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La metodologia centrata sullo studente si focalizza sugli interessi dei discenti e sulle preferenze del loro stile di apprendimento. Il suo scopo è quello di plasmare l’apprendimento in base alle necessità soggettive dello studente. In questo approccio, contrariamente a quello che si potrebbe credere, il docente ricopre un ruolo fondamentale: gli viene richiesto un lavoro inteso in fase di progettazione, capacità di pianificazione e una preparazione adeguata rispetto all’insegnamento tradizionale (ovvero al metodo centrato sull’insegnante che gli consente di avere il controllo assoluto sugli studenti, che gli garantisce di essere responsabile dei contenuti che devono essere appresi, che gli permette di decidere se un contenuto può essere appreso, come e quando).

Il ruolo dell’insegnante non è più quello di trasmettere le conoscenze ma diventa quello di facilitare l’apprendimento. Il suo compito è quello di progettare ambienti di apprendimento, creare le condizioni in base alle quali gli studenti possano collaborare fra loro, definire le modalità in base alle quali è possibile sviluppare l’apprendimento, insegnare in base allo stile di apprendimento preferito dal discente, fornire supporto nel caso in cui richiedano assistenza (l’aiuto dovrebbe essere fornito considerando le necessità e le caratteristiche individuali, evitando di fornire giudizi categorici o assoluti).

Un docente, come si legge in “A Common European Framework for Teachers’ Professional Profile in ICT for Education” (Midoro, 2005), capace di far

interagire quattro aree: se stesso (self – una visione della scuola), gli studenti (pupils), i colleghi (collegues) e l’ambiente (enviroment).

Questo ambiente didattico migliora la qualità e la quantità dell’apprendimento, perché i discenti possono scegliere liberamente come apprendere e che cosa apprendere, possono sviluppare una propria identità, possono costruire conoscenze e significati sempre nuovi (attraverso il lavoro cooperativo), diventando – attraverso tecniche di autovalutazione e di valutazione tra pari – parte integrante del processo di valutazione (Gibbs, 1992; Johnson & Johnson, 1999).

Con un metodologia centrata sullo studente, i discenti iniziano ad essere consapevoli del proprio apprendimento, ne sono responsabili e sviluppano la propria personale coscienza dell’autovalutazione. Percepiscono un’esperienza di apprendimento individuale e per questo più piacevole e incentivante (per lo studio), acquisiscono il controllo dei contenuti del corso (cosa, come, quando e se i contenuti vengono appresi). Vengono aiutati a sviluppare le proprie abilità analitiche, la pratica riflessiva, il pensiero critico, l’interpretazione del materiale e il problem solving. Migliorano il proprio grado di sicurezza, le tecniche di discussione, l’abilità nel prendere le decisioni, l’abilità di presentazione dei contenuti, l’abilità di parlare in pubblico (Roche & Marsh, 2002).

Secondo Carl Rogers, gli esseri umani sono dotati di una naturale tendenza a conoscere, capire e apprendere. L’apprendimento è veramente significativo quando il “contenuto” viene vissuto dallo studente come rilevante per la soddisfazione dei propri bisogni e per la realizzazione delle proprie finalità personali: lo studente è parte attiva del processo di insegnamento - apprendimento. Un apprendimento auto-promosso e auto-gestito (che coinvolge il sentimento oltre che l’intelletto) è più duraturo e pervasivo. Inoltre l’autovalutazione – molto di più di quanto non faccia la valutazione esterna – facilita lo sviluppo dell’autonomia, dell’auto-fiducia e della creatività (Rogers, 1969).

Ne risulta una visione pedagogica complessiva e compiuta, che centra l’educazione sull’impegno personale e sulla capacità d’iniziativa e di

autovalutazione dello studente, sulla congruenza dell’insegnante come persona genuina e reale, sulla sua capacità di empatia e di facilitazione del processo di maturazione dei discenti, sulla significatività dei contenuti proposti.

Sul piano didattico tali principi possono tradursi in atteggiamenti relazionali e in sequenze operative coerenti tra loro e realizzate in modo da avere un andamento “processuale”, organico e sinergico.

Thomas Gordon, differentemente da Rogers, si orienta verso un approccio più strutturato. Ritiene che sia possibile attuare i principi della pedagogia rogersiana anche in presenza di un setting educativo molto strutturato, in cui i processi di apprendimento sono solo la parte visibile di un iceberg contenente principi e valori profondi (Gordon, 1970; Gordon, 1974). Rogers ha scarsa fiducia nelle metodologie eccessivamente strutturate in quanto considera l’educazione e lo sviluppo come un’esperienza personale, diversa da persona a persona.

Propone dei brevi “training” mirati a facilitare il processo di apprendimento delle competenze, che rendono i soggetti più efficaci nelle relazioni interpersonali, nella comunicazione e nella soluzione dei problemi.

Effettua delle sperimentazioni con dei gruppi di soggetti in cui i facilitatori non sono dei professionisti (genitori, responsabili di gruppi di lavoro, personale paramedico), con l’intento di rendere facilmente utilizzabili da chiunque le abilità psicologiche sperimentate nel ristretto setting psicoterapeutico.

Traduce le attitudini terapeutiche in una serie di operazioni concrete, a loro volta suddivise in una serie di apprendimenti relativi ai contenuti dei brevi “training” (in particolare sulle abilità comunicative e di risoluzione dei conflitti interpersonali). Così facendo riesce a fornire anche ai soggetti non professionisti quelle conoscenze e quelle abilità utilizzate in campo psicoterapeutico.

Gordon dapprima promuove un programma per i genitori (PET – Parent Effectiveness Training) a cui fa seguire un programma per gli insegnanti (TET – Teacher Effectiveness Training), in cui propone alcune metodologie utili per impostare una comunicazione pedagogicamente costruttiva fra alunno e insegnante e fra gli allievi stessi.

Come sostiene Gordon “... ancora più importante di ciò che si sta

insegnando è il modo in cui l’insegnamento viene impartito e a chi è rivolto ...”. Mette a punto quattro tecniche per migliorare il rapporto tra

insegnante e alunno: ascolto attivo, messaggio in prima persona, metodo del problem solving, metodo senza perdenti.

Alcune tra le principali tecniche della metodologia centrata sullo studente sono:

 Il brainstorming

 Il gioco di ruoli (role play)  L’apprendimento collaborativo  L’utilizzo delle mappe concettuali  La lezione socratica

 Lo studio di casi