(Continuazione)
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Non sviv/Ai esitazione, quindi, potrò a questo p r o p o s it o afferm are che granile affinità presentano le Rime di q u esto s e c o n d o gruppo, con le corrispondenti narrazioni in prosa d ella v it a d ei risp ettivi Santi, ed anche con quelle offerteci dalla « L e g g e n d a » , potendosi anzi specialmente alcune di esse definire delle v ere p ic c o le agiografie in rima, e quasi un poetico riassunto delle p a g in e del g ra n d e a rci
vescovo genovese, aU’Anoninio contem poraneo. P a le s e esem p io di ciò è la ri. I, acefala nella raccolta, della q u a le p o sse d ia m o , il*
>eguito al rincresci osa lacuna dei prim i cinque f o g li d el m an oscritto, solamente trentasei versi su lP istitu zion e della f e s t a r e lig io s a della Natività della Vergine. L’episodio fram m entorio, c o n t e n u t o in que
sto Imi no pervenutoci, è chiaram ente ricalcato su q u e llo narrato nella prosa latina del beato Jacopo Da Varazze « d e n a t iv it a t e bea
tae .Mariae Virginis *» mediante la quale è p o ssib ile p u r e rein tegrare l'esposizione del fatto. La narrazione acefala d el N o s tr o s inizia dalle corrispondenti parole del Da V arazze— « d iv in u m recepit re- sjMinsum.... » (7) quando cioè per divino com ando v ie n e in tim a to a quel « quidam vir san ctu s» trad otto dal P o eta a l v . II « quelo santo omo » di divulgare ai fedeli le sue c e le s tia li v is io n i, secondo le quali il cielo tu tto voleva che quel giorno f o s s e c o n s a c r a to alla .Natività della Vergine, episodio questo che lo s t e s s o D a \ a razze dice tolto da Giovanni di Reietti. La poesia del G e n o v e s e , ch e segue passo passo tale narrazione, chiude l'episodio col m e d e sim o accenno a Papa Innocenzo IN' genovese, pontefice nel L243, is t it u t o r e d el
imitavano, accenno aggiunto alla tradizione d ell e p is o d io dal beato Jacopo.
Meno chiaramente risulta quale potè essere la f o n t e «Iella ri. III.
pur essa intitolata « de nativitate beatae Mariae λ ir g in is » m a non 7
Leggenda aurea.
Th. Groesse, 2* ediz. Lipsia. 1850, c a p . CXXX, pag. 590 ss.L A P O E S I A R E L I G I O S A D E L L ’ A N O N I M O G E N O V E S E 1 5 7
crederei di e sse r molto lontana dalla verità se pensassi che pure questa fo sse isp ira ta dalla lettura di una corrispondente prosa la
tin a. Mi vien e anzi sospetto, (naturalmente fin qui incontrollabile, perchè occorrerebbe poter confrontare una copia più ordinata e meno la c u n o sa d i quella dataci da quest’unico manoscritto del cod.
M ollino), ch e n ell ^originale la ri. I e la ri. I l i formassero una sola com p osizión e, d ato che esse trattano il medesimo argomento, e ben si ad direbbe ch e la ri. 1 costituisse la parte finale di essa. Anche l ’in izio d e lla ri. I l i con quel.... «ben fosti veraxe m anna....» non so d d isfa , e sem bra piuttosto frase che chiuda un concetto preceden
tem en te esp o sto , anziché lo inizi. Con questa disposizione d’argo
m en ti ci s i accosterebbe sempre più alla prosa latina del Da Va- razze, ch e p otè servire probabilmente di guida al Nostro per la sua com p osizion e.
Ohe l ’A n o n im o , del resto, attingesse, ampiamente e direttamente o d a lla Leggenda. Aurea, o da trattati e raccolte latine simili di quel tem p o, r isu lta palese anche da altre sue composizioni, come dalla ri. L V I, il cui esempio della conversione di Pietro Telonario è dal P o eta a t t in t o e tradotto fedelmente in rima volgare, quasi alla lettera, d alla v ita di s . Oiovanni Klemosiniere, vita che troviamo a ssa i d iv u lg a ta negli scritti agiografici del sec. XIII e che compare, sia n e ll’opera basilare della vita dei SS. Padri, sia in quella già accenn ata del D a Vai-azze, fc noto, infatti, come anche i più dotti di q u esti m ed io ev a li, senza farne di ciò una colpa propria del No
stro, ben poco creassero, in genere, di originale, e si limitassero per lo p iù s o lo a raccogliere e a compilare quanto la ricca tradizione più a n tic a , già aveva creato ed offriva al rassettata curiosità aned
d otica d ei lo ro contemporanei.
Q uasi le m edesim e osservazioni, circa la probabile fonte a cui possa e sse r si isp ira to l ’Anonimo, potremmo fare per la r. II « de beata M argh erita ». Anche questo fu un tema assai popolare in ogni le tte ra tu ra del tem po, tra ttato diffusamente in versi e in prosa, argom en to p refe r ito pure per la composizione di veri poemetti, come quelli fo r n itic i d a lle otto versioni francesi più note in rima, tutte an terio ri al sec. XIV. Lo stesso Da Varazze nell’esporci la vita leg gendaria d ella S a n ta , che egli dice di aver letta fra gli scritti di
« T h e o tim u s v ir e r u d itu s» , lascia intravedere, là dove, accennando a lle tr a d iz io n i divergenti sulla lotta della Santa col drago (8) bia
sim a a lc u n e c o m e apocrife e infondate, di aver avuto presenti nar
razioni v a rie. C iò basta 'a noi per affermare che il Genovese aveva certa m en te su t a le argom ento tanta materia, da non dovervi mettere pur qui n u lla di su o, se non la consueta fatica di raccogliere e coor
dinare i f a t t i p iù salienti di questa leggenda, atti a formare una (*}
()j>. cit..
cap. XCIII, pag. 402.1 5 8 A N D R E I N A D A G L I O
breve composizione. Anche nella disp osizion e dei c o n c e t t i p o ssiam o dire che la tradizione agiografica dava leggi ^1 P o e t a , il q u a le in izia la composizione riassumendo nei prim i dodici versi l ’e lo g io d e lle doti tìsiche e spirituali della Santa, accenna dal v. 13 a l 28 a lla d isp u ta
«Iella fanciulla col prefetto Olybrio che, in n a m o ra to d e lla su a bel
lezza e volendola far sua, l’incitava ad ab b an d on a re la r e lig io n e di ('listo, mentre ella strenuamente la difendeva e la p r o p u g n a v a , d i
sputa qui solo molto brevemente accenn ata ; dal v . 29 a l 42 p ro se
gue l ’argomento della prigionia, della lo tta col d r a g o , d ei v a ri to r menti ai quali fu sottoposta la S a n ta , m ir a c o lo sa m e n te s a lv a ta da Dio, ed iutine il suo decollamento. Dal v. 43 a l 5 4 n o n m a n c a pur nel Nostro il ricordo della preghiera in n alzata a D io d a lla m a rtire prima «li morire, preghiera che m enziona pure il D a \ a ra zze e che costituisce uno dei punti più belli, pieni di m istica s e m p lic it à lirica , di devoto entusiasmo dei poemetti francesi s o p r a n o in i n a t i. N e l G e
novese nulla invece che si elevi più su di un s e m p lic e a c c e n n o r ia s
suntivo, nessun impeto d'ispirazione sincera e s e n t it a , la s o lit a m o
notona freddezza.
Perfettamente dello stesso stam pò d i questa si p r e s e n t a la com posizione ri. V «ad sanctam Luciani » sicché si p o tr e b b e r o e s s e d efi
nire veramente le due composizioni gem elle di q u e s ta r a c c o lt a . Affini le probabili fonti d’ispirazione, procedenti d alle n u m e r o s e leggen de agiogra fiche riguardanti la San ta, d iffu se a llo r a oralm en te^ e pei
iscritto in mille guise; identico il processo c o m p o s itiv o e l'a b ilità del Poeta. <’iii volesse avere u n a c o n o scen ze p iù a m p i e delle» n a r razione offertaci dal Poeta, non avrebbe che le g g e r e le c o r r is p o n denti pagine della prosa latina della Leggenda, c h e p o s s o n o b e n i s
simo servire da commento alla com posizione d el N o s t r o . ( o s i i l dialogo di Pescamo con la Santa. d a irA n o n im o a p p e n a a d o m b ra to , è nella prose diffusamente trattato, e lo stesso si o s s e r v i p e r la m in i
celi e il martirio narrati nel Da V arazze con più r ic c h e z z a d i p a i- ficolari.
Assai poco di nuovo si può dire per la c o m p o s iz io n e ri. Ιλ « a d sanctum Petrum» pur essa argom ento non o r ig in a le ilei P o e ta , del quale, se pur in minor misura e meno d ir e tta m e n te , p o s s ia m o tr o vare una eco nel cap. ( ’X « de sa n cto Pet ιό ad \ in c u la » d e lla L eg
genda.
Interessantissima, invece, so p ra tu tto per lo s t u d i o d e lle fo n ti,
a cui possa a v e r attinto PAnouimo, è la lunga c o m p o s iz io n e in rim a ri. XII « ile sancta Catelina virgine » la sa n ta P a t r o n a d e llO r a t o - rio al quale, come è noto, era iscritto il N o str o . Il P o e t a c i offre qui la storia completa e particolareggiata della c o n v e r s io n e e del martirio della Santa, dandoci un nuovo esem pio d i e la b o r a z io n e i t a
l a P O E S I A R E L I G I O S A D E L I B A N O N I M O G E N O V E S E 1 5 9
lia n a di q u esta leggenda (9), non meno «Ielle altre diffusa nelle re
dazioni in verso e in prosa d ’Italia e di Francia di quell’età.
Lui leggen d a completa di S. Caterina consta della conversione e della p a ssio n e, e si potrebbe aggiungere ancora secondo taluni, della n a scita, la cu i leggenda si sviluppò certamente dopo quella della conversione. N on direi, però, col Mannucci che di quelle due parti (conversione e passione) si possa ritenere la prima « popolare», la seconda « d o ttr in a le », mentre definirei invece con termine più ap
propriato la p a s s io n e , come parte più antica della leggenda, la conversione, com e parte più recente, nata a completare la leggenda stessa. I n fa t t i è risaputo che le prime notizie intorno alla santa A lessa n d rin a ci vengono dalla narrazione di Metafraste, scrittore bizantino del secolo X, il quale parla esclusivamente della passione e n u lla ci d ice della conversione. Ë un problema ancora insoluto il decidere q u ale possa essere stata la prima fonte della leggenda relativa a lla conversione, se essa cioè ci venga dall’Oriente per mezzo di q u a lch e codice a noi ignoto, oppure sia stata una elabora
zione s o r ta in Europa, in seguito a ll’importazione del culto della Santa d u ra n te le Crociate.
Da n o ta re a ltr e s ì che la leggenda stessa ha avuto una larga d if
fusione in (piasi tu tte le nazioni di Europa: cosicché, oltre ìe leg
gende ita lia n e e francesi, abbiamo quella tedesca, la olandese, ìa inglese, la ungherese, ecc. ; onde è chiaro d ie per imo studio com
pleto «Ielle o r ig in i della leggenda e delle sue prime fonti occorre tener con to d e lle pubblicazioni relative a tu tte queste versioni. Tra esse m erita u n o speciale rilievo il poderoso studio dello scrittore ungherese K a to n a , il quale in un volume sulla leggenda di S Ca
terina, e d ito a Budapest nel 1903 (■«) a cura dell’Accademia d’Un
gheria, o ltr e ad un interessante studio comparativo delle più anti
che redazioni ita lia n e e francesi, pubblica tre versioni latine com
plete d ella le g g en d a , ricavate da codici delle biblioteche di Craco
via, B u d ap est e Monaco di Baviera. Tra le conclusioni, cui arriva il K atona nel su o studio, ignorato completamente dal Mannucci (che sc risse un a n n o dopo) e quindi dal dO ttone, vi è questa contro i! V'arnhagen, ch e la redazione francese è anteriore alla veronese
(°) R ecentem ente i* stata ripubblicata da P. T i t o d a O t t o n e , ο M c in
La Leggenda di Santa < aterina Vergine
<·Martire di Alessandria
(Genova Tip Derelitti, 1040). Duole che in uno studio diretto a raccogliere le peculiarità genovesi del culto e della leggenda della Santa Alessandrina, non sia neppur citato il vo lgarizzam ento genovese della
Passio
(ricalcato sicuramente sullaLcf/genda Aurea)
, clic trovasi in un prezioso codice agiografico della Biblioteca delle M issioni Urbane di S. Carlo, di Genova. La pubblicazione di tale vol
garizzam ento sa re b b e stato certamente molto più adatta, nel volume del P.
d a O t t o n e , che non quella del volgarizzamento toscano già edito dal Levasti
( I 0 ) K a t o n a . L a j o s ,
Alexandrin Szent Katalin Legendùja
K òztpliorìirodai-
munkban.
B u d a p e s t, 1903.160 A N D R E I N A B A G L I O
e che ambedue provengono da un codice la tin o s c o n o s c iu to , il che del resto si ricava dalla stessa versione fra n cese, n e lla q u ale dice il poeta, come giù notò lo Knust, di avere a t t in t e le su e n o tizie in un Passionale della chiesa di S. S ilvestro in R om a.
Stando cosi le cose, e benché non si possa a n c o r a a sso lu ta m e n te sentenziare sulla priorità o meno della redazione v e r o n e s e su quella genovese deirAnonim o, è ovvio che la fon te di a m b e d u e d ev ’essere stata la stessa, dato anche che esse si accordano fr a lo r o in alcuni particolari, e quindi che verrebbe a m ancare n e ll’A n o n im o 11011 solo originalità d’argomento, ma anche quella p e c u lia r ità ch e g li si vor- rebln* da taluni attribuire di essere sta to il p r im o a u n ire in 1111
unico componimento le due parti della leg g en d a .
(V e g li p o ssa tuttavia aver u n ite, in questa su a com p osizione, doc* parti separate della ·« conversio » e «Iella « p a s s io » non sarebbe completamente da escludersi, se si nota il m odo c o m e il P o e ta in nesta la seconda alla prima; ma si tratterebbe q u i non d i priorità
«lì fusione, ma di semplice inabilità personale n e l C op erà ria . Mi sem bra, infatti, ch’egli non sappia elim inare q u a lch e r ip e tiz io n e che nuoce all’unità artistica del com ponim ento. C o sì, le lo d i in vocative alla Santa, invocazione iniziale com une di tutte* le a g io g r a fie , espres
se liti dal primo introdursi nel l'argom ento, v en gon o r ip e tu t e con p a
roi·* talora diverse, ma pressocdiè medesime n ella s o s t a n z a , la d o \e
«•gli invita i suoi ascoltatori a udire « Γ istoria c h i ven a presso ».
(t)A il Poeta aveva detto, per esem pio, che la S a n ta era «li «liciotto anni, figlia di re Costo, e ni celebre in d o ttrin a «* b ellezza e cc—
tutte «os«* rese note antecedentem ente al le tto r e e q u in d i non n e
cessarie nel preambolo della iuirnizione seg u en te. Il <»eno\ese^ po
trebbe, del resto, a quel ch’io penso, aver avu to « o tt o c c h io , all atto della sua composizione piti testi o un unico t e s t o r ip r o d u c e n te già completa la leggenda, divisa in cap itoli secondo g li a r g o m e n ti, d i
visione di cui egli non seppe forse fa r c o m p le ta m e n te s c o in p a iiie le tracce, quando restringeva i con cetti m etten d o li in v ersi in un unico componi mento, come altri poeti m eglio r iu s c ir o n o .
Esaminando sempre la versificazione del N o s tr o , n on tro v o , in fine, come si possa affermare col P. «l’O ttone ch e v i s o n o « ca ra tteri
«li pretta genovesità ». Dove trova «*gli che la» r e d a z io n e del gen o
vese a assume una proporzione, 1111 colorito e u n s e n s o co sì reali
sticamente genovese »? (**) Tutti sono «I accorilo n ell a fferm a re che ΓAnonimo è spiccatamente genovese nelle rime d id a t t ic o - c iv ili, s to riche e in qualche altra, ma quanto al voler t r o v a r e la g en ovesi tà nelle rime religiose, direi al contrario, dopo q u e s to m io s tu d io , che il Poeta perde proprio in esse la sua p erso n a lità. A n c h e n e lla com^
positione ili S. Caterina non saprei dove n o ta r la , a m en o che si
11 Op. rii., pag. 44, 45.
L A P O E S IA R E L IG IO S A DELL*ANONIM O G EN O V ESE 161 voglia in te n d e re per tale genovesità, il semplice fatto di averla scrit
ta. l’A nonim o in genovese e di rivolgersi con essa al suo popolo. Ma a ltro è u s a re n ella poesia il linguaggio volgare, altro mostrare i c a r a tte ri p e c u lia ri del genovese.
C o n sid eriam o ora la composizione ri. XVI, il « Planctus Beatac M a r i a e V i r g i n i s » ispirato al « Tractatus de planctu Beatae Ma
ria e » d a i p iù a ttrib u ito , e dal Nostro stesso, a S. Bernardo di Chia- ravalle, v issu to tr a il 1091 e il 1153. Questo Tractatus fu certamente a ssa i le tto e conosciuto nel medioevo, poiché servì indubbiamente da fo n te a num erosissim e versificazioni italiane, nonché ad alcune fra n c e si e provenzali, e fu pure volgarizzato in prosa. Anche per questo P lan ctu s dirò che ben poco di originale si deve attribuire al P o e ta , essendo esso una specie di riassunto in versi, a volte m olto co n ciso , e a volte più particolareggiato, e molto simile per
sino nelle p a ro le , alla prosa la tin a che servì, da fonte. Tutto il la voro del n o s tr o Genovese si lim ita a restringere alcuni concetti più estesi e lu n g a m e n te t r a tta ti nella prosa, o qualche volta ad esclu
d e rli; ad a cco g liern e a ltri quasi integralmente, o a modificarli con qu alche c o n sim ile espressione. La medesima abilità compositiva, ed il m edesim o m odo di versificare, già notato nelle altre sue Rime.
1 v ersi 1-40 del N ostro s ’ispirano alla bellissima prolusione con cui F a u to re del T ractatu s inizia, il Plancius, invitando i fedeli a pian
gere con lu i la P assione di N. S. Gesù Cristo e i dolori della celeste M adre. M a i v ersi del Poeta non hanno nè la finezza, nè la profon
d ità d elle belle espressioni di questa prosa e avvicinandosi qua e là nel c o n ce tto , solo in alcuni luoghi conservano corrispondenze più d ire tte . D al v. 40 al v. 473 è contenuto il Planctus della Vergine n a rr a to , com e nella prosa omonima, dalla Madonna stessa allo s c ritto re , nel q u a le si riferiscono tu tti gli episodi della Via Crucis d ella C rocefissione e della Deposizione. La corrispondenza quasi di
re tta nei versi del Nostro con la narrazione del Tractatus, si riscon
tra m a ssim a m e n te nei p a rtico lari narrativi di questi episodi, men
tre n ella p a r t e lirica di effusione del pianto della Vergine, ove la p ro sa si d ilu n g a ad esprìm ere tu tta la profondità del dolore, il P oeta genovese am a per lo più restringere i concetti, accettandone solo i p r in c ip a li, raccogliendo e mettendo insieme e a volte abba
stanza a b ilm e n te , quasi lavoro di paziente mosaico, le frasi più c a r a tte r is tic h e . Manca completamente nella composizione dell’Ano- nim o la ris p o s ta bellissima e nobilissima di Cristo alla Madre, con cui la consola facendole riflettere che la sua morte è voluta dal P a dre, le ric o rd a la sua missione nel mondo, e concludendo afferma che la m o rte di uno darà la vita a tu tti. Concetti e parole profonde che S. B e r n a r d o scrive, ed il Genovese invece tralascia.
,2 ) C fr. W . Mushackk, I
Hprovenzalischcn Maricnklaoe.
Pes.ìli jahrunderts,
in « R o m a n is c h e B ib lio te k », 1921. H alle, vol. IV.
A N D R E IN A M A G LIO
lo credo che questo ci riveli a p p u n to la m a g g io r d iffico ltà in contrata «lai Poeta nel m ettere in versi parole e c o n c e tti a s t r a t t i , difficoltà che noi 110 11 rileviamo in a ltr i P lan ctu s, p u r d a q u e sta p ro sa derivati. La versificazione provenzale (12), a d e se m p io , è molto più fedele al Tractatus e m antiene m aggior e q u ilib r io nelle sue piirti sia liriche che narrative. Al v. 474 ha in izio l a p r e g h ie r a finale con cui {'Anonimo chiude anche il P l a n c t u s , p r e g h ie r a che troviam o pure nella prosa latina in questione, ma qui e s p r e s s a in p o c h i versi ed in modo del tu tto libero, sicché potrem o d e f in ir l a t u t t a diversa da quella della fonte, menti**essa è assai sim ile, a v e n te p e rsin o i medesimi concetti di chiusura finale, a quelle c o n c u i il P o e ta te r mina solitamente a ltre sue Rime. A nche per q u e s to P la n c tu s, d u n que, si potrà affermare la com pleta m ancanza o r i g i n a l e «li conce
zione e la mediocrità della composizione.
La stessa critica, o quasi, finora fa tta p er le co m p o sizio n i del 11 gruppo, si potrà estendere a quelle del terzo, c h e d is s i t r a t t a r s i di parafrasi.
La ri. VI è realmente una p a ra fra si della p r e g h ie r a c ris tia n a del M i s c r m , del salmo 50 di D avid. Il P oeta, q u a s i con le stesse parole del Salm ista, solamente dove più, dove m e n o lib e ra m e n te ampliate, invoca, pentito dei peccati e com m osso, la m ise ric o rd ia ed il perdono dalPAltissim o.
Ho confrontato passo passo la com posizione v o lg a re del Geno- vese con i corrispondenti versetti del Salm o. I d e n tic o è il su sse
guirsi dei concetti nel loro svolgim ento e p e rsin o a s s a i sp esso nel
l'espressione. Solo qualche am pliam ento libero q u a e là senza 1111 ordine fisso nelle strofe, come invece noterem o n e l la com posizione
latina V ili, ove ogni verso del Salm o p a r a fr a s a to , o c c u p a il q u a r to verso; tal chè si potrebbe an ch e chiam are q u e s ta com posizione poetica una versione libera in volgare del d e tto S a lm o . La novità qui introdotta riguarda l'introm issione — dal v. 45 a ll 80 — della spiegazione delle virtù delPisopo e della neve, d e d o tta d a a l t r i s c r i t tori ecclesiastici e probabilmente da S. G regorio, ric o rd o s u s c ita to al Poeta dal versetto S " del S alm o: Asperges me h i/sso p o et m u n d a
bor: lu rati tu me rt super ni rem tlcalhabor »». Al v . 81 si rip ren d e la parafrasi del Salmo che negli ultim i q u a ttro v e rs i te r m in a con quella breve preghiera del Gloria.
L i composizione ri. XIV ci offre una lunga p a r a f r a s i dei dieci comandamenti, la quale può u n irsi a lla serie d e lle a l t r e nu m ero se versificazioni italiane e straniere su ta le a rg o m e n to .
K interessante osservare che la form a co m positiva ed espressiva di questa parafrasi genovese ha m olta affinità c o n q u e lla co m u n e
mente usata dalle prose dei tr a tta ti co n ten u ti in q u e lle r a c c o lte m e
dioevali dette 1 Summae ». L’Anonim o procede, i n f a t t i , con quella famigliarità narrativa, am ante di p o rre alla c o n s id e ra z io n e del let
V i
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