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Prassi successiva e interpretazione evolutiva: i limiti dell'interpretazione

SOMMARIO 1. Cenni introduttivi; 2 Prassi sospensiva, modus vivendi e possibili valutazioni dovute all'assenza di prassi; 2.1 L'articolo 27(3), ultima parte, della Carta delle Nazioni Unite la regola

2. Prassi sospensiva, modus vivendi e possibili valutazioni dovute all'assenza di prass

3.1.2. I lodi arbitrali ad hoc

Aldilà del contesto della Corte Internazionale di Giustizia, vi è, soprattutto prima dell'avvento della Convenzione di Vienna, un discreto numero di arbitrati ad

hoc nei quali la valenza modificativa della prassi successiva è stata non solo

indirettamente affrontata quale ipotesi astratta, bensì spesso incisivamente affermata . La CDI, nel tentativo di 'sminuire' tali precedenti, li relega nel campo delle 'isolated exceptions'99 ovvero li definisce come trascurabili in quanto, per la maggior parte, risalenti al periodo ante Convenzione di Vienna e dunque già vagliati nell'ambito dei dibattiti in seno alla CDI e alla conferenza100. La Commissione, tuttavia, non considera che proprio il fatto che siano citati nelle discussioni testimonia come anche i rappresentanti, che per svariate ragioni si opponevano all'inserimento dell'articolo 38 nel testo definitivo della Convenzione101, riconoscessero il prodursi di tale fenomeno102.

Nel commentario all'articolo 38 dei Draft Articles on the Law of Treaties del 1966, si legge, a sostegno della valenza modificativa di una prassi successiva di tutte le parti che stabilisca l'accordo delle medesime, come, in un (allora) recente arbitrato tra Stati Uniti e Francia, il tribunale si fosse espresso con riguardo alla prassi successiva delle parti nei seguenti termini:

'This course of conduct may, in fact, be taken into account not merely as a means useful for interpreting the Agreement, but also as something more: that is, as a possible

source of a subsequent modification, arising out of certain actions or certain attitudes,

99 ILC, "Report of International Law Commission, Sixty-eighth session on Subsequent Agreement and Subsequent Practice in relation to the Interpretation of Treaties", 2016, in UN Doc. GAOR, Seventy- first session Suppl. No.10 (A/71/10), a p. 178

100 Si veda par. 3.

101 Secondo alcuni l'articolo 38 sarebbe stata una mera duplicazione dell'articolo 31 (3) (b) della Convenzione; secondo altri non era una questione da inserire nell'ambito applicativo della convenzione di Vienna, così come il tema della modifica consuetudinaria della norma convenzionale; secondo altri, l'istituzionalizzazione del meccanismo l'avrebbe reso meno efficace. Si vedano in merito gli interventi citati al paragrafo 3 del presente capitolo.

102 Il rappresentante italiano in sede di Conferenza sul diritto dei trattati si esprime nel modo seguente: 'Mr. MARESCA (Italy) said that article 38 reflected a legal fact which had always existed. International law was not a slave to formalism and by reason of its nature must adapt itself to practical realities.' UN Doc., "United Nations Conference On The Law Of Treaties, Summary records of the plenary meetings and of the meetings of the Committee of the Whole. First and second session", in Official Records, Vol.1, Vienna, 26 marzo-24 maggio 1968 e 9 aprile-22 maggio 1969, p. 211.

having a bearing on the juridical situation of the parties and on the rights that each of them could properly claim'103.

La controversia aveva ad oggetto l'interpretazione della Sezione VII dell'allegato all'accordo sui servizi di trasporto aereo del 1946, un trattato bilaterale tra Francia e Stati Uniti che disciplinava il traffico aereo civile tra i due paesi104.

La Convenzione individuava due rotte e le possibili tappe; non potevano essere aggiunte destinazioni che non rientrassero nel percorso già stabilito dalla rotta pattuita, se non attraverso una procedura speciale, mai attivata nel caso in analisi. Se l'inserimento di nuove mete si fosse verificato, sarebbe stata posta in essere una violazione dell'Allegato e dunque dell'accordo stesso105.

Il tribunale concluse che il servizio per Teheran, via Beirut e Damasco, non rientrasse nel percorso delle rotte pattutite dalla convenzione del 1946. Tuttavia la Francia dal 1955 mai si era opposta e anzi aveva concesso permessi alla Pan American Airways, compagnia statunitense, consentendole di compiere il volo per Teheran, in modifica a quanto previsto dal trattato bilaterale. Secondo gli arbitri dunque, il diritto in questione, negato dalla convenzione del 1946, era stato accordato agli Stati Uniti in virtù di un tacito accordo prodottosi in forza di una prassi modificativa posta in essere dalla compagnia americana e autorizzata, o comunque non obiettata, dalla Francia, ininterrottamente e costantemente, sin dal 1955106.

Si tratta di un espresso riconoscimento del valore modificativo della prassi successiva delle parti, dotata di determinati requisiti, enucleati negli anni successivi dall'attuale articolo 31 (3) (b) della Convenzione di Vienna. Non per ridimensionare la portata di tale precedente, bensì per ragioni di completezza, va notato come la prassi si riferisca nel caso di specie a un trattato bilaterale, in relazione al quale, visto il numero minimo di parti, l'identificazione di un tacito accordo di modifica espresso dalla

103 (Enfasi aggiunta). Interpretation of the Air Transport Services Agreement between the United States of America and France (U.S. v France), 1963, XVI RIAA 5, a pp. 62-63.

104 Air Transport Service Agreement, in vigore il 18 giugno 1946, 42 UNTS 183.

105 ‘ [A special unilateral procedure] cannot be used to add to a route points of call which, like those called into question in the present arbitration, do not come within the limits of the general path of the route’. Air Transport Services Arbitration (US/France) cit., par. 60.

106 Air Transport Services Arbitration (US/France) cit., par. 62-63; 66-67; si veda LARSEN, "Arbitration of the United States-France Air Traffic Rights Dispute", in Journal of Air Law and Commerce, Vol. 30, 1964, pp. 231-247, a pp. 241.

prassi successiva sembra più agevole107.

L'arbitrato testè analizzato presenta notevoli somiglianze con un altro, vertente sulla medesima materia, recante questioni piuttosto simili e temporalmente collocato nello stesso periodo: si tratta di Air Transport Services Arbitration, esito di una controversia tra Stati Uniti da un lato e Italia dall'altro108.

Quando la domanda di aerei cargo per il trasporto merci esplose nel 1963, le compagnie aeree statunitensi erano già tecnicamente ben equipaggiate e poterono sin da subito offrire il servizio c.d. all-cargo; Alitalia, al contrario, non possedeva tali equipaggiamente e pertanto non potè sin da subito entrare in concorrenza con gli Stati Uniti proponendo il medesimo servizio. La Pan American Airways, al contrario, cercò immediatamente di offrire la propria prestazione anche in Italia attraverso un traffico di due o quattro voli settimanali. L'Italia rifiutò il calendario chiesto dagli Stati Uniti, adducendo a giustificazione il fatto che i servizi di trasporto merci non rientrassero nell'ambito di applicazione del trattato bilaterale del 1948 sui servizi aerei, che invece, secondo lo Stato italiano, avrebbe riguardato solo i voli 'combinig passengers, cargo and mail'109. La tensione crebbe ulteriormente quando la compagnia americana annunciò l'intenzione di utilizzare aerei dotati di una capacità di carico doppia, riuscendo così a non accrescere il numero di voli per settimana. Il tribunale, analizzando la prassi successiva al trattato dal 1948 fino alla controversia apertasi nel 1963, notò come le parti avessero reciprocamente accettato i nuovi servizi di esclusivo trasporto merci; esse infatti, sino alla rivendicazione sollevata dall'Italia, avevano sempre autorizzato l'atterraggio tanto dei voli di trasporto passeggeri, quanto quelli di esclusivo trasporto merci. Pertanto tali condotte costanti avevano avuto l'effetto di modificare il trattato del 1948, includendo, nella disposizione sull'ambito di applicazione del medesimo, i voli unicamente cargo. 'From such practice it appears that both parties acted from 1948 up to July 1963 on the basis that the 1948 Agreement did cover all-cargo services'110.

107Nello stesso senso pare orientata BUGA, Modification of treaties by Subsequent Practice, Oxford University Press, Oxford, 2018, a p. 264.

108 Interpretation of the Air Transport Services Agreement between the United States of America and Italy (U.S. v Italy), 1965, XVI RIAA 75, a pp. 62-63.

109 Air Transport Services Arbitration (US/Italy) cit., par. 977.

110 Air Transport Services Arbitration (US/Italy) cit., par. 983. Si veda LARSEN, "The United States-Italy Air Transport Arbitration: Problems of Treaty Interpretation and Enforcement", in American Journal of International Law, Vol. 61, 1967, p. 496 e ss., a p. 509.

Si può discutere sul fatto che tale inclusione possa relmente configurarsi alla stregua di una modifica, potendo anche trattarsi di un'interpretazione che abbia portato in luce un concetto già esistente nell'espressione testuale del trattato e non dunque dell'introduzione di un elemento di novità, in violazione col significato ordinario del testo111. Tuttavia quello che più importa ai nostri fini è che il Tribunale non sembra essersi limitato a riconoscere il valore modificativo della prassi successiva, bensì pare aver perfezionato tale considerazione di ordine generale, con ulteriori specificazioni: la prassi successiva richiede minor tempo per consolidarsi in una modifica della disposizione, di quanto invece serve per la modifica del trattato dovuta al formarsi di una nuova consuetudine bilaterale; inoltre i requisiti di cui la prassi successiva deve essere dotata per essere rilevante (costanza, uniformità, riferibilità al testo..ecc.) devono essere analizzati ancora più restrittivamente in caso di modifica, rispetto a quello di prassi meramente interpretativa112.

Altro caso, citato dalla stessa Commissione di Diritto Internazionale, nell'affrontare, nel rapporto sulla prassi successiva, il tema della modifica a opera della medesima è il Taba Arbitration, tra Egitto e Israele del 1988, concernente una controversia sorta sulla base di un trattato di delimitazione dei confini del 1906113. Nel caso di specie, il Tribunale offre conferma del fatto che una chiara previsione del trattato possa essere modificata dalla condotta successiva delle parti, dotata di un certo grado di precisione114.

La convenzione del 1906 prevedeva che i cippi confinari dovessero essere posizionati in punti intervisibili (ovvero il cippo successivo doveva essere visibile dal precedente). Il pilastro finale, quello di Taba, non rispettava tale regola e pertanto si poneva in violazione del trattato, che non tollerava alcuna eccezione sull'intervisibilità. Il Tribunale notò tuttavia come la prassi successiva delle parti mostrasse come per oltre cinquant'anni le parti avessero accettato la delimitazione così posta e avessero sempre agito sulla base di questa, modificando così la stessa

111 Infatti il tribunale non nasconde come l'operazione condotta sia un'interpretazione del testo del trattato.

112 Air Transport Services Arbitration (US/Italy) cit., p. 100 e 101.

113 ILC, "Report of International Law Commission, Sixty-eighth session on Subsequent Agreement and Subsequent Practice in relation to the Interpretation of Treaties", 2016, in UN Doc. GAOR, Seventy- first session Suppl. No.10 (A/71/10), a p. 178, nota 695.

114 Case concerning the location of boundary markers in Taba between Egypt and Israel (Taba Arbitration), 20 UNRIAA 1, 1988, a pp. 56-57, para. 209-210.

disposizione convenzionale115. Come visto per gli altri casi di delimitazione territoriale dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia116, anche in questo caso, il principio di stabilità dei confini è utilizzato per rafforzare il concetto in base al quale il confine, definito da una prassi successiva continua e costante delle parti, giunga a contraddire e a prevalere su quello indicato nel trattato117.

Lo stesso può dirsi avvenuto nell'arbitrato che ha visto contrapporsi Eritrea ed Etiopia, le quali, con un accordo bilaterale del decembre 2000, avevano incaricato l'apposita Eritrea-Ethiopia Boundary Commission di determinare i confini tra i due paesi, basandosi sui trattati rilevanti tra le parti e risalenti ai primi del '900, disciplinanti rispettivamente la parte centrale, quella occidentale e orientale dell'intera linea di confine. La Commissione analizzò la prassi successiva degli Stati in merito ai trattati, non solo come strumento di interpretazione autentica dei medesimi, ma anche come fonte di modifica delle disposizioni convenzionali precedenti: ‘[t]he nature and extent of the conduct effective to produce a variation of the treaty is, of course, a matter of appreciation by the tribunal in each case'118. La Commissione evidenzia dunque la necessità di un'attenta analisi dei requisiti rimessa al caso concreto e al margine di apprezzamento di chi rileva la medesima condotta (ovvero il c.d. interprete di secondo livello). Tale ultima considerazione rischia a parere di chi scrive, se non contestualizzata, di aprire la strada a derive discrezionali e deve pertanto essere intesa nel senso che l'opera di rilevamento una prassi svolta dal c.d. interprete di secondo livello (un arbitro tendenzialmente), pur caratterizzandosi per un ineliminabile margine di apprezzamento legittimamente indotto dalle particolari circostanze del caso concreto, dalla natura del trattato sotto analisi, deve il più possibile mantenersi fedele ai requisiti dedotti all'articolo 31 (3) (b) della Convenzione.

115 Ibidem, par. 235.

116 Case Concerning the Temple of Preah Vihear (Cambodia vs. Thailand), ICJ Reports, 1962, p. 6, par. 23. 117 Il tribunale arbitrale afferma 'that the demarcated boundary line would prevail over the Agreement if a contradiction could be detected'; Taba Arbitration, par. 209-210, 235.

118 Decision regarding delimitation of the border between Eritrea and Ethiopia, XXV UNRIAA 83, 2002, para 3.6, 3.9. e 3.10.

Infine, Villiger, sostenedo la portata modificativa della prassi successiva, fa esplicito riferimento a un'altra controversia arbitrale del 1982: Aminoil Arbitration119.

Secondo il Tribunale, in quel frangente le parti avrebbero, attraverso la loro prassi, modificato la natura stessa del contratto120.

È opportuno, tuttavia, notare come il caso fuoriesca dall'ambito d'indagine del presente lavoro per una valida ragione: il documento, cui la condotta rilevante delle parti si riferisce, non è un trattato, bensì un contratto di concessioni petrolifere. Ciò premesso, non si può non valorizzare come, ancora una volta, gli arbitri abbiano fatto ricorso e fondato il proprio ragionamento sul meccanismo della prassi successiva in chiave modificativa.

A conclusione della disamina, giova ripetere ancora una volta come i requisiti, di cui deve essere dotata la prassi successiva, debbano essere valutati con ancora maggiore attenzione quando sia analizzata la portata modificativa, e non quella meramente interpretativa, delle condotte susseguenti. Ciò significa che le caratteristiche, enucleate nel primo capitolo della presente trattazione, devono essere restrittivamente intese, affinchè il meccanismo sia controllabile e dunque assicuri certezza del diritto. I casi più convincenti sinora analizzati sono infatti quelli nei quali la prassi delle parti appariva chiara, costante, uniforme, intenzionale, riferibile al testo.

3.1.3. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Rispetto a quanto da ultimo riferito, in relazione al rigore da adottare nell'analisi dei requisiti della prassi successiva, una Corte, che ha invece caratterizzato la proria giurisprudenza sul punto per una maggiore elasticità di ragionamento e una minore fedeltà al dettato dell'articolo 31 (3) (b) della Convenzione, è la Corte Europea dei Diritto dell'Uomo (Corte EDU). Essa invoca la disposizione a sostegno

119 VILLIGER, Commentary on the 1969 Vienna Convention on the Law of Treaties, Martinus Nijhoff Publishers, Leiden, 2009, a p. 432, nota 72; Award in the matter of an arbitration between Kuwait and the american independent oil company (Aminoil), 21 ILM 976, 1982.

120 'It is not a case of change involving a departure from a contract, but of a change in the nature of the contract itself, brought about by time, and the acquiescence or conduct of the Parties.’ Ibidem, par. 101-102.

delle proprie argomentazioni, salvo poi applicarla in modo più 'morbido', spesso evitando di analizzare i requisiti ivi dedotti121.

In particolare, essa appare meno attenta nell'analisi del concetto di 'accordo comune a tutte le parti'122 e soprattutto appare meno attenta al requisito della riferibilità della prassi al trattato, così come analizzato nell'ambito del primo capitolo. Basti pensare al caso Hassan v United Kingdom, nell'ambito del quale la Corte ha individuato quale prassi rilevante, ai fini della sospensione/modifica dell'articolo 15 della Carta sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo, le condotte degli Stati in relazione non alla medesima, bensì a un altro trattato, ovvero il Patto sui diritti civili e politici123, non verificando pertanto il requisito secondo cui la prassi ai sensi dell'articolo 31 (3) (b) debba essere 'in applicazione' del trattato, ovvero 'riferita' al medesimo124.

Inoltre, sempre con riguardo alla minor considerazione per le esigenze di specificità e riferibilità al trattato della prassi, la Corte EDU, spesso, ricorre ad ampie valutazioni delle legislazioni interne degli Stati e alle generali posizioni assunte dagli Stati a livello internazionale125.

121 Si veda quanto affermato nel primo capitolo con riferimento alla Corte EDU e alla valenza interrpretativa della prassi successiva.

122 Si veda NOLTE, "Second Report on Treaties over Time. Jurisprudence Under Special Regimes Relating to Subsequent Agreements and Subsequent Practice", in NOLTE (ed.), Treaties and Subsequent Practice, Oxford University Press, Oxford, 2013, pp. 210-306, a p. 266-268. Si veda anche HELFER, "Consensus, Coherence and the European Convention on Human Rights", in Cornell International Law Journal, Vol. 26, 1993, pp. 140 ss.

123 La Corte stabilisce infatti che 'Moreover, it would appear that the practice of not lodging

derogations under Article 15 of the Convention in respect of detention under the Third and Fourth Geneva Conventions during international armed conflicts is mirrored by State practice in relation to the

International Covenant for the Protection of Civil and Political Rights' (enfasi aggiunta). Hassan v United Kingdom

(Judgement GC), App. No 29750/09, ECHR, 2014, par 102. Nello stesso senso si veda BJORGE, "What is Living and What is Dead in the European Convention on Human Rights? A Comment on Hassan v United Kingdom", in Questions of international Law, Vol. 15, 2015, p. 23 ss., a p. 35-36. ‘[S]ubsequent practice could legitimately lead to the kind of extreme interpretative results which were the outcome in Hassan [.. but] it is far from clear that the requisite practice was actually obtained in Hassan'. CREMA, "Subsequent practice in Haasan v. United Kingdom: When things seem to go wrong in the ife of a living instrument", in Questions of International Law, Vol. 15, 2015, pp. 3-22, a p. 9- 10; BUGA, Modification of Treaties by Subsequent Practice cit., a p. 280 'Once again, the Court did not analyse these various aspects in detail, but rather referred to the practice in generic terms'.

124 Come emerso nel corso del primo capitolo, il termine 'applicazione' contenuto nell'articolo 31 (3) (b) è utilizzato in modo improprio, atecnico con il significato di una condotta 'relativa a', 'riferibile al' trattato.

125 Cossey v. the United Kingdom, no. 10843/84, 1990, ECHR Series A no.184, para. 40; Tyrer v. the United Kingdom, no. 5856/72, ECHR Series A, no. 26, para. 31; Norris v. Ireland, no. 10581/83, 26 October 1988, ECHR Series A no. 142, para. 46. Rantsev v. Cyprus and Russia, no. 25965/04, 7 January 2010, ECHR 2010 (extracts), para. 285; see also paras. 273-274. La flessibilità risulta attenuata in alcuni casi

La stessa CDI si è dimostrata critica nei confronti della Corte EDU, rimproverandole un'eccessiva elasticità nell'elevare a prassi successiva condotte tenuta dai differenti organi statali (esecutivi, legislativi, giudiziali o altro), presupponendo, senza alcuna verifica, che gli Stati siano sempre consci degli obblighi che gli derivano dalla Convenzione e dunque che agiscano sempre in un modo che riflette e dimostra la comprensione dei medesimi. Ad esempio la CDI rinviene tale carenza, laddove, nel valutare una prassi legislativa, i giudici di Strasburgo si astengano dall'analizzare se, nel processo legislativo considerato, gli obblighi della Convenzione siano effettivamente stati discussi o se invece il prodotto legislativo sia dovuto ad altre motivazioni contingenti126.

Tale ultima critica sembra eccessiva: l'approccio appare più che giustificato, in considerazione della natura, dell'importanza, nonchè della conoscenza, a livello domestico, delle obbligazioni dedotte nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

L'approccio 'morbido' della Corte EDU, infine, può essere rintracciato anche nel ricorso a nozioni, elaborate dalla medesima e ricondotte nell'alveo dell'articolo 31 (3) (b) nonostante ben lontane dal costituire prassi successiva rilevante tout court. Si pensi alla c.d. prassi sociale, utile nella valutazione della prassi successiva ai sensi dell'articolo 31 (3) (b), ma non costituente mezzo di interpretazione autentica. La Corte EDU fa ricorso a tale strumento, invocando un''increased social acceptance' e 'major social changes'. In Christine Goodwin v. the United Kingdom, la Corte prese in

come Chapman v. the United Kingdom, nei quali le esigenze di specificità sono rivendicate: 'that there may be said to be an emerging international consensus amongst the Contracting States of the Council of Europe recognising the special needs of minorities and an obligation to protect their security, identity and lifestyle', ma la Corte è 'not persuaded that the consensus is sufficiently concrete for it to derive any guidance as to the conduct or standards which Contracting States consider desirable in any particular situation'. Chapman v. the United Kingdom [GC], no. 27238/95, 2001, ECHR 2001-I, para. 93- 94.

126 ILC, "Report of International Law Commission, Sixty-eighth session on Subsequent Agreement and Subsequent Practice in relation to the Interpretation of Treaties", 2016, in UN Doc. GAOR, Seventy- first session Suppl. No.10 (A/71/10), a p. 160. La giurisprudenza cui la CDI si riferisce è rappresentata in particolare dai casi seguenti: Soering v. the United Kingdom, Judgment, 7 July 1989, App.