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9-3-4 Zona plasticizzata all’ apice della cricca

In questo paragrafo verrà presentata una trattazione teorica della deformazione plastica all’ apice della cricca a causa del movimento delle dislocazioni.

I meccanismi per la deformazione plastica a causa di crazes sono del tutto analoghi a quelli presentati nel capitolo precedente.

La zona di deformazione plastica che si genera all’ apice di una cricca è generata da fenomeni di concentrazione degli sforzi nelle vicinanze della sua estrimità come visto nei paragrafi precedenti di questo capitolo.

Se il materiale è duttile il carico non può superare localmente, come è noto, un certo valore Rs, che è il carico massimo di deformazione elastica.

In base all’ equazione (5) del paragrafo 3-1 di questo capitolo, il carico locale di una cricca di raggio di curvatura 0, tende all’ infinito per x=0.In realtà il carico locale non può divenire mai infinito, poiché il raggio di curvatura della cricca deve essere almeno di una unità di raggio atomico, altrimenti non esisterebbe la cricca.

In base a questa equazione e con le limitazione appena discusse si può dunque scrivere:

dove sta ad indicare la zona limite della deformazione plastica attorno alla cricca, avendo uguagliato il carico massimo di deformazione elastica col carico locale. Esso permette di capire come siano deformate le zone interessata dal fenomeno.

,

Si noti che la zona interessata dalla cricca è tanto più vasta quanto più σ eda sono grandi e quanto più è basso; quindi il carico di snervamento in un materiale può essere raggiunto molto facilmente in presenza di cricche lunghe e strette.

Fin qui abbiamo analizzato il campo degli sforzi nella sola direzione della cricca, ma un’ analisi più completa permette di determinare l’ insieme della zona plasticizzata. In prima approssimazione si può dire che la sezione della zona plasticizzata è un cerchio di diametro xp, che dipende dai fattori precedentemente esaminati. In generale è necessario tenere conto dell’ energia per la creazione di due nuove superfici e dell’ energia di deformazione plastica , in modo tale che si può scrivere:

da dove si vede che per i materiali duttili l’ energia per la creazione di due nuove superfici è trascurabile rispetto all’ energia dissipata per deformazione plastica.

Lo schema riportato accanto,raffigura i meccanismi di frattura all’ apice della cricca: a) aspetto macroscopico; b)

aspetto microscopico)]

Per far comprendere meglio quale sia il meccanismo che porta alla propagazione di una cricca in un materiale polimerico, si riporta la foto seguente. Per ciò che concerne la trattazione teorica fin qui effettuata, si noti che resta ugualmente valida e che basta immaginare l’ energia dissipata per deformazione plastica non come l’ energia assorbita dal movimento delle dislocazioni, ma come quella necessaria per la formazione dei

La superficie di rottura del termoplastico vetroso mostra le caratteristiche linee di rottura che i propagano a partire da crazes, come quello della foto precedente, e che convergono nella "venatura

principale".

9-3-5 Fatica

Molte volte può capitare di trovarsi d fronte alla rottura di un pezzo che non è mai stato sottoposto ad un carico superiore al carico di snervamento (calcolato tenendo conto di tutti i difetti). Questo comportamento (comune nei materiali duttili) è dovuto alla applicazione di sforzi ciclici, cioè di intensità verso e direzione variabili. Si innesca, allora, la cosiddetta cricca da fatica.

Infatti a causa delle sollecitazioni cicliche si generano delle deformazioni plastiche all’ interno del materiale, non reversibili ( è un po’ quello che accade con il ciclo di isteresi per i materiali ferromagnetici), che generano delle irregolarità sulla superficie le quali sono responsabili di un aumento della concentrazione locale degli sforzi.

Nella figura lato una larga estrusione orientata lungo il vettore di Burgers primario e protesa dall’ alto della superficie in un campione di rame monocristallino sottoposto a 35000 cicli di trazione-compressione monoassiale, alla temperatura di 77 k. Formatasi, la cricca può procedere molto velocemente in relazione al numero di cicli cui è sottoposto il provino, fino a ridurre la superficie resistente del provino di quanto basta perché non sia più in grado di

resistere agli sforzi ad essa applicati. Per poter ottenere una

correlazione tra la velocità di avanzamento della cricca in funzione del numero dei cicli si misura l’ aumento della lunghezza della cricca ( da) e lo si pone in relazione al numero di cicli ( dn ) necessari per questo allungamento. Si ottiene, così, la velocità di avanzamento della cricca .

dove si sono semplicemente sostituite le variazione delle grandezze K e σ alle grandezze stesse.Diagrammando in scala bilogaritmica i dati sperimentali si ottengono dei grafici come quelli di figura.In questo tipo di grafici sono in generale distinguibili 3 zone:

1) zona a bassa velocità di propagazione della cricca da fatica

2) zona ad andamento rettilineo in cui la cricca si propaga linearmente rispetto agli sforzi applicati

3) zona di propagazione rovinosa della cricca, nella quale il materiale raggiunge ad uno sforzo superiore a quello di rottura, e arriva a frattura. Andamento della velocità di avanzamento della cricca in funzione della variazione del fattore di intensità degli sforzi. Nella regione 2,dove velocità di avanzamento della cricca e variazione del fattore di intensità degli sforzi hanno un andamento lineare, si può ricavare, sperimentalmente, una relazione,nota come legge di Paris-Erdogan, del tipo:

dove A ed m sono costanti caratteristiche del materiale preso in esame,dell'ambient e e della temperatura a cui si opera.

9-3-6 Cambiamenti strutturali in un metallo sottoposto a