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l’aPProCCio alla resPonsabilità soCiale: gli strumenti Per le imPrese

introDuzione

di Luciano Hinna, Università di Roma Tor Vergata

Dare “una” definizione di responsabilità sociale non è cosa semplice: già qual- che anno fa ne sono state censite più di quaranta; possiamo però citare quella della Comunità europea contenuta nel Libro Verde che la descrive come “l’integrazio- ne volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate3”. Altrettanto complesso, dato il background culturale della nostra realtà nazionale è individuare dove la RSI si colloca. Possiamo dire infatti che la RSI si colloca nello spazio etico, laddove l’etica può essere definita come lo spazio tra norma e comportamento e quindi nello spazio dei comportamenti non esigibili per norma. Comprendere que- sto passaggio non è agevole per chi proviene da una cultura di civil law in cui si cer- ca di normare quanto più è possibile e dove, quindi, lo spazio etico è assai limitato rispetto a quello di un Paese di common law dove ovviamente lo spazio della norma è molto basso e tanto viene lasciato ai comportamenti etici (Fig. 8).

Fig. 8 - Il differente ruolo dell’etica nei sistemi di Common law e di Civil law

3 Cfr. Commissione delle Comunità europee, Libro Verde, Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Bruxelles, 18/07/2002.

Tale circostanza fa sì che la volontarietà, come anche espresso dalla Comuni- tà europea, sia un elemento fondamentale della RSI affinché questa venga conside- rata come un approccio di tipo filosofico manageriale e non solo un adempimento burocratico da rispettare per restare entro i limiti della legalità. Dopo aver inqua- drato cos’è e dove si colloca la RSI è importante capire come ci si avvicina ad essa e perchè un’impresa decide di porre in essere un processo di rendicontazione sociale attraverso il quale decide di esplicitare le ricadute sociali derivanti dalle sue azioni, raccontandosi e raccontando all’esterno i principi e valori che ispirano la propria mission fino ad arrivare a spiegare come sono stati raggiunti gli obiettivi aziendali, ovvero con quali conseguenze e relazioni rispetto al contesto sociale di riferimento.

Dall'esame di una molteplicità di casi, sia a livello nazionale che internazio- nale, è possibile distinguere tre fondamentali motivazioni della rendicontazione so- ciale:

- per moda: chi segue questa strada lo fa perché, nel Paese, convegni, stam- pa, opinion leader accreditano l’idea che attuare una rendicontazione sociale sia un modo per essere all’avanguardia e per conseguire dei vantaggi eco- nomici; questa motivazione ha due esiti: la stanchezza, per cui dopo qualche anno non si sente più il bisogno di farlo (in genere si comincia a proporre - e a proporsi - di farlo con una cadenza più lenta, magari ogni due anni) per poi tralasciarlo definitivamente. Oppure se si è costituita una posizione azienda- le, la si conferma ma diviene uno degli strumenti routinari di comunicazione aziendale;

- per opportunismo: questo è il caso di quelle imprese che necessitano di un recupero d’immagine, magari perché coinvolte in uno scandalo e optano per una rendicontazione sociale per una questione di marketing, per migliorare la propria quotazione in borsa; questo approccio è più frequente in quei set- tori in cui il rapporto con l’ambiente è molto stretto.

- per presa di coscienza: in cui è il management che decide di migliorare i rapporti con il contesto economico e sociale in cui si trova ad operare. E’ appena il caso di esplicitare che è solo nell’ultimo caso che la responsabi- lità sociale ha la possibilità di porre in essere le proprie valenze.

Importante è poi analizzare quelle che sono le stagioni della rendicontazione sociale che però risultano essere diverse per i differenti contesti in cui si è affron-

tempo e spazio. Riportiamo, di seguito le tappe dell’evoluzione in tre contesti (Fig.9). Fig. 9 - Evoluzione della rendicontazione sociale

Negli Stati Uniti l’evoluzione della rendicontazione sociale si è avuta con il passaggio dalla filantropia (l'impresa "restituisce" o, meglio, "ri-distribuisce" alla società civile parte del valore accumulato, con interventi in svariati settori: l'arte, la cultura, la solidarietà, l'assistenza alle categorie più svantaggiate, gli interventi nei Paesi in via di sviluppo, ecc.), alla sempre crescente attenzione per l’ambiente (rendicontazione sociale significava, quindi dimostrare le buone azioni intraprese dall’azienda nel rispetto dell’ambiente) fino ad arrivare al concetto di sviluppo so- stenibile inteso come quello sviluppo economico sociale che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni fu- ture riescano a soddisfare i propri.

Nel modello inglese invece la prima tappa ha visto l’importanza della rendi- contazione sociale come un investimento per un ritorno sia in termini di fatturato che di immagine, la seconda tappa invece ne ha messo in luce le valenze come strumento di gestione e pianificazione a lungo termine e, infine, nell’ultima fase,

ponendo l’attenzione alle richieste ed esigenze dell’opinione pubblica, si stimola l’impresa a una continua innovazione e all'individuazione di fattori competitivi di successo.

In Italia la prima fase considera l’etica come qualcosa di non necessario e quindi "l'etica viene dopo l'economicità"; in un contesto come quello italiano in cui le imprese hanno difficoltà anche a rispettare le leggi, è evidente che un atteg- giamento etico, cioè non esigibile per norma, è considerato qualcosa di lontano e difficilmente perseguibile. Solo nella seconda fase le imprese scoprono che "l'etica paga e protegge" nel senso che premia i comportamenti responsabili delle imprese e funge da barriera all'entrata di nuove imprese sul mercato. La terza fase, infine, è quella che legge l'etica come "requisito per rimanere sul mercato". In un contesto di riferimento maturo sotto il profilo socio-culturale è indispensabile rispettare le regole etiche per non deludere l'opinione pubblica ed essere emarginati dal mer- cato.

Dopo aver analizzato perché le imprese decidono di attuare una rendicon- tazione sociale è importante capire come questa può essere posta in essere. La prima cosa da sottolineare è che ogni impresa può adottare modelli, strumenti e standard di diverso tipo purchè siano significativi della propria realtà aziendale e adatti a rappresentarla. Diversi sono gli strumenti utilizzabili ma è fondamentale distinguere anzitutto l’approccio con il quale si decide di intraprendere una rendi- contazione sociale. Possiamo avere:

- approccio di documento: quando il lavoro viene sviluppato attorno all’idea del documento che si ritiene esaustivo ai fini della descrizione della natura responsabile dell’impresa (es. GBS, IBS);

- approccio di processo: se l’attenzione maggiore viene posta nell’analisi dei processi che sono alla base della rendicontazione sociale (es. Copenhagen Charter, GRI).

Il bilancio sociale, lo strumento più conosciuto e utilizzato nell’ambito della rendicontazione sociale è, appunto, solo uno strumento attraverso il quale un’im- presa decide di rendere conto delle ricadute sociali delle proprie azioni. E’ impor- tante però che accanto al documento ci sia anche un processo, al termine del quale si decide di realizzare il documento. E’ importante quindi che venga realizzato un processo di stakeholder engagement in cui il coinvolgimento degli stakeholder è

continua con gli stakeholder, risultano poi essere un ausilio al governo strategi- co dell’organizzazione. E’ importante quindi che ci si muova su un asse definibile come il passaggio dall’autoreferenzialità al coinvolgimento per poi arrivare alla cer- tificazione, attraverso tre fasi: fidati, misurami, certificami. Giunti alla certificazio- ne, però, è importante che i vari strumenti di responsabilità sociale (codice etico, comitato etico, bilancio sociale, standard, carta dei valori) siano messi a sistema. L’integrazione è importante, è ciò che fa la differenza tra sommatoria e sistema, tra musica e rumore: in un’orchestra sinfonica quando i professori di conservatorio con grande esperienza suonano una partitura eccezionale con strumenti fantastici ottengono risultati diversi a seconda che ciascuno suoni per proprio conto o a tempo con gli altri.

Riassumendo, quindi, quanto fin qui esposto possiamo dire che parlando di responsabilità e rendicontazione sociale dobbiamo stare attenti a non commettere errori relativamente a:

- credere che imporre per norma la realizzazione di rendicontazione sociali possa migliorare la responsabilità sociale delle imprese;

- l’adozione di standard che non sono standard;

- ritenere che adottare un solo strumento di rendicontazione sociale sia suffi- ciente a identificare una impresa come responsabile.

E’ possibile quindi chiudere queste riflessioni cercando di capire lo stato dell’ar- te per poter andare oltre e soprattutto migliorare. A tal proposito è importante:

- raggruppare le varie esperienze;

- mappare eventuali forme di innovazione attuate o in fase di progettazione; - verificare l’esistenza di una rete, per realizzare una RSI di filiera, a sistema

la nuova norma internazionale iso 26000