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La difficile compatibilità fra carcere e tossicodipendenza

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

LA DIFFICILE COMPATIBILITA’ FRA CARCERE

E TOSSICODIPENDENZA

Relatore

ILL.MO PROF. LUCA BRESCIANI

Candidato

GINEVRA PEDROTTI

Pisa, 20 Aprile 2017

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INDICE

Introduzione...5

CAPITOLO PRIMO

Il fenomeno della tossicodipendenza...10

1.1 Un tentativo definitorio...10

1.2 Espansione e problematiche relative al fenomeno “droga”...17

1.3 Problematiche legali e definitorie...25

1.4 Evoluzione del sistema sanzionatorio...37

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1.6 Esecuzione penale e diritto alla salute in carcere...62

1.7 Lo sviluppo delle politiche criminali nazionali ed internazionali...78

CAPITOLO SECONDO

Droga e carcere...99

2.1 L’ingresso in carcere ed i controlli successivi...99

2.2 Il trattamento terapeutico...113

2.3 Il modello a "custodia attenuata”...129

2.4 Il fenomeno dell’ingresso in carcere di sostanze stupefacenti...138

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CAPITOLO TERZO

Un approccio effettivo, dall'ottica internazionale a quella dei

carceri italiani...155

3.1 Un approccio comparativistico...155

3.2 Le carceri della Toscana...167

3.3 La necessità di un cambiamento...181

Conclusioni……….192

Bibliografia……….…198

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INTRODUZIONE

Nel passato l’azione repressiva dell’ordinamento nei riguardi del problema della tossicodipendenza è stata orientata in maniera precipua al fine di frenare la diffusione di comportamenti socialmente contrari ai principi di morale e sanità pubblica; l’effetto retributivo della sanzione penale stigmatizzava determinate condotte operando in funzione dissuasiva e trascurando, perciò, i percorsi individuali del condannato. Questi venivano ignorati prima in sede di esecuzione e poi – nelle successive istanze post-carcerarie dell’ex detenuto – sul piano della convivenza sociale. Il fenomeno della tossicodipendenza veniva, quindi, trattato con un’impostazione attualmente in conflitto con le linee direttrici nazionali ed internazionali su cui si orienta il moderno Diritto penale. La sua crescita in forma epidemica e la sua manifestazione a livelli più disparati, ha richiesto un’attenzione che uscisse dall’ottica della “riprovazione” e si sostanziasse, invece, in percorsi di integrazione sociale per realizzare l’obiettivo di prevenzione dei reati e di trattamento rieducativo conforme ad umanità. La condizione del tossicodipendente sottoposto a misure detentive di tipo indifferenziato si presta ad un aggravio della – già precaria – situazione individuale. Il regime carcerario ordinario non risulta, infatti, idoneo né ai fini special-preventivi (comportando frequentemente solo patimenti ulteriori), né ai fini general-dissuasivi rispetto ad altri individui che presentino la medesima problematica. Il tossicodipendente, infatti, è un soggetto particolare: la sua devianza “primaria” derivante dal disadattamento sociale lo spinge in

primis a porsi contro l’ordinamento “sfidando” le proibizioni imposte e

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bisogni fisici indotti dalla sostanza. Le esigenze di sicurezza sociale, però, impongono allo Stato l’adozione di misure securitarie, tra cui il carcere, a cui l’ordinamento ricorre in maniera preponderante. La detenzione del tossicodipendente in ogni caso non potrà essere vissuta in modo analogo a quello degli altri soggetti; la sua problematicità (che solitamente è una componente importante, se non la principale, alla base dei comportamenti contra legem) e la necessità di trattare eventuali patologie correlate richiedono, dunque, l’attuazione di un percorso penitenziario differenziato.

<<In Italia gli Istituti di pena accolgono tra le proprie mura masse sempre più indifferenziate di individui disagiati, la cui gestione socio-sanitaria non può essere affidata ad interventi indifferenziati e generici, ma che necessita di specializzazione e mezzi adeguati.>>1

Come riportato da S. Ardita le risorse umane e finanziarie messe a disposizione per le strutture non sono idonee a sostenere una simile pressione; la popolazione carceraria consta di un ampio numero di soggetti con problemi legati alla dipendenza da sostanze che necessiterebbero, invece, di un programma diverso e maggiormente effettivo. Il sovraffollamento carcerario è accompagnato da una politica criminogena che continua ad incrementare il numero di presenze in quest’ambito. Le difficoltà oggettive intra-murarie e l’intervento sociale necessario per persone tossicodipendenti richiedono ancora soluzioni per rendere concretamente apprezzabile la funzione della pena.

Per porre rimedio a tali questioni è necessaria un’ottica maggiormente attenta al fenomeno nel complesso. Partendo dal tentativo di dare una

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definizione alla tossicodipendenza si può così costruire un percorso che conduca al superamento dell’impostazione meramente repressiva e dunque ad un compromesso tra le istanze individuali e le necessità dell’ordinamento di tutelare la collettività. La situazione di dipendenza ne genera altre di disagio sociale, è necessario considerare che <<il vortice in cui la droga trascina l’individuo può operare pertanto secondo uno schema progressivo di bisogno di assunzioni sempre più frequenti e sempre più cospicue, che alimentano in modo sistematico la condizione di dipendenza, sino all’alienazione dal contesto sociale, finendo per sovrapporsi e sostituire, nella mente dell’assuntore, le stesse ragioni di disagio personale che hanno spinto la persona verso la prima assunzione.>>2 Questo problema, viste le componenti sia fisiche che psicologiche-sociali è stato affrontato con diversi approcci dalle varie discipline per trovare un punto di incontro ed una soluzione maggiormente efficace. L’approfondimento sul piano clinico e criminologico accanto ad un’analisi di come la società percepisca il tossicodipendente origina una visione delle varie evoluzioni e cambiamenti anche sul piano normativo. Lo sguardo poi sul rapporto tra droga e soggetto può essere utile al fine di una più completa comprensione delle dinamiche interne che muovono questo individuo e come punto di partenza per un trattamento individualizzato.

Passando alla disciplina dell’ordinamento italiano risulta fondamentale radicare storicamente l’incremento dell’uso di sostanze stupefacenti. Le problematiche legali scaturenti dalla normativa vigente – e dai vari interventi correlati – evidenziano, infatti, ancora una necessità di definizione generalizzata del fenomeno, sganciata cioè dagli elenchi delle

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sostanze proposti dai vari organismi nazionali ed internazionali. Il diritto alla salute e le condizioni carcerarie in fase esecutiva sarebbero, in aggiunta, difficilmente conciliabili; capire perché e come un individuo con una molteplicità di problematiche (quali vere e proprie patologie) possa permanere in stato detentivo costituisce la premessa per passare a sondare i vari interventi possibili. I documenti nazionali ed internazionali forniscono informazioni relative alle varie politiche criminali evidenziando le differenti visioni e strategie per un approccio che richiede un’ “ottica globale” atta a proporre nuove soluzioni. La situazione attuale dei tossicodipendenti detenuti richiede, infatti, uno studio che consideri non solo i possibili interventi normativi, ma che dia anche uno sguardo alla situazione prasseologica di questa realtà. Analizzando i vari passaggi, dall’arresto al primo ingresso in carcere e le varie soluzioni trattamentali adottate durante la permanenza, si possono comprendere quali siano le problematiche effettivamente riscontrate che richiedono, ancora oggi, un cambiamento. Seguire il soggetto tossicodipendente nel percorso riabilitativo è necessario per la buona riuscita del programma terapeutico proposto, ma anche per individuare dove e come questo processo possa essere migliorato. La collaborazione interdisciplinare adatta al caso di specie è necessaria per parametrare la riuscita dell’intervento in base all’integrazione dei servizi offerti nell’Istituto. Le soluzioni “a custodia attenuata” e l’assistenza socio-sanitaria erogata realizzano modelli di intervento conformi al programma penitenziario atto alla presa in carico congiunta di tali soggetti “abbisognevoli”. Questo problema deve essere affrontato in maniera integrata e non può prescindere da uno sforzo che si diriga alla generalità della popolazione tossicodipendente ristretta. Le linee direttive nazionali – ed internazionali – presuppongono una cura

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altamente individualizzata per eliminare ciò che ha portato il soggetto in questa sede. Le varie esperienze rilevate nelle realtà dei diversi Paesi sono quindi utili a poter percepire l’importanza che il trattamento e le sue differenti manifestazioni abbiano ai fini di una definizione unitaria e risolutiva. Guardare allo sviluppo ed alle tecniche utilizzate in diversi Stati può dare spazio ad un confronto per apportare migliorie anche a livello nazionale. Il carcere non può considerarsi dunque una struttura separata dagli altri contesti istituzionali, ma deve aprirsi alla collaborazione multidisciplinare per affrontare problematiche che, nella maggior parte dei casi non è preparato ad affrontare.

Il dibattimento sulla corretta utilizzazione della sanzione penale vede, da un lato, come i risultati di una politica esclusivamente repressiva siano stati oggetto di profonda critica (inidonee a contenere il fenomeno in espansione); dall’altro, la necessità di utilizzare correttamente i parametri di offensività, legalità ed effettività della sanzione, fino ad arrivare ad interrogarsi sull’utilità del carcere per un soggetto malato.

La ricostruzione della struttura della legislazione di settore verrà, dunque, integrata da aspetti sociologici e medico-legali; seguita poi dallo studio sia della pratica penale che della disciplina penitenziaria, con le problematiche annesse ai fini della ricostruzione di un quadro completo di quella che è la condizione del tossicodipendente recluso.

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CAPITOLO PRIMO

IL FENOMENO DELLA TOSSICODIPENDENZA

SOMMARIO: 1.1 Un tentativo definitorio - 1.2 Espansione e problematiche relative al fenomeno “droga” – 1.3 Problematiche legali e definitorie - 1.4 Evoluzione del sistema sanzionatorio - 1.5 La nuova logica di deflazione carceraria - 1.6 Esecuzione penale e diritto alla salute in carcere - 1.7 Lo sviluppo delle politiche criminali nazionali ed internazionali

1.1 Un tentativo definitorio

<<...tossicodipendente è innanzitutto una persona, una persona che porta un malessere e che in un certo momento della sua vita incontra la sostanza. Non esistono rapporti di causa-effetto.>>3

Il fenomeno della tossicodipendenza non è di facile ed immediata comprensione ed è stato, nel tempo, terreno di ampie discussioni. L’approccio della società, il riflesso nella legislazione ed il tentativo di una più profonda comprensione di ciò che spinge l’individuo verso la dipendenza hanno modificato la percezione del soggetto individualmente considerato. L’accrescimento di questo fenomeno ha richiesto sempre maggiore attenzione nelle varie discipline, dall’approccio psicologico a

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quello prettamente medico fino ad arrivare a veri e propri interventi legislativi ad hoc.

La tossicodipendenza può essere analizzata almeno sotto due differenti punti di vista, quello del microcosmo soggettivo ed, a livello macroscopico, nell’ottica del “problema collettivo-sociale”. Il primo approccio prende in considerazione il tossicodipendente come persona, un malato cronico recidivante tendenzialmente rinunciatario di fronte alle pressioni sociali. A livello fenomenico, invece, la si può considerare come un vero e proprio problema in crescita che comprende una molteplicità sempre più ampia di individui.

Nel nostro attuale contesto storico-culturale la tossicodipendenza è considerata una forma di devianza. L’approccio quasi demonizzante della collettività si nasconde dietro un’analisi generalizzante e superficiale del comportamento del “reo”. Spesso e volentieri è un soggetto che reitera meccanismi che lo conducono ad affrontare percorsi che oltrepassano la soglia della legalità ma, anche se così non fosse, e l’atto non rientrasse nell’area della punibilità, quasi automaticamente verrebbe comunque etichettato come fattispecie di reato. D’altra parte, nel caso che tali comportamenti rientrassero realmente nell’area dell’illiceità, non verrebbero nemmeno vissuti come tali da chi li realizzasse, ma, molto più semplicisticamente, sono spesso considerati <<reazioni normali a certe pressioni provenienti dalla società>>.4 Da un punto di vista sociologico, la devianza può essere considerata <<un’infrazione della norma sociale, un comportamento non conforme ai modelli o alle aspettative

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istituzionalizzate, una violazione delle regole sociali>>.5 La realtà di riferimento implica un certo grado di uniformità di esperienze e di modelli tendenzialmente condivisi, una certa disposizione dunque a porsi di fronte alla realtà ed ai problemi per affrontarli in un determinato modo. Ciò che non risponde a tali “parametri omogenei” viene considerato non-normale o al di fuori della funzione coesiva della società stessa. Vengono così delineati quelli che sono i codici di riferimento per il comportamento normale e socialmente accettato o per quello anormale e deviante, dunque non accettato socialmente.

A tal proposito, però, è da sottolineare come l’atteggiamento repressivo della cultura dominante possa comportare sia reazioni di protesta che la formazione di una sub-cultura del “rifugio” nella sostanza. La repressione incide infatti producendo effetti di “etichettamento” e proibizionismo che si pongono, a loro volta, come presupposti per ulteriori conseguenze6: il primo può determinare una condizione di isolamento rispetto alla società ritenuta ostile dagli assuntori; il secondo implica una diminuzione dello stupefacente disponibile, creando dunque un terreno fertile per il relativo mercato illegale. Maggiore apertura o tolleranza potrebbero portare quindi ad un risultato positivo e finanche ad un decremento di situazioni di devianza.

A livello europeo, politiche come quelle dei Paesi Bassi possono supportare questa teoria. Dopo un’accanita lotta alla droga il dato riscontrato non è stato soddisfacente, l'uso di cannabis ed oppiacei non è drasticamente sceso. Al contrario, combattere il problema nei mercati

5 F. Demarchi, A. Ellena, B. Cattarinussi, Nuovo dizionario di sociologia, Milano, 1987, p.

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F. Bruno, U. Leone, Relazione tra droga e criminalità, a cura di F. Ferracuti in Medicina

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illegali non ha fatto altro che incrementarne il raggio d’azione. La politica di questi paesi ha raggiunto dei successi solo quando ha preso in considerazione un diverso obiettivo come quello controllare l’uso delle droghe considerate più pericolose. Viene utilizzato un diverso parametro per misurare l’elemento di rischio per la società basato sulle circostanze in cui le droghe vengano usate e dal correlativo quantitativo. Trattando in maniera innovativa questo problema il governo olandese ha stimolato riflessioni ed iniziative di riforma delle leggi sulla droga. Il movimento antiproibizionista ha così avuto modo di dimostrare un risultato positivo sulla base di una riforma ufficialmente perseguita in un paese di 15 milioni di abitanti, per un periodo di quasi vent’anni.7

Molti considerano il proibizionismo come causa diretta dello sviluppo della criminalità organizzata e, di conseguenza, anche dei reati connessi alla tossicodipendenza; l’antiproibizionismo, invece, come un modo di difendere le libertà personali: la proibizione punirebbe per un reato in cui è assente la parte lesa imponendo anche metodi di accertamento lesivi della privacy e degli elementari diritti costituzionali. Alcuni ritengono infatti che l’uso di sostanze stupefacenti sia una scelta personale in cui lo Stato non ha diritto di interferire e che il proibizionismo altro non faccia che alimentare l’economia sommersa ed illecita a danno di quella legale.8 Come sostenuto da A. Margara, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della regione

7 Government of the Netherlands, Toleration policy regarding soft drugs and coffee

shops, ma si veda anche Drug use and addiction care, disponibili sul sito istituzionale del

Governo Olandese https://www.government.nl/topics/drugs/contents/toleration-policy-regarding-soft-drugs-and-coffee-shops

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G. Arnao, Anti-Prohibition: What does it really mean? In The International Journal of

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toscana <<il proibizionismo sull’alcool, negli USA degli anni Venti, e quello sugli stupefacenti, diffusosi dagli USA in tutto il mondo più tardi, hanno segnato la nascita o il rafforzamento della criminalità organizzata, che ha trovato nel mercato illecito la via per la creazione di grandi capitali, che hanno, in quelle mani, prodotto inquinamento in molte altre aree. E poi va anche ricordato che il fenomeno è sempre cresciuto, non è stato affatto contenuto, ma aiutato ad aumentare, dal proibizionismo>>.9 La coscienza sociale prevalente valuta però in senso tendenzialmente negativo l’assunzione di certe sostanze. Il consumatore viene stigmatizzato come soggetto che fugge dalla realtà, che ricerca egoisticamente piacere o che ha un atteggiamento di disimpegno e distacco. In questo quadro risulta però necessario sottolineare come per altre sostanze quali l’alcool prevalgano valutazioni opposte; le tradizioni culturali o, più realisticamente, gli interessi economici molto consolidati “giustificano” il consumo della bevanda e ne impediscono la fuoriuscita dal mercato.

Diverse teorie interpretative si sono cimentate poi nel tentativo di definire e comprendere il fenomeno “tossicodipendenza”, alcune privilegiano un approccio psicologico, altre principalmente un aspetto sociologico ed infine anche clinico-farmacologico.10 Il primo basa la sua analisi sulla mancanza di controllo da parte dell’individuo o la “giustifica” in base alla preesistenza di uno stato patologico soggettivo; l'approccio psico-biologico propone, invece, una <<origine negli squilibri biochimici endogeni che si tradurrebbero quindi nella ricerca di un farmaco esogeno

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A. Margara, La giustizia e il senso di umanità, Firenze, 2015, p. 342

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F. Carchedi, G. Capalbo, Alcune considerazioni sulla tossicodipendenza in Affari Sociali

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equilibratore>>.11 Infine l’approccio psico-sociale rapporta l’individuo con il contesto di appartenenza e la tossicodipendenza è vista come una perturbazione di tale relazione con la società.

I problemi di dipendenza fisica che insorgono in soggetti che consumano abitualmente sostanze psicotrope richiedono la cura di quelle che sono considerate patologie come la dipendenza, la tolleranza e l’astinenza. Le discipline mediche si occupano infatti dell’analisi del fenomeno nell’ottica dell’azione ex post; attualmente vengono utilizzati farmaci in grado di sostituire la “causa”, per l’assuntore, di tale dipendenza.12 Le droghe sostituiscono infatti, nel cervello, sostanze prodotte dal corpo. Queste ne compromettono il funzionamento creando sensazioni illusorie di piacere, con il tempo però il cervello funziona in condizioni sempre più alterate finché il resto dell’organismo non manifesta evidenti danni. Queste sostanze agiscono infatti sui meccanismi che normalmente regolano il comportamento, il pensiero e la motivazione.

Il rapporto tra droga e soggetto può strutturarsi in diverse modalità e dare luogo ad esiti comportamentali differenti. Secondo Giuliano Ponti all’interno di questa “categoria emarginata” è possibile distinguere tra consumatori, tossicodipendenti e tossicomani. In base alle peculiarità della dipendenza, infatti, i primi vengono caratterizzati dall’uso

11F. Bruno, Aspetti sociologici e criminologici delle tossicodipendenze in

Tossicodipendenze e devianza nell’attuale società, Milano, 1981, p. 55.

12 Questo ruolo di sostituzione è svolto dal metadone, un derivato di sintesi dell’oppio

somministrato presso i Ser.T. in base alla legge 685/75 e ai successivi decreti del 1980. Va inoltre ricordato l‘uso di terapie a base di Naltrexone cloridrato, che annulla in tutto o in parte gli effetti degli oppiacei, rendendo praticamente inutile l’assunzione di tali sostanze. È anche al vaglio dell’Istituto Superiore di Sanità una nuova terapia farmacologica di rapida disintossicazione, denominata UROD, sperimentata da circa un biennio in Spagna e praticata per qualche tempo presso l’Ospedale S. Raffaele di Milano.

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sporadico, discontinuo, limitato od occasionale delle sostanze psicotrope. E’ comunque possibile che ivi vengano ricompresi anche coloro che ne facciano uso più continuo ma con livelli bassi di dosaggio. In questi casi non si instaura dunque una dipendenza ed interrompere le assunzioni risulta essere un processo di lieve difficoltà. Al contrario, un soggetto considerato tossicodipendente ha bisogno della sostanza ed è la vera e propria dipendenza che agisce a livello fisico o psicologico dettandone e condizionandone la vita. Può ancora mantenere rapporti lavorativi ed affettivi ma è vincolato dall’urgenza dell’assunzione e lo stato di astinenza, quell’impellente necessità di procurarsi la sostanza, lo può portare anche a commettere atti contra legem.13 I soggetti tossicomani vengono distinti poi per il loro sempre più intenso rapporto con la dipendenza. La droga diventa dunque l’unica ragione di vita, non sono in grado di mantenere relazioni regolari o di affrontarle normalmente ed il loro obiettivo o “fine ultimo” viene identificato proprio nell’assunzione. I rapporti tra droga e criminalità possono essere riassunti in categorie quali la criminalità “diretta”, quella “da sindrome da carenza”, una “indiretta” ed una “da ambiente”. Per criminalità diretta si intende la commissione di reati in virtù dell’effetto di una droga; è possibile, infatti, che gli effetti specifici della sostanza assunta – quali l’aumento dell’aggressività, la diminuzione delle inibizioni e la perdita di auto-controllo – favoriscano o addirittura provochino comportamenti illeciti. La criminalità da sindrome di carenza è invece strettamente connessa allo stato di astinenza e l’urgente necessità di assunzione rende indispensabile l’ottenimento dei mezzi per l’acquisto della droga. Questo “stato di bisogno” può facilmente portare il tossicomane a commettere

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furti, rapine ed aggressioni. Si parla di connessione mediata, ovvero di criminalità indiretta poi, quando l’individuo entra a far parte del più ampio spettro dell’associazione criminale sottostante e del meccanismo della circolazione della sostanza psicotropa. Secondo Giuliano Ponti esiste, infine, una correlazione ambientale tra droga e criminalità: in particolari aree urbane ed ambienti sociali – dove il consumo di sostanze risulta essere più intenso – è più ampia la confluenza di tossicomani e la criminalità diventa, dunque, quasi un aspetto strutturale dell’ambiente preso in considerazione.

1.2 Espansione e problematiche relative al fenomeno “droga”

La tossicodipendenza, secondo la definizione della World Health Organization, si caratterizza per l’uso di alcune sostanze <<capaci di determinare dipendenza fisica o psichica, o ambedue, in seguito alla sua somministrazione di base periodica o continuativa>>.14 Le caratteristiche possono essere riassunte come desiderio irrefrenabile o necessità continua del farmaco da procurarsi con ogni mezzo; la tendenza ad aumentare la dose; la dipendenza psichica e fisica dall’effetto del farmaco (con consequenziale sindrome da astinenza in caso di sospensione); l’effetto nocivo per l’individuo e per la società. Una sostanza, per essere ritenuta capace di generare tossicodipendenza, deve

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dunque possedere almeno tre caratteristiche: deve produrre dipendenza, sintomi di astinenza e desiderio incontrollato di ottenerla.

Nella società attuale una delle preoccupazioni principali è l’incremento dell’uso delle droghe, un problema difficile da arginare. Eroina, cocaina e cannabis sono tra le tre sostanze più consumate.

Per quanto riguarda le prime due l’opinione pubblica ne condanna l’uso quasi indiscriminatamente, mentre la disapprovazione della cannabis diminuisce per le fasce d’età più giovani: la maggior parte non ne “stigmatizza” l’utilizzo ed il 31,3% degli italiani fra i 15 e i 64 anni ed il 51% degli studenti (fra i 15 ed i 19 anni) ritiene piuttosto facile e veloce reperire una qualsiasi droga. Quella più accessibile risulta essere la cannabis, seguita da cocaina, stimolanti, eroina e allucinogeni. Discoteca e addirittura scuola vengono indicate dagli studenti come luoghi per il possibile “rifornimento” e spaccio. Fino a pochi anni fa il numero di soggetti segnalati alle prefetture per possesso di droghe era stimato di circa 55.000 persone, di cui il 73% solo per possesso di cannabis.15

Per quanto riguarda l’eroina è stato stimato che almeno 3 abitanti su 1000 la abbiano assunta e 1 su 1000 con frequenza pressoché giornaliera. I numeri aumentano fra gli studenti: 4 su 1000 ne fanno un uso frequente, ma in questi casi l’utilizzo avviene prevalentemente intorno ai 17 anni e ciò permette di ipotizzare che, per la popolazione adolescenziale, questa sostanza non sia altro che una “esperienza transitoria”.

Con riferimento alla cocaina un italiano su 1000 tra i 15 e i 64 anni risulta esserne consumatore abituale e le percentuali più elevate si riscontrano sempre fra gli studenti.

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Oltre un terzo della popolazione, con età compresa tra i 15 ed i 64 anni, ha fatto uso di cannabis nel corso della propria vita. In stima percentuale il 20% l’ha provata a 15 anni o meno, il 50%, con età compresa tra i 16 e i 20 anni ed il restante 30% dopo i 20.

L’uso di stimolanti e allucinogeni è in continuo aumento fra la popolazione giovanile. Parte degli italiani, fra i 15 ed i 64 anni, fa uso abituale di amfetamine, ecstasy o altri stimolanti. La fascia di età in cui ne viene fatto uso è compresa tra i 15 e i 24 anni ed il consumo di allucinogeni riguarda almeno 33 italiani ogni 1000, il 2 per 1000 a livello giornaliero.16

Particolare allarme sociale riveste altresì la “poliassunzione” ovvero l’uso combinato di droghe. La maggior parte dei soggetti che hanno fatto uso di cocaina l’hanno associata alla cannabis. Il 55% dei consumatori di eroina, invece, non la assume con altre sostanze ma il 33% adotta anche cannabinoidi e l’11% ne fa uso con varie altre droghe.

Un altro problema emergente, legato sia allo sviluppo scientifico che alla globalizzazione, è che sul mercato sono disponibili una pluralità di nuove droghe sintetiche. Vengono immesse da nuove organizzazioni criminali usando principalmente Internet, ovvero “smart shop”, e vengono pubblicizzate come sali da bagno, incensi, fertilizzanti, prodotti naturali, erbe mediche o prodotti simili. Queste molecole chimiche sono sintetizzate e vendute sotto mentite spoglie e, molte volte, l’acquirente non ne conosce l’esatta composizione. La maggior parte viene preparata artigianalmente in scarse condizioni igieniche, viene successivamente immessa in commercio mediante siti web specializzati che prevedono un

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Dipartimento Politiche Antidroga, Uso di sostanze psicoattive illegali nella

popolazione, 2015, dati disponibili al sito http://www.politicheantidroga.gov.it/media/58493/cap2.pdf

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sistema di pagamento mediante carta di credito e spedizione tramite corriere postale. Queste molecole sono ancora poco note e poco riconoscibili dai normali laboratori ed una delle difficoltà maggiori è proprio quella di identificarle anticipatamente. La soluzione, di concerto con il Ministero della Salute è stata quella di inserire nelle relative tabelle ministeriali, recanti l’elenco delle sostanze stupefacenti, anche gli analoghi strutturali e non soltanto le singole molecole delle nuove droghe.17

I dati relativi alla droga in Italia sono forniti da più organismi: il Ministero della Salute gestisce i dati relativi alla tipologia delle sostanze ed al tipo di trattamento necessario in base all'attività delle strutture pubbliche (Ser.T che si occupano del trattamento dei tossicodipendenti); il Ministero dell'Interno produce informazioni sulle strutture socio-riabilitative, considerandone la relativa utenza, ma anche sequestri e decessi correlati al mondo della droga; il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali provvede invece alla raccolta, analisi e valutazione dei dati forniti dalle amministrazioni dello Stato, presentando annualmente in Parlamento una relazione sullo stato delle tossicodipendenze in Italia. A livello europeo, l'ente che se ne occupa è l'Osservatorio europeo di Lisbona (EMCDDA) e la stima del mercato delle droghe fatta da Transcrime è nel

range di 4,5 – 10,9 miliardi di €. Quella dell’Istat, per i consumi, è di 12,7

miliardi. Pur nella grande incertezza, il mercato delle droghe ammonterebbe comunque a svariate decine di miliardi di euro.18

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L. Fazzi, A. Scaglia, Tossicodipendenze, Milano, 2001, pp. 23-27.

18

Governo Italiano, Dipartimento politiche antidroga, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione annuale al Parlamento 2015 sullo stato delle tossicodipendenze in

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Il fenomeno preso in considerazione è considerato illegale e, dunque, in gran parte nascosto e monitorarlo diventa sempre più complesso anche a causa della continua evoluzione del mercato. L’Italia si colloca fra i principali poli europei come area di transito, di consumo e, in minima parte, di produzione. La penisola italiana, grazie alla sua posizione e alla sua conformazione geografica (ottomila chilometri di coste), rappresenta una delle principali porte d’accesso delle droghe ed è il primo mercato mondiale di consumo dell’eroina ed il secondo, dopo il Nord America, della cocaina.19 Inoltre, la presenza di organizzazioni criminali con ramificazioni all’estero e sul territorio consente alle stesse la gestione dei traffici internazionali di sostanze stupefacenti, mantenendo comunque il controllo dei rispettivi mercati interni. Stimare quanto costa il contrasto e la repressione del “fenomeno droga”, visto lo stato di sommersione di tale realtà, non risulta essere semplice ma, a livello metodologico, possono essere ragionevolmente prese in considerazione almeno tre componenti di spesa: i costi dei detenuti “droga correlati”, quelli della pubblica sicurezza e quelli dei procedimenti giudiziari. La stima è effettuata sulla base dei dati provenienti da fonti amministrative: Ministero di Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Ragioneria Generale dello Stato e Istat. Tra il 2008 ed il 2012 si registra una spesa media di 1,4 miliardi, tradotta nello 0,08 del PIL. Secondo la Relazione al Parlamento del 2012 i costi imputabili alle attività di contrasto ammontano a circa 2 miliardi di euro – di cui quasi la metà per

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Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Politiche Antidroga, Mercato della

droga e interventi di contrasto, in Relazione annuale al Parlamento 2012 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, 2012, p. 413

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la detenzione, il 18,7% per le attività delle forze dell’ordine, il 32,6% per le attività erogate dai tribunali e dalle prefetture.20

Recentemente, nei “WeFree Days” di San Patrignano, sono state analizzate le varie politiche governative con il contributo di Cosimo Maria Ferri, sottosegretario alla Giustizia. Partendo dal denaro che questa comunità gratuita fa risparmiare allo Stato italiano (35 milioni annui)21 si è determinato il costo dell’impatto economico e sociale delle dipendenze. Il dato riportato è che su cinquantamila detenuti, in Italia, se ne contano quasi diciottomila per reati legati agli stupefacenti. Il loro costo giornaliero ammonta a circa 150 euro e, per lo Stato, risulta difficile recuperare le spese giudiziarie. Ci sono poi da considerare altri costi legati all’attività d’indagine e relativi al processo penale. Il dibattito giuridico legislativo mostra poi come si vengano a prospettare due orientamenti opposti: da una parte le posizioni di chi ritenga che occorrerebbe ancora mantenere la certezza della pena e dall’altra, invece, quelle che sono favorevoli ad un sistema meno carcerocentrico. Le spese sanitarie, legali e di sicurezza ammontano infatti a circa l’1,8% del Pil, quindi 715 euro l’anno per il singolo cittadino. Nel Lazio la cifra per l’ospitalità di un tossicodipendente in comunità è di 37 euro ed, in Italia, oscilla tra i 37 e i 150 euro. Secondo Giovanni Pieretti, docente di

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Governo Italiano, Dipartimento politiche antidroga, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione al Parlamento 2012 sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle

tossicodipendenze in Italia, Dati relativi all’anno 2011 e primo semestre 2012 -

elaborazioni 2012, disponibili su

http://www.politicheantidroga.it/media/569861/file%20cumulativo_light.pdf

21 Il costo è stato calcolato in base alla spesa di 150 Euro per singolo ospite. I soggetti

tossicodipendenti, infatti, in caso contrario andrebbero ad incrementare l’ingente numero già presente in carcere e, per ogni individuo, il costo giornaliero stimato ammonterebbe a -- più - 150 Euro, spesa difficilmente sostenibile da parte dell’Amministrazione Penitenziaria.

(23)

23

Sociologia all’Università di Bologna, queste cifre rendono evidente una differenziazione di trattamento su base regionale che rischia di scontrarsi contro diritti e tutele non sufficientemente garantite. Il professor Martien Kooyman ha analizzato l’impatto economico e sociale delle comunità di recupero: queste porterebbero alla riduzione della circolazione di droghe, con conseguente miglioramento della salute fisica e dell’integrazione sociale, ma anche al decremento del rischio di ricaduta e della criminalità correlata. Le ricerche mostrerebbero che, in termini di costi sanitari, 1 dollaro investito in questo settore porterebbe ad un risparmio di 10 dollari. Spendere nelle comunità terapeutiche sarebbe dunque un investimento necessario a promuove uno sviluppo positivo del contesto sociale.22

Secondo il Rapporto della Commissione Globale per le Politiche sulle Droghe la guerra globale alla sostanza sarebbe fallita, con conseguenze devastanti per gli individui e le società di tutto il mondo. Risultano urgenti e necessarie riforme nelle politiche di controllo nazionali e mondiali. Le risorse dirette al contrasto della criminalità e quelle repressive nei confronti di produttori, trafficanti e consumatori non hanno ottenuto i risultati sperati. Le spese pubbliche orientate verso strategie che mirano a ridurre l’offerta di droghe non guardano invece ad altre e più efficaci strategie basate sulla riduzione della domanda e dei correlativi danni. Si auspicherebbe, quindi, una trasformazione del regime globale di proibizione, una sostituzione delle politiche attuali e un’adozione di criteri appropriati con una revisione delle varie

22

Comunità di San Patrignano, Droga, quanto ci costi. Impatto economico e sociale delle

dipendenze, Forum del 10 ottobre 2015, disponibile sul sito http://www.sanpatrignano.org/droga-costo-715-euro-annui-ogni-italiano/

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24

classificazioni tabellari. Le convenzioni internazionali esistenti dovrebbero essere interpretate e modificate per fornire una base legale solida con obiettivi di riduzione del danno, depenalizzazione e nuova regolamentazione.23

Secondo alcune ricerche legalizzare le droghe leggere permetterebbe allo Stato nuove entrate fiscali fino a 8,5 miliardi di euro.24 Facendo un calcolo tra i costi in termini di impatto sulla salute pubblica e benefici intesi come vantaggi fiscali ed economici nel bilancio dello Stato, sarebbe evidente l’impossibilità di prescindere dalla loro diffusione. È stata presentata dunque la proposta di legge dal sottosegretario Benedetto Della Vedova sottoscritta da esponenti di Partito Democratico, Forza Italia, Sinistra Ecologia e Libertà e Movimento Cinque Stelle.25 Secondo quanto proposto, l’obiettivo della legalizzazione renderebbe possibile sia incrementare le entrate per lo Stato che la liberazione di risorse attualmente impiegate nella repressione del crimine correlato. Si cambierebbero innanzitutto le regole relative al consumo personale di Cannabis e l’autoproduzione per autoconsumo sarebbe ammessa con un tetto massimo di cinque piantine per persona. Un’altra modalità di

23

Commissione Globale per le politiche sulle droghe, Rapporto della Commissione

Globale per le Politiche sulle droghe, giugno 2011, p. 4, disponibile al sito

http://www.globalcommissionondrugs.org/wp-content/uploads/2012/03/GCDP_WaronDrugs_IT.pdf

24 Partendo dallo studio Aqua Drugs, progetto del Dipartimento Politiche Antidroga, si

presume un consumo giornaliero di 36,62 dosi ogni mille abitanti. Moltiplicando per un prezzo che varia tra gli 8 e i 12 euro a dose, si ottiene una spesa annua che oscilla tra i 106.930 e i 160.395 euro.

25

E. Izzo, Legalizzazione della cannabis: Benedetto Della Vedova presenta una proposta

di legge sottoscritta da 218 Parlamentari, Conferenza stampa del luglio 2015,

disponibile al sito http://www.radioradicale.it/scheda/448074/legalizzazione-della-cannabis-benedetto-della-vedova-presenta-una-proposta-di-legge

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25

produzione e consumo farebbe poi riferimento al mini-circolo composto da cinquanta fumatori con una coltivazione massima di duecentocinquanta piante. Gli unici limiti sarebbero quello di non poter vendere il prodotto e l’esclusione di chi risultasse essere stato precedentemente incriminato per traffico di sostanze stupefacenti. Queste sostanze sarebbero commercializzabili, infatti, soltanto secondo il monopolio di Stato e autorizzazione dell’Agenzia delle dogane tramite licenze concesse a specifici esercizi commerciali. Questi coffe-shop venderebbero soltanto marijuana in quantità prestabilita per poterne controllare qualità e percorso. L’acquisto sarebbe poi impedito ai minori e, al di fuori di quanto concesso, nessuno potrebbe detenere cannabis per una quantità superiore ai cinque grammi lordi, incrementati a quindici all’interno della propria abitazione. Infine non ne sarebbe possibile il consumo nei luoghi lavorativi o nelle aree pubbliche ma, in ogni caso, il progetto resta ancora in attesa di approvazione.26

1.3 Problematiche legali e definitorie

Per quanto concerne l’esecuzione della pena vige un regime particolare per i soggetti “tossicodipendenti”. Il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 Ottobre 1990 n. 309 si occupa infatti di disciplinare sia le sostanze stupefacenti che, più in generale, la prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. Gli articoli dal 90 al 96

26 T. Ciriaco, Coffee shop e marijuana in casa: la proposta del "partito" della cannabis

legale in La Repubblica.it Cronaca , 19 ottobre 2015, disponibile su

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/06/19/news/coffee_shop_e_marijuana_in_cas a_la_proposta_del_partito_della_cannabis_legale-117193126/

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26

del Testo Unico distinguono due percorsi, uno di decarcerizzazione (articoli dal 90 al 94 del T.U.) ed uno speciale regime detentivo (articoli 95 e 96 T.U.). La definizione di tossicodipendente, tuttavia, non risulta essere di immediata comprensione. Escludendo da subito la “cronica intossicazione” proposta dall’articolo 95 del Codice Penale (che delinea la non imputabilità), è dunque necessario capire quale sia il riferimento definitorio proposto dalla norma di Legge.

Il regime detentivo speciale è chiaramente rivolto a soggetti tossicodipendenti in base alle rubriche: “Esecuzione della pena detentiva inflitta a persona tossicodipendente” e “Prestazioni socio-sanitarie per tossicodipendenti detenuti”. Per i percorsi non detentivi invece è il contenuto degli articoli a specificare che essi siano predisposti per i tossicodipendenti: il riferimento è all'art. 90 per la sospensione pena e all’art. 94 per la pena detentiva che <<deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcool dipendente>>. Queste norme non danno però sufficienti elementi definitori e fornisce qualche indicazione solo l’articolo 96, che prende in considerazione i soggetti che hanno diritto ai trattamenti terapeutici e socio-riabilitativi in carcere. Vengono aggiunti, oltre ai soggetti che hanno compiuto reati <<in relazione al proprio stato di tossicodipendenza>>, chi <<sia ritenuto dall’autorità sanitaria abitualmente dedito all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope o che comunque abbia problemi di tossicodipendenza>>. Si presume dunque che i problemi relativi a questo fenomeno permangano anche in caso sia trascorso molto tempo tra il momento della consumazione del reato e da quello dell’inizio della fase d’esecuzione. Il Legislatore include tra i destinatari dell’assistenza anche chi <<versi ancora in quella condizione di equilibrio e di psicolabilità per la quale è

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27

necessario che la terapia prosegua>>.27 La volontà evidente è quella di ampliare l’alveo dei destinatari dell’assistenza terapeutica, ricomprendendo anche coloro che abbiano commesso reati che non hanno alcuna relazione con la condizione di tossicodipendenza – ma lo siano comunque al momento della esecuzione della pena – e coloro che all'epoca dei fatti non fossero neppure dediti all’uso di tali sostanze. Ciò che risulta evidente, però, è che la nozione di “tossicodipendente” è definita sulla base dello stato di tossicodipendenza stesso. Tale stato va a sua volta riferito alle varie sostanze e relative modalità di consumo ma, anche in quest’ambito, vengono riscontrate ulteriori problematiche. Non esiste, infatti, una definizione standardizzata in grado di ricomprenderne le numerose e crescenti tipologie di droghe presenti sul mercato. Lo sviluppo scientifico, le enormi organizzazioni criminali sottostanti, la velocità e facilità di circolazione delle sostanze rendono difficile un aggiornamento puntuale e completo o la redazione di un elenco “universale”.28

La principale difficoltà è data dall’impossibilità di fornire una definizione tecnica ed unitaria di sostanza “stupefacente” o “psicotropa” che si basi sulla sua composizione, contenuto ed effetti.29 Tali terminologie vengono introdotte per la prima volta dalla legge n. 396 del 18 dicembre 1923, recante i “Provvedimenti per la repressione dell’abusivo commercio di sostanze velenose aventi azione stupefacente”, promulgata in base

27 E. Fassone, Commento all'art. 4 ter del D.L. 22/4/1985 n. 44, convertito nella legge

21/6/1985 n. 297 in Legislazione penale, 1986, p. 51

28 R. Tucci, L’esecuzione della pena detentiva nei confronti di soggetti tossicodipendenti,

in L'altro diritto, Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità, 2011, p. 5, disponibile al sito http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/law-ways/tucci/cap2.htm

29

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28

all’attuazione della Convenzione sull'oppio dell'Aja del 23 gennaio 1912. Si può sottolineare comunque che l’area semantica di riferimento ricomprenderebbe tanto le sostanze di derivazione naturale quanto quelle prodotte attraverso processi di sintesi chimica. Queste vengono individuate in un elenco a cura del Ministero dell’interno ed è così stato avviato il sistema tabellare tutt’oggi in uso. La legislazione vigente non contiene dunque una espressa definizione di “sostanze stupefacenti”, ma si limita ad indicare negli artt. 13 e 14 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, i criteri in base ai quali il Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, sentito l’Istituto superiore di sanità ed il Consiglio superiore di sanità, deve provvedere a formare le sei tabelle contenenti la relativa elencazione.

Più specificamente, nella prima e nella terza tabella vengono indicate le “droghe pesanti” che sono in grado di produrre effetti diretti sul sistema nervoso centrale ed hanno capacità di determinare dipendenza fisica o psichica nell’assuntore. Nella seconda e quarta invece vengono elencate le “droghe leggere”, per le quali i pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica sono di intensità e di gravità minori di quelli prodotti dalle sostanze delle altre tabelle. Nella quinta e nella sesta poi vengono inseriti i prodotti usati con finalità terapeutica che, contenendo anche sostanze precedentemente prese in considerazione, possono dare luogo a pericolo di abuso ed alla possibilità di farmacodipendenza e che, comunque, è opportuno sottoporre a controllo da parte dell’autorità.

Mancando una nozione generale di sostanza stupefacente, devono ritenersi tali solo quelle inserite nelle tabelle. La detenzione e l’uso di

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29

sostanze non ivi ricomprese è dunque giuridicamente irrilevante;30 anche se la sostanza risultasse analoga per effetti il fatto non sarebbe comunque punibile31 e, da ciò, risulta essenziale l’importanza di un costate e tempestivo aggiornamento delle relative tabelle.

Il fattore comune alla tossicodipendenza è sicuramente dato dalla capacità di provocare dipendenza – di carattere psichico o fisico – delle sostanze prese in considerazione. Dal punto di vista medico queste vengono catalogate in relazione agli effetti che provocano. I tossicologi, ancora oggi, si basano sulla proposta di Lewin del 1927 relativa alle conseguenze provocate sull’organismo del consumatore. L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha invece adottato una distinzione relativa a quelli che vengono considerati gli “effetti diretti” e cioè desiderati dagli assuntori. Questa elaborazione di Jean Delay considera droghe depressive quelle che calmano l’attività cerebrale come alcool, oppiacei, analgesici, sonniferi e tranquillanti; stimolanti, come coca, cocaina, tabacco e farmaci di vario genere; psichedeliche quelle che alterano la percezione della realtà, quali mescalina, funghi allucinogeni, cannabis e sostanze sintetiche come LSD e MDMA.

Un altro metodo di classificazione comune a quasi tutte le legislazioni considera poi il grado di controllo che sia necessario esercitare sul commercio e sull’uso della sostanza in base all’ “allarmismo” o allo sviluppo (anche medico) del momento. L’ OMS distingue quindi tra sostanze ritenute di grande utilità terapeutica; di utilità terapeutica ma il

30

Non si potrebbe configurare il reato ex articolo 73 del D.P.R. 9 309/1990, né l’illecito amministrativo delineato nel successivo articolo art. 75

31

Per uno spazio di impunità si veda l’esempio di assoluzione degli imputati a proposito della detenzione di piante di chata edulis perché non indicata nelle tabelle delle sostanze vietate. Cass., Sez. VI, 23 giugno 2003

(30)

30

cui uso può causare seri danni alla salute; ed un ultimo gruppo che ricomprende quelle dal valore terapeutico certo, con un rischio di effetti collaterali moderato ma comunque non trascurabile.32

La dottrina penalistica ha sempre sottolineato però che né le impostazioni farmacologiche, né quelle che provano a classificare le droghe in base alla composizione chimica siano in grado di fornire un concetto unitario e soddisfacente sul piano giuridico.33 A tali fini è necessario che intervenga un’operazione di selezione che, muovendo dalla tipologia descrittiva proposta, pervenga poi ad una valutazione unitaria di cosa possa essere considerato “sostanza stupefacente”.

Ad oggi non esiste una definizione univoca, la tossicodipendenza ha infatti assunto negli anni connotazioni e valori differenti in base alle diverse conoscenze ed al fenomeno in continua evoluzione. Nell’elaborazione delle misure giuridiche si deve dunque tenere conto dei dati scientifici aggiornati, cosicché le fattispecie di reato ed i relativi parametri risultino chiari ed attuali.

Il contrasto dei reati correlati agli stupefacenti è una delle principali priorità anche nel contesto europeo ma, anche in quest’ambito, risulta essere necessario stabilire un quadro concettuale e condiviso di riferimento. A livello sovra-nazionale uno degli orientamenti più diffusi applica la matrice tripartita proposta da Goldstein dove il fatto che il consumo di stupefacenti comporti il compimento di “atti di violenza” viene analizzato in base al nesso stupefacenti-reato; vengono così distinti i modelli psicofarmacologico, economico-compulsivo e

32

J. Bergeret, Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane: riflessioni sul tema, Roma, 1983, p.136

33

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31

consequenziali. È stato proposto che la delinquenza induca al consumo di sostanze illecite e che questo porti alla commissione di reati ed alla delinquenza in quanto fenomeni concomitanti. Il modello concettuale costituito da queste categorie di reati può contribuire a dare un fondamento alla definizione di “reato correlato agli stupefacenti”. Per psicofarmacologici vengono definiti quei reati commessi sotto l’effetto di una sostanza psicoattiva, in conseguenza di un uso acuto o cronico; per economici compulsivi quelli commessi per ottenere denaro in relazione alla dipendenza; per sistemici invece quelli commessi nel quadro del funzionamento dei mercati illeciti in relazione all’attività di distribuzione, offerta e consumo di droghe; infine per reati contro la legge in materia di stupefacenti quelli commessi in violazione delle normative riguardanti tali sostanze.34

Dato che si riscontrano notevoli difficoltà a raggiungere un accordo su una definizione generale ed astratta, capace di delimitare in modo chiaro la categoria delle droghe, in molti paesi si è deciso di rimettere l’individuazione di queste sostanze ad elenchi ufficiali che vengono via via aggiornati. Si cerca così di dare certezza su cosa sia considerabile “droga” e di conferire alle fattispecie incriminatrici il necessario perimetro di riferimento. A livello internazionale la Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, modificata poi nel 1972, presenta quattro tabelle che contengono un elenco di sostanze raggruppate in base agli effetti. Ogni nuovo inserimento può avvenire solo previo parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrà specificare quali siano le ragioni per ritenere che l’assunzione incontrollata della sostanza

34

EMCDDA, Briefing dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, in

Focus sulle droghe, doc. ISSN 1681-6358, 2007, p. 2, disponibile su

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32

possa provocare un problema di rilevanza tale da giustificarne il controllo. L’analisi verte dunque sulla capacità di provocare dipendenza ed originare effetti nocivi comparabili a quelli prodotti dalle sostanze già comprese negli elenchi. Questo sistema è stato ribadito dalla Convenzione di Vienna del 1971, recepita in Italia con legge del 25 marzo 1989 n. 385 e con la legge n. 162 del 26 giugno 1990. Anche la Convenzione del 20 dicembre 1988 contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope vi fa riferimento e la ratifica nel nostro paese in questo caso avvenne con la legge 5/11/1990, dopo l’approvazione del D.P.R. 309 del 9/10/1990, contenente il “Testo Unico delle leggi in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope”.

La convenzione di New York del 1961 è attualmente in vigore in 150 Stati e sottopone a controllo internazionale più di un centinaio di stupefacenti. La convenzione di Vienna del 1971 è attualmente in vigore in 146 Stati e ne sottopone un altro centinaio non precedentemente elencato. La Convenzione del 1988, di cui sono parte 138 Stati e l'Unione Europea, prevede il monitoraggio delle sostanze chimiche essenziali alla fabbricazione delle droghe e presenta due nuove tabelle. In particolare viene sancito che <<compatibilmente con i propri principi costituzionali e i concetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico, ciascuna Parte adotta le misure necessarie per attribuire la natura di reato, nella sua legislazione interna, qualora l’atto sia stato commesso intenzionalmente, alla detenzione ed all’acquisto di sostanze stupefacenti e psicotrope, alla coltivazione di stupefacenti destinati al consumo personale>> (art. 3, secondo comma).

Una volta stabilito quali siano le “droghe”, il problema è stabilire il loro uso relazionato al “tossicodipendente”. Numerose variabili concorrono

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33

alla definizione di tale status e trascurarne alcune, privilegiarne o considerarne secondarie altre, determina scelte politiche diverse ed anche diversi costi. Secondo un’indagine dell’EMCDDA, per il Ministero della giustizia belga consumatore di sostanze stupefacenti è <<qualsiasi assuntore di sonniferi in pillole, di narcotici e di altre sostanze psicotrope che possono generare dipendenza, per il quale la somministrazione avvenga al di fuori di una prescrizione medica>>. Per il ministro danese i tossicomani sarebbero <<tutte le persone che hanno consumato occasionalmente ovvero che hanno fatto regolarmente uso di una o più sostanze euforizzanti nei sei mesi antecedenti l’incarcerazione>>. In Francia sarebbe invece rilevante l’uso di droga o di farmaci psicoattivi avvenuto nell’anno precedente all’incarcerazione. In Germania la situazione è diversa da Land a Land, dato che sia il regime penitenziario che i servizi assistenziali sono rimessi alle legislazione locale. In Westfalia, il termine tossicomane è utilizzato per indicare qualunque consumatore di droghe la cui condizione biologica lo renda potenzialmente dipendente da un punto visita fisico o psichico. In Portogallo e Spagna, invece, si definisce tossicomane chiunque faccia uso di sostanze psicoattive legali od illegali. In Svezia tutti i soggetti che hanno fatto abuso di farmaci, cioè che hanno assunto sostanze psicoattive senza una prescrizione medica durante i dodici mesi prima della privazione della libertà.35

Per l’OMS la definizione di tossicodipendente in senso stretto o di

“drug-addict” è limitata a quei soggetti intossicati a seguito dell’uso ripetuto di

una sostanza psicotropa che hanno sviluppato uno stato di dipendenza psichica o fisica dalla sostanza. Si fa riferimento dunque ad un desiderio

35

EMCDDA Scientific Report, An Overview Study: Assistance to Drug Users in European

(34)

34

incontrollabile ed alla necessità di continuare l’assunzione. A livello organico si sviluppa tolleranza e la conseguenza è l’incremento delle dosi per ottenere l’effetto ricercato. Si ha dipendenza psichica quando la sostanza alimenta l’impulso psicologico al consumo finalizzato all’ottenimento temporaneo di piacere. Si ha invece dipendenza fisica quando l’interruzione provoca “crisi d’astinenza” disturbi fisici dovuti ad un’alterazione dello stato fisiologico causato da modificazioni biochimiche dell’organismo provocate dall’abuso. Il sistema nervoso centrale si adatta all’assunzione e l’interruzione provocherà sintomi psicofisici diversi per ogni droga. La dipendenza fisica è facilmente accertabile perché presenta caratteristiche cliniche oggettive osservabili tanto nell’ipotesi di intossicazione temporanea quanto in quella di intossicazione cronica. Inoltre l’intensità dell’effetto dell’interruzione è misurabile, entro certi limiti, sulla base della cronicità delle crisi d’astinenza.

Per “consumatore abituale” o “tossicofilo” l’OMS delinea una figura che ha il desiderio di assumere una sostanza per puro piacere, senza generalmente tendere ad aumentare le dosi e la dipendenza risulta essere puramente psicologica. Questa “drug-addiction” è ricompresa con la “drug-habituation” sotto la dizione di “drug-dependence”36, ovvero uno stato psicofisico conseguente a somministrazioni periodiche o continuative, che incidono in misura variabile sull’individuo in relazione alla tipologia delle sostanze assunte. In Italia la tossicomania è definita come la situazione di mera reiterazione del consumo di una sostanza che

36

World Health Organization, WHO Lexicon of alcohol and drug terms in Terminology

and classifications, 1994, p. 3, disponibile al sito http://www.who.int/substance_abuse/terminology/who_ladt/en/

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35

può essere nociva per l’organismo, indipendentemente dalla sussistenza della dipendenza psico-fisica.37

In dottrina, per tossicodipendenza, si intende <<una condizione di intossicazione cronica o periodica prodotta dall’uso ripetuto di una sostanza chimica naturale o di sintesi, che si risolve in uno stato di soggezione alla sostanza stupefacente, le cui caratteristiche sono il desiderio incontrollabile di continuare ad assumere la sostanza e di procurarsela con ogni mezzo; la tendenza ad aumentare la dose per ottenere gli stessi effetti ed infine la dipendenza psichica e fisica dagli effetti della sostanza>>38. Questa definizione pone il problema della considerazione del “consumatore occasionale”. Chi assume la droga saltuariamente per gioco o sfida in quantitativo ridotto è infatti in grado di interromperne l’uso senza alterazioni psicofisiche. Se si privilegia dunque l’aspetto della dipendenza e della tendenza ad aumentare le dosi, questa figura non rientra nella definizione. D’altra parte si potrebbe ipotizzare un ragionamento differente se si ritenesse che la definizione di tossicodipendenza fosse funzionale alla difesa sociale: il consumatore occasionale di droghe sarebbe dunque considerabile tossicodipendente nella misura in cui il suo consumo potrebbe occasionare reati per procurarsi le sostanze o per la frequentazione dell’ambiente di riferimento. In fase di esecuzione della pena quest’equiparazione di posizioni e trattamento è supportata dal quinto comma dell’art. 73 T.U. introdotto dalla legge 49/2006 che prevede che il giudice, quando il reato sia stato commesso <<da persona tossicodipendente o da assuntore di

37

R. Tucci, Esecuzione della pena detentiva, cit. p. 37, disponibile al sito http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/law-ways/tucci/cap2.htm

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sostanze stupefacenti o psicotrope>>, nei casi in cui sia applicabile la circostanza attenuante della “lieve entità” può sostituire la condanna a pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità. La definizione di utente della droga o consumatore di sostanze presenta soluzioni incongrue che risentono anche delle diverse modalità attraverso cui i dati sono rilevati.

Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, per esempio, effettua due rilevazioni annue e definisce tossicodipendente ogni detenuto che effettua terapie con farmaci sostitutivi. Le Aziende ASL, per il Ministero della sanità, considerano tossicodipendenti tutti coloro che effettuano un programma socio-riabilitativo in base a quattro rilevazioni annue. La critica, però, è che una differenziazione in tale ambito perde di significato, quando invece una terminologia condivisa permetterebbe un’analisi unitaria del fenomeno e consentirebbe poi di adottare medesime strategie riabilitative.39 Il problema definitorio richiede parametri standardizzati anche ai fini della valutazione delle politiche penali e degli interventi socio-riabilitativi in tema di tossicodipendenze. È necessario però considerare anche che la definizione adottata dipende, tra l’altro, dalle risorse finanziarie necessarie al trattamento ai fini terapeutici. Si può notare infatti come nella Conferenza Stato-Regioni si sia aperta una discussione per l’inserimento degli utenti occasionali tra i soggetti tossicodipendenti. Le Regioni, a cui fanno capo i Ser.T., e il Dipartimento per le Politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio – che deve erogare i fondi per il contrasto al fenomeno delle tossicodipendenze – manifestano posizioni opposte. Più si estende la nozione di soggetto

39

Regione Toscana, Dipartimento Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà, Percorsi

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tossicodipendente, maggiori sono le risorse necessarie per la loro gestione. Il Ser.T., come prevede la normativa, si deve occupare di qualsiasi soggetto detenuto che “comunque abbia problemi di tossicodipendenza” e quindi di una popolazione molto vasta, a fronte di risorse finanziarie sempre più scarse. Il Dipartimento per le Politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio considera invece di sua pertinenza solo i soggetti “tossicodipendenti” in senso stretto, sostenendo solo finanziamenti relativi a tale categoria.

Anche se possiamo convenire che ogni modello considerato possa essere ritenuto valido, qualora l’attenzione fosse correttamente posta sul fatto che il rapporto tra stupefacenti e attività delinquenziale sia dinamico e vari nel tempo, il sistema vigente presenta alcuni evidenti lacune che richiedono di essere colmate.

1.4 Evoluzione del sistema sanzionatorio

La scelta normativa di privilegiare un percorso di esecuzione non detentivo per il tossicodipendente condannato – in astratto – ad una pena detentiva è relativamente recente. La vigente disciplina è contenuta nel DPR 9 ottobre 1990, n. 309.

La prima disciplina in materia risale al Regio Decreto 22 febbraio 1922 n. 355 in attuazione di quanto indicato nella Convenzione Internazionale dell'Aja del 1912. La legislazione del primo dopoguerra era indirizzata contro la diffusione ed il traffico di droghe, si sosteneva infatti che la presenza sul mercato di sostanze stupefacenti fosse una minaccia per la salute pubblica. Il dato oggettivo, però, evidenziava sia l’assenza di punibilità per l’uso individuale (o per la detenzione), che l’esiguità delle

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38

pene previste per il traffico e per la distribuzione; veniva, inoltre, proposta una prima elencazione di sostanze comunque vietate aggiornabili da parte dell’autorità amministrativa.40

La disciplina negli anni successivi è foriera di profonde modifiche, sopratutto per quanto riguarda la figura del consumatore. Il nuovo Regio Decreto 19 ottobre 1930 n. 1398 e la Convenzione di Ginevra del 13 luglio 1931 (recepita con Regio Decreto legge 15 gennaio 1934 n. 151 convertito nella legge 7 giugno 1934 n. 1145) vengono accompagnate dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie (Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265). In questo quadro normativo il fenomeno della tossicodipendenza era quasi equiparato ad una malattia ed il tossicomane era un soggetto a cui applicare le procedure di ricovero coatto modellate sulla Legge manicomiale del 1904.41 In base agli articoli dal 93 al 95 del Codice Penale, i soggetti tossicodipendenti venivano ritenuti non punibili per i reati commessi sotto l’effetto di stupefacenti ma erano soggetti ad internamento in ospedale psichiatrico giudiziario. In realtà, in quest’epoca, l’idea di droga veniva connessa ad un’elite e l’unico vero problema sociale o “socialmente accessibile” restava la – più economica – bevanda alcolica. L'Italia degli anni Cinquanta non era un mercato appetibile per il commercio di sostanze, ma esprimeva buone potenzialità per il traffico di stupefacenti dai paesi produttori verso i paesi

40 C. Cippitelli, Droghe, tossicodipendenza e tossicodipendenti, in Ricerca a cura di

Ristretti Orizzonti, 2009, p. 16, disponibile su http://www.ristretti.it/areestudio/droghe/zippati/cippitelli.pdf

41 Fino a quel momento l'unico intervento riabilitativo consisteva nel ricorso alla cura

mentale dell'intossicato, ritenuto pericoloso o di pubblico scandalo. La normativa che prevedeva tale intervento era composta dalla legge psichiatrica del 14 febbraio 1904 n. 36 e dalle successive leggi sanitarie (T.U. del 27 luglio 1934 n. 1265).

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39

“consumatori”. Regioni come la Sicilia, infatti, grazie alla presenza delle strutture mafiose, erano diventate una vera e propria “zona di transito e spedizione”. Il fenomeno risultava essere un problema a livello internazionale e, nel tentativo di bloccare il traffico di droga tra Turchia e America, gli Stati Uniti chiesero al Governo italiano una modifica legislativa in senso maggiormente restrittivo. Venne dunque promulgata la legge 22 ottobre 1954 n. 1041 che disciplinava la produzione, il commercio e l’impiego di sostanze, questo anche grazie alle pressioni esercitate dalla Commissione Stupefacenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’ottica era quella di colpire chiunque avesse a che fare con qualsiasi droga in base alla presenza della stessa nelle tabelle legislative e non si distingueva più la figura del consumatore dalla figura del trafficante.42 La disciplina maggiormente repressiva offriva dunque strumenti per una battaglia contro la malavita nel bacino del Mediterraneo (Medio Oriente, Italia, Francia) che rifornivano gli Stati oltre mare.

La legge n. 104143 intervenne, dunque, inasprendo il regime sanzionatorio, ma risultò essere inadeguata ad affrontare la nuova realtà sociale della fine degli anni Sessanta.

42 G. Ferrato, Cannabis: un'analisi politica ed economica, Torino, 2016, p. 11

43 L’ art. 6 della suddetta legge recita <<Chiunque intenda importare, esportare, ricevere

per il transito, commerciare a qualsiasi titolo, impiegare o comunque detenere oppio grezzo, foglie o pasta di coca o altre droghe, sostanze o preparati indicati nell’elenco degli stupefacenti, deve munirsi dell’autorizzazione dell’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica>> e <<Chiunque, senza autorizzazione, acquisti, venda, ceda, esporti, importi, passi in transito, procuri ad altri, impieghi o comunque detenga sostanze o preparati indicati nell’elenco degli stupefacenti, è punito con la reclusione da tre a otto anni e con la multa da lire 300.000 a lire 4.000.000>>. <<Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione o del permesso di cui al presente articolo, mette o procura che altri

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