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11-1-2 Mobilità e moltiplicazione delle dislocazioni

La dislocazione è un difetto del cristallo dovuto ad una perturbazione della struttura centrata attorno ad una linea o a un ordine reticolare. La dislocazione provoca lo spostamento relativo di due piani del cristallo, perciò può essere rappresentata da un vettore detto di Burgers ‘b’ che in modulo e direzione può definire lo scorrimento.

Il movimento delle dislocazioni può essere paragonato al movimento di un bruco il quale evita il dispendioso lavoro di attrito con il terreno spostando una gobba attraverso il corpo dalla parte posteriore a quella anteriore; così il semipiano sotto l’effetto di una sollecitazione viaggia attraverso il cristallo fino ad emergere creando alla superficie un gradino pari alla distanza interplanare; il procedimento ripetuto da molte altre dislocazioni del piano di

scorrimento. La dislocazione a spigolo ha il vettore di Burgers perpendicolare alla linea di dislocazione, quindi vettore di Burgers e linea di dislocazione determinano il piano di scorrimento. La dislocazione a vite ha il vettore di Burgers parallelo alla linea di dislocazione e lo scorrimento può avvenire su ciascuno dei possibili piani disposti in posizione radiale cioè la dislocazione a vite è in grado di scorrere in un piano e poi spostarsi in un altro piano, coniugato al primo e avente lo stesso b. La dislocazione oltre a presentarsi nei confronti del vettore di Burgers perpendicolare o parallela può anche essere inclinata: la dislocazione allora è mista.

Nel moto delle dislocazioni a spigolo (vedi figura) gli atomi al disopra del piano di scorrimento sono nello stato di compressione, cioè le distanze interatomiche sono inferiori a quelle del reticolo perfetto; mentre al disotto del piano di scorrimento , gli atomi sono sollecitati a trazione e le distanze interatomiche sono maggiori. Quando al cristallo non è applicata alcuna sollecitazione, le distanze interatomiche tra i filari di destra sono gli stesse dei

corrispondenti filari di sinistra rispetto al semipiano in più. Applicando una sollecitazione tangenziale t, la configurazione simmetrica scompare e permanendo la t, alla fine si ha formazione di un gradino b al bordo del cristallo. Nel caso della dislocazione a vite la linea di dislocazione sotto l’azione di forze tangenziali, si sposta tangenzialmente a se stessa nel piano di scorrimento. Ora il gradino b, al bordo del cristallo, si forma gradualmente man mano che la linea di dislocazione avanza. Tale dislocazione potendo passare da un piano all’altro dello stesso tipo, è più mobile di quella a spigolo.

Arrivati ad un certo livello di sollecitazione si compie meno lavoro per muovere le dislocazioni rispetto al lavoro necessario ad allontanare ulteriormente gli atomi. Tutto il comportamento plastico di un materiale è legato alla presenza delle dislocazioni al suo interno. Il passaggio tra campo elastico e plastico è caratterizzato appunto dal movimento delle dislocazioni e dall’aumento del loro numero (durante la fase di deformazione plastica si ha quindi un abbassamento della pendenza della curva nel piano s n- e n ).

In un cristallo perfetto l’energia è minima, perché ogni atomo si trova nella posizione reticolare di minima energia. Allorché esso si sposta in una frazione di distanza reticolare, l’energia interna del sistema aumenta: quindi la formazione di una dislocazione è associata ad un aumento di energia interna del cristallo. Inoltre poiché gli atomi spostati tendono a tornare nelle posizioni reticolari di equilibrio, l’energia accumulata con la creazione di una dislocazione è di tipo essenzialmente elastico. La creazione di una dislocazione richiede una certa energia che è immagazzinata nel reticolo vicino alla linea di dislocazione. Vi è infatti attorno ad ogni dislocazione un volume cilindrico di deformazione elastica che interagisce con i campi delle deformazioni dovuti a disomogeneità presenti nel cristallo, che costituiscono quindi degli ostacoli allo spostamento delle dislocazioni . Perché la dislocazione possa spostarsi nel cristallo, la forza che agisce sull’unità di lunghezza deve superare un valore critico necessario per vincere la forza di attrito del materiale.

Quando il moto delle dislocazioni termina si dice che il materiale si è incrudito e si ha allora un andamento lineare simile a quello elastico. L’espressione relativa all’energia di una dislocazione (che non tratteremo) ci fornisce una regola semplice, regola di Frank, per confrontare la stabilità relativa di diverse configurazioni di dislocazioni: la dislocazione più stabile è quella alla quale compete b minimo.

Una dislocazione è unitaria quando il vettore Burgers b è uguale alla minima distanza reticolare nella direzione di scorrimento, l’atomo cioè passa in una posizione equivalente a quella lasciata; se poi la direzione di scorrimento coincide con quella di massimo impilaggio, la dislocazione è anche perfetta. Una dislocazione è invece parziale quando il vettore di Burgers b collega due posizioni reticolari di minima distanza non equivalenti fra loro, le quali rappresentano un parziale percorso alternativo a quello che collega direttamente due posizioni reticolari equivalenti, perciò la dislocazione è anche imperfetta. La dislocazione unitaria è favorita energeticamente a scindersi in due dislocazioni parziali, dette di Shockley.

Una dislocazione ha una energia lineare, a cui è associata una tensione di linea che tende a rendere rettilinea, cioè minima, la sua lunghezza; se una linea di dislocazione è invece curva, vuol dire che esiste una forza per unità di lunghezza che ne mantiene il raggio di curvatura R.

Una linea di dislocazione non può terminare entro il cristallo perfetto, pertanto una linea di dislocazione deve terminare o sulla superficie esterna o interna (bordo di grano) del cristallo o sull’altra dislocazione. Il punto di incontro di due o più dislocazioni è detto nodo di dislocazioni.

Per i nodi valgono le seguenti regole:

1) I vettori di Burgers si conservano anche nei nodi;

2) La somma dei vettori di Burgers di linee confluenti in un nodo di dislocazioni è nulla.

I nodi hanno la proprietà di essere inamovibili, perché richiederebbero la simultanea mobilità di tutti i segmenti di dislocazione che in essi confluiscono, sotto la stessa sollecitazione agente. Un’altra possibilità per la linea di dislocazione è quella di chiudersi su se stessa formando un anello o linea chiusa.

In assenza o quasi di dislocazioni il limite elastico nel monocristallo raggiunge il valore teorico dello scorrimento per traslazione;quindi al crescere della densità di dislocazione cresce la deformazione e si abbassa fortemente il limite elastico.

Quando si deforma plasticamente un materiale ci si aspetterebbe che il numero di dislocazioni diminuisse

affiorando ai bordi dei grani, in realtà si generano più dislocazioni di quante non se ne consumino negli scorrimenti plastici. La densità di dislocazioni è data come lunghezza totale dei tratti di dislocazione per unità di volume e oltre ad essere utilizzata per calcolare la distanza media tra dislocazioni, può servire per esprimere la deformazione e la velocità di deformazione.