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di Luca Falasconi, “Last minute market” - Università di Bologna

Il progetto dell’Università di Bologna “Last minute market” ha analizzato un’azione pratica che un’impresa agroalimentare può adottare per arricchire le sue esperienze di responsabilità sociale di impresa. Due sono i pilastri che stanno alla base del progetto: lo spreco alimentare e la fame.

“Last minute market” è diventato uno spin-off accademico, cioè una real- tà imprenditoriale, nata all’interno dell’Università di Bologna, di cui questa è an- che socia. Il progetto nasce da una ricerca universitaria che aveva principalmente l’obiettivo di analizzare la filiera agroalimentare non dal punto di vista della sua efficienza, ma dal punto di vista delle sue inefficienze, in primis quello dello spre- co dei prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili, che quotidianamente vengono gettati via per i motivi più disparati.

Lo spreco alimentare nel mondo è piuttosto eterogeneo, però un dato di fatto è sostanziale: in tutti i Paesi si sprecano quotidianamente, centinaia di tonnellate di prodotti ancora perfettamente consumabili. In Italia, lo spreco alimentare è stato stimato in circa un milione e mezzo di tonnellate. In Gran Bretagna, addirittura, si stima che un terzo della produzione agroalimentare interna venga ogni anno get- tata via. Negli Stati Uniti il 25% della produzione interna agroalimentare, ben 5 mi- lioni di tonnellate di ortofrutta. In Australia si parla di circa 3,3 milioni di tonnellate.

L’altro pilastro sul quale si basa il progetto è la fame. I dati FAO dicono che 1 miliardo e 200 mila persone vivono in condizioni di povertà. Di queste, circa 920 milioni soffrono la fame. Gran parte di questi si trovano nei Paesi in via di sviluppo, ma vorrei sottolineare che ben 11 milioni di questi vive nei Paesi sviluppati. Picco- lissima percentuale ma, laddove si spreca come abbiamo appena visto, ci sono 11 milioni di persone che soffrono la fame.

Dall’altro lato, bisogna dire che la stessa FAO stima che nel mondo si pro- duca cibo per soddisfare esigenze di circa 12 miliardi di persone. Ben il doppio del numero di persone che popolano il mondo attualmente. Quindi, l’aspetto fonda- mentale della fame non è tanto che non si produce a sufficienza, bensì che vi è una forte disparità di distribuzione, disparità dal punto di vista sociale (ceti ricchi e ceti poveri), disparità geografica (nord-ovest e sud-est del mondo) e disparità di tipo economico (Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo). Quindi possiamo dire che le

nostre economie sono caratterizzate da un paradosso incredibile: da un lato, c’è l’aumento di poveri e di affamati e, dall’altro, la quantità di cibo che viene sprecato non tende a diminuire e non viene neanche utilizzata per sfamare questi poveri. Gran parte di questo cibo, nella stragrande maggioranza dei casi, viene trattato e gestito come rifiuto.

È proprio in questo vuoto che si inserisce il progetto “Last minute market”. Nato come attività di ricerca, dal 2003 è operativo in questa attività di recupero e ridistribuzione dell’eccedenza, degli sprechi, dei surplus e degli invenduti agroali- mentari. Il progetto è attivo oggi in ben 9 regioni italiane e sta attuando una serie di progetti pilota anche in Sudamerica (Brasile e Argentina) e sta prendendo contatti anche in Israele.

L’aspetto fondamentale è che gli sprechi alimentari si realizzano lungo tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo, non tralasciando nessun anello della catena. Con percentuali e ragioni differenti, ogni settore della filiera agroalimentare è fortemente caratterizzato da sprechi. Sprechi di prodotti ancora perfettamente consumabili ma che, per ragioni meramente commerciali ed este- tiche, si preferisce non immettere sul mercato, ritirandoli e distruggendoli come rifiuti.

L’aspetto fondamentale del progetto “Last minute market”, che lo caratte- rizza rispetto a tutte le altre attività che svolgono progetti simili, è l’aspetto della localizzazione e della continuità territoriale. Alla base del progetto vi è il ridurre le due variabili che quotidianamente ci rincorrono: lo spazio e il tempo. In concreto, come agisce il progetto “Last minute market”? Recupera e ridistribuisce le ecce- denze laddove queste si vengono a formare. Banalmente, ciò che si recupera in una piccola città rimane nella stessa città. Ciò che si recupera in un quartiere di una grande città viene ridistribuito e utilizzato nello stesso quartiere, tagliando così i costi di trasporto e stoccaggio. Mi verrebbe quasi da dire il Km zero del recupero. In sostanza, tale progetto non fa altro che mettere direttamente in contatto chi ha il problema di dover gestire queste eccedenze con chi, in realtà, potrebbe utiliz- zarle. Nella realtà quotidiana si tratta del mondo no-profit e del mondo for profit, che difficilmente riescono a interagire e a parlare tra di loro. Quindi frapponendo un intermediario tra queste due realtà si facilita lo scambio e il dialogo almeno nella fase iniziale e si crea, di conseguenza, un nuovo sistema agroalimentare o, più precisamente, si crea un sistema agroalimentare parallelo dove quella che noi

sulla reciprocità - e poi vedremo perché parliamo anche di reciprocità - creando quella che noi abbiamo definito, utilizzando il gergo comune, una rete di sviluppo locale sostenibile. Perché locale l’abbiamo detto prima, sostenibile perché, come vedremo, si vengono a ridurre gli impatti economici, gli impatti sociali e ambientali che lo smaltimento di questi prodotti avrebbe creato.

È necessario porre in evidenza un aspetto fondamentale: perché il progetto “Last minute market” abbia successo è necessario che tutti gli interlocutori che vi aderiscono direttamente o indirettamente abbiano un numero di benefici superiori ai costi che devono sostenere. In primis le imprese e gli enti assistenziali, che sono i diretti attori di questo progetto e che traggono una quantità di benefici economici di gran lunga superiore ai costi che, in realtà, devono sostenere per aderire a que- sto progetto: le imprese riducono enormemente il costo dei rifiuti. Ridurre i costi di smaltimento che cosa significa? Tutto ciò che viene recuperato e destinato in dono a enti e associazioni non deve essere smaltito come rifiuto. Questo è il primo grosso vantaggio. In realtà le imprese, però, aderiscono a questo progetto perché riescono ad aumentare lo loro visibilità sul proprio territorio, riescono a farsi della cosiddetta “pubblicità positiva”. Il progetto “Last minute market”, dal punto di vista della teoria economica, possiamo definirlo un progetto win-win, dove tutti i soggetti che vi partecipano ne traggono un beneficio (Fig. 4).

Perché legare il “Last minute market” alla responsabilità sociale di impresa? Perché un’attività d’impresa del mondo agroalimentare, e non solo, può implemen- tare e aumentare la responsabilità sociale delle proprie azioni in quanto, attraverso il recupero di queste eccedenze, riesce a creare un valore sociale sia interno che esterno all’impresa stessa. Più precisamente, l’impresa permette l’accrescimento del valore agendo su tre diversi livelli. Il primo di questi livelli è il capitale umano. Perché? Perché coinvolge in questo tipo di attività direttamente il proprio dipen- dente, aumentando la sua soddisfazione nel lavorare in un’impresa che adotta un comportamento socialmente responsabile, il quale, a sua volta, si sente diretta- mente responsabile di questo tipo di attività e può verificarne quotidianamente e costantemente il risultato.

Aumenta il capitale relazionale attraverso la cosiddetta reciprocità. Le im- prese vengono messe direttamente in contatto con le realtà che utilizzano questi beni recuperati. Questo contatto va oltre lo scambio del bene alimentare invenduto. Spesso nascono dei rapporti tra impresa e associazione che creano delle attività che vanno al di là del passaggio del bene alimentare. Le realtà associative fanno diverse richieste alle imprese e spesso le imprese coinvolgono le realtà associative in tante attività, sia sociali che economiche.

L’altro punto fondamentale che spiega l’aumento del valore dell’impresa va a toccare le leve del bilancio economico. Come accennato, l’impresa riduce i suoi costi di smaltimento poiché il bene viene donato contestualmente. Lo Stato italiano riconosce alle imprese che effettuano donazioni in denaro o in beni materiali una serie di sgravi fiscali, per cui aumenta il beneficio economico e fiscale che l’impresa riesce a maturare.

Un altro aspetto cruciale per il rapporto intercorrente tra “Last minute mar- ket” e responsabilità sociale dell’impresa è la relazione che si viene a instaurare tra l’impresa stessa e l’ente pubblico. In realtà, attraverso questo progetto l’impresa si fa carico di un’azione di welfare. Sempre più frequentemente, lo Stato non riesce a soddisfare a pieno la domanda di welfare del territorio. Attraverso questo progetto l’impresa si fa carico di uno spicchio di questa inefficienza dello Stato.

Per quantificare il beneficio economico a cui un’impresa può andare incon- tro, si riportano alcuni numeri relativi all’attività che stiamo svolgendo da sei anni a questa parte all’interno del mondo della distribuzione alimentare, relativi a due progetti

noi andiamo a vedere la merce movimentata all’interno di un punto vendita, si tratta di piccoli numeri, di una percentuale che varia dall’1-1,5 in alcuni casi del 2%, ma se analizziamo invece questo stesso dato dal punto di vista del beneficio che si è creato sullo stesso territorio in cui l’impresa stessa si trova, possiamo vedere come quelle 150 tonnellate di prodotti perfettamente consumabili, 90% fresco e freschis- simo, riescono a soddisfare le esigenze alimentari per i tre pasti al giorno di circa 400 persone.

Il recupero può essere effettuato non solo presso le imprese della grande distribuzione, ma anche presso piccoli dettaglianti, pensiamo a un fruttivendolo, un macellaio, un pasticcere, un piccolo negozio di alimentari di vicinato e così via. Da un nucleo di 16 attività commerciali di un progetto localizzato in una realtà pro- vinciale, nel 2008 siamo riusciti a recuperare circa 43.000 kg di prodotti alimentari, capaci di soddisfare le esigenze dei tre pasti al giorno di un centinaio di persone.

In conclusione mettendo in evidenza che, quando si parla di “Last minute market”, non parliamo solo di recupero di cibo da imprese della distribuzione, ma anche da altri anelli della filiera agroalimentare. Brevemente vi accenno al progetto del “Last minute market” versione harvest, grazie al quale vengono recuperate le eccedenze e gli invenduti del settore agricolo: grazie a questo progetto è possibile recuperare tutto ciò che rimane nel campo perché è danneggiato da eventi atmo- sferici o perché non conviene più all’agricoltore raccoglierlo o perché magari si tratta di prodotti fuori pezzatura. È possibile recuperare anche le sementi delle in- dustrie sementiere che non rispettano gli standard qualitativi richiesti dall’Unione europea. Questi semi non vengono utilizzati, così come è caro al progetto, in pro- getti locali, bensì in progetti di cooperazione internazionale. È possibile recuperare, con le stesse modalità, anche farmaci, libri e dal 1° gennaio 2008 anche prodotti non alimentari. Dopo un iter di tre anni è stata approvata una legge che oggi per- mette di recuperare anche ciò che è considerato bene non alimentare (Fig. 5).

Fig.5 - Il recupero dei beni non alimentari

Sulla base di dati relativi a stime effettuate sulla base storica sull’attività di recupero di sei anni, è stato ipotizzato che, nel caso tutte le attività commerciali all’ingrosso o al dettaglio aderissero a questo tipo di iniziativa, ovvero tutte le atti- vità commerciali italiane, sarebbe possibile recuperare circa 240.000 tonnellate di prodotti ancora completamente consumabili. Ciò vorrebbe dire soddisfare le esi- genze alimentare di circa 620.000 persone ogni giorno per tre pasti al giorno.

In Italia, secondo l’Istat, il 5,8% delle famiglie nel 2007 non è riuscito a sod- disfare appieno il proprio fabbisogno alimentare. Cosa vuole dire? Che non sempre si sono sedute intorno a un tavolo per mangiare. Diciamo che con quello che è pos- sibile recuperare dalla grande distribuzione riusciremmo a soddisfare l’esigenza di circa 1/3 di queste famiglie italiane. .

agriColtura e funzioni soCiali: evoluzione e