perci`o la soluzione (wi(t)) `e una base ortonormale per ogni t∈ I.

Sia A(t), t∈ I la matrice di cambiamento di base tra (ui(t)) e (wi(t)). La A risulta una funzione continua su I, e perci`o anche il suo determinante `e continuo su I. Dato che all’istante t0 vale

det A(t0) = 1 ,

per l’ipotesi che il dato iniziale sia una base positiva, e dato che

|det A(t)| = 1 ,

per ogni t∈ I, in quanto sappiamo gi`a che le due basi (ui(t)) e (wi(t)) sono entrambe ortonormali (vedi il Teorema A.15), ne segue per continuit`a che

det A(t) = 1 ,

per ogni t∈ I, e quindi (wi(t)) `e positiva per ogni t∈ I. 

2.5. L’ASSE ISTANTANEO DI MOTO 25

Corollario 2.25. Siano M = (ui), t0∈ I, e w01, w02, w03,

come nel Teorema2.24. Sia invece, con maggiore generalit`a, f ∈ C (I ×R9), e localmente lipschitziana nelle ultime nove variabili.

Allora esiste un’unica terna mobile N = (wi) tale che ωMN(t) = f t, w1(t), w2(t), w3(t)

, t∈ I, w1(t0), w2(t0), w3(t0)

= w01, w02, w03

. (2.39)

Dimostrazione. Il sistema differenziale (2.38) in genere non `e, quando f sia inteso dipendente anche dalle incognite wi (come facciamo nel caso presente), un sistema lineare a cui si possa applicare il teorema di esistenza globale per sistemi di e.d.o..

Si pu`o tuttavia applicare il teorema di esistenza locale, e dimostrare, ragio-nando proprio come nel Teorema2.24, l’esistenza di una soluzione massimale (wi) definita in un intervallo J ⊂ I. Notiamo in modo specifico che la (wi(t)) risulta essere una terna ortonormale per ogni t∈ J.

Per dimostrare che J = I ricordiamo che si pu`o avere J & I solo se per t → inf J+, oppure per t → sup J−, la curva integrale si avvicina alla frontiera dell’insieme di definizione dell’equazione differenziale, insieme che nel nostro caso `e I × R9, oppure diviene illimitata. La prima alternativa dunque `e esclusa: la frontiera `e proprio

∂I× R9={inf I, sup I} × R9.

La seconda alternativa risulta anche esclusa, perch´e il modulo della curva integrale si mantiene limitato per tutti i tempi di esistenza: ciascuna wi

soddisfa

|wi(t)| = 1 , per ogni t ∈ J, come abbiamo appena stabilito.

Quindi J = I e la dimostrazione `e conclusa. 

2.5. L’asse istantaneo di moto

Notazione. QuiS = (O, M) `e un sistema di riferimento mobile, e ω : I → R3`e la corrispondente velocit`a angolare, che supponiamo non si annulli mai in I.

Usiamo la scomposizione, per ogni f ∈ R3,

f = [f ]+ [f ]k , (2.40)

ove [f ]denota la componente di f perpendicolare a ω, e [f ]kdenota quella

parallela. 

Teorema 2.26. Sia ω(¯t)6= 0 per un fissato ¯t∈ I. Il luogo dei punti x ∈ R3 ove |Vt(x, ¯t)| `e minimo `e la retta di equazione

x= γ(¯t) + λω(¯t) , λ∈ R , (2.41) ove

γ(¯t) = XO(¯t) + 1

|ω(¯t)|2ω(¯t)∧ [vO(¯t)] . Inoltre su tale retta Vt(x, ¯t) risulta costante e parallela a ω(¯t).

Dimostrazione. Si ha per definizione (vedi la (2.24))

Vt(x, ¯t) = [vO]k+ [vO]+ ω(¯t)∧ [x − XO] . (2.42) La (2.42) mette in evidenza che la componente di Vt(x, ¯t) parallela a ω(¯t)

`e indipendente da x. Quindi|Vt(·, ¯t)| sar`a minimo nei punti ove si annulla la componente di Vt(x, ¯t) perpendicolare a ω(¯t), e solo in quelli, ammesso che essi esistano.

Dobbiamo cio`e risolvere l’equazione

[vO]+ ω(¯t)∧ [x − XO] = 0 , (2.43) da cui segue

−ω(¯t) ∧

ω(¯t)∧ [x − XO]

= ω(¯t)∧ [vO(¯t)]=: f . Per il Lemma A.18,

f =|ω(¯t)|2[x− XO(¯t)] , e quindi, per un λ = λ(x)∈ R opportuno,

x= XO(¯t) + f

|ω(¯t)|2 + λω(¯t) . (2.44) che `e la (2.41).

Viceversa, sia soddisfatta in x la (2.41), ossia la (2.44). Allora, usando la definizione di f e ancora il Lemma A.18 si vede che vale la (2.43), e quindi che la componente di Vt(x, ¯t) perpendicolare a ω(¯t) si annulla.  Definizione 2.27. La retta definita da (2.41) si dice asse istantaneo di moto.

Nel caso in cui [vO(¯t)]k= 0, la retta si dice asse d’istantanea rotazione.  Introduciamo le due superfici rigate (cio`e formate dall’unione di rette)

Σ =n

ξ∈ R3 | x = X3

i=1

ξiei soddisfi (2.41) per qualche ¯t∈ I e λ ∈ Ro ,

ΣmS =n

ξ∈ R3 | x = X3

i=1

ξiui(¯t) soddisfi (2.41) per qualche ¯t∈ I e λ ∈ Ro .

Definizione 2.28. La Σ [la ΣmS] si dice rigata fissa [mobile] del moto di

S. 

Con un certo abuso di notazione, si chiama ancora rigata mobile la superficie mobile

Σm(t) =n

X(t) = XO(t) + X3 i=1

ξiui(t)| ξ ∈ ΣmS

o.

In modo forse pi`u intuitivo la rigata fissa [mobile] si pu`o descrivere come l’unione delle posizioni dell’asse istantaneo di moto nel sistema fisso [mobile].

2.5. L’ASSE ISTANTANEO DI MOTO 27

2.5.1. Moti rigidi piani.

Definizione 2.29. Il moto di S si dice moto rigido piano se e solo se ω mantiene direzione costante, e [vO(t)]k= 0 per ogni t∈ I.  Nei moti rigidi piani l’asse d’istantanea rotazione mantiene direzione co-stante, e su di esso i punti hanno velocit`a di trascinamento nulla; l’asse si mantiene costante se e solo se il moto `e una rotazione. Le rigate del moto quindi sono superfici cilindriche (ossia rigate formate da rette tutte parallele tra di loro).

Per di pi`u, dalla (2.24) segue subito che, fissata una retta parallela a ω(t), tutti i suoi punti x hanno uguale velocit`a di trascinamento Vt(x, t). Nei moti piani, la direzione di ω si mantiene costante, dunque per descrivere il campo delle velocit`a di trascinamento, ossia il moto di S, basta conoscerlo su un fissato piano Π ortogonale a ω.

Supponiamo nel seguito per chiarezza che ω sia parallelo a e3 = u3(t) per ogni t∈ I, e indichiamo con (yi) [(zi)] le coordinate nel sistema fisso [mobile].

Tutti i punti hanno velocit`a parallela nulla in ogni istante: dunque se i due piani fisso y3 = c1 e mobile z3 = c2 sono sovrapposti all’istante t, saranno sovrapposti per ogni altro istante.

Definizione 2.30. Siano y3 = c1 e z3 = c2 due piani—fisso e mobile—

sovrapposti come sopra. La curva intersezione di Σ con il piano y3 = c1 si dice base, e quella intersezione di ΣScon il piano z3= c2si dice rulletta.  Esempio 2.31. Consideriamo il moto di un sistema S con

XO(t) = v0te1, M come nell’Esempio2.7 con θ(t) = ωt, ove v0 e ω sono costanti positive. Si ha ω(t) = ωu3, e dunque il moto `e piano.

Il campo di velocit`a di trascinamento quindi `e dato da

Vt(x, t) = [vO(t)]+ ω∧ (x − XO(t)) = (v0− ωy2)e1+ ω(y1− v0t)e2. Qui le yi denotano le coordinate nel sistema fisso. Perci`o l’asse d’istantanea rotazione ha equazioni, nel sistema fisso,

y1= v0t , y2 = v0 ω .

La rigata fissa `e perci`o il piano y2= v0/ω, e la base `e la curva y2 = v0

ω , y3= 0 .

Esprimendo le coordinate zi nel sistema mobile in funzione delle yisi ottiene z1= (y1− v0t) cos ωt + y2sin ωt ,

z2=−(y1− v0t) sin ωt + y2cos ωt , z3= y3.

Le equazioni dell’asse di moto sono dunque nel sistema mobile z1= v0

ω sin ωt , z2 = v0

ω cos ωt .

Perci`o la rigata mobile ΣmS `e il cilindro circolare retto di centro l’origine e raggio v0/ω:

ΣmS =n

(zi)| z12+ z22 = v02 ω2

o. La rulletta `e la circonferenza

(y1− v0t)2+ y22= v20 ω2 .



Ben poche cose di Omega sono piacevoli.

ROBERT SHECKLEY, Gli orrori di Omega

CAPITOLO 3

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