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Elementi di Analisi Funzionale

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Academic year: 2022

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Indice

Introduzione 4

1 Elementi di Analisi Funzionale 7

1.1 Spazi vettoriali topologici . . . 7

1.2 Seminorme e norme . . . 9

1.3 Spazi localmente convessi . . . 13

1.4 Applicazioni lineari continue e Teorema di Hahn-Banach . . . . 17

1.5 Approssimazione mediante combinazioni lineari finite . . . 22

1.6 Separazione di un insieme convesso e di un punto . . . 27

1.7 Approssimazione mediante combinazioni finite: convesse oppure lineari positive . . . 29

1.8 Algebre Topologiche . . . 32

1.9 Forme lineari continue su uno spazio di Hilbert . . . 35

1.10 Forme lineari positive su Cc(X) . . . 41

1.11 Forme lineari continue su Lp(µ) e su Cc(X) . . . 52

(2)

2 Generalizzazioni del teorema di Stone-Weierstrass 73

2.1 Teorema di Stone-Weierstrass . . . 73

2.2 Teorema di Stone-Weierstrass sulla chiusura di un modulo . . . 85

2.3 Teorema di Choquet-Deny sulla chiusura di un super-retticolo convesso . . . 89

2.4 Spazi localmente convessi e ponderati di funzioni continue . . . 93

2.5 Il teorema di Dieudonn`e sulla densit`a dei prodotti tensoriali ponderati . . . 97

2.6 Il problema di approssimazione di Bernstein . . . 102

2.7 Il problema dell’approssimazione ponderata . . . 105

2.8 Riduzione del problema dell’approssimazione ponderata all’ prob- lema di approssimazione di Bernstein in dimensioni finite . . . . 107

2.9 Riduzione del problema dell’approssimazione ponderata al prob- lema di approssimazione di Bernstein unidimensionale . . . 114

2.10 Il criterio analitico di localizzabilit`a . . . 116

2.11 Il criterio quasi-analitico di localizzabilit`a . . . 120

2.12 Commenti sui casi limitato, analitico e quasi-analitico . . . 127

2.13 Un controesempio alla localizzabilit`a . . . 130

3 Il teorema di Runge e il teorema di M¨untz-Szasz 134 3.1 Richiami di Analisi Complessa . . . 134

3.2 Approssimazione mediante funzioni razionali . . . 154

3.3 Il teorema di M¨unts-Szasz . . . 166

(3)

A Spazi topologici normali 182

B Elementi della teoria di misura 187

C Omologia, omotopia e regioni semplicemente connesse 194

Bibliografia 200

(4)

Introduzione

La teoria dell’approssimazione si occupa del problema di descrivere gli elementi di uno spazio topologico E che possono essere approssimati mediante quelli di un suo sottoinsieme X, ossia, della caratterizzazione della chiusura di X in E. A parte questo punto di vista molto ingenuo, ci sono altre considerazioni sofisticate nella teoria dell’approssimazione. In tutta generalit´a, il problema non ammette alcuna risposta significativa se non delle mere tautologie; quindi dobbiamo lavorare con strutture pi`u riche per avere dei risultati interessanti.

In particolare, la teoria di approssimazione delle funzioni, `e quell’area del- l’analisi che si occupa del problema sulla possibilit`a di approssimare le funzioni con altre pi`u semplici e pi`u facilmente calcolabili. La prima domanda che fac- ciamo nella teoria dell’approssimazione riguarda la possibilit`a di approssimare.

La famiglia delle funzioni ‘buone’ con le quali intendiamo approssimare, `e den- sa nell’insieme delle funzione che vogliamo approssimare. Ossia, `e possibile approssimare ogni funzione del nostro insieme, tanto bene quanto si voglia, usando arbitrarie funzioni della famiglia data. Quella parte della teoria di approssimazione che si occupa con il problema di dare risposta a questa do- manda, si chiama approssimazione astratta, in contrapposizione all’approssi- mazione numerica, che, una volta assicuratasi sulla possibilit`a di approssimare, si occupa del “come approssimare?” in modo effettivo e nel migliore possibile.

Naturalmente, l’approssimazione astratta precede, per forza di cose, quella nu-

(5)

merica; prima si deve essere sicuri che una cosa esista e, poi si deve andare a cercarsela.

E ovvio che questa tesi non pu`` o che contenere che una piccolissima parte della grande vastit`a dei risultati che esistono in teoria di approssimazione. Ho voluto che questa tesi fosse al tempo stesso anche un esercitazione in analisi funzionale, perci`o ho prediletto quelle dimostrazioni che fanno uso di strumenti analitico-funzionali.

Il materiale in questo testo `e organizzato nel modo seguente. Il primo capitolo `e dedicato ad un riepilogo di tutta l’analisi funzionale necessaria nel seguito per la dimostrazione dei risultati riguardanti la teoria dell’approssi- mazione; questo `e fatto per dare a questo lavoro la massima completezza ed autonomia bibliografica possibile, naturalmente, senza alcuna pretesa di essere esaurienti, anzi, presentando il minimo indispensabile. Nel secondo capitolo si incomincia con risultati classici che caratterizzano la chiusura di varie strutture algebriche nello spazio delle funzioni continue, come ad esempio: il teorema di Kakutani-Stone per un retticolo; i teoremi di Stone-Weierstrass per un’algebra e per un modulo; il teorema di Dieudonn`e per i prodotti tensoriali; e infine il teorema di Choquet-Deny per un sovraretticolo convesso, oppure conico e convesso. Il resto del secondo capitolo `e dedicato al lavoro di Nachbin sul problema dell’approssimazione ponderata per moduli; esso estende il classico problema di approssimazione di Bernstein in Rn, nello stesso modo in cui il teorema di Stone-Weierstrass generalizza il classico teorema di Weierstrass.

Dopo avere stabilito alcuni criteri sufficienti generali per la localizzabilita, essi vengono usati per determinare il criterio quasi-analitico, il criterio analitico e il criterio limitato. Essi dovrebbero essere presentati in quel ordine dal punto di vista gerarchico della generalit´a decrescente; ciononostante, per facilitare la comprenssibilta, ci occupiamo inizilmente4 del caso analitico. Nel terzo capitolo dimostriamo un teorema di Runge sull’approssimazione delle funzioni

(6)

olomorfe mediante funzioni frazionali, e come una sua applicazione ricaviamo le versioni omologiche del teorema di Cauchy e del teorema dei residui. Il terzo capitolo contiene anche una dimostrazione del teorema di M¨unts-Szasz che si articola combinando l’analisi funzionale con la teoria delle funzioni analitiche.

(7)

Capitolo 1

Elementi di Analisi Funzionale

1.1 Spazi vettoriali topologici

Il sistema dei numeri reali sar`a indicato con R, mentre quello dei numeri com- plessi con C. Talvolta, quando non vorremo discriminare tra R e C, useremo il simbolo K per indicare sia l’una che l’altra senza precisare. Tutti gli spazi vettoriali saranno reali oppure complessi.

Definizione 1.1.1. Uno spazio vettoriale topologico E `e uno spazio vettoriale che `e al tempo stesso anche uno spazio topologico, in modo che le operazioni di spazio vettoriale (x, y) ∈ E × E → x + y ∈ E e (λ, x) ∈ K × E → λx ∈ E siano continue.

Proposizione 1.1.2. Se E `e uno spazio vettoriale topologico, allora l’appli- cazione x ∈ E → λx + a ∈ E, dove λ ∈ K, λ 6= 0 e a ∈ E sono fissi, `e un omeomorfismo.

Dimostrazione. L’applicazione x → λx `e continua, per ogni λ ∈ K fisso (per via della Definizione 1.8.1, e perch´e la continut`a di una funzione di due variabili implica la continut`a di ciascuna funzione parziale che si ottiene

(8)

mantenendo fissa una delle variabili). In modo simile l’applicazione x → x + a

`

e continua, per ogni a ∈ E fissato. Pertanto l’applicazione composta x → λx → λx + a, cio`e x → λx + a, `e continua. Se, inoltre, λ 6= 0 e y = λx + a, allora x = (y − a)/λ. Pertanto l’applicazione x ∈ E → λx + a ∈ E

`

e invertibile, e la sua inversa y → (1/λ)y + (−a/λ) `e continua (per quanto osservato precedentemente). Dunque l’applicazione x ∈ E → λx + a ∈ E `e un omeomorfismo di E. 

Osservazione 1.1.3. Notiamo, in particolare, che l’applicazione x ∈ E → −x ∈ E `e continua. Di conseguenza l’applicazione (x, y) ∈ E × E → x − y ∈ E

`

e continua perch´e essa `e la composta di due applicazioni continue (x, y) ∈ E × E → (x, −y) ∈ E × E e (x, y) ∈ E × E → x + y ∈ E.

Proposizione 1.1.4. Siano E uno spazio vettoriale topologico e a ∈ E. Allora V ⊂ E `e un intorno di 0 se e soltanto se a + V `e un intorno di a. Inoltre, V ⊂ E `e un intorno di 0 se e soltanto se −V `e un intorno di 0.

Dimostrazione. Si usano le applicazioni x ∈ E → x + a ∈ E, x ∈ E →

−x ∈ E e si applica la Proposizione 1.1.2. 

Proposizione 1.1.5. Per ogni intorno V di 0 in uno spazio vettoriale topo- logico E, esiste un altro intorno W di 0 tale che W + W ⊂ V .

Dimostrazione. L’applicazione (x, y) ∈ E × E → x + y ∈ E `e continua in (0, 0). Pertanto esistono due intorni W1 e W2 di 0 tali che W1 + W2 ⊂ V ; allora `e sufficiente porre W = W1∩ W2. 

Osservazione 1.1.6. La proposizione `e ancora vera si sostituiamo W1+ W2 ⊂ V con W1− W2 ⊂ V , in virt`u della continuit`a dell’applicazione (x, y) ∈ E × E → x − y ∈ E.

Definizione 1.1.7. Un sottoinsieme X di uno spazio vettoriale topologico E si dice equilibrato se x ∈ X e λ ∈ K, |λ| ≤ 1 implicano λx ∈ X. In particolare X `e simmetrico, ossia −X = X, e 0 ∈ X.

(9)

Proposizione 1.1.8. Gli intorni equilibrati di 0 in uno spazio vettoriale topo- logico E formano un sistema fondamentale di intorni per 0.

Dimostrazione. L’applicazione (λ, x) ∈ K × E → λx ∈ E `e continua in (0, 0). Pertanto, dato un intorno V di 0, esistono δ > 0 e un intorno W di 0 tali che λ ∈ K, |λ| ≤ δ e x ∈ W implicano λx ∈ V . Poniamo U = {λx : |λ| ≤ δ, x ∈ W }. Si controlla facilmente che U `e equilibrato.

Inoltre δW ⊂ U ⊂ V ; dunque U `e un intorno di 0 (poich´e l’applicazione x ∈ E → δx ∈ E `e un omeomorfismo e cosi δW `e un intorno di 0) contenuto in V . 

Osservazione 1.1.9. In particolare, gli intorni simmetrici di 0 formano un sistema fondamentale di intorni per 0.

Definizione 1.1.10. Un sottoinsieme X di uno spazio vettoriale topologico si dice assorbente, se per ogni x ∈ E, esiste δ > 0 tale |λ| ≤ δ implica λx ∈ X.

Proposizione 1.1.11. Ogni intorno V di 0 in uno spazio vettoriale topologico E `e assorbente.

Dimostrazione. Se x ∈ E `e fissato, allora l’applicazione λ ∈ K → λx ∈ E

`e continua in 0. Pertanto, esiste δ > 0 tale che |λ| ≤ δ implica λx ∈ V . 

1.2 Seminorme e norme

Definizione 1.2.1. Una seminorma p su uno spazio vettoriale E `e una fun- zione a valori reali definita su E tale che:

(1) p(x) ≥ 0 per ogni x ∈ E;

(2) p(λx) = |λ| · p(x) per ogni λ ∈ K e x ∈ E;

(3) p(x + y) ≤ p(x) + p(y) per ogni x, y ∈ E.

(10)

Notiamo che segue immediatamente che p(0) = 0 e |p(x) − p(y)| ≤ p(x − y) per ogni x, y ∈ E. Una norma `e una seminorma p tale che p(x) = 0 implica x = 0.

Definizione 1.2.2. Uno spazio seminormato (rispettivamente, spazio norma- to) `e uno spazio vettoriale nel quale `e fissata una seminorma (rispettivamente, norma) ben distinta. Spesso useremo la notazione kxk per indicare p(x) in uno spazio seminormato; in situazioni particolari, si usano opportune variazioni di questa notazione.

Definizione 1.2.3. Sia p una seminorma in uno spazio vettoriale E. Se a ∈ E, r ≥ 0, la sfera aperta Br,p(a) di centro a e raggio r `e l’insieme di tutti i punti x ∈ E tali che p(x − a) < r e la sfera chiusa Br,p(a) di centro a e raggio r `e l’insieme di tutti i punti x ∈ E tali che p(x−a) ≤ r. In uno spazio seminormato si omette la referenza a p. nelle notazioni, e scriviamo pi`u semplicemente Br(a) e Br(a).

Definizione 1.2.4. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia di seminorme in uno spazio vettoriale E. La topologia naturale TΓ definita da Γ su E viene introdotta nel modo seguente: prendiamo la collezione di tutti gli insiemi del tipo B,pi(a) ( Definizione 1.2.3) al variare di a ∈ E,  > 0 e i ∈ I, come sottobase per la topologia su E (`e noto che ogni collezione di sottoinsiemi di un insieme E `e una sottobase per una determinata topologia su E; otteniamo gli aperti di una base per questa topologia come intersezioni finite degli elementi della sottobase).

Proposizione 1.2.5. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia di seminorme in uno spazio vettoriale E. Allora ciascun pi `e continua per TΓ.

Dimostrazione. Se a ∈ E,  > 0 e i ∈ I, allora il sottoinsieme B,pi(a)

`

e un aperto, e pertanto esso `e un intorno di a. Inoltre x ∈ B,pi(a) implica

|pi(x) − pi(a)| ≤ pi(x − a) < ; pertanto pi `e continua in a. 

(11)

Proposizione 1.2.6. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia di seminorme in uno spazio vettoriale E. Se a ∈ E,  > 0, i1, . . . , in ∈ I, poniamo

V,i1,...,in(a) = B,pi1(a) ∩ · · · ∩ B,pin(a) = {x ∈ E : pi1(x − a) < , . . . , pin(x − a) < },

V,i1,...,in(a) = B,pi1(a) ∩ · · · ∩ B,pin(a) = {x ∈ E : pi1(x − a) ≤ , . . . , pin(x − a) ≤ }.

Allora, per ogni a ∈ E fissato, la collezione di tutti gli V,i1,...,in(a) (rispetti- vamente, V,i1,...,in(a)) `e un sistema fondamentale di intorni aperti (rispettiva- mente, chiusi) di a nella topologia TΓ.

Per la dimostrazione si usa il seguente lemma.

Lemma 1.2.7. Se p `e una seminorma in uno spazio vettoriale E e a ∈ B,p(b), dove a, b ∈ E e  > 0, allora Bδ,p(a) ⊂ B,p(b), dove δ =  − p(b − a) > 0.

Dimostrazione. Se x ∈ Bδ,p(a), cio`e p(x − a) < δ, allora p(x − b) ≤ p(x − a) + p(a − b) < δ + p(a − b) = ; pertanto x ∈ B,p(b). 

Dimostrazione della Proposizione 1.2.6. Siano a ∈ E, b1, . . . , bn∈ E, i1, . . . , in ∈ I e 1, . . . , n > 0 tali che

a ∈ B1,pi1(b1) ∩ · · · ∩ Bn,pin(bn).

Ponendo δ = inf{h− pih(a − bh) : h = 1, . . . , n} > 0 e usando il Lemma 1.2.7, otteniamo

a ∈ Vδ,i1,...,in(a) ⊂ B1,pi1(b1) ∩ · · · ∩ Bn,pin(bn).

Poich´e Vδ,i1,...,in(a) `e un aperto, questo prova la prima parte della proposizione.

Dall’altro canto abbiamo

a ∈ Vδ/2,i1,...,in(a) ⊂ Vδ/2,i1,...,in(a) ⊂ Vδ,i1,...,in(a).

(12)

Poich´e Vδ/2,i1,...,in(a) `e chiuso (Proposizione 1.2.5) e usando la prima parte della proposizione, otteniamo la seconda parte. 

Corollario 1.2.8. Per ogni a ∈ E fissato, la collezione di tutti gli insiemi del tipo B,pi(a), dove  > 0 e i ∈ I, `e un sottosistema fondamentale di intorni in E per a nella topologia TΓ.

Proposizione 1.2.9. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia di seminorme in uno spazio vettoriale E, allora E `e uno spazio vettoriale topologico rispetto a TΓ.

Dimostrazione. Useremo la seguente osservazione elementare. Siano A e B spazi topologici, ϕ : A → B una applicazione, a ∈ A, b = ϕ(a) e Ω una sottobase di intorni di b. Se, per ogni W ∈ Ω, esiste un intorno V di a tale che ϕ(V ) ⊂ W , allora ϕ `e continua in a.

Cominciamo col provare la continuit`a dell’applicazione (x, y) ∈ E × E → x + y ∈ E in (a, b), dove a ∈ E e b ∈ E. Poniamo c = a + b e consideriamo un sottosistema fondamentale di intorni B,pi(c) di c, dove  > 0 e i ∈ I (Corollario 1.2.8). Se x ∈ B/2,pi(a) e y ∈ B/2,pi(b), allora

pi(x + y − c) ≤ p(x − a) + p(x − b) < /2 + /2 = , e questo prova la continuit`a.

Ora, proviamo la continuit`a di (λ, x) ∈ K × E → λx ∈ E in (µ, a), dove µ ∈ K e a ∈ E. Poniamo b = µa e consideriamo un sottosistema fondamentale di intorni B,pi(b) di b, dove  > 0 e i ∈ I (Corollario 1.2.8). Se i ∈ I,  > 0, γ > 0, δ > 0, |λ − µ| < γ e x ∈ Bδ,pi(a), allora pi(λx − µa) = pi[λ(x − a) + (λ − µ)a] ≤ |λ|pi(x−a)+|λ−µ|pi)a) , Poich´e |λ| ≤ |λ−µ|+|µ| < γ +|µ|, otteniamo pi(λx−µa) < (γ +|µ|)δ +γpi(a) < , puch´e γ e δ siano sufficientemente piccoli, ossia λx ∈ B,pi(b). 

Definizione 1.2.10. La famiglia Γ = {pi}i∈I di seminorme in uno spazio vettoriale E `e diretta se, per ogni i1, i2 ∈ I, esistono i ∈ I e λ ∈ R, λ > 0 tali che pi1 ≤ λpi e pi2 ≤ λpi.

(13)

Proposizione 1.2.11. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia diretta di seminorme in uno spazio vettoriale E. Allora per ogni a ∈ E fissato, la collezione di tutti gli insiemi del tipo B,pi(a) (rispettivamente, B,pi(a)), dove  > 0 e i ∈ I, `e un sistema fondamentale di intorni aperti (rispettivamente,chiusi) in E per a nella topologia TΓ.

Dimostrazione. Usiamo la Proposizione 1.2.6. Dati i1, . . . , in ∈ I, es- istono λ > 0 e i ∈ I tali che pi1 ≤ λpi, . . . , pin ≤ λpi, poich´e Γ `e diretta. Se

 > 0 e δ = /λ, abbiamo

Bδ,pi(a) ⊂ V,i1,...,in(a), Bδ,pi(a) ⊂ V,i1,...,in(a).

In questo modo la proposizione `e provata. 

1.3 Spazi localmente convessi

Definizione 1.3.1. Sia E uno spazio vettoriale. Il sottoinsieme X ⊂ E `e convesso se, per ogni a, b ∈ X, il segmento

[a, b] = {λa + (1 − λ)b : λ ∈ R, 0 ≤ λ ≤ 1}

congiungente a e b `e contenuto in X. Ogni sottospazio vettoriale, o pi`u in generale ogni sottospazio affine, `e convesso. L’intersezione di una famiglia di insiemi convessi `e convesso.

Osservazione 1.3.2. Il segmento congiungente a e b pi`o essere rappresentato anche come

[a, b] = {λa + µb : λ, µ ∈ R, λ, µ ≥ 0, λ + µ = 1}.

Definizione 1.3.3. Uno spazio vettoriale topologico si dice localmente conves- so se gli intorni convessi di ogni punto di E formano un sistema fondamentale di intorni per quel punto. In realt`a `e sufficiente che questa condizione si verifichi in un solo punto, ad esempio nell’origine.

(14)

Teorema 1.3.4. Sia E uno spazio vettoriale topologico la cui topologia `e defini- ta da una famiglia Γ = {pi}i∈I di seminorme, allora E `e localmente convesso e ciascun pi `e continua. Viceversa, se E `e uno spazio topologico localmente con- vesso, allora la sua topologia `e definita dalla collezione di tutte le seminorme continue.

Prima di dimostrare questo teorema, dobbiamo presentare alcuni risultati preliminari.

Definizione 1.3.5. Sia V un insieme assorbente nello spazio vettoriale E. La funzione di Minkowsky p di V `e definita come

p(x) = inf{λ ∈ R : λ > 0, x ∈ λV }

per ogni x ∈ E.

Lemma 1.3.6. Sia V un insieme assorbente e convesso nello spazio vettoriale E e p la funzione di Minkowsky di V . Allora:

(1) 0 ≤ p(x) < ∞ per ogni x ∈ E;

(2) p(x + y) ≤ p(x) + p(y) per ogni x, y ∈ E;

(3) p(λx) = λp(x) per ogni x ∈ E e λ > 0;

(4) p(λx) = |λ|p(x) per ogni x ∈ E e λ ∈ K se V `e equilibrato;

(5) {x ∈ E : p(x) < 1} ⊂ V ⊂ {x ∈ E : p(x) ≤ 1};

(6) Se E `e uno spazio vettoriale topologico {x ∈ E : p(x) < 1} = V se V `e aperto e {x ∈ E : p(x) ≤ 1} = V se V `e chiuso.

Dimostrazione. (1) Se x ∈ E, esiste δ > 0 tale che λx ∈ V se λ ∈ K,

|λ| ≤ δ, perch´e V `e assorbente. Allora δx ∈ V implica (1/δ)x ∈ V , e pertanto p(x) ≤ 1/δ < ∞.

(15)

(2) Siano x, y ∈ E, λ, µ ∈ R, λ, µ > 0 tali che x ∈ λV e y ∈ µV , ossia x = λx0 e y = µy0 con x0, y0 ∈ E. Allora

x + y = λx0+ µy0 = (λ + µ)

 λ

λ + µx0+ µ λ + µy0

 ,

e cos`ı x + y ∈ (λ + µ)V , perch´e V `e convesso. Pertanto p(x + y) ≤ λ + µ. Per l’arbitrariet`a di λ e µ, otteniamo p(x + y) ≤ p(x) + p(y).

(3) Se x ∈ E, λ, µ ∈ R, λ, µ > 0, x ∈ µV , allora λx ∈ λµV , e in questo modo p(λx) ≤ λµ. Usando l’arbitrarit`a di µ otteniamo p(λx) ≤ λp(x). Se, in quest’ultima diseguaglianza sostituiamo x con λx e λ con 1/λ otteniamo λp(x) ≤ p(λx). Pertanto p(λx) = λp(x). Per il caso λ = 0, notiamo che p(0) = 0.

(4) Se V `e equilibrato, σ ∈ K, |σ| = 1 allora σV = V . Infatti, σV ⊂ V per la Definizione 1.1.7. Poich´e |1/σ| = 1, allora (1/σ)V ⊂ V , di nuovo per la Definizione 1.1.7, e pertanto V ⊂ σV . In definitiva, abbiamo appunto σV = V . Se σ ∈ K, |σ| = 1, λ > 0 e x ∈ E, allora x ∈ λV se e soltanto se σx ∈ λσV = λV . Dunque p(σx) = p(x). Se x ∈ E e λ ∈ K, possiamo scrivere λ = σ|λ|, dove |σ| = 1, e allora abbiamo p(λx) = p(|λ|σx) = |λ|p(σx) = |λ|p(x).

(5) Se x ∈ E, p(x) < 1, allora esiste 0 < λ < 1, tale che x ∈ λV . Poich´e 0, x/λ ∈ V , allora x = λ · (x/λ) + (1 − λ)0 ∈ V per la convessit`a di V . Inoltre, se x ∈ V = 1 · V , allora p(x) ≤ 1.

(6) Siano V aperto e x ∈ V . Usando la continuit`a dell’applicazione λ ∈ K → λx ∈ E in λ = 1, troviamo δ > 0 tale che |λ − 1| < δ implica λx ∈ V . Allora (1 + δ)x ∈ V implica p(x) ≤ 1/(1 + δ) < 1. Ora siano V chiuso e p(x) ≤ 1. Se |θ| < 1, allora θx ∈ V perch´e p(θx) < 1. Pertanto θx → x per θ → 1, e poich´e V `e chiuso, x ∈ V . 

Lemma 1.3.7. Una seminorma p su uno spazio vettoriale topologico `e con- tinua se e soltanto se p `e continua nell’origine.

(16)

Dimostrazione. Sia p continua in 0. Proviamo la sua continuit`a in a ∈ E.

Se  > 0, V = {x ∈ E : p(x) ≤ } `e un intorno dell’origine perch´e p `e continua in 0 e p(0) = 0. Se x ∈ a + V , allora |p(x) − p(a)| ≤ p(x − a) ≤ ; pertanto p

`

e continua in a, giacch´e a + V `e un intorno di a. 

Lemma 1.3.8. In uno spazio vettoriale topologico localmente convesso E, gli intorni equilibrati e convessi di 0 costituiscono un sistema fondamentale di intorni di 0.

Dimostrazione. Sia V un intorno di 0. Esiste W un intorno convesso di 0 tale che W ⊂ V . Sia U = T

|µ|=1µW . Allora U ⊂ 1 · W = W ⊂ V . Inoltre U `e convesso perch´e intersezione di convessi. Se λ ∈ K e |λ| ≤ 1, scriviamo λ = |λ|σ dove |σ| = 1. Allora λU = T

|µ|=1(µσ)(|λ|W ) = T

|µ|=1µ(|λ|W ) ⊂ T

|µ|=1µW , poich´e |λ|W ⊂ W perch´e 0 ∈ W , 0 ≤ |λ| ≤ 1 e W `e convesso.

Pertanto λU ⊂ U e U `e equilibrato. Per la Proposizione 1.1.8 esiste un intorno equilibrato W0 di 0 tale che W0 ⊂ W . Allora W0 = µW0 ⊂ µW se |µ| = 1 (si veda la dimostrazione di (4) del Lemma 1.3.6); dunque W0 ⊂ U e U `e un intorno di 0. 

Dimostrazione del Teorema 1.3.4. Supponiamo che la topologia di E sia definita da Γ. Osserviamo che se p `e una seminorma, a ∈ E e  > 0, allora l’insieme {x ∈ E : p(x − a) < } `e convesso. Per definizione di TΓ, la topologia ha una sottobase, e dunque anche una base, costituita da sottoinsiemi convessi;

cos`ı E `e localmente convesso. Inoltre ogni pi `e continua (Proposizione 1.2.5).

Viceversa, sia E localmente convesso, e chiamiamo T la topologia di E.

Sia Γ la collezione di tutte le seminorme su E T -continue. Se p ∈ Γ, a ∈ E e

 > 0, allora {x ∈ E : p(x − a) < } `e un aperto per T . Segue che ogni aperto in TΓ (dove TΓ `e la topologia indotta dalla famiglia di seminorme Γ) `e aperto anche in T , perch´e TΓ ha una sottobase, e dunque anche una base, costituita da aperti di T . Sia ora V un intorno di 0 in T . Scegliamo un intorno U di 0 in

(17)

T equilibrato e convesso (Lemma 1.3.8) tale che U ⊂ V . Sia p la funzione di Minkowsky di U (Definizione 1.3.5). Per il Lemma 1.3.6, p `e una seminorma e x ∈ U implica p(x) ≤ 1; pertanto x ∈ U implica p(x) ≤  per ogni  > 0.

Questo prova la continuit`a di p in 0 per T , e pertanto la continuit`a di p per T (Lemma 1.3.7). Cos`ı p ∈ Γ Dall’altro canto p(x) < 1 implica x ∈ U ⊂ V , ossia {x ∈ E : p(x) < 1} ⊂ V . Pertanto V contiene un sottoinsieme aperto in TΓ contenente 0. Dunque V `e un intorno di 0 in TΓ. Abbiamo, in questo modo, provato che ogni intorno di 0 in T `e un intorno di 0 anche in TΓ. Per la Proposizione 1.1.4, vediamo che ogni intorno di a ∈ E in T `e un intorno di a anche in TΓ. Pertanto T = TΓ. 

Osservazione 1.3.9. Se V `e un intorno di 0 nello spazio localmente convesso E, esiste una seminorma continua p su E tale che x ∈ E, p(x) ≤ 1 implica x ∈ V . Abbiamo dimostrato questo nel corso della dimostrazione del Teorema 1.3.4, per`o con x ∈ E, p(x) < 1 implica x ∈ V ; Allora poniamo q = 2p, notiamo che x ∈ E, q(x) = 2p(x) ≤ 1 implica p(x) ≤ 1/2 < 1 e quindi x ∈ V .

Osservazione 1.3.10. Gli intorni equilibrati, convessi e aperti (rispettivamente, chiusi) di 0 in uno spazio vettoriale topologico localmente convesso E costitu- iscono un sistema fondamentale di intorni di 0. Infatti i sottoinsiemi del tipo {x ∈ E : p(x) < 1} (rispettivamente, {x ∈ E : p(x) ≤ 1}), dove p `e una seminorma, formano il suddetto sistema.

1.4 Applicazioni lineari continue e Teorema di Hahn-Banach

Proposizione 1.4.1. Un’applicazione lineare T : E → F ,dove E e F sono spazi vettoriali topologici, `e continua se e soltanto se T `e continua in 0.

Dimostrazione. Sia T continua in 0, e sia a ∈ E. Un intorno di T (a) in

(18)

F `e della forma T (a) + W , dove W `e un intorno di 0 = T (0) in F . Sia V un intorno di 0 in E tale che T (V ) ⊂ W . Allora a + V `e un intorno di a in E, e T (a + V ) ⊂ T (a) + W ; questo prova la continuit`a di T in a. 

Proposizione 1.4.2. Una forma lineare f su uno spazio vettoriale E `e con- tinua se e soltanto se f−1(0) `e chiuso.

Dimostrazione. Supponiamo che f−1(0) sia chiuso. Se f = 0, allora f `e continua. Supponiamo che f 6= 0. Esiste a ∈ E tale che f (a) 6= 0; possiamo supporre f (a) = 1. Poich´e a non appartiene al sottoinsieme chiuso f−1(0), esiste un intorno equilibrato V di 0 tale che (a + V ) ∩ f−1(0) = ∅. Proveremo che x ∈ V implica |f (x)| < 1; allora avremo x ∈ V implica |f (x)| <  per ogni  > 0. e pertanto sar`a provato che f `e continua per la Proposizione 1.4.1.

Per provare quanto detto prima, sia x ∈ V tale che |f (x)| ≥ 1. Poniamo λ = −1/f (x) e t = a + λx. Allora |λ| ≤ 1. Inoltre f (t) = 0, ossia t ∈ f−1(0);

dall’altro canto t ∈ a + V perch´e V `e equilibrato. Dunque t ∈ (a + V ) ∩ f−1(0), il che `e impossibile. 

Definizione 1.4.3. Lo spazio duale E0 di uno spazio vettoriale topologico `e lo spazio vettoriale di tutte le forme lineari e continue su E.

Teorema 1.4.4. (Teorema di Hahn-Banach) Sia p una funzione a valori reali definito su uno spazio vettoriale reale E tale che p(x + y) ≤ p(x) + p(y) e p(λx) = λp(x) per ogni x, y ∈ E e λ ∈ R, λ ≥ 0. Sia F ⊂ E un sottospazio vettoriale, e g una forma lineare su F soddisfacente alla stima g(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ F . Allora esiste una forma lineare f su E tale che estenda g e soddisfi la stima f (x) ≤ p(x) per ogni x ∈ E.

Prima di dimostrare questo teorema, richiamiamo alcuni risultati dalla teo- ria degli insiemi. Un insieme ordinato Φ `e un insieme nel quale `e assegnato una relazione d’ordine; usualmente viene indicata con ≤, e soddisfa le seguenti condizioni:

(19)

(1) x ≤ x per ogni x ∈ Φ;

(2) x ≤ y e y ≤ z implicano x ≤ z per ogni x, y, z ∈ Φ;

(3) x ≤ y e y ≤ x implicano x = y per ogni x, y ∈ Φ.

Un sottoinsieme Γ ⊂ Φ si dice limitato superiormente in Φ se esiste a ∈ Φ tale che x ≤ a per ogni x ∈ Γ. Un sottoinsieme Γ si dice totalmente ordinato se per ogni x, y ∈ Γ risulta x ≤ y oppure y ≤ x. Un elemento a ∈ Φ si dice massimale se x ∈ Φ e a ≤ x implicano x = a. Diciamo che Φ `e induttivo se ogni suo sottoinsieme totalmente ordinato `e limitato superiormente. Allora abbiamo:

Teorema 1.4.5. (Principio del massimo) Ogni insieme ordinato non vuoto e induttivo possiede un elemento massimale.

Dimostrazione del Teorema 1.4.4. Sia ϕ tale che: (1) ϕ `e una forma lineare definita su un sottospazio vettoriale Dϕ di E contenete F ; (2) ϕ `e un’estensione di g; (3) ϕ(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ Dϕ. Denotiamo con Φ l’insieme di tutte le siffatte ϕ. g ∈ Φ, pertanto Φ 6= ∅. Ordiniamo Φ nel modo seguente: se ϕ1, ϕ2 ∈ Φ, scriviamo ϕ1 ≤ ϕ2 per dire che Dϕ1 ⊂ Dϕ2 e ϕ1 `e esteso da ϕ2. E immediato verificare che Φ `` e un insieme ordinato.

Adesso proveremo che Φ `e induttivo. Sia Γ ⊂ Φ un sottoinsieme totalmente ordinato. Definiamo ψ nel modo seguente. Poniamo Dψ =S

ϕ∈ΓDϕ. Dψ `e un sottospazio vettoriale di E; infatti, se x1, x2 ∈ Dψ, allora esistono ϕ1, ϕ2 ∈ Γ tali che x1 ∈ Dϕ1 e x2 ∈ Dϕ2. Poich´e Γ `e totalmente ordinato ϕ1 ≤ ϕ2 oppure ϕ2 ≤ ϕ1. Fissiamo le idee supponendo ϕ1 ≤ ϕ2. Allora x1 ∈ Dϕ1 ⊂ Dϕ2, x2 ∈ Dϕ2, e pertanto x1 + x2 ⊂ Dϕ2 ⊂ Dψ. In modo analogo si prova che λ ∈ R e x ∈ Dψ implicano λx ∈ Dψ. Ovviamente Dψ contiene F . Ora definiamo ψ : Dψ → R come segue: se x ∈ Dψ, allora esiste ϕ ∈ Γ tale che x ∈ Dϕ. Poniamo ψ(x) = ϕ(x). `E immediato verificare, usando il fatto che Γ `e totalmente ordinato, che ψ `e ben definita, lineare, estensione di g e

(20)

ψ(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ Dψ. Pertanto ψ ∈ Φ. Inoltre ϕ ≤ ψ per ogni ϕ ∈ Γ.

Cos`ı, abbiamo provato che Γ `e limitata superiormente. Per il principio del massimo (Teorema 1.4.5), Φ ammette almeno un elemento massimale.

La dimostrazione sar`a completata se mostriamo che ogni elemento massi- male di Φ `e definito su E. Sia ϕ ∈ Φ tale che Dϕ 6= E; proveremo che ϕ non

`

e un elemento massimale in Φ. Definiamo ψ nel modo seguente. Prendiamo a ∈ E, a /∈ Dϕ e poniamo Dψ = Dϕ ⊕ R; notiamo che Dϕ `e un sottoinsieme proprio di Dψ. Per ogni x ∈ Dϕ e λ ∈ R, poniamo ψ(x + λa) = ϕ(x) + λα, dove α ∈ R sar`a opportunamente fissato in seguito. ψ `e una forma lineare in Dψ che estende g. Vogliamo scegliere α ∈ R in modo tale che ψ ∈ Φ, cio`e ψ(x + λa) = ϕ(x) + λα ≤ p(x + λa) per ogni x ∈ Dϕ e λ ∈ R. Questo

`

e vero per λ = 0 perch´e otteniamo ϕ(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ Dϕ che `e si- curamente vero. Se questo `e vero per λ = 1, allora `e vera per ogni λ > 0;

infatti, sostituendo x con x/λ, otteniamo ϕ(x/λ) + α ≤ p(x/λ + a), e quindi ϕ(x) + λα ≤ p(x + λa). Similmente il caso λ = −1 implica i casi λ < 0.

In conclusione, dobbiamo scegliere α ∈ R in modo tale che siano soddisfatte ϕ(x)+α ≤ p(x+a) e ϕ(x)−α ≤ p(x−a) per ogni x ∈ Dϕ. Questo `e equivalente a ϕ(x1) − p(x1− a) ≤ α ≤ p(x2+ a) − ϕ(x2) per ogni x1, x2 ∈ Dϕ. Osserviamo che ϕ(x1) + ϕ(x2) = ϕ(x1+ x2) ≤ p(x1+ x2) ≤ p(x1− a) + p(x2+ a), pertanto ϕ(x1) − p(x1− a) ≤ p(x2+ a) − ϕ(x2) per ogni x1, x2 ∈ Dϕ. Se scegliamo α ∈ R tale che

sup{ϕ(x) − p(x − a) : x ∈ Dϕ} ≤ α ≤ inf{p(x + a) − ϕ(x) : x ∈ Dϕ}, allora, possiamo concludere che ψ(y) ≤ p(y) per ogni y ∈ Dψ, ossia ψ ∈ Φ.

Ricordiamo che ϕ ≤ ψ e ϕ 6= ψ, e quindi ϕ non `e un elemento massimale in Φ. 

Teorema 1.4.6. Siano E uno spazio vettoriale topologico localmente convesso, F ⊂ E un sottospazio e g una forma lineare continua su F . Allora esiste una forma lineare continua su E che estende g.

(21)

Per la dimostrazione ci serve il seguente risultato.

Lemma 1.4.7. Siano p e q due seminorme in uno spazio vettoriale E. Allora q ≤ p se e solo se x ∈ E, p(x) ≤ 1 implica q(x) ≤ 1.

Dimostrazione, Supponiamo che p(x) ≤ 1 implichi q(x) ≤ 1. Sia x ∈ E tale che p(x) > 0. Allora p(x/p(x)) = 1 implica q(x/p(x)) ≤ 1, ossia q(x) ≤ p(x). Se p(x) = 0, allora p(λx) = 0 ≤ 1, e quindi q(λx) ≤ 1 per ogni λ ∈ K.

In particolare, q(x) ≤ 1/|λ| se λ 6= 0. Se λ → ∞, otteniamo q(x) = 0 = p(x).



Dimostrazione del Teorema 1.4.6 nel caso reale. Per la continut`a di g, il sottoinsieme W = {x ∈ F : |g(x)| ≤ 1} `e un intorno di 0 in F . Allora esiste un intorno V di 0 in E tale che V ∩ F = W . Sia p una seminorma continua su E tale che x ∈ E, p(x) ≤ 1 implichi x ∈ V (Osservazione 1.3.9).

Usando il Lemma 1.4.7 con q = |g| su F otteniamo |g(x)| ≤ p(x) per ogni x ∈ F . In particolare, g(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ F . Applicando il teorema di Hahn-Banach (Teorema 1.4.4), otteniamo una forma lineare f su E tale che f estenda g e f (x) ≤ p(x) per ogni x ∈ E. Sostituendo x con −x in questa stima, otteniamo −f (x) ≤ p(x); pertanto |f (x)| ≤ p(x) per ogni x ∈ E. Questo implica che f sia continua in 0; infatti, se  > 0, U = {x ∈ E : p(x) ≤ } `e un intorno di 0 in E, e x ∈ U implica |f (x)| ≤ . Dunque f `e continua su E. 

Prima di dimostrare il teorema nel caso complesso, ci serviranno le seguen- ti osservazioni. Se E `e uno spazio vettoriale complesso, allora E `e anche uno spazio vettoriale reale; possiamo allora parlare di forme lineari complesse e forme lineari reali, su E. Se f `e una forma lineare complessa su F , allora f (x) = f1(x) + if2(x) per ogni x ∈ E, dove f1 e f2 sono forme lineari re- ali su E univocamente determinate. Inoltre f (ix) = if (x) `e equivalente a f1(ix) = −f2(x) e f2(ix) = f1(x), per ogni x ∈ E. Notiamo che quest’ultime due uguaglianze sono equivalenti, come si pu`o verificare immediatamente sos-

(22)

tituendo x con ix in ciascuna di esse. Usando la prima per esprimere f2 in funzione di f1, otteniamo f (x) = f1(x) − if1(ix) per ogni x ∈ E. Viceversa, se f1`e una forma lineare reale su E e se definiamo f (x) = f1(x) − if1(ix) per ogni x ∈ E, allora f `e una forma lineare complessa su E come si verifica facilmente.

Se E `e uno spazio vettoriale topologico e f una forma lineare complessa, allora f `e continua se e solo se la corrispondente forma lineare reale f1 `e continua.

Anche questo e facile da giustificare.

Dimostrazione del Teorema 1.4.6 nel caso complesso. Relativa- mente alla forma lineare complessa g sul sottospazio vettoriale complesso F di E, scriviamo g(x) = g1(x) − ig1(ix) per ogni x ∈ F , dove g1 `e la cor- rispondete forma lineare reale su F . Usando il Teorema 1.4.6 nel caso reale e considerando E come spazio vettoriale reale localmente convesso, troviamo una forma lineare reale e continua f1 su E che estende g1. Definiamo la for- ma lineare complessa f corrispondente ad f1 ponendo f (x) = f1(x) − if1(ix) per ogni x ∈ E. Allora f estende g, poich´e x ∈ F implica ix ∈ F , e f (x) = f1(x) − if1(ix) = g1(x) − ig1(ix) = g(x) per ogni x ∈ F . Anche f

`e continua e questo conclude la dimostrazione. 

1.5 Approssimazione mediante combinazioni lin- eari finite

Definizione 1.5.1. Siano E uno spazio vettoriale topologico, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Diciamo che b pi`o essere approssimato mediante combinazioni lineari finite di {ai}i∈I se, per ogni intorno V di 0 in E, esistono i1, . . . , in ∈ I e λ1, . . . , λn∈ K tali che

1ai1 + · · · + λnain) − b ∈ V ;

(23)

questo significa che b deve appartenere alla chiusura del sottospazio vettoriale generato da {ai}i∈I.

Teorema 1.5.2. Siano E uno spazio vettoriale topologico localmente convesso, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Allora b pu`o essere approssimato mediante combinazioni lineari finite di {ai}i∈I se e soltanto se per ogni f ∈ E0 che soddisfa f (ai) = 0 per ogni i ∈ I, risulta f (b) = 0.

Per la dimostrazione ci servono le seguenti osservazioni.

Lemma 1.5.3. In uno spazio vettoriale topologico E, la chiusura di un sot- tospazio vettoriale F `e ancora un sottospazio vettoriale di E.

Dimostrazione. Ricordiamo, che se ϕ : A → B `e un’applicazione contin- ua, dove A e B sono spazi topologici, allora ϕ(X) ⊂ ϕ(X) per ogni X ⊂ A.

Applichiamo quest’osservazione all’applicazione continua (x, y) ∈ E × E → x + y ∈ E e al sottoinsieme F × F ⊂ E × E. Poich´e F × F = F × F e F + F ⊂ F , otteniamo F + F ⊂ F . In un modo del tutto analogo dimostriamo che λ · F ⊂ F per ogni λ ∈ K, usando questa volta l’applicazione continua (λ, x) ∈ K × E → λx ∈ E. 

Lemma 1.5.4. Siano E uno spazio vettoriale topologico localmente convesso, A ⊂ E un sottospazio vettoriale chiuso e b ∈ E. Allora b /∈ A se e soltanto se esiste f ∈ E0 tale che f (A) = 0 e f (b) 6= 0; allora possiamo prendere f ∈ E0 tale che f (b) = 1.

Dimostrazione. Se una siffatta f ∈ E0 esiste, allora chiaramente b /∈ A.

Viceversa, supponiamo che b /∈ A. Sia F = A ⊕ Kb il sottospazio vettoriale generato da A e b. Ogni y ∈ F pu`o essere scritto come y = x + λb, dove x ∈ A e λ ∈ K sono univocamente determinate. Allora definiamo g(y) = λ.

E chiaro che g `` e una forma lineare su F tale che g−1(0) = A e g(b) = 1.

Poich´e g−1(0) `e chiuso in E, dunque anche in F , allora g `e continua su F

(24)

(Proposizione 1.4.2). Per il teorema di Hahn-Banach (Teorema 1.4.6), esiste una forma lineare continua f su E che estende g. Allora f (A) = 0 e f (b) = 1.



Dimostrazione del Teorema 1.5.2. Sia A la chiusura dello spazio vet- toriale generato da {ai}i∈I; per il Lemma 1.5.3, A `e un sottospazio vettoriale chiuso di E. Per il Lemma 1.5.4 b /∈ A se e soltanto se esiste f ∈ E0 tale che f (A) = 0 e f (b) 6= 0. Rimane solo da osservare che f (A) = 0 `e equivalente a f (ai) = 0 per ogni i ∈ I, il che `e immediato per la linearit`a e per la continuit`a di f . 

Definizione 1.5.5. Siano E uno spazio vettoriale topologico e {ai}i∈I ⊂ E.

Allora {ai}i∈I si dice totale in E se ogni elemento di E pu`o essere approssi- mato con combinazioni lineari finite di {ai}i∈I; in altre parole, il sottospazio vettoriale generato da {ai}i∈I `e denso in E.

Proposizione 1.5.6. Siano E uno spazio vettoriale topologico localmente con- vesso e {ai}i∈I ⊂ E. Allora {ai}i∈I `e totale in E se e soltanto l’unica f ∈ E0 soddisfacente f (ai) = 0 per ogni i ∈ I, `e f = 0.

Dimostrazione. Supponiamo che {ai}i∈I non sia totale in E. Sia A la chiusura del sottospazio vettoriale generato da {ai}i∈I. Dunque A 6= E.

Prendiamo un b ∈ E tale che b /∈ A. Usando il Lemma 1.5.4, troviamo f ∈ E0 tale che f (A) = 0 e f (b) 6= 0. Allora f (ai) = 0 per ogni i ∈ I e f 6= 0. Anche l’altra implicazione `e immediata. 

Definizione 1.5.7. Siano E uno spazio vettoriale topologico e {ai}i∈I ⊂ E.

Diciamo che {ai}i∈I `e topologicamente linearmente indipendente se, per ogni j ∈ I, aj non pu`o essere approssimato mediante combinazioni lineari finite di {ai}i∈I,i6=j. Questo implica che {ai}i∈I `e linearmente indipendente; pertanto l’applicazione i ∈ I → ai ∈ E `e ingettiva.

(25)

Proposizione 1.5.8. Siano E uno spazio vettoriale topologico localmente con- vesso e {ai}i∈I ⊂ E. Allora {ai}i∈I `e topologicamente linearmente indipendente se e soltanto se esiste {fi}i∈I ⊂ E0 tale che {ai}i∈I e {fi}i∈I siano ortonormali, cio`e

fi(aj) =

0 se i 6= j 1 se i = j

per ogni i, j ∈ I. Inoltre, nel caso in cui {ai}i∈I sia topologicamente linear- mente indipendente, una siffatta {fi}i∈I `e unica se e soltanto se {ai}i∈I `e totale in E.

Dimostrazione. Supponiamo che esista {fi}i∈I avente le propriet`a indi- cate. Se j ∈ I, abbiamo aj ∈ f/ j−1(0) e ai ∈ fj−1(0) per ogni i ∈ I, i 6= j. Poich´e fj−1(0) `e un sottospazio vettoriale chiuso, la chiusura del sottospazio vettoriale generato da {ai}i∈I,i6=j `e contenuto in fj−1(0). Allora concludiamo che {ai}i∈I

`

e topologicamente linearmente indipendente.

Viceversa, supponiamo che {ai}i∈Isia topologicamente linearmente indipen- dente. Per ogni j ∈ I, sia Aj la chiusura del sottospazio vettoriale generato da {ai}i∈I,i6=j. Per ipotesi aj ∈ A/ j. Per i Lemmi 1.5.3 e 1.5.4, esiste fj ∈ E0 tale che fj(Aj) = 0 e fj(aj) = 1. Allora {ai}i∈I e {fi}i∈I sono appunto ortonormali.

Supponiamo ora che {ai}i∈I sia topologicamente linearmente indipendente e totale. Supponiamo inoltre che {ai}i∈I sia ortonormale a {fi}i∈I ⊂ E0 e a {gi}i∈I ⊂ E0. Ponendo hj = fj − gj per ogni j ∈ I, abbiamo hj(ai) = 0 per ogni i, j ∈ I. Usando la Proposizione 1.5.6, otteniamo hj = 0, ossia fj = gj per ogni j ∈ I.

Viceversa, sia {ai}i∈I topologicamente linearmente indipendente, ma non totale. Supponiamo che essa sia ortonormale a {fi}i∈I ⊂ E0. Per la Propo- sizione 1.5.6, esiste f ∈ E0, f 6= 0 tale che f (ai) = 0 per ogni i ∈ I. Poniamo

(26)

gj = fj + f per ogni j ∈ I. Allora abbiamo gj(ai) = fj(ai) per ogni i, j ∈ I.

Dunque anche {ai}i∈I e {gi}i∈I sono ortonormali e non c`e unicit`a. 

Definizione 1.5.9. Sia E uno spazio vettoriale topologico localmente conves- so. {ai}i∈I ⊂ E `e una base per E se:

(1) {ai}i∈I `e topologicamente linearmente indipendente;

(2) {ai}i∈I `e totale;

(3) Se {fi}i∈I ⊂ E0 `e ortonormale a {ai}i∈I, allora x ∈ E e fi(x) = 0 per ogni i ∈ I implicano x = 0.

La serie P

i∈Ifi(x)ai si chiama espansione lineare di x ∈ E rispetto alla base {ai}i∈I e {fi}i∈I; scriviamo x ∼P

i∈Ifi(x)ai. Notiamo che ogni x ∈ E `e univocamente determinata dalla sua espansione lineare per la condizione (3).

Osservazione 1.5.10. Se E ha una base {ai}i∈I, allora E `e uno spazio topologico di Hausdorff. Infatti, sia {fi}i∈I ortonormale a {ai}i∈I. Se x, y ∈ E, x 6= y, esiste i ∈ I tale che fi(x) 6= fi(y). Siano V = {t ∈ E : |fi(t) − fi(x)| < δ/2} e W = {t ∈ E : |fi(t) − fi(y)| < δ/2}, dove δ = |fi(x) − fi(y)| > 0. Allora V e W sono intorni disgiunti di x e y in E rispettivamente.

Definizione 1.5.11. Sia E uno spazio vettoriale topologico. {ai}i∈I ⊂ E si dice sommabile con somma a ∈ E se, per ogni intorno V di 0, esiste J0 ⊂ I finito tale per ogni sottoinsieme di I finito J ⊃ J0 abbiamo P

i∈Jai− a ∈ V . Allora scriviamo a =P

i∈Iai.

Osservazione 1.5.12. Se nella definizione precedente E `e uno spazio topologico di Hausdorff, allora a `e univocamente determinata.

Definizione 1.5.13. Sia E una spazio vettoriale topologico di Haussdorff lo- calmente convesso. Siano {ai}i∈I ⊂ E e {fi}i∈I ⊂ E0 ortonormali e tali che per ogni x ∈ E risulti x =P

i∈Ifi(x)ai; {ai}i∈I `e chiaramente una base di E.

Allora diciamo che {ai}i∈I `e una base sommabile di E.

(27)

Osservazione 1.5.14. Ci sono esempi che mostrano che una base non `e nec- essariamente sommabile. Inoltre ci sono casi patologici in cui, in uno spazio vettoriale topologico di Hausdorff localmente convesso, esistono famiglie topo- logicamente linearmente indipendenti e totali che non siano basi. Mancano dei risultati generali e potenti che garantiscano che una famiglia topologica- mente linearmente indipendente e totale sia una base; oppure che una base sia una base sommabile. In pratica queste propriet`a, devono essere verificate individualmente, e in generale richiedono dimostrazioni non banali.

1.6 Separazione di un insieme convesso e di un punto

Teorema 1.6.1. Siano E uno spazio vettoriale topologico reale, A ⊂ E aperto e convesso, e b ∈ E, b /∈ A. Allora esiste f ∈ E0 tale che f (x) < f (b) per ogni x ∈ A; e necessariamente f 6= 0 se A `e non vuoto.

Dimostrazione. Supponiamo che 0 ∈ A. Poich´e A `e un insieme convesso e assorbente (Proposizione 1.1.11), possiamo considerare la sua funzione di Minkowsky p (Definizione 1.3.5). Per (6) di Lemma 1.3.6, abbiamo {x ∈ E : p(x) < 1} = A. Dunque p(b) ≥ 1. Definiamo la forma lineare g sul sottospazio F = Rb generato da b, ponendo g(λb) = λ per ogni λ ∈ R. Pertanto g(b) = 1.

Proviamo che g(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ F . Se x = λb, λ ∈ R, dobbiamo mostrare che λ ≤ p(λb); questo `e vero se λ ≤ 0, perch´e p ≥ 0, e se λ > 0, poich´e p(b) ≥ 1. Usando il teorema di Hahn-Banach (Teorema 1.4.4), otteniamo una forma lineare f che estende g e tale che f (x) ≤ p(x) per ogni x ∈ E. Se x ∈ A, allora f (x) ≤ p(x) < 1 = g(b) = f (b). Per provare la continut`a della f , osserviamo che x ∈ A implica f (x) < 1; e se x ∈ −A, allora −x ∈ A, quindi

−f (x) < 1. Pertanto ponendo V = −A ∩ A, se x ∈ V , allora risulta |f (x)| < 1.

(28)

Per ogni  > 0, x ∈ V implica |f (x)| < . Questo prova la continuit`a della f in 0, quindi anche la continuit`a della f su E. Abbiamo provato cos`ı il teorema nel caso 0 ∈ A. Se 0 /∈ A, ci riconduciamo al caso 0 ∈ A scegliendo a ∈ A e traslando A e b sostituendoli con A − a e b − a; se A = ∅ il teorema `e banale.



Teorema 1.6.2. Siano E uno spazio vettoriale reale topologico localmente convesso, A ⊂ E un sottoinsieme chiuso e convesso e b ∈ E, b /∈ A. allora esiste f ∈ E0 tale che

sup{f (x) : x ∈ A} < f (b);

e necessariamente f 6= 0 se A `e non vuoto.

Dimostrazione. Supponiamo che A sia non vuoto. Poich´e b /∈ A ed A `e chiuso, esiste un intorno V di 0 tale che A ∩ (b + V ) = ∅. Possiamo assumere che V sia convesso e aperto. per la locale convessit`a dello spazio E. Allora b /∈ A − V . Ora A − V = S

x∈A(x − V ) `e aperto, perch´e A − V `u unione di sottoinsiemi aperti. Si verifica facilmente che A − V `e convesso e non vuoto.

Usando il Teorema 1.6.1, troviamo f ∈ E0, f 6= 0 tale che f (x) − f (y) < f (b) per ogni x ∈ A e y ∈ V . Quindi

sup{f (x) : x ∈ A} + γ ≤ f (b),

dove γ = − inf{f (y) : y ∈ V }. Rimane solo da mostrare che γ > 0. Sup- poniamo che γ ≤ 0, ossia f (y) ≥ 0 per ogni y ∈ V . Poich´e V `e assorbente (Proposizione 1.1.11), dato y ∈ E, esiste δ > 0 tale che |λ| ≤ δ implica λy ∈ V ; pertanto δy ∈ V implica f (δy) ≥ 0, perci`o f (y) ≥ 0, e similmente −δy ∈ V implica f (y) ≤ 0. In questo modo abbiamo ottenuto f (y) = 0 per ogni y ∈ E, in contraddizione con f 6= 0. Se A = ∅ allora il teorema `e banale. 

(29)

1.7 Approssimazione mediante combinazioni fi- nite: convesse oppure lineari positive

Definizione 1.7.1. Siano E uno spazio vettoriale e {ai}i∈I ⊂ E. I’inviluppo convesso di {ai}i∈I `e il pi`u piccolo sottoinsieme di E contenente tutti gli ai, i ∈ I. Esso `e costituito dalle combinazioni convesse finite λ1ai1 + · · · + λnain di {ai}i∈I, dove i1, . . . , in ∈ I, λ1, . . . , λn∈ R, λ1, . . . , λn ≥ 0 e Pn

i=1λi = 1.

Definizione 1.7.2. Siano E uno spazio vettoriale topologico, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Diciamo che b pi`o essere approssimato mediante combinazioni convesse finite di {ai}i∈I se, per ogni intorno V di 0 in E, esistono i1, . . . , in ∈ I, λ1, . . . , λn∈ R, λ1, . . . , λn≥ 0 e Pn

i=1λi = 1, tali che (λ1ai1 + · · · + λnain) − b ∈ V ;

questo significa che b deve appartenere alla chiusura del inviluppo convesso di {ai}i∈I.

Teorema 1.7.3. Siano E uno spazio vettoriale reale topologico localmente convesso, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Allora b pu`o essere approssimata mediante combinazioni convesse finite di {ai}i∈I se e soltanto se sup{f (ai) : i ∈ I} ≥ f (b) per ogni f ∈ E0.

Per la dimostrazione ci serve il seguente risultato.

Lemma 1.7.4. In uno spazio vettoriale topologico, la chiusura di un sottoin- sieme convesso X `e ancora convesso.

Dimostrazione. Se λ ∈ R, 0 ≤ λ ≤ 1, consideriamo l’applicazione con- tinua ϕ : (x, y) ∈ E × E → λx + (1 − λ)y ∈ E. Sapendo che ϕ(X × X) ⊂ ϕ(X × X) e X × X = X × X, otteniamo ϕ(X × X) ⊂ X per ogni λ siffatto;

dunque X `e convesso. 

(30)

Dimostrazione del Teorema 1.7.3. Sia A la chiusura del invilup- po convesso di {ai}i∈I; allora A `e un sottoinsieme chiuso e convesso, per il precedente Lemma 1.7.4. Allora b pu`o non essere approssimato da combi- nazioni convesse finite se e soltanto se b /∈ A. Per il Teorema 1.6.2, b /∈ A

`

e equivalente all’esistenza di una forma lineare continua f ∈ E0 tale che sup{f (x) : x ∈ A} < f (b). Rimane da dimostrare che

sup{f (x) : x ∈ A} = sup{f (ai) : i ∈ I}.

Chiamiamo M ed N il primo e il secondo membro di questa eguaglianza rispettivamente. Chiaramente M ≥ N ; evidentemente l’insieme a primo membro contiene quello che compare a secondo membro. Dall’altro canto, se i1, . . . , in ∈ I, λ1, . . . , λn ∈ R, λ1, . . . , λn ≥ 0 e Pn

i=1λi = 1, allora f (λ1ai1 + · · · + λnain) ≤ λ1N + · · · + λnN = N , ossia f (x) ≤ N per ogni x nell’inviluppo convesso di {ai}i∈I. Sfruttando la continuit`a della f , otteniamo f (x) ≤ N per ogni x ∈ A; quindi M ≤ N . 

Definizione 1.7.5. Un cono (con vertice in 0) in uno spazio vettoriale E `e un sottoinsieme A ⊂ E tale che

(1) 0 ∈ A;

(2) λ ∈ R, λ ≥ 0, x ∈ A implicano λx ∈ A.

Proposizione 1.7.6. Un cono A di uno spazio vettoriale E `e convesso se e soltanto se x, y ∈ A implicano x + y ∈ A.

Dimostrazione. Se il cono A `e convesso, allora x, y ∈ A implicano 2x, 2y ∈ A, e quindi x + y = (2x + 2y)/2 ∈ A. Viceversa, supponiamo che il cono A soddisfi la condizione della proposizione, e siano 0 ≤ λ ≤ 1 e x, y ∈ A.

Allora λx, (1 − λ)x ∈ A, e quindi λx + (1 − λ)y ∈ A. 

Definizione 1.7.7. Siano E uno spazio vettoriale e {ai}i∈I ⊂ E. I’inviluppo convesso conico di {ai}i∈I `e il pi`u piccolo cono convesso di E contenente tutti

(31)

gli ai, i ∈ I. Esso `e costituito dalle combinazioni lineari positive finite λ1ai1 +

· · · + λnain di {ai}i∈I, dove i1, . . . , in ∈ I, λ1, . . . , λn∈ R, λ1, . . . , λn≥ 0.

Definizione 1.7.8. Siano E uno spazio vettoriale topologico, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Diciamo che b pi`o essere approssimato mediante combinazioni lineari positive finite di {ai}i∈I se, per ogni intorno V di 0 in E, esistono i1, . . . , in∈ I, λ1, . . . , λn∈ R, λ1, . . . , λn≥ 0, tali che

1ai1 + · · · + λnain) − b ∈ V ;

questo significa che b deve appartenere alla chiusura del inviluppo convesso conico di {ai}i∈I.

Teorema 1.7.9. Siano E uno spazio vettoriale reale topologico localmente convesso, {ai}i∈I ⊂ E e b ∈ E. Allora b pu`o essere approssimata mediante combinazioni lineari positive finite di {ai}i∈I se e soltanto se per ogni f ∈ E0. soddisfacente f (ai) ≥ 0 per ogni i ∈ I, risulta f (b) ≥ 0.

Per la dimostrazione ci servono i seguenti risultati.

Lemma 1.7.10. In uno spazio vettoriale topologico E, la chiusura di un cono X `e ancora un cono.

Dimostrazione. 0 ∈ X ⊂ X. Inoltre se λ ∈ R, λ ≥ 0, consideriamo l’applicazione lineare continua ϕ : x ∈ E → λx ∈ E. Poich`e ϕ(X) ⊂ ϕ(X) ⊂ X, X `e un cono giacch´e λ `e arbitrario. 

Lemma 1.7.11. Siano E uno spazio vettoriale reale topologico localmente con- vesso, A ⊂ E un cono convesso chiuso e b ∈ E. Allora b /∈ A se e soltanto se esiste f ∈ E0 tale che f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ A, e f (b) < 0.

Dimostrazione. Chiaramente, se una siffatta f esiste, allora b /∈ A.

Viceversa, supponiamo che b /∈ A. Per il Teorema 1.6.2, esiste f ∈ E0 tale

(32)

che γ < f (b), dove γ = sup{f (x) : x ∈ A}. Dico che γ = 0. Infatti, 0 ∈ A implica γ ≥ 0. Inoltre x ∈ A, λ ∈ R, λ > 0 implicano λx ∈ A, e quindi f (x) ≤ γ/λ; pertanto, se λ → ∞, otteniamo f (x) ≤ 0. Dunque γ = 0. Questo prova che f (x) ≤ 0 per ogni x ∈ A, e f (b) > 0. Se rimpiazziamo f con −f , abbiamo finito. 

Dimostrazione del Teorema 1.7.9. Chiamiamo A la chiusura del- l’inviluppo convesso conico di {ai}i∈I; allora A `e un cono convesso chiuso, per i Lemmi 1.7.4 e 1.7.10. Allora b non pu`o essere approssimata da combi- nazioni lineari positive finite di {ai}i∈I se e soltanto b /∈ A. Per il Lemma 1.7.11, b /∈ A `e equivalente all’esistenza di una forma lineare continua f ∈ E0 tale che f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ A, per`o f (b) < 0. Rimane solo da notare che f (x) ≥ 0 `e equivalente a f (ai) ≥ 0 per ogni i ∈ I, come si verifica facilmente.



1.8 Algebre Topologiche

Definizione 1.8.1. Un’algebra topologica A `e un’algebra che `e al tempo stesso anche uno spazio topologico, in modo che le operazioni di algebra (x, y) ∈ A × A → x + y ∈ A, (λ, x) ∈ K × A → λx ∈ A e (x, y) ∈ A × A → x · y ∈ A siano continue.

Proposizione 1.8.2. In un’algebra topologica A, la chiusura di una sottoal- gebra, oppure di un ideale, in E, `e ancora una sottoalgebra, oppure un ideale, rispettivamente.

Dimostrazione. Sia B ⊂ A una sottoalgebra; per il Lemma 1.5.3, B `e un sottospazio vettoriale di A. Usando la continuit`a dell’applicazione continua ϕ : (x, y) ∈ A × A → xy ∈ A, abbiamo ϕ(B × B) = ϕ(B × B) ⊂ ϕ(B × B) ⊂ B. Dunque B `e una sottoalgebra. Se B `e un ideale (bilatero, sinistro, oppure

(33)

destro), procediamo in maniera analoga considerando, per ogni a ∈ A, le applicazioni continue x ∈ A → ax ∈ A e x ∈ A → xa ∈ A. 

Definizione 1.8.3. Una seminorma di algebra p su un algebra A `e una semi- norma sullo spazio vettoriale A, soddisfacente p(xy) ≤ p(x)p(y) per ogni x, y ∈ A; e tale che p(e) sia eguale a 1 oppure a 0 nel caso in cui A abbia un unit`a algebrica e. Una norma di algebra `e una seminorma di algebra che, deve essere in pi`u una norma nello spazio vettoriale A.

Osservazione 1.8.4. Supponiamo che l’algebra A abbia un unit`a e, e sia p una seminorma di algebra su A tale che p(e) = 0. Allora p(x) = p(ex) ≤ p(e)p(x) = 0 per ogni x ∈ A. Pertanto una seminorma di algebra p su una algebra A con unit`a e soddisfa p(e) = 1 oppure p `e identicamente nulla.

Proposizione 1.8.5. Sia Γ = {pi}i∈I una famiglia di seminorme sull’algebra A, allora A `e un’algebra topologica rispetto a TΓ, dove TΓ`e la topologia generata dalla famiglia di seminorme Γ nello spazio vettoriale A come nella Definizione 1.2.4.

Dimostrazione. Per la Proposizione 1.2.9, A `e uno spazio vettoriale topo- logico rispetto a TΓ. Proviamo adesso la continuit`a dell’applicazione (x, y) ∈ A × A → x · y ∈ A in (a, b), dove a, b ∈ A. Useremo l’osservazione che abbiamo fatto all’inizio della dimostrazione di quella proposizione. Sia c = ab e conside- riamo un sottosistema fondamentale di intorni di c B,pi(c) al variare di  > 0 e i ∈ I. Se δ > 0, x ∈ Bδ,pi(a) e y ∈ Bδ,pi(b), allora pi(xy −ab) = pi[x(y −b)+(x−

a)b] ≤ pi(x)·pi(y−b)+pi(x−a)·pi(b), Poich´e pi(x) ≤ pi(x−a)+pi(a) < δ+pi(a), otteniamo pi(xy −ab) < [δ +pi(a)]·δ +δ ·pi(b) ≤ , purch´e δ sia sufficientemente piccolo., ossia xy ∈ B,pi(c). Questo prova la continuit`a dell’applicazione in questione. 

Ricordiamo che uno spazio topologico completamente regolare E `e uno spazio topologico di Hausdorff tale che, per ogni a ∈ E e per ogni F ⊂ E

(34)

sottoinsieme chiuso non contenente a, esiste una funzione a valori reali definita su E continua tale che 0 ≤ f ≤ 1, f (a) = 1 e f (x) = 0 per ogni x ∈ F . Uno spazio topologico normale E `e uno spazio topologico di Hausdorff in cui, per ogni coppia F, G ⊂ E di sottoinsiemi chiusi disgiunti, esistono U, V ⊂ E sottoinsiemi aperti e disgiunti di E tali che F ⊂ U e G ⊂ V , il che, per il lemma di separazione di Urysohn, `e equivalente all’esistenza di una funzione continua su E a valori reali tale che 0 ≤ f ≤ 1, f (x) = 1 per ogni x ∈ F e f (x) = 0 per ogni x ∈ G. Evidentemente, uno spazio topologico normale `e completamente regolare e, in particolare, ogni spazio topologico compatto di Hausdorff `e completamente regolare.

Definizione 1.8.6. Se f `e una funzione a valori in K su E e limitata in un sottoinsieme X ⊂ E, definiamo kf k∞,X = sup{|f (x)| : x ∈ X}. Nel caso X = E, denotiamo kf k∞,E semplicemente con kf k.

Definizione 1.8.7. Sia E uno spazio topologico completamente regolare. Al- lora C(E, K), o a volte pi`u semplicemente C(E), denoter`a l’algebra con unit`a di tutte le funzioni continue su E. Ogni sottoinsieme compatto K ⊂ E de- termina una seminorma di algebra f → kf k∞,K su C(E). La topologia natu- rale in C(E) `e la topologia TΓ definita dalla famiglia diretta Γ delle suddette seminorme di algebra. Allora, per la Proposizione 1.8.5, C(E) `e un’algebra topologica.

Osservazione 1.8.8. Se E `e uno spazio topologico di Hausdorff compatto, allora la topologia definita su E dalla singola norma f → kf k, `e esattamente la topologia naturale di C(E) definita nella definizione precedente. Questo `e conseguenza del fatto che kf k∞,K ≤ kf k se K ⊂ E e f ∈ C(E). Per questa ragione tutte le considerazioni topologiche su C(E) sono espressi in termini di questa singola norma; non `e necessario usare tutta la famiglia Γ della definizione precedente.

Osservazione 1.8.9. Se E `e uno spazio topologico completamente regolare e se

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