Notazione. Consideriamo un sistema {(Ci, ρi)} di corpi rigidi, come in (5.22).
L’indice i∈ {1 , . . . , n} `e riservato nel seguito a denotare quantit`a associate all’i-esimo corpo rigido.
In particolare Λ∗i denoter`a lo spazio delle coordinate solidali con l’i-esimo corpo rigido (che coincide con R3 nel caso di un corpo rigido non degenere, con R nel caso dell’asta, con 0 nel caso del punto).
6.1. Cinematica
Abbiamo visto nel Capitolo 5 che le posizioni di un sistema vincolato di rigidi sono in corrispondenza biunivoca con le ℓ-ple di coordinate locali indipendenti, o, in modo equivalente, con le coordinate lagrangiane q.
In altre parole, la configurazione del sistema {(Ci, ρi)} all’istante t ∈ I `e rappresentata in modo univoco da un punto ξ(t)∈ Ξf(t), ossia da un punto q(t)∈ Q.
Definizione 6.1. La funzione q : I → Q si dice moto lagrangiano, o, per brevit`a, moto.
Le funzioni
Xli : Q× I × Λ∗i → R3
che si ottengono sostituendo alle ξj le funzioni ξjlnella (5.17) (o nella (5.20), o nella (5.21)) si dicono ancora la rappresentazione lagrangiana del moto,
come gi`a le ξjl stesse.
Secondo la Definizione 6.1
Xli = Xli(q, t; λ) , (6.1) e, una volta assegnato un moto q, le
Xli(q(t), t; λ) ,
definiscono tutti i moti solidali con uno dei rigidi che compongono il sistema olonomo.
Osservazione 6.2. Se tutti i vincoli sono fissi, le Xli non dipendono in modo esplicito da t (cio`e dipendono da t solo attraverso le qh). Quindi in questo caso,
∂Xli
∂t (q, t; λ) = 0 , per ogni q∈ Q, t ∈ I, λ ∈ Λ∗i. (6.2) Infatti la dipendenza esplicita da t in (6.1) si ha solo attraverso le gj in (5.27) (e vedi anche le Osservazioni 5.6e 5.10).
67
Lemma 6.3. Vale Dimostrazione. La (6.3) segue in modo diretto dal teorema di derivazione
di funzione composta.
La funzione vli si dice anche velocit`a in coordinate lagrangiane.
Osservazione 6.4. Se tutti i vincoli sono fissi la (6.3) si riduce a d
Si noti che nella (6.5), con abuso di notazione, abbiamo omesso la dipendenza esplicita da t delle Xli (che appunto sarebbe solo formale) . Osservazione 6.5. Nella (6.4), le variabili ph sono indipendenti dalle qh. Tuttavia, nel seguito, si sceglier`a molto spesso, assegnata una funzione t7→
q(t),
q= q(t) , p= ˙q(t) .
Per questo motivo si introduce nella notazione la convenzione
∂
Dimostrazione. Come sopra, la (6.7) segue dal teorema di derivazione di
funzioni composte.
6.3. DISTRIBUZIONI DI FORZE 69
6.2. Distribuzioni di masse
La distribuzione di massa di ciascun rigido verr`a indicata con
ρi(λ) dµi(λ) . (6.9)
Ricordando la convenzione nell’Osservazione 4.11, poniamo la Definizione 6.7. La funzione
Tl(q, p, t) =1 2
Xn i=1
Z
Λ∗i
|vli(q, p, t; λ)|2ρi(λ) dµi(λ) (6.10)
`e detta l’energia cinetica in coordinate lagrangiane del sistema. 6.3. Distribuzioni di forze
Definizione 6.8. Introduciamo una distribuzione di forze dFi per ciascun rigido (Ci, ρi),
dFi(ξ1. . . , ξnc, ˙ξ1, . . . , ˙ξnc, t; λi) , (6.11) ove
dFi : Rnc× Rnc× I × Λ∗i → R3.
Chiamiamo distribuzione di forze in coordinate lagrangiane agenti sul rigido (Ci, ρi) la
dFli(q, p, t; λi) = dFi(ξl1(q, t), . . . , ξnlc(q, t), Xℓ
h=1
∂ξ1l
∂qh(q, t)ph+∂ξ1l
∂t (q, t), . . . , Xℓ h=1
∂ξnlc
∂qh (q, t)ph+∂ξnlc
∂t (q, t), t; λi) , (6.12) con
dFli : Q× Rℓ× I × Λ∗i → R3.
Saremo interessati soprattutto alle dFli. Si noti che esse dipendono dalle coordinate λ di ciascun punto solidale con il moto (pensato come punto di applicazione della forza), dalla configurazione e dall’atto di moto dell’intero sistema {(Ci, ρi)}ni=1, mediante le q, ˙q = p, oltre che dal tempo t in modo anche esplicito.
Nel seguito considereremo solo i casi seguenti:
F.1 forze concentrate in punti isolati;
F.2 forze concentrate su curve;
F.3 forze concentrate su superfici;
F.4 forze distribuite in domini di R3.
Esempio 6.9. 6.F.1, 6.F.2. Asta omogenea soggetta al peso e a una forza applicata a una estremit`a.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana del moto `e Xl(ϕ; λ(s)) = (s cos ϕ, s sin ϕ, 0) ,
con s∈ D = [0, L] e ϕ ∈ (−π, π) coordinata lagrangiana. La parametrizza-zione nel senso della Sottoseparametrizza-zione 4.1.4 `e
λ(s) = s , s∈ D .
Si tratta dunque di un’asta di lunghezza L vincolata a muoversi nel piano fisso x3 = 0 con un estremo nell’origine O. La densit`a sia data dalla costante ρ0 = m/L, con m massa dell’asta. Con la notazione della Definizione 4.2, possiamo scegliere
XO(t) = 0 , u(t) = cos ϕe1+ sin ϕe2. (6.13) L’asta quindi ha la direzione di u. Il peso, che assumiamo diretto come e2, agisce come
dFlpeso(ϕ, ˙ϕ, t; λ) = ρ0ge2dµ(λ) . La forza applicata all’estremo s = L sar`a data dalla
dFlL= ke3∧ uδ(L,0,0)(λ) dλ , (6.14) ove con δ(L,0,0) indichiamo la massa di Dirac nel punto solidale (L, 0, 0). Si tratta quindi di una forza sempre ortogonale all’asta.
Calcoliamo la risultante delle forze date:
F = Z
Λ∗
dFlpeso+ dFlL
= Z
R
ρ0ge2dµ(λ) + Z
R
ke3∧ uδ(L,0,0)(λ)
= mge2+ ke3∧ u .
Esempio 6.10. 6.F.3. Disco soggetto a forze tangenziali.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana `e
Xl(ϕ; λ(s)) = (s1cos ϕ− s2sin ϕ, s1sin ϕ + s2cos ϕ, 0) , con
s = (s1, s2)∈ D = {s | s21+ s22 ≤ R2} ,
e ϕ∈ (−π, π) coordinata lagrangiana. La parametrizzazione nel senso della Sottosezione 4.1.4 `e
λ(s) = (s1, s2, 0) , s∈ D .
Si tratta dunque di un disco di raggio R > 0 vincolato a muoversi nel piano fisso x3 = 0, con il centro nell’origine O. Il sistema di riferimento solidaleS
`e (O, uh), con
u1= cos ϕe1+ sin ϕe2, u2=− sin ϕe1+ cos ϕe2, u3= e3.
(6.15)
La forza, se `e applicata in un punto, sar`a per esempio data proprio dalla (6.14). Si noti che pu`o risultare 0 < L≤ R, o anche L > R.
In alternativa, volendo rappresentare una distribuzione continua di forze sul disco, per esempio proporzionale in modulo alla distanza dal centro, si avr`a
dFl = kχD(λ1, λ2)δ{λ3=0}u3∧ Xldλ1dλ2dλ3, ove χD `e la funzione caratteristica dell’insieme D.
6.4. L’IPOTESI DEI LAVORI VIRTUALI 71
Calcoliamo il momento di quest’ultima distribuzione di forze, con polo O:
M =
Z
Λ∗
Xl∧ dFl
= Z
D
k{s1u1+ s2u2} ∧ {u3∧ [s1u1+ s2u2]} ds1ds2
= Z
D
k(s21+ s22)u3ds1ds2
= π
2kR4u3.
Esempio 6.11. 6.F.3, 6.F.4. Cubo soggetto al peso e a forze applicate su una faccia.
In questo caso la rappresentazione lagrangiana dei moti solidali con il corpo rigido `e
Xl(ϕ, z; λ(s)) = (s1cos ϕ− s2sin ϕ, s1sin ϕ + s2cos ϕ, s3+ z) , con
s = (s1, s2, s3)∈ D = [0, L]3,
e ϕ ∈ (−π, π), z ∈ R coordinate lagrangiane. La parametrizzazione nel senso della Sottosezione 4.1.4 `e
λ(s) = (s1, s2, s3) , s∈ D .
Si tratta dunque di un cubo di spigolo L vincolato ad avere uno spigolo sull’asse fisso x3, libero di scorrere su di esso, oltre che di ruotare intorno all’asse medesimo. Il sistema di riferimento solidale S `e (A, uh), con
XA= ze3,
e (uh) come in (6.15). La densit`a sia data dalla funzione ρ(λ) = αλ21,
con α > 0 costante. Il peso, che assumiamo diretto come −u3, agisce come dFlpeso(ϕ, ˙ϕ, z, ˙z, t; λ) =−αλ21ge3dµ(λ) .
La distribuzione superficiale di forze sulla faccia λ3 = 0 sia, per β > 0 costante,
dFlsup(ϕ, ˙ϕ, z, ˙z, t; λ) = β|z|u1δ{λ3=0}χD(λ) dλ ,
che quindi risulta in pratica una misura di superficie sulla faccia stessa. 6.4. L’ipotesi dei lavori virtuali
Nel caso di sistemi olonomi ‘semplici’, come per esempio un punto vincolato a una curva, o a una superficie, `e facile tradurre nel modello matematico l’idea di vincolo liscio (nel senso di privo di attrito). Si richiede cio`e che la reazione vincolare fvin sia perpendicolare al vincolo stesso.
Se P `e vincolato alla curva γ con terna intrinseca (T , N , B) si richieder`a fvin = (fvin· N)N + (fvin· B)B , (6.16)
mentre se P `e vincolato alla superficie S di normale ν si richieder`a
fvin = (fvin· ν)ν . (6.17)
Nel caso di vincoli pi`u complessi un approccio diretto ed esplicito di questo tipo diviene impraticabile. Si noti anche che le reazioni vincolari non sono in genere note come funzioni di (x, v, t), ma vanno determinate insieme al moto.
Cerchiamo di astrarre dai prossimi esempi una caratteristica dei vincoli lisci utilizzabile per assiomatizzarli.
Esempio 6.12. Un punto P di massa m `e vincolato alla curva γ ={ψ(s) | s ∈ J} ,
ed `e sottoposto alla forza
F(x, v, t) = α1(x, v, t)T + α2(x, v, t)N + α3(x, v, t)B ,
oltre che alla reazione vincolare fvin, che soddisfa la (6.16). Proiettando l’equazione di moto sulla terna intrinseca, si ha (si ricordi che a = ¨sT +
˙s2kN )
m¨s = α1(x, v, t) , (6.18)
m ˙s2k(s) = α2(x, v, t) + fvin· N , (6.19) 0 = α3(x, v, t) + fvin· B . (6.20) Le funzioni αj possono essere subito espresse come funzioni di s, ˙s, t. Quindi la (6.18) `e una e.d.o. del secondo ordine nell’incognita s, che, in generale, ha un’unica soluzione che soddisfa le opportune condizioni iniziali.
Poi si sostituiranno s = s(t), ˙s = ˙s(t) nelle (6.19)–(6.20), determinando cos`ı
anche fvin.
Esempio 6.13. Un punto P di massa m `e vincolato alla superficie sferica S ={Ψ(ϕ, θ) = R(cos ϕ sin θ, sin ϕ sin θ, cos θ) | ϕ ∈ (−π, π) , θ ∈ (0, π)} , ed `e sottoposto alla forza
F(x, v, t) = α1(x, v, t)Tϕ+ α2(x, v, t)Tθ+ α3(x, v, t)ν ,
oltre che alla reazione vincolare fvin, che soddisfa la (6.17). Qui i due vettori Tϕ = (− sin ϕ, cos ϕ, 0) =
∂ Ψ
∂ϕ
∂ Ψ∂ϕ
,
Tθ = (cos ϕ cos θ, sin ϕ cos θ,− sin θ) =
∂ Ψ
∂θ
∂ Ψ∂θ ,
costituiscono una base ortonormale del piano tangente a S. Scegliamo anche la normale
ν = 1 RΨ.
6.4. L’IPOTESI DEI LAVORI VIRTUALI 73
Si verifica mediante derivazione elementare che velocit`a e accelerazione di P sono date da
v= R sin θ ˙ϕTϕ+ R ˙θTθ, (6.21)
a= R(2 ˙ϕ ˙θ cos θ + ¨ϕ sin θ)Tϕ+ R(¨θ− ˙ϕ2sin θ cos θ)Tθ (6.22) + R(− ˙ϕ2sin2θ− ˙θ2)ν .
Proiettando l’equazione di moto sulla terna (Tϕ, Tθ, ν), si ha
mR(2 ˙ϕ ˙θ cos θ + ¨ϕ sin θ) = α1(x, v, t) , (6.23) mR(¨θ− ˙ϕ2sin θ cos θ) = α2(x, v, t) , (6.24) mR(− ˙ϕ2sin2θ− ˙θ2) = α3(x, v, t) + fvin· ν . (6.25) Di nuovo, gli αj sono esprimibili in funzione di ϕ, θ, ˙ϕ, ˙θ e t, mediante le (6.21) e (6.22). Quindi (6.23)–(6.24) costituiscono un sistema di due equa-zioni in due incognite ϕ, θ che pu`o in principio essere risolto. Sostituendo
poi nella (6.25) si ottiene la fvin.
Osservazione 6.14. Il punto essenziale in entrambi gli esempi 6.12 e 6.13
`e che nella (6.18), e rispettivamente nelle (6.23)–(6.24), non sono presenti componenti di fvin. Questo permette di risolvere il problema come indicato sopra.
A sua volta questo fatto chiave `e conseguenza dell’ipotesi che il vincolo sia
liscio.
Esprimiamo questa propriet`a fondamentale ancora in un altro modo.
Nell’Esempio 6.12 si pu`o scegliere s come coordinata lagrangiana, ponendo Xl(s, t; λ) = ψ(s) ,
per cui
(6.16) ⇔ fvin·∂Xl
∂s = fvin· T = 0 .
Nell’Esempio 6.13 si possono scegliere ϕ, θ come coordinate lagrangiane, ponendo
Xl(ϕ, θ, t; λ) = Ψ (ϕ, θ) , per cui
(6.17) ⇔ fvin·∂Xl
∂ϕ = 0 , fvin·∂Xl
∂θ = 0 . Le espressioni come
fvin·∂Xl
∂s = (ma− F ) ·∂Xl
∂s , nell’Esempio 6.12, e
fvin·∂Xl
∂ϕ = (ma− F ) ·∂Xl
∂ϕ , fvin·∂Xl
∂θ = (ma− F ) · ∂Xl
∂θ ,
nell’Esempio 6.13, si dicono lavori virtuali della reazione vincolare.
Nel caso generale poniamo dunque la seguente Definizione.
Definizione 6.15. Un moto q ∈ C2(I) del sistema vincolato {(Ci, ρi)} si dice soddisfare l’ipotesi dei lavori virtuali se, per ogni h∈ {1 , . . . , ℓ}, vale
Xn i=1
Z
Λ∗i
h
ali(q, ˙q, ¨q, t; λ)ρi(λ) dµi(λ)− dFli(q, ˙q, t; λ)i
·∂Xli
∂qh (q, t; λ) = 0 , (6.26) per ogni t ∈ I (nella (6.26) si denota per brevit`a q = q(t), ˙q = ˙q(t),
¨
q = ¨q(t)).
Esempio 6.16. Consideriamo due punti P1 (di massa m1) e P2 (di massa m2) sottoposti al vincolo
x3P1 = x3P2, (6.27)
e alle forze
dFl1 ={αe1+ βe3} dµ(λ) , dFl2= 0 , (6.28) con α, β ∈ R. Scegliamo come coordinate lagrangiane
x1P1, x2P1, x1P2, x2P2, x3P1.
Imporre l’ipotesi dei lavori virtuali (6.26) per le prime quattro coordinate conduce, come `e facile verificare, alle
m1x¨1P1 = α , m1x¨2P1 = 0 , (6.29) m2x¨1P2 = 0 , m2x¨2P2 = 0 . (6.30) Invece, imponendo la (6.26) per la quinta coordinata x3P1 si ha
(m1x¨3P1 − β) + (m2x¨3P1 − 0) = 0 , ossia (m1+ m2)¨x3P1 = β . (6.31) Si noti anche che l’ipotesi dei lavori virtuali—da sola—ha condotto alle (6.29)–(6.31), che sono sufficienti a determinare il moto dei due punti.
Scriviamo poi le equazioni di moto (in modo non lagrangiano)
m1a1= αe1+ βe3+ fvin1, m2a2= fvin2. (6.32) Confrontando le (6.29)–(6.31) con le (6.32), si ottengono le reazioni vincolari come
fvin1 = (m1x¨3P1 − β)e3 =−m2x¨3P1e3, fvin2 =−fvin1.
Tuttavia, l’approccio lagrangiano evita del tutto di considerare in modo esplicito le reazioni vincolari, se si stipula l’ipotesi dei lavori virtuali (cio`e che i vincoli siano lisci).
La Definizione6.15ci conduce a considerare le quantit`a introdotte di seguito.
Definizione 6.17. Se dFli `e una distribuzione di forze per (Ci, ρi), allora si definiscono le componenti lagrangiane delle forze come
Fhl(q, p, t) = Xn i=1
Z
Λ∗i
∂Xli
∂qh (q, t; λ)· dFli(q, p, t; λ) , (6.33) per ogni h = 1, . . . ℓ. Le Fhl risultano funzioni di q∈ Q, p ∈ Rℓ, t∈ I.
6.5. FORZE CONSERVATIVE 75
6.5. Forze conservative
Definizione 6.18. Il sistema di componenti lagrangiane delle forze{Fhl}ℓh=1 si dice conservativo se esiste una funzione Ul ∈ C1(Q× I) tale che
Fhl(q, p, t) = ∂Ul
∂qh (q, t) , h = 1 , . . . , ℓ . (6.34) La funzione Ul si dice potenziale lagrangiano. In particolare quindi in un sistema conservativo, le Fhl non dipendono dalle
˙q.
Consideriamo un esempio significativo.
Esempio 6.19. Il sistema `e costituito da due aste rigide C1 e C2, vincolate entrambe al piano fisso x3 = 0, con un estremo nell’origine, parametrizzate in coordinate cartesiane ϕ, θ ∈ (−π, π) da
Xl1(ϕ; λ1(s)) = s cos ϕe1+ s sin ϕe2, 0≤ s ≤ R1, Xl2(θ; λ2(σ)) = σ cos θe1+ σ sin θe2, 0≤ σ ≤ R2. Ciascun punto di C1 `e attratto da ciascun punto di C2 con una forza
−k Xl1− Xl2
, e viceversa. Qui k > 0 `e una costante.
Calcoliamo la distribuzione di forze dFl1. Si ha per λ1∈ [0, R1] Nello stesso modo si ottiene
dFl2(ϕ, θ; λ2) = R1kR1 Per esempio si calcola il momento (rispetto all’origine) delle forze su C1
Z
Λ∗1
Xl1∧ dFl1 = k
4R21R22sin(θ− ϕ)e3. Introducendo la distribuzione di potenziale
dU (x1, x2; λ1, λ2) =−k
2(x1− x2)2χ[0,R1](λ1)χ[0,R2](λ2) , si vede subito che
∇x1 dU (x1, x2; λ1, λ2) =−k(x1− x2)χ[0,R1](λ1)χ[0,R2](λ2) ,
Esercizio 6.20. Determinare le dimensioni fisiche della costante k
nell’E-sempio 6.19.
L’idea nell’Esempio 6.19 pu`o essere generalizzata: la conservativit`a del si-stema delle componenti lagrangiane delle forze vale se le forze dFi sono conservative nel senso seguente.
Definizione 6.21. Un sistema di forze { dFi}ni=1 si dice conservativo se esiste una distribuzione di potenziale
dU (x1, . . . , xn; λ1, . . . , λn) , xi ∈ R3, λi ∈ Λ∗i , (6.35) tale che per ogni i = 1, . . . , n,
dFi(ξ1, . . . , ξnc; λi) = Z
Λ∗1
. . . Z
Λ∗n
∇xi dU X1(t; λ1), . . . , Xn(t; λn); λ1, . . . , λngdλi, (6.36)
ove l’integrale `e calcolato nelle variabili di integrazione λj, j 6= i; questo `e indicato dalla notazione
gdλi= dλ1. . . dλi−1dλi+1. . . dλn.
Le componenti lagrangiane delle forze si calcolano infine come derivate del-l’integrale di dU nella corrispondente coordinata lagrangiana, un po’ come la distribuzione dFi `e stata ottenuta nella (6.36) come gradiente dell’inte-grale di dU nelle coordinate cartesiane corrispondenti. Tuttavia, nel caso delle componenti lagrangiane, si dovr`a integrare su tutte le coordinate λi, come risulta dalla Definizione 6.17.
Teorema 6.22. Se il sistema di forze{ dFi}ni=1`e conservativo nel senso del-la Definizione6.21, il sistema di componenti lagrangiane delle forze{Fhl}ℓh=1
`e conservativo nel senso della Definizione6.18, e i rispettivi potenziali sono collegati da
Ul(q, t) = Z
Λ∗1
. . . Z
Λ∗n
dU Xl1(q, t; λ1), . . . , Xln(q, t; λn); λ1, . . . , λn
, (6.37)
ove l’integrale `e calcolato in tutte le variabili λj, j = 1, . . . , n.
6.5. FORZE CONSERVATIVE 77 Osservazione 6.23. Nelle ipotesi del Teorema 6.22, e se i vincoli sono fissi, il potenziale Ul non dipende in modo esplicito dal tempo t, perch´e non ne
dipendono i moti Xli.
Esempio 6.24. Tornando all’Esempio 6.19, si calcola Fϕl(ϕ, θ) =
CAPITOLO 7