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Un approccio comparativistico

3.1 Un approccio comparativistico

Le strategie riguardanti il trattamento dei tossicodipendenti in carcere, per la maggior parte dei Paesi Europei, risalgono al secolo scorso. La Polonia se ne è preoccupata sin dagli anni Settanta; Francia, Russia, Svezia, Repubblica Ceca e Svizzera hanno promosso varie politiche operative sin dagli anni Novanta; Olanda, Romania, Slovacchia, Lituania, Portogallo e Cipro hanno indicato gli anni tra il 1990 ed il 1994 per lo sviluppo di un’azione concreta; dal 1995 anche Lussemburgo, Malta, Ungheria, Irlanda, Spagna, Austria, Finlandia e Croazia hanno implementato le politiche a riguardo. In più Stati si prevede dunque la possibilità d’accesso ad un programma di trattamento e prevenzione per i tossicodipendenti limitati nella libertà; in Finlandia ed in Austria è espressamente prevista la politica di “riduzione del danno”, in Spagna ed in Finlandia l’attenzione è principalmente posta, invece, sulla continuità assistenziale – soprattutto – al momento della scarcerazione.

Come riportato dal Consiglio d’Europa le agenzie esterne al carcere sono quelle maggiormente coinvolte nei servizi offerti, seguite poi dalle Comunità e dai servizi specialistici per le tossicodipendenze. È anche

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diffusamente presente il meccanismo di esecuzione penale esterna (attraverso il periodo di prova e libertà condizionata) ma risulta essere meno accessibile rispetto ai metodi precedenti.

Molte prigioni offrono forme di disintossicazione farmacologica ma – in generale – viene preferita la forma assistenziale-terapeutica senza medicinali. Questa è coadiuvata da Comunità terapeutiche ovvero promossa in “bracci liberi da droga”; per l’adesione al programma è previsto il consenso del richiedente nonché la somministrazione spontanea e periodica di drug-test per il controllo e monitoraggio dei progressi compiuti. È inoltre importante sottolineare come si realizzi, in tal caso, una separazione effettiva del soggetto/i dagli altri prigionieri; l’eliminazione di rapporti che potrebbero influenzare negativamente chi voglia concretamente intraprendere un percorso differente richiede infatti una logica di riduzione al minimo dei contatti con i “detenuti comuni”. L’80% circa dei Paesi facenti parte dell’UE realizza programmi così orientati. Più istituti hanno poi promosso aree “drug free”, Comunità terapeutiche ed altri trattamenti che prevedono anche l’utilizzo di metadone per la disintossicazione. Alcune ricerche basate sull’esperienza nei carceri tedeschi hanno evidenziato come le “Drug-free Units” (DFUs) – rispetto ad altre forme – offrano un clima meno ostile, siano ivi state utilizzate meno droghe (in base ai risultati ottenuti dai test effettuati) e sia prevista una forma di continuità assistenziale garantita al momento della scarcerazione (utile a ridurre il rischio di recidiva).246 Anche negli

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In Germania, nel carcere di Osteraker, dal 1978, viene realizzato un programma di recupero per persone che stanno per essere liberate. Questo prevede sei unità composte da 12 posti letto ed un programma a cui i prigionieri dovranno necessariamente aderire di 8 ore al giorno. Tra il 50 ed il 70% delle persone sottoposte a tale programma non hanno commesso nuovi reati nell’arco di due anni.

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Stati Uniti sono stati promossi molti programmi basati sull’assistenza. In Texas, ad esempio, già dagli anni Novanta si prevede un trattamento a lungo termine (di 21 mesi), che include 9 mesi in una prima prigione per poi trascorrerne 3 in un istituto “di transizione” – che si occupa del trattamento per il periodo immediatamente successivo al rilascio – ed anche ulteriori visite che aiutino a seguire il paziente nei 9 mesi seguenti. I risultati analizzati sono simili per tutte le nazioni: più la terapia risulti essere duratura e/o continuativa e più il soggetto si dimostrerà positivamente rispondente (con consequenziale riduzione del rischio di recidiva).

Un sondaggio tra i Paesi dell’UE mostra come i programmi di mantenimento basati sulla somministrazione metadonica siano accessibili – sin dagli anni Novanta – in Austria, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Germania e Spagna. Analizzando l’esempio dei quest’ultima, è possibile accedere a questa opzione dal 1992 ed il progetto iniziale – disponibile per pochi detenuti – è stato poi ampliato in base ai risultati positivi concretamente ottenuti. È interessante vedere come anche in altri Paesi siano stati attivati veri e propri progetti pilota; la Svizzera, ad esempio, nel 1997 istituisce una diversa sezione per i detenuti di Oberschongrun dove viene somministrata tre volte al giorno l’eroina come farmaco sostitutivo (in quantitativo molto contenuto). Si prevedeva, inoltre, un’area apposita e veniva preposta un’infermiera per l’assistenza dei detenuti che seguivano questo programma.

Il trattamento sostitutivo per gli oppiacei (OST, opioid substitution

tratment) è utilizzato per i casi di dipendenza da eroina. L’Organizzazione

Mondiale della Sanità ha infatti raccomandato la sua implementazione a causa delle plurime conseguenze negative causate dal metodo

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dell’iniezione utilizzato per l’assunzione di questa droga.247 Alla fine del 2008 il programma era in espansione nelle prigioni di almeno 29 Paesi ed in altri 37 lo era nelle comunità riabilitative – ma non nelle carceri.248 Risulta essere il metodo di trattamento più efficace per questa dipendenza ed è attivo in 66 paesi con frequenze ed accessibilità più o meno elevate.249 È anche stato comunque notato che aumenti la sicurezza, riduca la criminalità interna agli istituti ed – essendo particolarmente efficace – anche la criminalità all’uscita (seguita dal correlativo rischio di rientro in carcere). Nel 1996 solo cinque nazioni (Australia, Danimarca, Spagna, Svizzera ed Usa) fornivano l’OST e comunque lo limitavano a casi sporadici.250

Le convenzioni internazionali assicurano il diritto alla salute ai detenuti con livelli parametrati alle prestazioni sanitarie offerte nella comunità esterna. Sul rapporto egalitario, per esempio, i Principi Base per il Trattamento dei Detenuti delle Nazioni Unite assicurano che <<i prigionieri abbiano accesso alle prestazioni disponibili nel paese senza discriminazioni determinate dalla loro situazione giuridica>>.251 Le analisi

247

Si vedano i problemi di Hiv associati, l’epatite C e le molteplici morti causate dall’overdose.

248 United Nations Office on Drugs and Crime, UNODC,WHO,UNAIDS, HIV/AIDS

Prevention, Care, Treatment and Support in Prison Settings, Vienna, 2006, pp. 41-42

249 C. Cook, N. Kanaef, Global State of Harm Reduction 2008, in International Harm

Reduction Association, London, 2008, p. 3.

250

Si veda l’esempio di Riker’s Island a New York, unico carcere negli Usa a rendere disponibile tale metodologia trattamentale. Stessa cosa per l’Australia dove il solo istituto attrezzato era New South Wales

251

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al Gennaio 2008 rendono evidente come questo trattamento sia stato migliorato in diversi Paesi e sia disponibile per una platea di soggetti con programmi già in corso ovvero che esprimano il desiderio di intraprenderlo. In Olanda, invece, i requisiti richiesti prevedono (a questa data) sia il precedente inizio della terapia che un parametro basato sulla durata della condanna (sei mesi o meno).252 Per quanto riguarda la Nuova Zelanda, l’Irlanda del Nord e parte dell’Australia questo risulta essere subordinato solo al previo inizio del programma ed in Polonia al consenso preventivo alla sua prosecuzione anche dopo la scarcerazione. In Belgio, Danimarca, Finlandia ed Israele, infine, ai detenuti è permesso di proseguire il programma solo in comunità accreditate.253 Il paese con il maggior numero di soggetti in OST per l’anno 2006 era la Spagna254, proporzionalmente, però, anche il 14% riscontrato in Irlanda e Scozia risulta essere un dato importante. L’1% invece viene registrato in Albania, Indonesia, Germania, Moldava, Nuova Zelanda e Polonia. Per quanto riguarda l’America i dati non sono stati resi pubblici ma si stima, per l’anno 2008, una percentuale simile alle precedenti e dunque – su una cifra di 2 milioni di prigionieri – l’OST sarebbe stato disponibile solo in alcune prigioni di 8 stati su 50. A questa data il programma è stato incrementato soprattutto nei Paesi Europei ma non è ancora disponibile

252 Health Council of the Netherlands, Geizondheidsraad: Treatment of Drug-Addicted

Detainees, 2002, pp. 3-4.

253 S. Larney, K. Dolan, Treatment in Prisons: Equivalence of Care? in A Literature Review

of International Implementation of Opioid Substitution in Program of International Research and Training, National Drug and Alcohol Research Centre, University of New

South Wales, Sydney, N.S.W., Australia, 2009, pp.3-10

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Trattasi di 7000 detenuti nel 2006, corrispondente al 12% della popolazione carceraria

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in tutte le prigioni e questo rende evidente una disparità trattamentale che richiede un ampio intervento. L’America provvede a tali trattamenti solo in pochi istituti correzionali – nonostante la presenza della più vasta popolazione detenuta al mondo. Cina e Russia, invece, (rispettivamente il secondo ed il terzo paese per presenze in carcere), non lo prevedono affatto. In tema di diritto alla salute sussistono dunque evidenti differenze, in particolare se si tratti di uguaglianza di trattamento nell’area delle dipendenze. L’idea che la reclusione implichi un dislivello di esigibilità nei diritti è legata ad una logica che la criminalità ed i detenuti (in quanto rei) siano meno “meritevoli” delle altre persone. Questo diritto – ed il diritto alla salute in generale – è comunque regolato da accordi istituzionali nazionali ed internazionali; in Indonesia ed in Asia Centrale, però, il budget stimato per singolo prigioniero è di 0.50 dollari annui.255 Il problema del mancato od inadeguato stanziamento di risorse non è, in ogni caso, limitato ad i Paesi più poveri: nel 2008, infatti, nazioni come la California sono state incriminate per il mancato rispetto degli elementari diritti costituzionali e si è inoltre sottolineato come mancassero i fondi per migliorare le migliaia di situazioni carcerarie degradanti.256 L’OST è stato addirittura visto come un metodo per “camuffare” il mantenimento di una dipendenza invece che curarla. Negli USA, il Dipartimento Correzionale del Vermont (VDOC) ha sostenuto questa posizione obiettando che si stesse – così – protraendo

255

G. Walcher, Prisons as regional drivers of HIV/AIDS and tuberculosis in some Central

Asian countries: a matter of ‘least eligibility’, in International Prison Health, 2005, pp

103-115

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M. Rothfeld, Federal overseer seeks to seize $8 billion for California prison healthcare, in LA Times, 2008, p. 2

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l’assuefazione dei detenuti, logica opposta alle istanze di tutela della salute che si sarebbero dovute perseguire e proponeva, inoltre, una differenziazione di standard di cure parametrata sullo status giuridico del soggetto ristretto. L’OST avrebbe dunque dovuto essere riservato solo a coloro che non fossero stati condannati per seri crimini in favore del principio della loro “inidoneità” al programma.

Il trattamento metadonico non è omogeneamente disponibile per tutte le nazioni e prigioni, il principio di uguaglianza non viene dunque sufficientemente considerato in quest’ambito. Le politiche di alcune nazioni, inoltre, tendono verso la riduzione ovvero all’eliminazione di questa misura; in Inghilterra, però, a fronte della richiesta istituzionale della sospensione ovvero dell’interruzione dell’OST in alcune carceri, molti detenuti sono riusciti a far valere i propri diritti lamentando la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (che proibisce la tortura, le pene degradanti e la discriminazione).257 Questo successo potrebbe dunque aprire la strada ad ulteriori ricorsi, così da rendere effettivo quanto – per ora – sembra ancora essere un’utopia: la parità di trattamento in tema di salute dei detenuti.

Altre tipologie di intervento quali quelli di “riduzione del danno” – nonostante le raccomandazioni internazionali – non sono frequentemente applicati. Uno dei maggiori problemi su cui andrebbero ad agire riguarderebbe lo scambio di siringhe per l’iniezione della sostanza ed, anche in questo caso, l’esempio del carcere Hindelbank della Svizzera può essere un modello di “buona prassi”. La distribuzione da parte dell’amministrazione penitenziaria di siringhe sterili ai detenuti

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limiterebbe infatti al minimo i casi di sieropositività ed infezioni correlate (con un primo risultato particolarmente positivo ottenuto grazie ad una politica “meno repressiva”).258

Il periodo di transizione tra l’ambiente carcerario-istituzionale e la comunità esterna poi, può essere difficoltoso soprattutto per chi abbia usufruito dei servizi intra-murari e sia dunque totalmente disintossicato all’uscita dall’istituto. Il fatto che molti ex-detenuti debbano tornare nell’area di provenienza potrebbe causare infatti un ri-avvicinamento alla sostanza drogante illecita; situazioni di povertà od un elevato tasso di criminalità legato all’ambiente potrebbero dunque incidere negativamente sui questi soggetti. La maggior parte dei Paesi ha, comunque, programmi di pre- e post- carcerazione indirizzati ai tossicodipendenti. Gli obiettivi di tali politiche fanno riferimento alla necessità di informazione circa i rischi, di proseguire il trattamento in corso, prevenire il nuovo abuso di sostanze, mettere in contatto il soggetto con i servizi specifici al momento del rilascio e di reintegrazione sociale.

La disintossicazione tramite l’intervento basato sull’assistenza socio- sanitaria risulta essere il metodo d’approccio più utilizzato sul tossicodipendente che giunge nell’ambiente carcerario, anche se è prevista in tutti i Paesi ma non in tutte le prigioni. Altri, quali il mantenimento metadonico e la prescrizione di farmaci sostitutivi, sono – invece – meno frequenti.259Dev’essere considerato anche che i servizi di

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Nel periodo iniziale vengono distribuite 5.335 siringhe e – grazie a questo tentativo ben riuscito – non si sono più ivi verificati casi di sieropositività.

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P. J. Turnbull, T. McSweeney, A Iiterature review and results of a survey of European

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trattamento devono attualmente rispondere alla maggiore complessità delle esigenze sanitarie della popolazione detenuta; si dovrebbe quindi dare priorità a programmi terapeutici a lungo termine (nonostante l’impossibilità oggettiva data dalla durata della pena e dall’incertezza circa le reali intenzioni del reo).

Secondo la Relazione Europea sulla droga del 2016, per quanto concerne poi le sostanze da “fronteggiare”, il consumo di cocaina sembra maggiore nei Paesi dell’Europa occidentale e meridionale, mentre le amfetamine sarebbero più diffuse nell’Europa settentrionale e orientale con prezzi sostanzialmente stabili nel tempo. I problemi connessi al consumo di stimolanti sarebbero in crescita; in alcuni Paesi, infatti, risulta essere aumentata la richiesta di trattamento per problemi connessi al consumo di nuove amfetamine. Queste, assunte tramite l’utilizzo di iniezioni, sono state quindi associate a patologie ed infezioni correlate che necessitano di maggiore attenzione da parte dei servizi sanitari chiamati ad intervenire in ogni Paese.

Sia a livello internazionale che in Europa è poi in corso un considerevole dibattito pubblico e politico sui costi e i benefici delle differenti opzioni in materia di cannabis. Le nuove stime evidenziano che questa rappresenti la quota più ampia del mercato europeo delle sostanze illecite e della criminalità organizzata. La maggior parte dei reati correlati riguarderebbe il consumo ovvero il possesso per uso personale (circa i tre quarti di tutti i reati connessi alla droga). Per quanto concerne i costi sociali, l’aumento nell’utilizzo registrato negli ultimi anni incrementerebbe anche i rischi di problemi di salute gravi e cronici per i consumatori; la cannabis sarebbe responsabile infatti della maggior parte del malessere di pazienti che si sottopongono a trattamenti terapeutici per la prima volta.

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Alcuni Paesi dell’Unione stanno poi prendendo in considerazione nuove opzioni farmacologiche, terapie e metodi di somministrazione ai fini di ridimensionare alcuni dei problemi connessi al consumo di droga. Alcuni infatti (attraverso programmi di comunità) forniscono il naloxone – come antidoto in caso di overdose – ai consumatori di oppiacei o ai tossicodipendenti che escono di prigione per evitare più gravi conseguenze.260 Sono anche previsti una serie di nuovi farmaci che offrono maggiori opportunità per il trattamento delle infezioni da virus dell’epatite C tra i consumatori attivi di droga per via parenterale e per i pazienti sottoposti a trattamento della tossicodipendenza; ma restano ancora da superare gli ostacoli delle singole nazioni.

Nel contesto globale l’Europa ha un ruolo sia come produttrice che come importatrice di droghe; America meridionale, Asia occidentale e Africa settentrionale risultano essere le maggiori “aree di approvvigionamento” e Cina e India solo per le sostanze “di nuova produzione”.261Gli approcci essenziali al contrasto del fenomeno mirano sia alla prevenzione262 (al

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Secondo quanto riportato dalla Relazione Europea potrebbe essere prevista una più ampia diffusione dell’utilizzo a domicilio di naloxone in Europa, con lo sviluppo di preparati a base di tale sostanza somministrati per via nasale, come quello di cui è stata recentemente autorizzata la vendita in farmacia negli Stati Uniti per impedire le overdoses.

261 Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, Relazione Europea

sulla droga, cit., p. 17

262 Molte attività di prevenzione del consumo di sostanze stupefacenti sono condotte

nelle scuole e prevedono anche il coinvolgimento delle famiglie. La prevenzione universale, in particolare, è diretta a tutti i nuclei familiari nella popolazione, con interventi concepiti per diverse fasi dello sviluppo del bambino; i programmi selettivi, invece, sono rivolti alle famiglie emarginate e vulnerabili. Valutazioni formulate dagli esperti nel 2013 rivelano, però, una portata limitata di tali interventi anche se si possono fare gli esempi del “programma di rafforzamento delle famiglie” che offre una formazione in materia di competenze genitoriali e che finora è stato realizzato in 13

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fine di eliminare ex ante il consumo di sostanze illecite) che al trattamento tramite programmi psicosociali e farmacologici (come risposte prioritarie nei confronti della dipendenza). Interventi quali le terapie sostitutive per la dipendenza da oppiacei ed i programmi di fornitura di aghi e siringhe, sono stati sviluppati nell’ambito di una risposta al consumo di oppiacei per via parenterale ed ai relativi problemi, tra cui in particolare la diffusione di malattie infettive e i decessi per overdose. La Relazione Europea riporta che nel 2014 il 45 % dei soggetti sottoposti a trattamenti specializzati in Europa vi avevano fatto ricorso per “auto segnalazione” (o per segnalazione di un familiare), un quarto, invece, per indirizzo da parte dei servizi sanitari e il 17 % dal sistema della giustizia penale.263 La stima è di 1,2 milioni di persone per l’anno 2014 (1,5 milioni considerando Norvegia e Turchia) con prevalenza di consumatori di oppiacei in trattamento con terapie sostitutive; i consumatori di cannabis e coca usufruirebbero invece di interventi psicosociali.264 Le strutture deputate sarebbero principalmente quelle ambulatoriali, seguite poi dai centri sanitari generici. Questi ultimi, ad esempio, prescrivono terapie sostitutive in Germania e Francia; in

paesi europei ed il “programma EFFEKT”che consiste in alcune brevi sessioni ed ha dimostrato che un miglioramento del monitoraggio da parte dei genitori tramite la definizione di regole efficaci nel ridurre il consumo di alcol e nel migliorare il controllo degli impulsi tra i giovani di Paesi Bassi e Svezia.

263 Su tutti i pazienti in trattamento, i consumatori di cannabis sono i soggetti che con

maggiore probabilità sono stati indirizzati ai servizi di trattamento dalle autorità giudiziarie. In Ungheria circa tre quarti (74 %) degli utenti in trattamento per consumo di cannabis sono stati segnalati ai servizi sanitari da questa fonte.

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Le differenze da paese a paese possono essere estremamente marcate, con una percentuale di consumatori di oppiacei che raggiunge l’88 % dei pazienti in cura in alcuni paesi e meno del 10 % in altri.

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Slovenia e Finlandia sono i centri di salute mentale che forniscono queste prestazioni; un numero di trattamenti più circoscritto viene poi erogato in strutture ospedaliere, tra cui centri ospedalieri residenziali (ad esempio cliniche psichiatriche), comunità terapeutiche e centri specializzati di trattamento residenziale – con differenze rilevanti da Paese a Paese. Il trattamento più frequente in caso di dipendenza da oppiacei è la terapia sostitutiva, di solito associata a interventi di assistenza psicosociale.265 Il metadone è il farmaco sostitutivo prescritto più comunemente, assunto dal 61 % dei pazienti in trattamento, il 37 % invece è trattato con farmaci a base di buprenorfina. Altre sostanze, come la morfina a rilascio lento o diacetilmorfina (eroina), sono prescritte soltanto di raro, essendo assunte dal 2 % dei pazienti in terapia in Europa.

Sebbene siano meno comuni rispetto alle terapie socio-sanitarie, i trattamenti alternativi per consumatori di oppiacei sono comunque disponibili in tutti i Paesi europei.266

Secondo la Relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia dell’anno 2016, infine, per ogni soggetto in trattamento presso i servizi per le dipendenze vengono registrate informazioni riguardanti le caratteristiche socio-anagrafiche, la situazione patologico-infettiva, l’uso di sostanze e le prestazioni e terapie farmacologiche erogate.267 Per il

265 Nel 2014 il numero di consumatori di oppiacei sottoposti a terapia sostitutiva

nell’Unione europea era pari a 644 000 (680 000 considerando Norvegia e Turchia), con una diminuzione di circa 50 000 consumatori dal 2010.

266 Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, Relazione Europea

sulla droga, cit, p. 56

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Il Sistema Informatico Nazionale Dipendenze (SIND) si occupa di monitorare l’attività dei servizi e prestazioni in base ai piani di trattamento offerti, supportarne l’attività

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60% si tratterebbe di prestazioni farmacologiche ed il 74% le avrebbe abbinate anche a prestazioni psicosociali. I programmi residenziali e semiresidenziali proporrebbero poi un’ampia gamma di progetti e percorsi multidisciplinari ad alto grado di personalizzazione (offerti quasi

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