Teorema 3.1.26. (Principio del massimo modulo) Sia Ω una regione di C e sia f ∈ H(Ω). Allora f `e costante in Ω oppure |f | non ha punti di massimo relativo in Ω.
Dimostrazione. Supponiamo che esista D(a, R) ⊂ Ω tale che |f (a)| ≥
|f (z)| per ogni z ∈ D(a, R) ⊂ Ω. Dal lemma precedente (Lemma 3.1.25) abbiamo
|f (a)| ≤ max
0≤t≤2π|f (a + reit)
per ogni 0 < r ≤ R. Quindi |f | `e costante su D(a, R) ⊂ Ω, e poich`e f ∈ H(D(a, R)), il Lemma 3.1.24 implica che f `e costante in D(a, R). Essendo Ω connesso, per un corollario del teorema degli zeri (Corollario 3.1.18) segue che f `e costante in Ω.
3.2 Approssimazione mediante funzioni razion-ali
La sfera di Riemann Nello studio delle funzioni olomorfe `e sovente oppor-tuno compattificare il piano complesso con l’aggiunta di un nuovo punto che chiameremo ∞. L’insieme S2 che ne risulta (la sfera di Riemann, unione di C e {∞}) diventa uno spazio topologico nel modo seguente.
Per ogni r > 0, sia D0(∞, r) l’insieme di tutti i numeri complessi z tali che |z| > r; posto D(∞, r) = D0(∞, r) ∪ {∞}, un sottoinsieme di S2 `e per definizione aperto se, e soltanto se, `e unione di dischi D(a, r), dove gli a sono punti arbitrari di S2, e gli r sono numeri positivi arbitrari; naturalmente su S2− {∞} ci`o corrisponde alla definizione di topologia ordinaria del piano. Si vede facilmente che S2`e omeomorfo ad una sfera (da ci`o la notazione adottata).
Di fatto si pu`o esplicitare un omeomorfismo ϕ di S2 sulla sfera unitaria in R3 nel modo seguente: si pone ϕ(∞) = (0, 0, 1) e
ϕ(reit) = 2r cos t
r2+ 1 ,2r sin t
r2+ 1,r2− 1 r2+ 1
per tutti i numeri complessi reit.
Se f `e olomorfa in D0(∞, r), diremo che f ha una singolarit`a isolata in ∞.
La natura di questa singolarit`a `e per definizione la stessa di quella che ha in 0 la funzione ˜f , definita in D0(0, 1/r) dalla ˜f (z) = f (1/z).
Pertanto se f `e limitata in D0(∞, r), il limite limz→∞f (z) esiste ed `e un numero complesso (come risulta applicando la Proposizione 3.1.20 alla funzione f ); indicando con f (∞) questo limite, si ottiene una funzione in D(∞, r) che˜ chiameremo olomorfa; si osservi che essa `e definita mediante il comportamento di ˜f vicino a 0 e non mediante la differenziabilita di f in ∞.
Se ˜f ha un polo di ordine m in 0, si dice che f ha un polo di ordine m nel punto ∞; la parte principale di f in ∞ `e pertanto un polinomio ordinario di grado m (vedi Teorema 3.1.21), e se noi sottraiamo questo polinomi da f , otteniamo una funzione con una singolarit`a eliminabile in ∞.
Infine se ˜f ha una singolarit`a essenziale in 0, diremo che f ha una singolarit`a essenziale in ∞; per esempio ogni funzione intera (olomorfa dappertutto in C) che non `e un polinomio ha una singolarit`a essenziale in ∞.
Pi`u avanti incontreremo la condizione S2 − Ω `e connesso, dove Ω `e un
insieme aperto nel piano; si osservi che ci`o non equivale alla condizione che il complementare di Ω relativamente al piano, sia connesso. Se per esempio Ω `e costituito da tutti i numeri complessi z = x + iy con 0 < y < 1, il complementare di Ω relativamente al piano ha due componenti, ma S2− Ω `e connesso.
Funzioni razionali Una funzione razionale f ´e, per definizione il quoziente di due polinomi p e q; f = p/q. Segue dal teorema fondamentale dell’algebra (Teorema 3.1.14) e con qualche passaggio di algebra elementare, che ogni poli-nomio non costante `e prodotto di fattori di grado 1. Possiamo fare l’ipotesi che p e q non abbiano alcuno di questi fattori in comune; pertanto f ha un polo in ogni zero di q (polo di ordine uguale all’ordine dello zero di q). Sottraen-do le corrispondenti parti principali, si ottiene una funzione razionale avente un’unica singolarit´a in ∞, che pertanto `e un polinomio.
Ogni funzione razionale f = p/q ha quindi una rappresentazione della forma
f (z) = A0(z) +
k
X
j=1
Aj
1
z − aj
ove A0, A1, . . . , Ak sono polinomi, A1, . . . , Ak non hanno termini costanti e a1, . . . , ak sono gli zeri distinti di q; la formula di sopra viene chiamata decom-posizione di f in frazioni parziali.
Premettiamo ora alcuni lemmi.
Lemma 3.2.1. Ogni insieme aperto Ω nel piano `e unione numerabile di insiemi compatti {Kn} tali che
a) Kn `e contenuto nella parte interna di Kn+1, per n = 1, 2, 3, . . . . b) Ogni sottoinsieme compatto di Ω `e contenuto in qualche Kn.
c) Ogni componente di S2 − Kn contiene una componente di S2 − Ω per n = 1, 2, 3, . . . .
La propriet`a (c) dice, grosso modo, che Kn non ha buchi, salvo quelli imposti dai buchi in Ω.
Dimostrazione. Poniamo per n = 1, 2, 3, . . . , Vn= D(∞, n) ∪ [
a /∈Ω
D(a, 1 n)
e sia Kn = S2 − Vn (naturalmente nella precedente a 6= ∞). Pertanto Kn `e un sottoinsieme chiuso e limitato (quindi compatto) di Ω, e Ω = S Kn. Se z ∈ Kne r = n−1− (n + 1)−1, si verifica facilmente che D(z, r) ⊂ Kn+1; questo prova la (a). Per conseguenza Ω `e l’unione delle parti interne Wndi Kn. Se K
`
e un sottoinsieme compatto di Ω, `e K ⊂ W1∪ · · · ∪ WN per un N opportuno;
quindi K ⊂ KN.
Infine, ciascuno dei dischi che compare nella definizione di Vn ha un’inter-sezione non vuota con S2− Ω. Poich´e ogni disco `e connesso, ogni componente di Vn ha un’intersezione non vuota con S2 − Ω; siccome Vn ⊃ S2 − Ω, nes-suna componente di S2 − Ω pu`o avere una intersezione non vuota con due componenti di Vn. In tal modo la (c) `e dimostrata.
Lemma 3.2.2. Siano a e b due numeri complessi, b 6= 0, e γ il cammino costituito dagli segmenti orientati
[a + inb, a + in+1b] n = 0, 1, 2, 3.
Risulta Indγ(z) = 1 per ogni z nella parte interna del quadrato di vertici a+inb (n = 0, 1, 2, 3).
Dimostrazione. Sia γn il segmento [a + inb, a + in+1b] (n = 0, 1, 2, 3). Per ogni z interno al quadrato l’integrale di (ξ − z)−1 su γn coincide con l’integrale sopra l’arco circolare Γn definito dalla
Γn(t) = a + inbeit per 0 ≤ t ≤ π 2 ,
come si vede applicando il teorema di Cauchy a una regione convessa che contenga γn∗∪ Γ∗n ma lasci all’esterno z. A questo punto il risultato segue dalla Proposizione 3.1.9.
Lemma 3.2.3. Se K `e un sottoinsieme compatto di un insieme aperto Ω del piano, esistono archi di curva orientati γ1, . . . , γn in Ω − K tali che vale la
Dimostrazione. Essendo K compatto e Ω aperto, esiste un η > 0 tale che la distanza di ogni punto di K da un qualsiasi punto esterno di Ω sia almeno 2η. Tracciamo nel piano un retticolo di rette orizzontali e verticali in modo che la distanza fra due rette adiacenti orizzontali e due rette adiacenti verticali sia η. Siano Q1, . . . , Qm i quadrati di lato η formati da questo reticolato che hanno intersezione non vuota con K. Risulta Qr ⊂ Ω per r = 1, . . . , m.
Sia ∂Qrla frontiera di Qr, orientata positivamente; intendiamo dire con ci`o che ∂Qrconsiste di quattro segmenti rettilinei orientati come nel Lemma 3.2.2, con a nel centro di Qr. Alcuni di questi segmenti rettilinei possono comparire due volte, ma con orientazione opposta (ci`o accade ogniqualvolta due dei Qr hanno un lato in comune). Scartiamo questi segmenti; siano γ1, . . . , γn quelli restanti. `E chiaro allora che
n
per ogni funzione g continua sull’unione delle frontiere dei quadrati Q1, . . . , Qm. Ogni lato di ciascuno dei Qr, avente intersezione non vuota con K appar-tiene alla frontiera di due Qr. Infatti, se un lato interseca K, intersecano K anche i due quadrati ai quali appartiene il lato in questione. Ne segue che i segmenti γ1, . . . , γn appartengono a Ω − K.
Supponiamo ora che f ∈ H(Ω) e scegliamo un punto z nell’interno di un Qr. Posto
g(ξ) = f (ξ) − f (z) ξ − z ,
applichiamo la relazione scritta precedentemente. Per il teorema di Cauchy (che valendo per i triangoli, vale anche per i quadrati) il secondo membro della suddetta relazione `e 0. Risulta pertanto
n in quanto l’ultimo integrale `e 0 per tutti i valori r a eccezione di uno, e per quel valore esso `e uguale a 1 in virt`u del Lemma 3.2.2.
In questo modo abbiamo provato l’asserto per un punto interno a un Qr. Se z ∈ K, z non appartiene ad alcun γj∗ ed `e un punto di accumulazione della parte interna di qualche Qr; per continuit`a l’asserto vale anche per ogni z siffatto.
Teorema 3.2.4. Sia K un insieme compatto nel piano, e {aj} un insieme avente un punto in ciascuna componente connessa di S2− K. Dato un aperto Ω ⊃ K, data f ∈ H(Ω) e dato > 0, esiste una funzione razionale R, i cui poli appartengono all’insieme prefissato {aj}, tale che
|f (x) − R(x)| < per ogni x ∈ K.
Si osservi che S2 − K ha al pi`u un insieme numerabile di componenti.
Si osservi che il punto preassegnato nella componente connessa illimitata di S2− K pu`o benissimo essere ∞; di fatto `e questo il caso pi`u interessante.
Dimostrazione. Consideriamo lo spazio di Banach C(K) costituito dalle funzioni complesse continue su K, con la norma dell’estremo superiore. Sia
M il sottospazio di C(K) costituito dalle restrizioni a K di quelle funzioni razionali che hanno i poli in {aj}; il teorema afferma che f sta nella chiusura di M ; per il Teorema 1.5.2 (una conseguenza del teorema di Hahn-Banach) ci`o equivale a dire che ogni forma lineare continua su C(K) che si annulla in M si annulla anche in f . Quindi per il teorema di rappresentazione di Riesz ( Teorema 1.11.16), tutto si riduce a dimostrare l’enunciato seguente:
Se µ `e una misura complessa di Borel su K, tale che Z
K
Rdµ = 0
per ogni funzione razionale R avente i suoi poli nell’insieme {aj}, e se f ∈ H(Ω), risulta anche
Z
K
f dµ = 0.
Supponiamo dunque che µ sia una misura complessa di Borel e che soddisfi R
Per la Proposizione 3.1.2 h ∈ H(S2 − K). Sia Vj la componente connessa di S2− K che contiene aj, e supponiamo che D(aj, r) ⊂ Vj. Se aj 6= ∞ e se z `e un punto fissato di D(aj, r), risulta
1
la quale implica ancora h(z) = 0 in D(∞, r), e quindi in Vj. Abbiamo cosi dimostrato che
h(z) = 0 ∀z ∈ S2− K.
Scegliamo ora degli archi di curva orientati γ1, . . . , γn in Ω − K come nel Lemma 3.2.3, e integriamo rispetto a µ la rappresentazione integrale della funzione f . Applicando il teorema di Fubini (il che `e legittimo in quanto operiamo con misure di Borel e funzioni continue su spazi compatti), e tenuto conto del Lemma 3.2.3, si ha
Z
Quest’ultima uguaglianza dipende dal fatto che ciascun γj `e un cammino su S2 − K, e che su di esso h si annulla. In questo modo la dimostrazione `e terminata.
Di notevole interesse `e il seguente caso particolare.
Teorema 3.2.5. Sia K un insieme compatto nel piano complesso C, tale che S2− K sia connesso, e sia f ∈ H(Ω) ove Ω `e un aperto contente K. Esiste allora una successione di polinomi {Pn} tale che Pn(z) → f (z) uniformemente in K.
Dimostrazione. Poich´e S2 − K ha una sola componente connessa, per applicare il teorema precedente ci basta un solo punto aj, e possiamo scegliere aj = ∞.
Osservazione 3.2.6. Il risultato precedente `e falso per ogni compatto K nel piano tale che S2−K non sia connesso. Infatti, in tal caso, S2−K ha (almeno)
una componente limitata V . Scegliamo a ∈ V ed f (z) = 1/(z − a), ponendo m = max{|z − a| : z ∈ K}. Sia P un polinomio tale che |f (z) − P (z)| < 1/m per ogni z ∈ K. Risulta
|(z − a)P (z) − 1| < 1
per ogni z ∈ K. In particolare questa disuguaglianza vale se z appartiene alla frontiera di V ; il principio del massimo modulo (Teorema 3.1.26) mostra che questa disuguaglianza vale per ogni z ∈ V . In particolare vale per a, ottenedo cosi 1 < 1. In questo modo abbiamo provato che l’approssimazione uniforme mediante polinomi non `e possibile.
Lo stesso ragionamento mostra che nessuno degli aj puo essere soppresso nel Teorema 3.2.4.
Applichiamo i teoremi precedenti all’approssimazione su aperti. Sotto-lineiamo che nei teoremi precedenti K non `e necessariamente connesso, e che Ω non sar`a supposto connesso nel teorema che segue.
Teorema 3.2.7. (Teorema di Runge) Sia Ω un aperto nel piano complesso C, sia A un insieme avente un punto in ciascuna componente connessa di S2− Ω e sia infine f ∈ H(Ω). Esiste allora una successione di funzioni razionali {Rn} aventi tutti i poli in A, tale che Rn→ f uniformemente nei sottoinsiemi compatti di Ω.
Nel caso particolare in cui S2 − Ω `e connesso, possiamo scegliere A = {∞}, ottenendo cosi dei polinomi {pn}, tali che pn → f uniformemente nei sottoinsiemi compatti di Ω.
Si osservi che S2− Ω pu`o avere un’infinit`a non numerabile di componenti.
Dimostrazione. Prendiamo una successione di sottoinsiemi compatti in Ω dotati delle propriet`a indicate nel Lemma 3.2.1. Una volta fissato n, poich´e
ogni componente connessa di S2 − K contiene una componente connessa di S2− Ω, ciascuna componente connessa di S2− K contiene un punto di A. In base al Teorema 3.2.4 esiste una funzione razionale Rn con tutti i poli in A, tale che
|Rn(z) − f (z)| < 1 n
per ogni z ∈ Kn. Se ora K `e un qualsiasi insieme compatto in Ω, esiste un N > 0 tale che K ⊂ Kn per tutti gli n ≥ N . Allora segue che
|Rn(z) − f (z)| < 1 n
per ogni x ∈ K e per ogni n ≥ N . In questo modo la dimostrazione `e completata.
Osservazione 3.2.8. La rappresentazione di funzioni olomorfe mediante serie di potenze fornisce un procedimento molto particolare di approssimazione medi-ante polinomi, che tuttavia `e possibile applicare solo localmente (vale a dire in un disco circolare contenuto in un insieme in cui la funzione data sia olomor-fa). Il teorema di Runge fornisce invece un’approssimazione globale mediante funzioni razionali (e in taluni casi mediante polinomi) ovviamente in un modo assai meno specifico.
Questa approssimazione globale conduce a dimostrazioni molto semplici delle versioni generali del teorema di Cauchy e del teorema dei residui. Es-senzialmente ogni teorema di integrazione che vale per funzioni razionali con poli fuori di Ω vale per ogni f ∈ H(Ω). Infatti se γ `e un cammino di Ω, γ∗ `e compatto, pertanto f pu`o essere approssimata uniformemente su γ∗ mediante funzioni razionali. L’unico altro elemento significativo delle dimostrazioni che seguono `e il teorema dei residui per le funzioni razionali (Teorema 3.1.23, in cui Ω `e l’intero piano C); se γ `e un qualsiasi cammino chiuso nel piano che non contiene alcun polo della funzione razionale R, risulta
1 2πi
Z
γ
R(z)dz =
n
X
k=1
Res(R, ak) · Indγ(ak),
dove a1, . . . , an sono i poli di R nel piano.
Teorema 3.2.9. (Teorema di Cauchy) Sia Ω un aperto nel piano e sia f ∈ H(Ω).
a) Se γ `e un cammino chiuso in Ω tale che Indγ(z) = 0 ∀z ∈ C − Ω, risulta
Z
γ
f (z)dz = 0.
b) Se γ1 e γ2 sono due cammini chiusi in Ω tali che Indγ1(z) = Indγ2(z) ∀z ∈ C − Ω, risulta
Z
γ1
f (z)dz = Z
γ2
f (z)dz.
c) Se S2− Ω `e connesso 1, l’ipotesi in (a) `e valida, e quindi vale anche la tesi.
Dimostrazione. Per il teorema 3.1.23, la (a) e la (b) valgono per tutte le funzioni razionali che non hanno poli in Ω; come abbiamo osservato dianzi, il caso generale del teorema segue dal teorema di Runge (Teorema 3.2.7). Per quanto riguarda la (c), Indγ(z) = 0 per ogni z nella componente illimitata di C − γ∗, poich´e S2 − Ω `e connesso, C − Ω appartiene a tale componente. La dimostrazione `e cosi completa.
Definizione 3.2.10. Una funzione f si dice meromorfa in un aperto Ω se esiste un insieme A ⊂ Ω tale che
1Un insieme Ω di questo tipo si dice semplicemente connesso. Per una descrizione di questi insiemi si veda Appendice C.
a) A non abbia punti di accumulazione in Ω.
b) f ∈ H(Ω − A).
c) f abbia un polo in ciascun punto di A.
Non `e escluso che A = ∅. Pertanto ogni funzione f ∈ H(Ω) `e meromorfa in Ω. Si osservi che A `e al pi`u numerabile. Enunciamo ora il teorema dei residui in una forma generale.
Teorema 3.2.11. (Teorema dei residui) Sia f una funzione meromorfa nel-l’aperto Ω del piano. Sia A l’insieme dei punti di Ω nei quali f ha dei poli.
Se γ `e un qualsiasi cammino chiuso in Ω − A, tale che Indγ(z) = 0 per ogni appartiene ad una componente connessa limitata V di C − γ∗, tale che V non intersechi C − Ω. Pertanto B giace nell’unione di γ∗ e di questi V ; l’unione `e un sottoinsieme compatto di Ω. Poich´e A non ha punti di accumulazione in Ω possiamo concludere che B `e un insieme finito; dunque la somma che compare nella formula precedente, per quanto formalmente infinita, `e di fatto finita.
Siano a1, . . . , an i punti di B e q1, . . . , qn le parti principali di f in a1, . . . an; posto g = f − (q1 + · · · + qn), g ha singolarit`a eliminabili in a1, . . . , an. Se Ω0 = Ω − (A − B), il teorema precedente di Cauchy ( Teorema 3.2.9 (a) ) si applica alla funzione g ed all’aperto Ω0. PertantoR
γg = 0. Poich´e l’unico polo
e siccome f e qk hanno lo stesso residuo in ak ne segue che la tesi del teorema,