Teorema 2.11.1. Continuiamo ad usare le notazioni della Definizione 2.8.2.
Supponiamo che A sia autoagiunta, e che per ogni v ∈ V , a ∈ G(A) e w ∈ G(W ), abbiamo
∞
X
m=1
1
m√ Mm
= ∞,
dove Mm = sup{v(x) · |a(x)mw(x)| : x ∈ E} per m = 0, 1, 2, . . . . Allora W `e localizzabile sotto A in CV∞(E).
Prima di immergerci nella dimostrazione di questo teorema ci servono alcune considerazioni e risultati preliminari.
Esiste un risultato classico, dovuto a Pringsheim, che caratterizza le fun-zioni analitiche all’interno della classe delle funfun-zioni infinitamente volte deriv-abili. Sia f una funzione a valori complessi definita in un intervallo aperto I ⊂ R. Allora f `e analitica in I se e soltanto se f `e infinitamente volte deriv-abile in I, e per ogni sottoinsieme compatto K ⊂ I, esistono c > 0 e C > 0 tali che |f(m)(x)| ≤ C · cm· m! per ogni x ∈ K e m = 0, 1, 2, . . . .
A causa di questa osservazione di Pringsheim e di alcune questioni riguardan-ti le equazioni differenziali a derivate parziali di riguardan-tipo parabolico, Hadamard, pose il seguente problema nel 1912. Sia data una successione M = {Mm : m = 0, 1, 2, . . . } di numeri strettamente positivi. Denotiamo con C(M ) l’insieme di tutte le funzioni f definite in un intervallo I dipendente dalla funzione f stessa, che siano infinitamente volte derivabili, e che le sue derivate soddisfino
le seguenti stime: per ogni compatto K ⊂ I esistono c > 0 e C > 0 tali che
|f(m)(x)| ≤ C · cm· Mm per ogni x ∈ K e m = 0, 1, 2, . . . . Diciamo che C(M )
`
e una classe quasi-analitica se, qualora f ∈ C(M ) ed esista a ∈ I tale che f(m)(a| = 0 per ogni m = 0, 1, 2, . . . , allora f = 0 su I. Questo equivale a richiedere che ogni f ∈ C(M ) sia univocamente determinata una volta che si conosca la sua serie di Taylor in un punto qualsiasi a ∈ I (questa serie non si suppone che sia convergente, e in realt`a essa pu`o non essere convergente).
Il risultato di Pringsheim mostra che C(M ) `e una classe quasi-analitica se Mm = m! (m = 0, 1, 2, . . . ). Allora C(M ) consiste delle funzioni a valori complessi che sono analitiche negli intervalli aperti di R (la chiameremo la classe analitica).
Dall’altro canto non ogni C(M ) `e una classe quasi-analitica. Per esempio, poniamo
Il problema di Hadamard consiste nel trovare condizione necessarie e suffi-cienti su una data successione M affinch´e C(M ) sia una classe quasi-analitica.
Denjoy f`u il primo a dare una condizione sufficiente sulla quasi-analicit`a.
Sia
Mm = (m log m · · · logpm)m
dove p ≥ 0 `e un intero fisso; logpm `e definito come log0m = m, e logpm = log(logp−1m) se p ≥ 1. Allora C(M ) `e quasi-analitica. Il caso p = 0 cor-risponde alla classe analitica. Infatti, abbiamo
M0 = 1, Mm = mm
per m = 1, 2, . . . . La formula limm→∞ m√m
Dall’altro canto si pu`o dimostrare che, se p cresce strettamente, allora anche la corrispondente classe C(M ) cresce strettamente. In particolare C(M ) contiene strettamente la classe analitica se p ≥ 1;
Teorema 2.11.2. (Denjoy-Carleman) Sia data una successione M di numeri reali strettamente positivi, e poniamo allora C(M ) `e quasi-analitica.
Si noti che il Corollario 2.11.3 `e conseguenza del Teorema 2.11.2 perch´e µm ≤ m√
Mm, e quindi 1/µm ≥ 1/m√ Mm.
Osservazione 2.11.4. prendiamo Mn = n! (m = 0, 1, 2, . . . ). Allora, per il teorema di Pringsheim, C(M ) `e la classe analitica. Verifichiamo, usando il Corollario 2.11.3, che C(M ) `e quasi-analitica. Dobbiamo verificare che
∞
Viceversa, supponiamo di avere una classe C(M ), che sia quasi-analitica, in quanto esiste c > 0 tale m√1
Mm ≥ nc (m = 1, 2, . . . ), e in virt`u del Corollario 2.11.3 e della divergenza della serie armonica. Poich´e esiste λ > 0 tale che nn≤ λn· n!, di nuovo in virt`u del fatto che limm→∞ m√m
m! = e, allora otteniamo Mn ≤ kn · n!, dove k = λ/c, per m = 1, 2, . . . . Quindi, per il teorema di Pringsheim, C(M ) `e contenuto nella classe analitica. In questo senso, la classe analitica `e la pi`u grande classe quasi-analitica legata alla divergenza della serie armonica P 1/n.
Lemma 2.11.5. Siano am ≥ 0 (m = 1, 2, . . . ) e supponiamo che esista σ ≥ 0 tale che am+1 ≤ σ · am per m = 1, 2, . . . . Se
a1+ · · · + am+ · · · = ∞, allora
ap+ · · · + amp+ · · · = ∞ per ogni p = 1, 2, . . . .
Dimostrazione. Abbiamo amp+i ≤ σiamp per i = 0, . . . , p − 1 e m = 1, 2, . . . . Pertanto, sommando su tutti gli i e m otteniamo ∞ ≤ (1 + · · · + σp−1) · (ap+ · · · + amp+ · · · ).
Lemma 2.11.6. Sia γ ≥ 0 semicontinua superiormente su R, e supponiamo
che ∞
X
m=1
1
m√ Mm
= ∞, dove
Mm= sup{γ(t) · |tm| : t ∈ R}
per m = 0, 1, 2, . . . . Allora γ `e un peso fondamentale su R; pi`u precisamente, γ ∈ Γ1.
Dimostrazione. Se Mm = 0 per qualche m, allora γ(t) = 0 per t 6= 0;
allora il supporto di γ `e ridotto a 0 oppure e vuoto, comunque `e compatto in ogni caso. Per l’Osservazione 2.6.5, vediamo che γ ∈ Γ1.
Ora supponiamo che Mm > 0 per m = 1, 2, . . . . Dalla divergenza della serie nell’enunciato del lemma, deduciamo che Mm < ∞ per infiniti indici m. Dall’altro canto, se Mm < ∞ per qualche m, allora Mp < ∞ per ogni p = 0, . . . , m, come si evince dal uso della seguente
γ(t) · |tp| ≤ γ(t) · |tm|
|tm−p|
al di fuori di un intorno compatto di 0. Da queste due osservazioni si deduce che γ `e rapidamente decrescente all’infinito. Prendiamo le notazioni ex e um usate nella dimostrazione del Lemma 2.10.3. Se x ∈ R, allora ex ∈ Cb(R, C) ⊂ Cγ∞(R, C). Sia ϕ una forma lineare continua in Cγ∞(R, C). Definiamo f : R → C, ponendo f (x) = ϕ(ex) per ogni x ∈ R. Dimostreremo che f `e infinitamente volte derivabile su R, e che
(1)
f(m)(a) = ϕ(eaum) (a ∈ R, m = 0, 1, 2, . . . ),
dove notiamo che ea ∈ Cb(R, C) e um ∈ Cγ∞(R, C), di conseguenza eaum ∈ Cγ∞(R, C). Infatti, supponiamo che f sia m volte derivabile e che valga la (1) per qualche m ≥ 0; ci`o `e vero per m = 0. Se h ∈ R, h 6= 0, abbiamo
(2)
f(m)(a + h) − f(m)(a)
h = ϕ(ea· eh− 1 h · um)
Ricordiamo, che per la formula di Taylor, se g `e una funzione a valori complessi due volte derivabile nell’intervallo chiuso I(h) di estremi 0 e h, abbiamo
|g(x) − g(0) − hg0(0)| ≤ h2
2 sup{|g00(x)| : x ∈ I(h)}.
Usando questo per g(x) = eixt, dove t ∈ R `e fisso, abbiamo
|eiht− 1 − iht| ≤ (ht)2 2 .
Pertanto abbiamo provato la nostra affermazione iniziale per induzione su m. Usando la (1) si ottiene
|f(m)(a)| ≤ kϕk · Mm (a ∈ R, m = 0, 1, . . . )
dove kϕk `e la seminorma di ϕ nello spazio seminormato Cγ∞(R, C). Vediamo che f ∈ C(M ) dove M = {Mm : m = 0, 1, . . . }. Notiamo che, per il Corollario 2.11.3, C(M ) `e quasi-analitica.
Supponiamo che ϕ si annulli in P (R, C). Allora f(m)(0) = 0 per m = 0, 1, . . . , per via di (1). Consegue che f `e identicamente nulla su R a causa della sua quasi-analiticit`a. Il resto della dimostrazione che γ ∈ Ω1 procede come nella dimostrazione del Lemma 2.10.3.
Successivamente, notiamo che γk soddisfa lo stesso tipo di condizione che viene soddisfatto da γ per ogni k > 0; ossia, ponendo
Mm(k) = sup{γ(t)k· |tm| : t ∈ R} ogni l > k. Infatti, poich´e γ `e limitata, allora anche γl−k `e limitata diciamo
da qualche c > 0. Segue che Mm(l) ≤ c · Mm(k) per ogni m = 0, 1, 2, . . . , e questo prova l’asserto. Pertanto, `e sufficiente provare (4) per k = 1/p dove p = 1, 2, . . . . Notiamo che
mp
Mm(1/p) = mppMmp
per m = 1, 2, . . . . Pertanto, (4) per k = 1/p sar`a conseguenza del Lemma 2.11.5, a patto che questo lemma sia applicabile. Per giustificare l’applicazione del Lemma 2.11.5, notiamo che γ `e limitata; dunque esiste σ ≥ 0 tale che γ(t)λ ≤ σ per ogni t ∈ R e 0 < λ < 1. Allora segue
1
√s
Ms ≤ σ · 1
√r
Mr
per r, s = 0, 1, 2, . . . e r < s. Questo permette l’uso del Lemma 2.11.5, e in questo modo deduciamo che (4) `e vero per ogni k > 0. Dalla prima parte della dimostrazione concludiamo che γk∈ Ω1 per ogni k > 0, ossia γ ∈ Γ1.
Dimostrazione del Teorema 2.11.1. Definiamo γ su R ponendo γ(t) = inf Mm
|tm| : m = 0, 1, . . .
(t ∈ R),
dove γ(0) deve essere interpretato eguale a 0 se qualche Mm = 0, altrimenti eguale a M0. γ ≥ 0 `e semicontinua superiormente perch`e `e estremo inferiore di funzione continue. Per definizione di γ, abbiamo
sup{γ(t) · |tm| : t ∈ R} ≤ Mm
per m = 0, 1, 2, . . . ; vediamo che γ ∈ Γ1, per via del Lemma 2.11.6. `E chiaro allora che γ ∈ Γd1. Dalla definizione di Mm abbiamo v(x) · |a(x)mv(x)| ≤ γ[|a(x)|] per ogni x ∈ E. Allora si applica il Teorema 2.9.7.