• Non ci sono risultati.

Un controesempio alla localizzabilit` a

Nel documento Elementi di Analisi Funzionale (pagine 130-154)

Sia ω ≥ 0 una funzione semicontinua superiormente du Rn e rapidamente decrescente all’infinito. Abbiamo visto nell’Osservazione 2.7.5, che ω `e un peso fondamentale se e soltanto se W = P (Rn) `e localizzabile sotto A = P (Rn) in Cω(Rn). Pertanto, per dare un esempio in cui la localizzabilit`a non sussiste, `e sufficiente esibire un esempio di una funzione ω ≥ 0 semicontinua superiormente in Rn e rapidamente decrescente all’infinito, m`a che non sia un peso fondamentale. A tal fine ci servono le seguenti considerazioni preliminari.

Definizione 2.13.1. Siano N l’insieme dei numeri naturali 0, 1, 2, . . . ,, e Z l’insieme dei numeri interi . . . , −1, 0, 1, . . . . Una successione di numeri comp-lessi {am}m∈Z si dice rapidamente decrescente se la successione {mnam}m∈Z `e limitata per ogni n ∈ N.

Osservazione 2.13.2. Se {am}m∈Z`e rapidamente decrescente, allora X

m∈Z

mnam

`e assolutamente convergente, per ogni n ∈ N; questo segue dalla limitatezza di {mn+2am}m∈Z e dalla convergenza di P

m=1 1 m2.

Lemma 2.13.3. Esiste una successione di numeri reali {am}m∈Z rapidamente decrescente tale che am 6= 0 per qualche m ∈ Z, e

X

m∈Z

mnam = 0

per ogni n ∈ N.

Dimostrazione. Introduciamo la funzione g definita in R nel modo seguente

g(x) =

ex1 per x > 0 0 per x ≤ 0

Definiamo f ponendo f (x) = g(x)·g(1−x) per 0 ≤ x ≤ 1, e prolunghiamo f per periodicit`a, in modo tale che risulti periodica di periodo 1; questo `e possibile perch´e f (0) = f (1). In questo modo, otteniamo una funzione f infinitamente volte derivabile in R e periodica di periodo 1. tale che f 6= 0, f(n)(0) = 0 per ogni n ∈ N. Sia

(1)

X

m∈Z

ame2πimx (x ∈ R) la serie di Fourier di f , dove

(2)

am = Z 1

0

f (x)e−2πimxdx (m ∈ Z) Integrando per parti, otteniamo

(3)

(2πim)nam = Z 1

0

f(n)(x)e−2πimxdx (m ∈ Z, n ∈ N).

Se Kn `e un maggiorante della funzione |f(n)| su [0, 1], otteniamo |mnam| ≤ Kn/(2π)n (m ∈ Z, n ∈ N); pertanto {am}m∈Z `e rapidamente decrescente.

Allora abbiamo che la serie (4)

X

m∈Z

(2πim)name2πimx (x ∈ R, n ∈ N)

`e uniformemente convergente per ogni n ∈ N. Usando la (3) concludiamo che (4) `e la serie di Fourier di f(n). Ora citiamo ed usiamo un teorema classico sulle serie di Fourier che asserisce quanto segue: se la serie di Fourier di una funzione periodica e continua converge uniformemente in R, allora la somma della suddetta serie coincide con la funzione stessa. Pertanto (4) rappresenta f(n). Ponendo x = 0 in (4) otteniamo

X

m∈Z

mnam = 0

per ogni n ∈ N. Inoltre vediamo che am 6= 0 per qualche m ∈ Z; questo `e conseguenza del fatto che (4) rappresenta f , e f 6= 0. Dunque {am}m∈Z `e una successione di numeri complessi come quella che volevamo. Passando alla sua parte reale, oppure immaginaria, otteniamo una successione di numeri reali come quella richiesta dal lemma. 

Esempio 2.13.4. Sia {am}m∈Z come nel lemma precedente. Definiamo ω in R ponendo ω(m) = |am|1/2 se m ∈ Z, ω(x) = 0 se x ∈ R, x /∈ Z. Allora ω ≥ 0 `e semicontinua superiormente e rapidamente decrescente all’infinito. Proviamo che ω non `e un peso fondamentale. Infatti, sia ϕ definita su Cω(R) mediante

ϕ(f ) = X

m∈Z

amf (m)

per ogni f ∈ Cω(R). Notiamo che X

m∈Z

|amf (m)| = X

m∈Z

|am|1/2ω(m)|f (m)| ≤ c · kf kω,

dove c =P

m∈Z|am|1/2`e finito perch´e {|am|1/2}m∈Z`e rapidamente decrescente.

Questo mostra che la serie che definisce ϕ(f ) `e assolutamente convergente, e che |ϕ(f )| ≤ c · kf kω per ogni f ∈ Cω(R). Quindi la forma lineare ϕ su Cω(R) `e continua. Chiaramente ϕ non `e identicamente nulla in Cω(R);

infatti ϕ non `e identicamente nulla in K(R) poich´e alcuni am 6= 0. Allora notiamo che ϕ si annulla in P (R), e concludiamo che P (R) non `e denso in Cω(R). Pertanto ω non `e un peso fondamentale.

Esempio 2.13.5. Nel esempio precedente, ω non `e continua e non `e stretta-mente positiva ovunque. Ora diamo un esempio che gode anche di queste due propriet`a, sicch´e, per la Proposizione 2.6.9, avremo una funzione continua su R strettamente positiva ovunque e rapidamente decrescente all’infinito ma che non `e un carico fondamentale. Prendiamo ω come nell’esempio precedente.

Possiamo assumere ω(m) > 0 per ogni m ∈ Z. Infatti, basta sostituire ω con ω0, dove ω0(m) = ω(m) + e−|m| per m ∈ Z, ω0(x) = 0 per x ∈ R, x /∈ Z. Allora

ω0 ≥ 0 si annulla al di fuori di Z (pertanto ω0 `e semicontinua superiormente).

Anche ω0 `e rapidamente decrescente all’infinito, poich´e {e−|m|}m∈Z `e rapida-mente decrescente. Inoltre ω0 non `e un peso fondamentale, perch´e ω0 ≥ ω (Proposizione 2.6.2). In fine, ω0(m) > 0 per ogni m ∈ Z. Definiamo ω00 ponen-do ω00(m) = ω0(m) per ogni m ∈ Z, e in modo tale che ω00 sia lineare in ogni intervallo del tipo [m, m + 1], dove m ∈ Z. Allora ω00`e continua, strettamente positiva ovunque e rapidamente decrescente all’infinito. Poich´e ω00 ≥ ω0, per la Proposizione 2.6.2, segue che ω00 non `e un peso fondamentale.

Osservazione 2.13.6. Nel costruire un controesempio alla localizzabilit`a, ab-biamo usato una funzione non nulla, infinitamente volte derivabile e tale che abbia tutte le derivate nulle in un certo punto. Questa costruzione deve essere comparato con i metodi che abbiamo utilizzato per trovare condizioni gen-erali sufficienti per la localizzabilt`a; infatti abbiamo notato che non esistono funzioni simili all’interno di opportune classi di funzioni (pi`u precisamente, la classe analitica e quasi-analitica). In altre parole, l’esistenza, oppure la non esistenza di funzioni siffatte `e collegata al concetto di localizzabilit`a.

Capitolo 3

Il teorema di Runge e il teorema di M¨ untz-Szasz

3.1 Richiami di Analisi Complessa

Cominciamo col ricordare che se Ω ⊂ C `e un aperto una funzione f : Ω → C si dice olomorfa in Ω se per ogni z ∈ Ω

w→zlim

f (w) − f (z) w − z

esiste, e in tal caso lo indicheremo con f0(z) e lo chiameremo derivata di f in z.

Indicheremo con H(Ω) la classe di tutte le funzioni olomorfe in Ω. Osserviamo che valgono tutte le regole elementari della derivazione sulle quali sorvoliamo per non perdere tempo. In particolare H(Ω) `e una algebra di funzioni.

Un altro modo per caratterizzare le funzioni olomorfe sono le equazioni di Cauchy-Riemann: se f = u + iv `e una funzione definita su di un aperto Ω, dove u e v sono rispettivamente la sua parte reale e immaginaria, f `e olomorfa

in Ω se, e soltanto se, u e v sono differenziabili in Ω e

e inoltre, vera una di queste affermazioni e quindi anche l’altra, per la derivata della funzione f abbiamo f0 = ux+ ivx.

Serie di potenze Dalla teoria delle serie di potenze presupporremo noto un solo risultato: precisamente quello per cui ad ogni serie di potenze

X

n=0

cn(z − a)n

corrisponde un numero R ∈ [0, ∞] tale che, per ogni r < R, la serie converge assolutamente e uniformemente in D(a, r) = {z ∈ C : |z − a| ≤ r} e diverge se z /∈ D(a, R). Inoltre il raggio di convergenza R `e dato dal criterio della radice

1

R = lim sup

n→∞

p|cn n|.

Diremo che una funzione f definita in un sottoinsieme aperto Ω ⊂ C `e analitica oppure che `e rappresentabile in serie di potenze in Ω se per ogni disco D(a, r) ⊂ Ω corrisponde una serie di potenze tale che

f (z) =

X

n=0

cn(z − a)n ∀z ∈ D(a, r).

E facile provare che se una funzione f `e analitica in Ω, allora f ∈ H(Ω).

Precisamente, se f si rappresenta come in precedenza, allora per la sua derivata abbiamo

Dunque anche f0 `e analitica, e questo risultato pu`o essere applicato anche ad f0. Dunque iterando il ragionamento scopriamo che f possiede le derivate di tutti gli ordini e che

In particolare da questo si deduce che

k!ck = f(k)(a) ∀k ∈ N,

cosicch´e per ogni a ∈ Ω la successione (cn)n∈N `e univocamente determinata.

Esempio 3.1.1. Diamo cui alcuni esempi di funzioni olomorfe. Le funzioni zn per ogni n ∈ N sono olomorfe nell’intero piano complesso C. Una funzione olomorfa in tutto il piano C si dice intera. Altre funzioni intere sono i polinomi.

Invece le funzioni z1n, ove n ∈ N, n ≥ 1, sono olomorfe in C − {0}. Possiamo estendere al piano complesso C le funzioni cos x, sin x e ex facendo uso del loro sviluppo in serie di Taylor; poniamo quindi per definizione:

sin z =

X

n=0

(−1)n z2n+1 (2n + 1)!,

cos z =

X

n=0

(−1)n z2n (2n)!

e

ez =

X

n=0

zn n!.

Queste funzioni sono intere perch´e le serie di potenze che le definiscono hanno raggio di convergenza ∞.

Il teorema di Mertens sul prodotto di Cauchy delle serie implica che vale la formula

ez+w = ezew

per ogni z, w ∈ C. Quindi si prova facilmente l’identit`a di Eulero ez = eRe(z)(cos (Im(z)) + i sin (Im(z))

per ogni per ogni z ∈ C. Quindi ez `e una funzione 2πi-periodica. Inoltre si vede facilmente che ez 6= 0 per ogni z ∈ C. Infine si prova anche che, ez = 1 se, e soltanto, se z/2πi `e un intero.

Le formule sin z = (eiz − e−iz)/2i e cos z = (eiz + e−iz)/2 (che discendono direttamente dalle definizioni) consentono di estendere alla variabile complessa molte delle propriet`a che valgono per le funzioni ‘sin’ e ‘cos’ nel caso reale, come per esempio: le formule trigonometriche, il fatto che siano funzioni 2π periodiche ecc.

Proposizione 3.1.2. Sia µ una misura (finita) complessa su uno spazio mis-urabile X, sia g una funzione mismis-urabile complessa su X, sia Ω un insieme aperto nel piano complesso C, che non intersechi g(X), e sia infine

f (z) = Z

X

dµ(ξ)

g(ξ) − z ∀z ∈ Ω.

In queste ipotesi f `e analitica in Ω.

Dimostrazione. Supponiamo che D(a, r) ⊂ Ω; essendo

converge uniformemente su X per ogni z ∈ D(a, r) fissato. Sostituendo questa serie nell’espressione di f (z), f (z) pu`o essere calcolata integrando temine a termine. Ne segue che

Ora ci poniamo l’obbiettivo di provare che, ogni funzione f ∈ H(Ω) `e rap-presentabile in serie di potenze in Ω. La via pi`u breve utilizza un teorema di

Cauchy che conduce ad una importante rappresentazione integrale delle fun-zioni olomorfe. In seguito verr`a sviluppato la teoria dell’integrazione necessaria a questo scopo; cercheremo di darne una trattazione piana il pi`u possibile, e la considereremo soltanto un utile strumento nello studio delle propriet`a delle funzioni olomorfe.

Definizioni: Un cammino `e un applicazione γ : [a, b] → C di classe C1 a tratti; ossia vi `e un numero finito di punti sj, a = s0 < s1 < · · · < sn = b tale che γ sia di classe C1 in ciascun intervallo [sj−1, sj]; tuttavia nei punti s1, . . . , sn−1 le derivate a destra e a sinistra di γ possono differire. γ(a) si chiama punto iniziale di γ mentre γ(b) punto finale. Il cammino γ si dice chiuso se γ(a) = γ(b). Indicheremo con γ i’immagine di γ. Ora se f `e una funzione continua su γ l’integrale di f su γ `e per definizione:

Z

cosicch´e la nostra riparametrizzazione non cambia l’integrale. Ogniqualvolta quest’ultima relazione valga per ogni coppia di cammini γ e γ1 e per tutte le funzioni f diremo che γ e γ1 sono equivalenti.

Talvolta `e conveniente sostituire un cammino con uno equivalente, cio`e poter scegliere liberamente gli intervalli dei parametri. Se γ1 e γ2 sono due cammini tali che il punto finale di γ1 coincida con il punto iniziale di γ2, allora possiamo disporre gli intervalli dei parametri in guisa cosicch´e γ1 e γ2

costituiscano insieme un cammino γ con la propriet`a Z

come (−γ)(t) = γ(a + b − t) per a ≤ t ≤ b si chiama cammino opposto di γ

Anche essa `e invariante per parametrizzazioni. Abbiamo la seguente stima

Esempi particolari: a) Se a `e un numero complesso ed r > 0, il cammino definito da

t ∈ [0, 2π] → a + reit ∈ C

prende il nome di circonferenza orientata positivamente con centro in a e raggio r, e verr`a indicata con Cr+(a). Si ha

b) Se a e b sono due numeri complessi, il cammino t ∈ [0, 1] → a + t(b − a) ∈ C

si chiama segmento orientato di estremi a e b, e si indica con [a, b]; la sua lunghezza `e |b − a| e

c) Siano a, b, c dei numeri complessi, e indichiamo con

∆ = ∆(a, b, c)

il triangolo di vertici a, b, c (∆ `e il pi`u piccolo insieme convesso che contiene a, b e c). Poniamo

Z

∂∆

f (z)dz = Z

[a,b]

f (z)dz + Z

[b,c]

f (z)dz + Z

[c,a]

f (z)dz

per ogni funzione f continua sulla frontiera di ∆. Possiamo considerare questa relazione come la definizione del suo primo membro; oppure possiamo con-siderare ∂∆ come un cammino ottenuto congiungendo [a, b], [b, c] e [c, a]. In questo caso si dimostra senza difficolt`a che la suddetta relazione `e valida. Se gli elementi della terna (a, b, c) vengono permutati ciclicamente, il primo membro della relazione in questione con cambia. Se invece scambiamo l’uno con l’altro due degli elementi della terna (a, b, c) lasciando fisso il rimanente ( per esempio se (a, b, c) viene sostituita con (a, c, b) ), il primo membro sempre della stessa relazione cambia segno.

Torniamo ora al teorema di Cauchy. Esistono molti enunciati di questo teorema. Tutti affermano che se γ `e un cammino chiuso in Ω e se γ e Ω soddisfanno opportune condizioni topologiche, l’integrale di ogni f ∈ H(Ω) su γ `e 0. Cominceremo col ricavare una versione semplice di questo teorema, pi`u che sufficiente per molte applicazioni; in seguito verr`a dimostrato con maggiore generalit`a, con l’aiuto del teorema di Runge sull’approssimazione delle funzioni olomorfe mediante funzioni razionali. Premettiamo prima questo facile lemma.

Lemma 3.1.3. Se F ∈ H(Ω), dove Ω `e un insieme aperto del piano complesso, e se F0 `e continua e γ `e un cammino chiuso in Ω, allora

Z

γ

F0(z)dz = 0.

Dimostrazione. Infatti, se [a, b] `e l’intervallo dei parametri di γ, il teore-ma fondamentale del calcolo integrale mostra che

Z

γ

F0(z)dz = Z b

a

F0(γ(t))γ0(t)dt = F (γ(b)) − F (γ(a)) = 0

in quanto γ(a) = γ(b). 

Corollario 3.1.4. Poich´e zn `e la derivata di zn+1/(n + 1) per tutti gli interi n 6= −1, risulta

Z

γ

zndz = 0

per tutti i cammini chiusi γ, se n = 0, 1, 2, 3, . . . , e per quei cammini chiusi γ per i quali 0 /∈ γ se n = −2, −3, −4, . . . .

Teorema 3.1.5. (Teorema di Cauchy per un triangolo) Supponiamo che ∆ sia un triangolo chiuso contenuto in un insieme aperto Ω del piano e p ∈ Ω.

Allora per ogni f ∈ H(Ω − {p}), f continua in Ω risulta Z

∂∆

f (z)dz = 0.

Vedremo pi`u in avanti che le nostre ipotesi implicano di fatto che f ∈ H(Ω), cio`e che il punto eccezionale p non `e veramente eccezionale. Tuttavia la formulazione precedente sar`a utile per la dimostrazione della formula integrale di Cauchy.

Dimostrazione. Supponiamo anzitutto che p /∈ ∆. Siano a, b e c i vertici di ∆ e a0, b0 e c0 i punti medi di [b, c], [c, a] e [a, b]. Consideriamo i quattro triangoli ∆j (j = 1, 2, 3, 4) che hanno come vertici rispettivamente

(a, c0, b0) (b, a0, c0) (c, b0, a0) (a0, b0, c0).

Se J =R

∂∆f (z)dz segue che J =

4

X

j=1

Z

∂∆j

f (z)dz.

Il modulo di almeno uno di questi quattro integrali a secondo membro `e almeno

|J|/4. Chiamiamo il triangolo corrispondente ∆1 e ripetiamo il ragionamento con ∆1 al posto di ∆ e cosi via. Questo procedimento genera una successione di triangoli (∆n)n≥1tale che ∆ ⊃ ∆1 ⊃ ∆2 ⊃ · · · , la lunghezza di ∂∆n`e 2−nL,

Successivamente supponiamo che p sia un vertice di ∆; per fissare le idee che p = a. Se a, b e c sono allineati il risultato `e ovvio. Se non lo sono, scegliamo due punti x ∈ [a, b] e y ∈ [a, c], ambedue vicini ad a, e osserviamo che l’integrale di f su ∂∆ `e la somma degli integrali sulle frontiere dei triangoli con vertici (a, x, y), (x, b, y) e (b, c, y) rispettivamente; gli ultimi due integrali sono nulli, in quanto i triangoli non contengono il punto p; quindi l’integrale su ∂∆ `e la somma degli integrali su [a, x], [x, y] e [y, a]; poich´e questi intervalli possono essere presi arbitrariamente piccoli e f `e limitata su ∆, segue ancora la tesi.

Se infine p `e un punto arbitrario di ∆, per completare la dimostrazione, basta applicare il precedente risultato ai triangoli con vertici (a, b, p), (b, c, p) e (c, a, p) rispettivamente. 

Teorema 3.1.6. (Teorema di Cauchy per un insieme convesso) Sia Ω un insieme aperto e convesso del piano complesso C, p ∈ Ω. Allora per ogni funzione f ∈ H(Ω − {p}), f continua in Ω e per ogni cammino chiuso γ in Ω risulta

Z

γ

f (z)dz = 0.

Dimostrazione. Fissiamo a ∈ Ω. Allora per ogni z ∈ Ω il segmento di estremi a e z `e contenuto in Ω, quindi definiamo

F (z) = Z

[a,z]

f (ξ)dξ ∀x ∈ Ω.

Per tutti gli z, z0 ∈ Ω il triangolo di vertici a,z0 e z si trova in Ω. Quindi per il teorema di Cauchy per un triangolo otteniamo

F (z) − F (z0)

questo prova che f = F0, e il risultato richiesto segue dal Lemma 3.1.3. .

Diamo ora una definizione importante.

Definizione 3.1.7. Siano z ∈ C e γ un cammino chiuso tali che z /∈ γ. Si definisce indice di z rispetto a γ il numero

Indγ(z) = 1

Nel teorema seguente elenchiamo le propriet`a pi`u importanti dell’indice.

Teorema 3.1.8. (Teorema dell’indice) Sia γ un cammino chiuso. Allora la funzione

z ∈ C − γ → Indγ(z)

`e a valori interi, costante in ciascuna componente connessa di C − γ ed `e nulla nella componente illimitata di C − γ.

Osserviamo che γ`e compatto, quindi γ giace in un disco limitato D il cui complementare Dc `e connesso; pertanto Dc`e contenuto in qualche componente connessa di C − γ. Ci`o prova che C − γ ha una ed una sola componente connessa illimitata.

Dimostrazione. Sia [a, b] un intervallo dei parametri di γ; fissato z ∈ C − γ risulta

Indγ(z) = 1 2πi

Z b a

γ0(s)ds γ(s) − z.

Poich´e w/2πi `e un intero se e soltanto se ew = 1, la prima affermazione del teorema, precisamente quella secondo cui Indγ(z) `e un intero, equivale a dire che ϕ(b) = 1, dove

ϕ(t) = e

Rt a

γ0(s)ds

γ(s)−z per a ≤ t ≤ b.

Derivando si ha

ϕ0(t)

ϕ(t) = γ0(t) γ(t) − z

salvo eventualmente su un insieme finito S sul quale γ non sia derivabile.

Pertanto ϕ/(γ − z) `e una funzione continua su [a, b] con derivato nulla su [a, b] − S. Essendo S finito, ϕ/(γ − z) `e costante su [a, b], e poich´e ϕ(a) = 1, si ottiene

ϕ(t) = γ(t) − z

γ(a) − z per a ≤ t ≤ b.

Utilizziamo ora l’ipotesi che γ sia un cammino chiuso, cio`e che γ(a) = γ(b);

allora ϕ(b) = 1, e questo come abbiamo osservato dianzi implica che Indγ(z) sia un intero.

Osserviamo che Indγ `e continua su C − γ, anzi `e addirittura analitica.

Questo `e una conseguenza della Proposizione 3.1.2. L’imagine di un insieme connesso mediante un’applicazione continua `e un insieme connesso e poich´e Indγ `e una funzione a valori interi, Indγ `e costante su ciascuna componente connessa di C − γ.

Per finire si vede facilmente che |Indγ(z)| < 1 per |z| sufficientemente grande. Ci`o implica che Indγ(z) = 0 sulla componente connessa illimitata di C − γ. 

Proposizione 3.1.9. Siano a ∈ C e r > 0. Consideriamo la circonferenza di centro a e raggio r orientata positivamente Cr+(a). Allora risulta

IndC+

Teorema 3.1.10. (Formula integrale di Cauchy in un insieme convesso) Sia γ un cammino chiuso in un insieme aperto e convesso Ω e sia f ∈ H(Ω). Se

Dimostrazione. Scegliamo una z soddisfacente le condizioni precedenti, e poniamo per definizione

Sostituendo in quest’ultima l’espressione di g otteniamo il risultato voluto.  Il teorema che riguarda la rappresentabilit`a delle funzioni olomorfe in serie di potenze `e una facile conseguenza di quest’ultimo teorema.

Teorema 3.1.11. Per ogni insieme aperto in Ω nel piano, tutte le f ∈ H(Ω) sono analitiche in Ω.

Dimostrazione. Sia f ∈ H(Ω) e D(a, R) ⊂ Ω. Se 0 < r < R, la convessit`a di D(a, R) ci permette di applicare la formula di Cauchy; quindi abbiamo

f (z) = 1

converge uniformemente in Cr+(a). Quindi possiamo integrare termine a ter-mine e troviamo

Dunque la funzione f `e analitica in D(a, r), e inoltre, per quel che sappiamo sulle funzioni analitiche, f(n)(a)/n! = cn per ogni intero n ≥ 0. L’unicit`a di (cn)n=0 mostra che la stessa serie di potenze si ottiene per ogni r < R (purch´e si tenga fisso a). Ne consegue che la rappresentazione data per la funzione f `e valida per ogni z ∈ D(a, R). 

Osserviamo che se f ∈ H(Ω), anche f0 ∈ H(Ω).

Osservazione 3.1.12. Con le stesse notazioni della dimostrazione del teorema precedente, abbiamo

Teorema 3.1.13. (Stime di Cauchy) Sia f ∈ H(D(a, R)), dove a ∈ C e R > 0 e supponiamo che esista M > 0 tale che |f (z)| ≤ M per ogni z ∈ D(a, R).

Allora

|f(n)(z)| ≤ n!M (R − |z − a|)n

per ogni z ∈ D(a, R) e per ogni intero n ≥ 0. In particolare

|f(n)(a)| ≤ n!M Rn .

Dimostrazione. Siano z ∈ D(a, R) e 0 < r < R − |z − a|. Poich´e D(z, r) ⊂ D(a, R), l’osservazione precedente implica che

f(n)(z) = n!

2πi Z

Cr+(z)

f (ξ)dξ (ξ − z)n+1 per ogni intero n ≥ 0. Pertanto

|f(n)(z)| ≤ 2πrn!M

rn+1 = n!M rn .

Facendo tendere r a R − |z − a| si ottiene la disuguaglianza enunciata nella tesi di questo teorema. 

Come una prima applicazione di queste stime di Cauchy dimostriamo il teorema fondamentale dall’algebra.

Teorema 3.1.14. (Teorema fondamentale dell’algebra) Ogni polinomio p a co-efficienti complessi di grado non inferiore ad 1 ammette una radice complessa, ossia esiste un numero complesso a ∈ C tale che p(a) = 0.

Dimostrazione. Per assurdo supponiamo che il polinomio p non ammetta alcuna radice complessa. Allora la funzione f = 1/p `e olomorfa in tutto il piano complesso C e limitata, cio`e esiste M > 0 tale che |f (z)| ≤ M per ogni z ∈ C.

Si sa che

f (z) =

X

n=0

f(n)(0)

n! zn (z ∈ C),

e la convergenza `e uniforme nei sottoinsiemi compatti del piano complesso C.

Per il precedente Teorema 3.1.13, applicata al disco D(0, R), dove R > 0, risulta

|f(n)(0)| ≤ n!M Rn

per ogni intero n ≥ 1. Allora per R → ∞ si ottiene f(n)(0) = 0 per ogni intero n ≥ 1. Quindi f `e una funzione costante e questo `e in contrasto con l’ipotesi.



Il teorema di Cauchy ha un utile inverso:

Teorema 3.1.15. (Teorema di Morera) Se f `e una funzione continua su un insieme aperto Ω e

Z

∂∆

f (z)dz = 0 per ogni triangolo ∆ ⊂ Ω, allora f ∈ H(Ω).

Dimostrazione. Sia V un insieme aperto e convesso contenuto in Ω.

Come nella dimostrazione del teorema di Cauchy per un insieme convesso (Teorema 3.1.6) `e possibile costruire una funzione olomorfa F ∈ H(V ) tale che F0 = f . Poich´e le derivate delle funzioni olomorfe sono funzioni olomorfe, f ∈ H(V ) per ogni insieme aperto e convesso V ⊂ Ω; pertanto f ∈ H(Ω).  Teorema 3.1.16. Sia (fn)n=1 una successione di elementi di H(Ω), ove Ω `e un sottoinsieme aperto non vuoto di C. Supponiamo che fn → f per n → ∞ uniformemente sui sottoinsiemi compatti di Ω. Allora f ∈ H(Ω) e per ogni intero k ≥ 1 fn(k) → f(k) per n → ∞ sui sottoinsiemi compatti di Ω.

Dimostrazione. Il fatto che f ∈ H(Ω) si ottiene immediatamente com-binando il teorema di Morera (Teorema 3.1.15) con il teorema di passaggio al limite sotto il segno dell’integrale per la convergenza uniforme.

Per quanto riguarda la convergenza delle derivate alla derivata del limite,

`

e sufficiente che ci`o si dimostri per k = 1. L’estensione alle derivate di ordine

maggiore si fa per induzione su k. Sia K ⊂ Ω compatto. Esiste un r > 0 tale che l’unione E di tutti i dischi chiusi D(x, r) con x ∈ K sia un sottoinsieme compatto di Ω. Applicando il Teorema 3.1.13 alla funzione f − fn si ottiene

|f0(z) − fn0(z)| ≤ r−1kf − fnk∞,E

per ogni z ∈ K. Poich´e fn → f uniformemente su E, ne segue fn0 → f0 uniformemente su K. 

La propriet`a di ogni funzione olomorfa di essere localmente la somma di una serie di potenze convergente comporta un gran numero di conseguenze.

Ne elenchiamo alcune.

Teorema 3.1.17. (Teorema degli zeri) Siano Ω una regione (insieme aperto e connesso) del piano complesso C, f ∈ H(Ω), e

Z(f ) = {a ∈ Ω : f (a) = 0}

detto l’insieme degli zeri di f . Allora Z(f ) = Ω oppure Z(f ) non ha punti di accumulazione in Ω. In quest’ultime caso ad ogni a ∈ Z(f ) corrisponde uno ed un solo intero positivo m tale che

f (z) = (z − a)mg(z) ∀z ∈ Ω, dove g ∈ H(Ω) e g(a) 6= 0; inoltre Z(f ) `e al pi`u numerabile.

L’intero m prende il nome di ordine dello zero a di f . Risultati analoghi valgono anche per ogni insieme in cui f assume un ben determinato valore z0 ∈ C, cio`e per Z(f − z0).

Dimostrazione. Sia A l’insieme di tutti i punti di accumulazione di Z(f ) in Ω. Poich´e f `e continua, A ⊂ Z(f ).

Fissiamo a ∈ Z(f ) e sia r > 0 tale che D(a, r) ⊂ Ω. Allora possiamo scrivere

f (z) =

X

n=0

cn(z − a)n ∀z ∈ D(a, r),

dove (cn)n∈N `e un opportuna successione di numeri complessi. Vi sono due casi possibili: o tutti i cn sono nulli, nel qual caso D(a, r) ⊂ A e a `e un punto interno di A, oppure esiste un minimo intero positivo m tale che cm 6= 0 e (cn = 0 se n < m). In tal caso poniamo per definizione

g(z) =

f (z)

(z−a)m se z 6= a cm se z = a

.

Si vede facilmente che g soddisfa tutte le propriet`a richieste. In particolare g(a) 6= 0, pertanto esiste un intorno di a in cui g non ha zeri, dunque a `e un punto isolato di Z(f ).

Se a ∈ A, si deve presentare necessariamente il primo caso, dunque A `e aperto. Inoltre A `e anche chiuso. Poich´e Ω `e connesso si ha A = Ω, nel qual caso Z(f ) = Ω, oppure A = ∅. In quest’ultimo caso Z(f ) ha al pi`u un numero finito di punti in ciascuna parte compatta di Ω, e poich`e Ω `e unione numerabile di compatti, segue che Z(f ) `e al pi`u numerabile. 

Corollario 3.1.18. Se f e g sono due funzione olomorfe in una regione Ω, e se f (z) = g(z) per tutti i punti z di un insieme avente un punto di accumulazione in Ω, allora f = g.

Definizione 3.1.19. Se a ∈ Ω e f ∈ H(Ω−{a}) si dice che f ha una singolarit`a isolata in a. Se f ammette un prolungamento olomorfo in Ω, allora a si dice una singolarit`a eliminabile per la funzione f .

Proposizione 3.1.20. Sia f ∈ H(Ω − {a}); f limitata in D0(a, r) = D(a, r) − {a} per un opportuno r > 0. Allora f ha una singolarit`a eliminabile in a.

Dimostrazione. Poniamo h(a) = 0 e h(z) = (z − a)2f (z) per z ∈ Ω − {a}.

La nostra ipotesi di limitatezza mostra che h0(a) = 0. Poich´e h `e evidentemente differenziabile in ogni altro punto, si ha h ∈ H(Ω), e cio`e

h(z) =

X

n=0

cn(z − a)n ∀z ∈ D(a, r).

Otterremo l’estensione olomorfa di f richiesta dalla proposizione ponendo f (a) = c2, in quanto

f (z) =

X

n=0

cn+2(z − a)n ∀z ∈ D(a, r).



Teorema 3.1.21. Se a ∈ Ω ed f ∈ H(Ω − {a}), deve necessariamente verificarsi uno dei tre casi seguenti:

a) f ha una singolarit`a eliminabile in a.

b) Esistono dei numeri complessi c1, . . . , cm, dove m `e un intero positivo e cm 6= 0 tali che

f (z) −

m

X

k=1

ck (z − a)k abbia una singolarit`a eliminabile in a.

c) Se r > 0 e D(a, r) ⊂ Ω, f (D0(a, r)) `e denso nel piano complesso C.

Nel caso (b) si dice che f ha un polo di ordine m in a. La funzione

m

X

k=1

1 (z − a)k,

che `e un polinomio in (z − a)−1, si chiamo la parte principale di f in a. `E chiaro che in questo caso |f (z)| → ∞ per z → a.

Nel caso (c) diremo che f ha una singolarit`a essenziale in a. Un enunciato equivalente a (c) afferma che per ogni numero complesso w ∈ C esiste una successione di numeri complessi (zn)n∈N tale che zn → a e f (zn) → w.

Dimostrazione. Supponiamo che non sussista la (c). Allora esistono r > 0, δ > 0 e un numero complesso w ∈ C tali che D = D(a, r) ⊂ Ω e

|f (z) − w| > δ per ogni z ∈ D0 = D0(a, r). Poniamo per definizione g(z) = 1

f (z) − w ∀z ∈ D0.

Allora abbiamo g ∈ H(D0) e |g| < 1/δ. Per la Proposizione 3.1.20 g si estende ad una funzione olomorfa in D.

Se g(a) 6= 0, f `e limitata in D0(a, q) per un opportuno q > 0. Pertanto vale la a) in virt`u della Proposizione 3.1.20.

Se g ha in a uno zero di ordine m ≥ 1. allora per il teorema degli zeri Ma h ha uno sviluppo del tipo

h(z) = polo in a, con parte principale

q(z) =

secondo la definizione del Teorema 3.1.21. Chiameremo il numero c1 il residuo

secondo la definizione del Teorema 3.1.21. Chiameremo il numero c1 il residuo

Nel documento Elementi di Analisi Funzionale (pagine 130-154)