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4-4 Applicazioni industriali dei processi di diffusione

Molti processi di fabbricazione industriale utilizzano la diffusione nei solidi ; ad esempio è possibile drogare con impurezze un wafer di silicio per circuiti elettronici integrati, oppure eseguire sull’acciaio trattamenti chimico-termici nei quali la superficie dei pezzi è modificata, per lo più per un limitato spessore, allo scopo di conferire alla

superficie stessa proprietà particolari.

Nella produzione dei circuiti elettronici integrati riveste una particolare importanza la diffusione di impurezze in wafer di silicio al fine di cambiare le loro caratteristiche di conduzione elettrica (drogaggio) .

Uno dei metodi più usati per il drogaggio del silicio é il seguente: in un forno costituito da un tubo di quarzo la superficie del silicio è esposta al vapore di un’opportuna impurezza ad una temperatura superiore ai 1100°C. E’ necessario mascherare la parte del silicio che non deve essere drogata, cosicché le impurezze si diffondono solo all’interno delle parti di cui si vuole alterare la conducibilità.

Come nel caso della cementazione gassosa della superficie di un acciaio , la concentrazione delle impurezze diffuse diminuisce dalla superficie verso l’interno con l’aumento della profondità.

[Diffusione d’impurezze all’interno di un wafer di silicio a partire da una superficie.]

Se si cambia il tempo di diffusione si avrà una conseguente alterazione della concentrazione delle impurezze alle varie profondità di penetrazione. Per cui é possibile utilizzare la seconda legge di Fick per determinare o il tempo di

diffusione o la profondità cui si ottiene una determinata concentrazione.

Molti componenti di acciaio che operano in condizioni di rotazione o scorrimento, come gli ingranaggi e gli alberi di motori, devono avere uno strato superficiale indurito resistente all’usura e contemporaneamente un cuore interno tenace per resistere alle sollecitazioni statiche e dinamiche cui sono soggetti.

Principalmente queste lavorazioni consistono in un aumento della durezza per accrescere la resistenza ai carichi specifici e all’usura. Entrambe queste caratteristiche si ottengono introducendo per diffusione ad alta temperatura o carbonio, o azoto, o entrambi questi elementi. Tali processi di diffusione d’elementi diversi dal ferro vengono detti di cementazione, più precisamente di carbocementazione se l’arricchimento superficiale avviene ad opera del carbonio, di nitrurazione se si introduce azoto, di solfonitrurazione se,oltre all' azoto si introduce anche zolfo. Nella realizzazione di un elemento di acciaio cementato solitamente il pezzo viene prima lavorato alle macchine utensili, quando non ancora indurito, successivamente, dopo la lavorazione meccanica, lo strato esterno viene indurito attraverso trattamenti superficiali.

[Esempi d’organi trattati per cementazione]

Il trattamento di maggiore importanza industriale è senza dubbio la carbocementazione, questa può essere solida,

liquida o gassosa. Gli acciai da trattati sono solitamente a basso tenore di carbonio (0,15 - 0,20 % circa), e sono cementati a profondità relativamente piccole (da 0,5 a 1 mm circa) a seconda dell' utilizzo del pezzo.

Nella prima fase della cementazione gassosa le parti di acciaio sono poste in un forno ad una temperatura di circa 900°C a contatto con un’atmosfera contenente metano (CH4) e altri idrocarburi gassosi ; il carbonio dall’atmosfera diffonde attraverso la superficie nei pezzi, aumentando così la durezza superficiale, dovuta all’alto tenore di carbonio.

[La figura mostra alcuni tipici gradienti del tenore di carbonio per una barra di prova di acciaio AISI 1022 a basso tenore di carbonio (0,22 %C) cementato a 918°C mediante atmosfera carburante contenente il 20% di CO e il 40% di H2 con aggiunta rispettivamente del 1,6% e 9,8 % di metano (CH4). ]

Si noti dalla figura come il tempo della cementazione influenzi pesantemente il contenuto di carbonio in relazione alla distanza dalla superficie.

L’utilizzo della seconda legge di Fick e della funzione errore può consentire di determinare una variabile sconosciuta, come il tempo di diffusione o il tenore di carbonio ad una particolare distanza dalla superficie del pezzo in fase di cementazione.

5.1 Introduzione

Qualsiasi oggetto sottoposto ad un sistema di forze con risultante e momento risultante entrambi nulli si deforma: questa deformazione produce lo spostamento degli atomi dalla loro posizione di equilibrio, facendo nascere delle forz e di richiamo che si oppongono alla deformazione e che tendono a riportare il solido nella sua forma originaria nel momento in cui cessa l’applicazione della forza.

Il comportamento del solido sottoposto a sollecitazioni meccaniche è determinato dalla natura delle sue forze interatomiche.

Un solido è definito elastico quando verifica il principio di elasticità, ossia quando in esso scompare la deformazione allo scomparire della forza che l’ha prodotta.

La legge di Hooke afferma che, per piccoli spostamenti dalle posizioni di equilibrio, le deformazioni sono proporzionali alle sollecitazioni applicate.

In generale un solido si comporta in modo elastico, seguendo la legge di Hooke, per piccole deformazioni, quindi, superato il limite di linearità, le deformazioni non sono più proporzionali alle forze; infine, all’aumentare dello spostamento degli atomi dalle loro posizioni di equilibrio, le deformazioni diventano plastiche, ossia permanenti, (non scompaiono al cessare della forza che le ha prodotte). Superato anche quest’ultimo limite c’è la frattura.

Non tutti i materiali rispondono a crescenti sollecitazioni secondo questa sequenza. Nei vetri, ad esempio, manca la fase della deformazione plastica: la frattura avviene nella zona di deformazione elastica (frattura fragile).

In alcuni materiali, come ad esempio in quelli metallici, il limite di elasticità coincide con quello di linearità, in altri invece, come nel caucciù, il limite di elasticità va ben oltre il limite di linearità della legge di Hooke.

Per la maggior parte dei materiali, il limite della cosiddetta elasticità lineare è situato a circa lo 0,1% della massima deformazione possibile prima della frattura. Nel caso degli elastomeri, costituiti da lunghe catene arrotolate, durante una deformazione in trazione o in taglio, non si spostano gli atomi isolati, ma si "srotolano" segmenti di queste catene. Per questo in tali casi il limite di applicazione della legge di Hooke è molto più elevato (10 - 50%), se nel calcolo del carico si tiene conto della variazione di sezione risultante dalla deformazione. Nel caso della compressione, invece, gli elastomeri non differiscono dagli altri materiali; in realtà si comprimono con estrema difficoltà come i liquidi.

Si vogliono approfondire a livello microscopico gli effetti della deformazione di un materiale.

Si consideri il diagramma forza - distanza, che lega l’intensità della forza di ritrazione all’allontanamento di un atomo dalla sua posizione di equilibrio xo.

Per piccole deformazioni applicate, la curva può essere confusa con la sua tangente in xo. Il coefficiente angolare di questa retta è dipendente dal modulo di Young del materiale.

All’aumentare dello spostamento dell’ atomo dalla propria posizione di equilibrio, la curva non può più essere confusa con la sua tangente in xo. Si è superato il limite di linearità espresso dalla legge di Hooke: per un determinato valore della forza di ritrazione si osserva una distanza maggiore dell’atomo dalla sua posizione di equilibrio rispetto a quella calcolabile teoricamente in base alla suddetta legge. Continuando ad allontanare l’atomo, si giunge ad un massimo della forza di ritrazione, oltre il quale si assiste ad una forza di ritrazione decrescente che conduce al distacco definitivo dell’atomo dalla sua posizione di equilibrio che corrisponde a livello macroscopico alla frattura del materiale.

Quella che macroscopicamente è definita deformazione plastica è dovuta allo scorrimento tra piani reticolari e a difetti nella struttura cristallina. Non si ha a livello microscopico nulla di analogo alla deformazione plastica.

Nel seguito si parlerà molto spesso di carico invece che di forza. In questo capitolo, per semplificare la

presentazione dei concetti introdotti, si affronterà solamente lo studio di solidi omogenei ed isotropi, ossia di quei solidi che presentano le stesse proprietà meccaniche in tutte le direzioni.In verità un materiale isostropo ha caratterustiche invarianti in tutte le direzioni, in dipendenza del fatto che i legami non sono orientati.