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7.1. Le equazioni di Lagrange

Notazione. In questa Sezione consideriamo un sistema di corpi rigidi sog-getto a vincoli olonomi

{(Ci, ρi)| i = 1 , . . . , n} ,

ciascuno dei quali `e sottoposto alla distribuzione di forze dFi.  Teorema 7.1. Se `e soddisfatta l’ipotesi dei lavori virtuali, vale per ogni h ∈ {1 , . . . , ℓ} ove Tl `e l’energia cinetica data dalla (6.10), mentre Fhl `e definita dalla (6.33).

Dimostrazione. A) Per l’ipotesi dei lavori virtuali, e per il Lemma 6.6, si ha, per ogni h∈ {1 , . . . , ℓ} fissato,

B) Il membro di sinistra della (7.2) si pu`o riscrivere, usando la regola di Leibniz, come

C) Ricordando la (6.4), si ha

ove le derivate parziali di Xli in parentesi [. . . ] si intendono calcolate in (q(t), t; λ).

A causa della (6.4) si ha dunque J2=

Raccogliendo le (7.2)–(7.5) si ottiene la tesi (7.1).  7.2. Propriet`a dell’energia cinetica

Teorema 7.2. Vale

Tl(q, p, t) = T1l(q, p, t) + T2l(q, p, t) ; (7.6) qui T2l `e la forma quadratica

1 Invece T1l `e un polinomio di primo grado nelle ph (a coefficienti dipendenti da q e t).

7.2. PROPRIET `A DELL’ENERGIA CINETICA 81

In particolare, se tutti i vincoli sono fissi, T1l si annulla identicamente, e le ahk non dipendono da t in modo esplicito (ossia, ne dipendono solo attraverso q).

Dimostrazione. Dalle definizioni (6.10) e (6.4) si ha Tl(q, p, t) = 1

da cui segue subito la tesi. 

Teorema 7.3. (Teorema fondamentale della meccanica lagran-giana) La matrice (ahk) `e simmetrica e definita positiva.

Dimostrazione. La simmetria ahk = akh `e una conseguenza immediata della definizione (7.8).

come segue da (7.9), `e ovvio che la matrice (ahk) `e almeno semidefinita positiva.

Supponiamo che

T2l(q, p, t) = 0 , (7.11)

per qualche valore (q, p, t). Dalla (7.10) segue allora che gli integrandi l`ı presenti devono essere nulli, almeno sul dominio Λ(Di), dove la misura d’integrazione non `e nulla (si ricordi l’Osservazione 4.11).

In particolare, poich´e ρi> 0 su Λ(Di),

Ricordiamo dalle Sezioni 5.1 e 5.2 che, sia nel caso del corpo rigido non degenere, che in quelli dell’asta rigida e del punto materiale, le coordinate locali sono scelte tra le coordinate cartesiane di punti in Λ(Di): si veda l’Osservazione 5.2.

Quindi tutte le nc coordinate locali del sistema vincolato (ξj) appaiono nelle (7.12), come componenti scalari cartesiane di opportuni moti Xli. Pi`u in particolare, appaiono le loro derivate nelle qh.

Raccogliendo tutte le nc equazioni scalari cos`ı ottenute, si ha il sistema lineare nelle ℓ incognite ph,

X h=1

∂ξj

∂qh(q, t)ph = 0 , j = 1, . . . , nc. (7.13) La matrice dei coefficienti del sistema `e la matrice iacobiana

 ∂ξj

∂qh



j=1,...,nc; h=1,...,ℓ(q, t) , (7.14) che ha caratteristica massima (pari a ℓ). Quindi l’unica soluzione del sistema lineare omogeneo (7.13) `e quella nulla

p= 0 .

Resta cos`ı dimostrato che T2l = 0 implica p = 0, e quindi la positivit`a della

forma quadratica. 

Corollario 7.4. Il sistema di equazioni differenziali (7.1), h = 1, . . . , ℓ, si pu`o scrivere nella forma normale

¨

q= f (q, ˙q, t) . (7.15)

Se i vincoli sono tutti fissi, si ha pi`u in particolare

¨

q= A(q(t))−1F(q, ˙q, t) + g(q(t), ˙q(t)) , (7.16) ove F = (Fhl), A = (ahk), e ciascun elemento del vettore g `e una forma quadratica nelle ˙q.

Dimostrazione. Osserviamo che ciascuna delle (7.1) si pu`o scrivere come d E essenziale che il termine`

∂T1l

∂ ˙qh(q(t), t)

non dipenda dalle ˙q; questo `e vero perch´e T1l`e lineare nelle ˙q. Infatti allora le (7.17) si riscrivono come

X Il termine di destra nella (7.18) dipende solo da q, ˙q, t. D’altra parte, dato che la matrice (ahk) `e definita positiva, ha determinante diverso da zero, e quindi le (7.18) costituiscono un sistema lineare nelle incognite ¨q, la cui matrice dei coefficienti `e non singolare. Per la regola di Cramer, segue subito la (7.15).

7.3. CONDIZIONI INIZIALI 83

Se infine i vincoli sono tutti fissi, T1l = 0, e dalla definizione delle ˜fh segue che

X k=1

ahk(q(t))¨qk

= X k,j=1

h∂akj

∂qh (q(t))−∂ahk

∂qj (q(t))i

˙qj˙qk+ Fhl(q(t), ˙q(t), t) . (7.19)

Risolvendo le (7.19) rispetto a ¨q segue la (7.16).  Dai teoremi elementari sulle e.d.o. si ha allora

Corollario 7.5. Se la f di (7.15) `e continua in tutte le variabili e di classe C1 in (q, ˙q), il problema di Cauchy per (7.15) ha un’unica soluzione locale.

Le ipotesi di regolarit`a del Corollario 7.5 sono verificate se per esempio le Xlj e le Fhl sono di classe C3.

Osservazione 7.6. Il fatto che il sistema delle equazioni di Lagrange possa essere normalizzato implica che si possono definire per il sistema, appunto in tale forma normalizzata, i concetti di punti di equilibrio e di stabilit`a visti

nel Capitolo 1. 

7.3. Condizioni iniziali

Nel formalismo lagrangiano le condizioni iniziali per le equazioni di moto, ossia per il sistema (7.15), si riducono con estrema immediatezza a

q(0) = q0∈ Q , ˙q(0) = ˙q0 ∈ R. (7.20) Questo (che `e uno dei vantaggi dell’uso delle coordinate lagrangiane) avviene perch´e la parametrizzazione lagrangiana tiene conto per costruzione di tutti i vincoli.

I valori iniziali espressi in coordinate locali ξ(0) e ˙ξ(0) invece non possono essere scelti in modo indipendente.

Osservazione 7.7. Se infatti torniamo alla descrizione del sistema vin-colato della Sezione 5.3, e deriviamo in t le (5.23), otteniamo per ogni j ∈ {1, . . . , m}

ξfj(ξ(t), t)· ˙ξ(t) +∂fj

∂t (ξ(t), t) =

nc

X

k=1

∂fj

∂ξk(ξ(t), t) ˙ξk(t) +∂fj

∂t (ξ(t), t) = 0 . (7.21) Queste equazioni costituiscono, anche per t = 0, un sistema lineare (in genere non omogeneo) di m equazioni nelle nc incognite scalari ξk, la cui matrice dei coefficienti coincide con la matrice iacobiana del sistema di vincoli fj (vedi la Definizione 5.3). Quindi la sua caratteristica `e massima e uguale a m. Lo spazio delle soluzioni del sistema ha pertanto dimensione nc− m = ℓ. 

Usando la parametrizzazione lagrangiana denotiamo

cosicch´e il sistema (7.21) si pu`o riscrivere come F ˙ξ = F G ˙q + F∂ξl

7.4. Il caso conservativo. La funzione lagrangiana

Definizione 7.8. Se il sistema di componenti lagrangiane delle forze{Fhl}h=1

`e conservativo, nel senso della Definizione 6.18, si definisce funzione lagran-giana del sistema {(Ci, ρi)}ni=1 la funzioneL definita da

L(q, p, t) := Tl(q, p, t) + Ul(q, t) . (7.24)

Qui q∈ Q, ˙q ∈ R, t∈ I. 

Teorema 7.9. Se il sistema di componenti lagrangiane delle forze {Fhl}h=1

`e conservativo, le equazioni di Lagrange (7.1) si possono riscrivere come d

Dimostrazione. Basta partire dalle (7.1), usare la definizione di L, e osservare che Osservazione 7.10. Se i vincoli sono fissi, e le forze sono conservative, la L non dipende esplicitamente dal tempo, ossia

∂L

∂t(q, ˙q, t) = 0 ,

per ogni q ∈ Q, ˙q ∈ R, t ∈ I. Questo segue dall’Osservazione 6.23 e dal

Teorema 7.2. 

7.4.1. Conservazione dell’energia.

Definizione 7.11. Definiamo la funzione hamiltoniana H(q, p, t) =

7.4. IL CASO CONSERVATIVO. LA FUNZIONE LAGRANGIANA 85

Lemma 7.12. Se q ∈ C2(I) `e una soluzione delle equazioni di Lagrange, allora

d

dtH(q, ˙q, t) = −∂L

∂t(q, ˙q, t) , t∈ I . (7.28) Nella (7.28) `e sottintesa la dipendenza di q e ˙q da t.

Si osservi in particolare che la derivata in (7.28) non dipende da ¨q.

Dimostrazione. Si calcola, usando le (7.25), d Vediamo come, nel caso dei vincoli fissi, la (7.28) implichi la conservazione dell’energia.

Proposizione 7.13. Assumiamo che le forze { dFi}ni=1 siano conservative e che i vincoli siano fissi. AlloraH non dipende esplicitamente dal tempo, e H(q, p) = Tl(q, p)− Ul(q) . (7.29) Dimostrazione. Intanto osserviamo che, essendo i vincoli fissi, n´e Tl n´e L dipendono esplicitamente dal tempo, per l’Osservazione 7.10. Poi, dalla definizione (7.27) segue Teorema 7.14. Assumiamo che le forze { dFi}ni=1 siano conservative e che i vincoli siano fissi. Sia q∈ C2(I) una soluzione delle equazioni di Lagrange.

Allora esiste una costante E tale che

Tl(q(t), ˙q(t))− Ul(q(t)) = E , t∈ I . (7.30) Dimostrazione. Per la Proposizione 7.13, e per il Lemma 7.12, si ha

d

7.4.2. Stabilit`a dell’equilibrio.

Teorema 7.15. Assumiamo che le forze { dFi}ni=1 siano conservative, che i vincoli siano fissi, che qeq ∈ Q sia un punto di massimo isolato per Ul. Allora qeq `e un punto di equilibrio stabile.

Dimostrazione. Richiamata l’Osservazione 7.6, notiamo che dalla (7.16) segue che, in vista della

(Fhl(qeq)) =∇ Ul(qeq) = 0 , il punto qeq `e in effetti di equilibrio.

La funzione

W =H + Ul(qeq)

`e una funzione di Liapounov per il sistema delle equazioni di Lagrange, nel senso della Definizione 1.17, ove si ricordi anche l’Osservazione1.18. Infatti la regolarit`a segue dalle ipotesi generali stipulate. La positivit`a segue dal fatto che Ul(q) < Ul(qeq) per ogni q6= qeq in un intorno opportuno di qeq, oltre che dal Teorema 7.3 (vedi anche la dimostrazione del Teorema 1.24).

Infine la propriet`a di monotonia lungo le soluzioni del sistema differenziale

`e implicata dal Teorema7.14.

Dunque si applica il Teorema 1.19e se ne deduce la stabilit`a cercata.  7.4.3. Le coordinate cicliche e i relativi integrali primi.

Definizione 7.16. Una coordinata lagrangiana qh si dice ciclica se

∂L

∂qh(q, p, t) = 0 , (7.31)

per ogni valore di q ∈ Q, p ∈ R, t∈ I. 

Proposizione 7.17. Se qh `e una coordinata ciclica, allora vale l’integrale primo del moto:

∂L

∂ ˙qh

(q(t), ˙q(t), t) = ∂L

∂ ˙qh

(q(0), ˙q(0), 0) , t∈ I . (7.32) Dimostrazione. Ovvia per le equazioni di Lagrange (7.25). 

7.5. Piccole oscillazioni

Notazione. Supponiamo qui che i vincoli siano tutti fissi e che il sistema di forze { dFi}ni=1 sia conservativo nel senso della Definizione 6.21.  Sia qeq ∈ Q un punto di equilibrio stabile, ove

∇ Ul(qeq) = 0 , (7.33)

D2Ul(qeq) sia definita negativa. (7.34) Allora il potenziale Ul in un intorno di qeq si pu`o approssimare con il suo polinomio di Taylor di secondo grado

U(q) = Ul(qeq) +1

2(q− qeq)tD2Ul(qeq)(q− qeq)

= Ul(qeq) +1 2

X h,k=1

2Ul

∂qh∂qk(qeq)(qh− qeqh)(qk− qeqk) .

(7.35)

7.5. PICCOLE OSCILLAZIONI 87

A sua volta l’energia cinetica si pu`o approssimare con T( ˙q) = Tl(qeq, ˙q) = 1

2 X h,k=1

ahk(qeq) ˙qh˙qk. (7.36) Nel seguito assumeremo che

qeq = 0 , e

Ul(qeq) = 0 ,

il che si pu`o sempre ottenere con ovvie traslazioni. Avremo quindi U(q) = 1 dove abbiamo posto appunto A = (ahk(0)).

Definizione 7.18. Si definisce lagrangiana ridotta la funzione

L(q, ˙q) = T( ˙q) + U(q) , q, ˙q∈ R. (7.39) Si definiscono piccole oscillazioni i moti relativi alla lagrangiana ridotta, ossia le soluzioni delle

d dt

∂L

∂ ˙qh −∂L

∂qh = 0 , h = 1, . . . , ℓ , (7.40) che si dicono equazioni delle piccole oscillazioni.  Osservazione 7.19. Il sistema differenziale (7.40), ricordando le (7.37), (7.38), si pu`o riscrivere come

X

Si tratta dunque di un sistema lineare del secondo ordine a coefficienti costanti. In forma vettoriale

A¨q− Uq = 0 . (7.42)

 Teorema 7.20. Esistono coordinate lagrangiane λ ∈ R tali che in queste coordinate le (7.40) assumono la forma

λ¨h+ ω2hλh = 0 , h = 1, . . . , ℓ , (7.43)

Dimostrazione. `E chiaro che la (7.43) segue dalla (7.44), quindi baster`a dimostrare quest’ultima, il che si riduce a diagonalizzare due forme quadra-tiche con il medesimo cambiamento di variabili.

A) Diagonalizziamo A. Essendo questa una matrice simmetrica, per il Lemma 4.30esiste una matrice B con

BBt = BtB = I , tale che

BtAB = diag(α1, . . . , α) .

Gli scalari αh devono essere positivi, perch´e A `e definita positiva: per h ∈ {1, . . . , ℓ}

αh = eht(BtAB)eh= (Beh)tA(Beh) > 0 .

B) Normalizziamo T. Definiamo nuove (provvisorie) coordinate µ ∈ R, mediante la

q= BN µ , con

N = diag 1

√α1, . . . , 1

√α

.

Allora 1

2˙qtA ˙q = 1

2 ˙µtNtBtABN ˙µ = 1

2 ˙µtN diag(α1, . . . , α)N ˙µ = 1

2 ˙µtI ˙µ = 1

2| ˙µ|2. (7.45) C) Diagonalizziamo D2Ul(0). Nelle coordinate µ la U diviene

1

tNtBtD2Ul(0)BN µ =: 1

tDµ . (7.46)

Si verifica subito che D `e simmetrica, perch`e D2Ul(0) lo `e:

Dt= (NtBtD2Ul(0)BN )t = NtBtD2Ul(0)tBN = D .

Si pu`o quindi ancora invocare il Lemma4.30per trovare una matrice C tale che

CCt = CtC = I , e che

CtDC = diag(β1, . . . , β) .

Gli scalari βh devono essere negativi, perch´e D2Ul(0) `e definita negativa:

per h∈ {1, . . . , ℓ}

βh= eht(CtDC)eh= ehtCtNtBtD2Ul(0)BN Ceh=

(BN Ceh)tD2Ul(0)(BN Ceh) < 0 . Possiamo quindi scrivere

βh =−ωh2, con ωh> 0.

D) Cambiamento finale di coordinate. Le nuove coordinate lagrangiane saranno date da

µ= Cλ ,

7.6. LAGRANGIANE EQUIVALENTI 89

ossia

λ= Ctµ= CtN−1Btq. In queste coordinate la U `e data da (vedi la (7.46))

1

tCtDCλ = 1

tdiag(−ω12, . . . ,−ω2)λ =−1 2

X h=1

ω2hλ2h. Inoltre, per la (7.45), la T diviene

1

2| ˙µ|2 = 1

2˙µt˙µ = 1

2˙λtCtC ˙λ = 1

2˙λtI ˙λ = 1 2| ˙λ|2.

 Definizione 7.21. Le coordinate λhsi dicono coordinate normali. Le ωh/2π

si dicono frequenze normali. 

Osservazione 7.22. Le frequenze normali si possono determinare anche senza operare di fatto le trasformazioni di coordinate viste nella dimostra-zione del Teorema 7.20.

Cerchiamo soluzioni del sistema (7.40) che abbiano frequenza ω/2π, ossia che abbiano la forma

q(t) = x cos(ωt) (7.47)

per un’opportuna scelta del vettore costante x ∈ R, x 6= 0. Una sostitu-zione diretta di quest’espressione nella (7.42) conduce a

−(ω2A + U)x cos(ωt) = 0 , che, a causa della x6= 0, pu`o valere solo se

det(ω2A + U ) = 0 . (7.48)

La (7.48) ha per soluzioni i quadrati delle ωh, h = 1, . . . , ℓ.  Esercizio 7.23. Determinare la relazione tra i vettori x nella (7.47) e la ma-trice che opera il cambiamento di coordinate da λ a q, ossia, nella notazione

della dimostrazione del Teorema 7.20, la BN C. 

7.6. Funzioni lagrangiane diverse che conducono alle stesse equazioni di Lagrange

E possibile che due funzioni lagrangiane diverse conducano alle stesse equa-` zioni di moto.

Teorema 7.24. Se le due funzioni lagrangiane L1 e L2 soddisfano L2(q, ˙q, t) =L1(q, ˙q, t) + d

dtF (q, t) , (7.49) con F ∈ C2(Rℓ+1), allora conducono alle stesse equazioni di Lagrange.

Dimostrazione. Anzitutto si noti che la (7.49) si pu`o riscrivere come L2=L1+

X k=1

∂F

∂qk ˙qk+∂F

∂t .

Si ha quindi per h = 1, . . . , ℓ: Esempio 7.25. Sia (O, ei) il sistema di riferimento fisso, e sia

−−→OP = x1e1+ x3e3,

ove P `e un punto di massa m. P `e vincolato a una circonferenza di raggio R e centro A, giacente sul piano x2= 0.

A sua volta, A `e vincolato ad appartenere all’asse x3, ma `e mobile su tale asse, con moto

−→OA =−ct2e3, con c costante positiva.

Su P agisce la forza peso

−mge3. Scriviamo le equazioni di Lagrange di P .

A) Prima usiamo il sistema di riferimento fisso. Scegliamo come coordinata lagrangiana l’angolo ϕ tra −→

AP e e1. Indichiamo anche z(t) =−ct2.

Dunque

−−→OP = (R cos ϕ, 0, z(t) + R sin ϕ) . Dato che le forze sono conservative con potenziale

U =−mgx3, si pu`o scrivere

L1 = 1 Il sistema ha un grado di libert`a, quindi le equazioni di Lagrange si riducono alla

d dtm

R2ϕ + R ˙z(t) cos ϕ˙ 

+ mR ˙z(t) ˙ϕ sin ϕ + mgR cos ϕ = 0 .

B) Ricalcoliamo la lagrangiana nel sistema di riferimento mobileS = (A, ei).

La coordinata lagrangiana `e ancora la ϕ come sopra. Si ha

−→AP = (R cos ϕ, 0, R sin ϕ) ,

7.6. LAGRANGIANE EQUIVALENTI 91

e quindi

TS = 1

2mR2ϕ˙2.

Sul punto agiscono il peso e la forza di trascinamento Ft =−maA= 2ce3. Quindi il potenziale delle forze applicate a P `e

US = m(2c− g)x3. Pertanto la lagrangiana risulta ora

L2 = 1

2mR2ϕ˙2+ m(2c− g)R sin ϕ . Si noti che

L2− L1=−1

2m( ˙z(t)2+ 2R ˙z(t) ˙ϕ cos ϕ) + mgz(t) + 2mcR sin ϕ

=−1

2m ˙z(t)2+ mgz(t)− mR( ˙z(t) ˙ϕ cos ϕ + ¨z(t) sin ϕ)

= d dt

Zt

0

n−1

2m ˙z(τ )2+ mgz(τ )o

dτ + d dtmR

˙z(t) sin ϕ , e quindi le due lagrangiane differiscono per una derivata totale nel tempo,

come nel Teorema 7.24. 

CAPITOLO 8

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