Il terzo metodo alternativo giustiziale di risoluzione di controversie da esaminare nel presente lavoro è quello di arbitrato, residente presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), specificamente dedicato alla risoluzione delle liti insorte tra utenti e operatori nel settore di competenza della medesima Autorità, vale a dire quello – vastissimo – delle cosiddette comunicazioni elettroniche, recentemente esteso, come noto, anche ai servizi postali291.
Ciò significa, in altre parole, che il metodo Adr in questione permette la risoluzione di vicende relative ai contratti (ma non solo, come si vedrà) aventi ad oggetto la fruizione di servizi telefonici, Internet o Tv.
Si tratta, dunque, come è evidente, di un sistema Adr di larga diffusione, se soltanto si considera che, in via generale, già solo con riferimento al settore della
291 L’ampliamento di competenza citato nel testo è stato previsto nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, cosiddetto “decreto salva Italia”, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della repubblica italiana del 6 dicembre 2011, n. 284, supplemento ordinario n. 251, e convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, pubblicata nella Gazzetta ufficiale della repubblica italiana del 27 dicembre 2011, n. 300, supplemento ordinario n. 276. In particolare, l’articolo 21 del predetto decreto, dopo aver soppresso la neonata Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, ne ha trasferito le competenze all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (sul punto si osserva che, effettivamente, nella maggior parte dei Paesi europei le competenze sul settore postale liberalizzato sono affidate ad Autorità indipendenti; per questo motivo l’Italia, perlomeno fino alla entrata in vigore della predetta norma, era in difetto rispetto ai dettami dell’Unione europea, stante l’assoggettamento della sopra indicata Agenzia al Ministero dello sviluppo economico). Ciò premesso, sotto il profilo della risoluzione delle controversie, oggetto del presente lavoro, il trasferimento di competenze è ancora troppo recente per poter qui influenzare la trattazione del tema di interesse: allo stato, infatti, l’Agcom ha istituito una Direzione Servizi Postali – suddivisa in tre Uffici di secondo livello (Regolamentazione, Vigilanza e Segnalazioni e rapporti con gli utenti) – ma ancora non è chiaro se e in quale modo si procederà a dirimere le controversie tra gli utenti e i professionisti aventi ad oggetto i servizi postali.
telefonia, può affermarsi che praticamente ogni persona è titolare di almeno un contratto telefonico (per la telefonia mobile), se non anche di due o più (per il caso in cui abbia più schede – come spesso avviene – ovvero sia anche titolare di un’utenza fissa, residenziale o affari).
A ciò si aggiunga che negli ultimi anni vi è stata una crescita significativa della contrattualistica relativa alla connessione Internet (anche separatamente da quella telefonica), nonché un’espansione dei servizi di pay TV, caratterizzati dalla diversificazione dei palinsesti e dalla concorrenza sui prezzi, con la conseguenza che il numero degli utenti potenzialmente interessati al servizio Adr qui in esame è cresciuto in maniera davvero significativa e che, a corollario, il metodo di risoluzione delle controversie qui in esame si è lentamente, ma costantemente, diffuso, pervenendo ad integrare un vero e proprio “modello” per altre Adr e, in definitiva, un piccolo “fiore all’occhiello”, da citare allorché si tratta, anche in sede europea e non solo, delle forme alternative di giustizia292.
292 In generale si vedano OROFINO, M., Profili costituzionali delle comunicazioni elettroniche
nell‟ordinamento multilivello, Giuffré, Milano, 2008, NAPOLITANO, G., Servizi pubblici e rapporti di utenza, Cedam, Padova, 2001, PARODI, C., PRESTI, L., La nuova disciplina del settore telefonico, Giappichelli, Torino, 2004, SBRESCIA, V.M., L‟Europa delle comunicazioni elettroniche. Regolazione e concorrenza nel nuovo assetto della governante economica europea.
Jovene Editore, Napoli, 2011. Nel testo, ci si riferisce, innanzitutto, al fatto che l’Autorità, su impulso e finanziamento comunitario, partecipa a varie attività di “gemellaggio” con altre Autorità del bacino Mediterraneo (da ultimo, con l’Autorità egiziana e con quella giordana), nell’ambito delle quali rende informazioni sulla propria esperienza affinché le predette Autorità straniere possano sviluppare i relativi settori; nel corso di dette attività, particolare interesse è sempre stato suscitato dal regolamento in materia di risoluzione delle controversie, del quale, in sostanza, in questa maniera si esporta il “modello”. In secondo luogo, il complessivo sistema di risoluzione delle controversie ideato dall’Agcom è stato anche oggetto di un recente pronunciamento della Corte di Giustizia europea (quarta sezione, sentenza 18 marzo 2010, procedimenti riuniti C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08). In particolare, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della norma italiana che – recependo quanto previsto nella Direttiva comunitaria 2002/22/CE – ha stabilito che nel settore delle comunicazioni elettroniche, in caso di lite, prima di poter ricorrere al magistrato è obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione disciplinato, appunto, dall’Agcom. In particolare, la Corte ha affermato che nella procedura stabilita dall’Autorità il principio di effettività (che, come noto, è il principio di rango comunitario secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione – in questo caso si discuteva della possibilità di adìre il Giudice – non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti) è rispettato. “Ciò perché emerge da diversi elementi che una procedura obbligatoria di
conciliazione come quella di cui trattasi non è tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l‟esercizio dei diritti conferiti ai singoli dalla direttiva in questione. Infatti, in primo luogo, il risultato della procedura di conciliazione non è vincolante nei confronti delle parti interessate e non incide sul loro diritto ad un ricorso giurisdizionale. In secondo luogo, la procedura di conciliazione non comporta, di regola, un ritardo sostanziale nella proposizione di un ricorso giurisdizionale. Infatti, il termine per chiudere la procedura di conciliazione è di
Deve comunque essere svolta una precisazione preliminare riguardo al funzionamento del metodo Adr predetto e, correlativamente, alla indagine oggetto del presente lavoro.
E’ necessario, infatti, segnalare che la procedura dell’Agcom è costituita da un cosiddetto “sistema Adr misto e sequenziale”, vale a dire – diversamente dai metodi sinora esaminati, ABF e Camera Consob – da un sistema strutturato per “fasi”, disciplinate dal medesimo Regolamento293
.
In particolare, invero, la prima fase – che, come si vedrà, è obbligatoria per legge per le controversie in materia di comunicazioni elettroniche – concerne il “tentativo di conciliazione”, che può essere esperito dinanzi agli organi delegati dell’Agcom (i Comitati regionali per le comunicazioni, Corecom) ovvero dinanzi ad altri organi Adr, quali le Camere di commercio294 o le camere di conciliazione
trenta giorni a decorrere dalla presentazione della domanda e, alla scadenza di tale termine, le parti possono proporre un ricorso giurisdizionale, anche ove la procedura non sia stata conclusa. In terzo luogo, la prescrizione dei diritti è sospesa per il periodo della procedura di conciliazione. In quarto luogo, i costi derivanti dalla procedura di conciliazione dinanzi al Co.re.com sono inesistenti”. obbligatoria anche “al di fuori” delle strutture dedicate dell’Agcom (vale a dire i
Corecom).
293 Adottato con delibera n. 173/07/CONS pubblicata nella Gazzetta ufficiale della repubblica italiana n. 120 del 25 maggio 2007 e successive modifiche e integrazioni, recante – appunto – “Regolamento in materia di procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di
comunicazioni elettroniche ed utenti”.
294 La possibilità di svolgere la conciliazione obbligatoria anche “al di fuori” delle strutture dedicate dell’Agcom (vale a dire i Corecom) e quindi anche presso le Camere di Commercio (che da anni infatti operano nel settore) è stata prevista dall’Autorità sin dalle prime formulazioni del Regolamento controversie. Ad oggi, poi, a seguito della entrata in vigore del più volte citato decreto sulla mediazione, n. 28/2010, l’articolo 13 del Regolamento è stato modificato per far sì che lo svolgimento della procedura dinanzi alle CCIAA sia espletato secondo i dettami dell’Autorità e non secondo quelli del predetto decreto che, come noto, prevedono anche una serie di costi (prima inferiori) per gli utenti. Allo scopo, pertanto, nella nuova formulazione del Regolamento si fa cenno alla necessità di una convenzione tra l’Unioncamere e l’Autorità: “In
alternativa alla procedura conciliativa dinanzi al Co.re.com, gli interessati hanno la facoltà di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione, anche in via telematica, dinanzi alle camere di conciliazione istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, previa stipula di apposito protocollo di intesa tra Unioncamere e l‟Autorità”. Il predetto
protocollo d’Intesa è stato infine stipulato nel mese di marzo 2012 e prevede, in estrema sintesi, la predisposizione di metodologie comuni per la trattazione delle controversie del settore, la riduzione dei costi applicati generalmente dalle CCIAA, nonché attività formative comuni. Il testo integrale del protocollo è reperibile sul sito istituzionale www.agcom.it. Per completezza si segnala che la procedura conciliativa potrebbe essere svolta anche dinanzi ad altri organismi di mediazione, come previsto dal comma 2bis del Regolamento Agcom: “In casi eccezionali, al fine
paritetica organizzate dalle Associazioni dei consumatori e dalle Aziende, sulla base di singoli Protocolli di intesa295.
La seconda fase di arbitrato, invece, che è quella che qui interessa e nella quale si esprime il potere “giustiziale” dell’Autorità, è soltanto successiva ed eventuale, oltre che alternativa alla gisutizia ordinaria.
In particolare, infatti, l’utente può richiedere il pronunciamento giustiziale dell’Autorità (vale a dire, in altre parole, la definizione in via amministrativa della lite) soltanto nel caso di fallimento, totale o parziale, della fase conciliativa,
può stipulare appositi protocolli con uno o più organismi di mediazione di cui all‟articolo 1, lettera o), del presente Regolamento”.
295 Anche la possibilità di esperire la fase di conciliazione presso le sedi delle conciliazioni paritetiche è sancita nell’articolo13 (comma 2) del Regolamento, secondo cui “… l‟utente ha
altresì la facoltà di rivolgersi agli organismi istituiti con accordi tra gli operatori ed associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale, purché detti organismi operino nel rispetto dei principi di trasparenza, equità ed efficacia di cui alla Raccomandazione n. 2001/310/CE”.
L’importanza delle conciliazioni paritetiche quale strumento conciliativo a disposizione del cittadino in un settore particolarmente litigioso quale è quello delle comunicazioni elettroniche, è stata peraltro ribadita dal Presidente dell’Agcom nel corso dell’incontro con le Associazioni del luglio 2011 presso il CNCU. Nell’occasione, infatti, il Presidente definì la conciliazione paritetica come “una delle tre gambe su cui si regge il sistema Agcom di risoluzione alternativa delle
controversie” (le altre due “gambe” sono i Corecom e le Camere di commercio) e, dopo averne
lodato i metodi e i risultati, si disse consapevole delle difficoltà economiche cui devono far fronte le Associazioni per la sua realizzazione, ed anticipò quindi che “valuteremo attentamente in sede
di Consiglio l‟opportunità di segnalare al Governo una modifica di legge che consenta di utilizzare almeno parte delle sanzioni AGCOM per progetti a favore dei consumatori”. Tale
segnalazione al Governo è infine giunta nel recente mese di febbraio 2012 ed ha riguardato, in generale, la possibilità di svolgere una serie di azioni a favore dei consumatori reinvestendo le somme ottenute tramite le sanzioni dell’Autorità (meccanismo peraltro già previsto per l’Autorità Antitrust e l’Autorità dell’energia elettrica e gas). Tra le altre attività suscettibili di finanziamento, peraltro, è stata indicata anche quella di conciliazione paritetica svolta dalle Associazioni. Si legge infatti nella Segnalazione al Governo che “Si tratta di una forma conciliativa valida ed efficace,
che la stessa Autorità ha ritenuto di valorizzare e accreditare, prevedendola come alternativa alla conciliazione dinanzi ai Co.re.com. nel proprio Regolamento sulle controversie (si veda l‟articolo 13, comma 2, della delibera n. 173/07/Cons), che peraltro è stato citato come esempio anche a livello europeo …” poi sottolineando la necessità di reperire nuove forme di finanziamento: “Basti pensare, ad esempio, ai costi che le Associazioni sopportano per assicurare il funzionamento della sopra descritta (ed utilissima) conciliazione paritetica. Tale strumento costituisce, innegabilmente, un impegno oneroso per le Associazioni, che devono ad essa destinare strumenti organizzativi e risorse decentrate, visti peraltro i numeri sempre crescenti dell‟accesso alle forme ADR. Ne consegue che la cronica carenza di fondi da destinare all‟attività rischia seriamente di minarne alla base l‟efficacia, con ogni pregiudizievole conseguenza per gli utenti”. Il testo completo della
peraltro entro termini ben scanditi, e soltanto laddove non preferisca rivolgersi alla Magistratura296.
Ciò premesso, va dunque riconosciuto che il motivo di una così ampia diffusione e notorietà del metodo giustiziale qui in esame non risiede soltanto nella numerosità dei soggetti contrattuali potenzialmente interessati (dovuta al fatto che, come accennato, il rapporto telefonico interessa, in sostanza, ogni italiano maggiorenne), ma anche in una serie di altri fattori che possono, in sintesi, ricondursi a scelte legislative nonché regolamentari (rispettivamente dello Stato e dell’Autorità preposta sopra citata) ovvero, sotto altro aspetto, alla intrinseca natura altamente “litigiosa” del settore di riferimento, vale a dire quello delle comunicazioni elettroniche.
Sotto il primo profilo, ci si riferisce al fatto che il metodo giustiziale di competenza dell’Agcom (la quale, come si vedrà, ha il potere di dirimere le controversie in una veste analoga a quella di un arbitro se non di un vero e proprio giudice) è, come detto, strettamente collegato al sistema della conciliazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, nel senso che ne costituisce il “secondo
296 Così l’articolo 14 del regolamento, che ai primi 2 commi stabilisce che “1. Qualora il tentativo
di conciliazione abbia avuto esito negativo, ai sensi dell‟articolo 8, comma 3 e 12, commi 3 e 4, o per i punti ancora controversi nel caso di conciliazione parziale, le parti congiuntamente, o anche il solo utente, possono chiedere all‟Autorità di definire la controversia. La parte che, avendo presentato istanza di conciliazione, non ha partecipato alla relativa procedura non può chiedere la definizione della controversia ai sensi del presente Capo, fatta salva la possibilità di far valere in giudizio le proprie ragioni. 2. Il deferimento della soluzione della controversia all‟Autorità non può essere promosso ove siano decorsi più di tre mesi dalla data di conclusione del primo tentativo di conciliazione, ovvero qualora per il medesimo oggetto e tra le stesse parti sia stata già adita l‟Autorità giudiziaria”. Si noti che fino alle recenti modifiche intervenute – a seguito di
apposita consultazione pubblica – con la delibera n. 597/11/CONS (recante Modifiche al
Regolamento in materia di procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazioni elettroniche e utenti di cui alla delibera n. 173/07/CONS e pubblicata nella
Gazzetta ufficiale della repubblica italiana n. 295 del 20 dicembre 2011, il termine per richiedere la definizione amministrativa della lite dopo il fallimento della fase conciliativa era pari a 6 mesi. La dimidiazione di tale termine che sembra esprimere, all’evidenza, la necessità di arginare il numero di richieste di definizione, nella delibera predetta è stata motivata come segue: “Si ritiene
congruo ridurre il termine per proporre l‟istanza a tre mesi dalla data di conclusione del tentativo di conciliazione, onde evitare che l‟eccessivo prolungamento della procedura renda non agevole la ricostruzione dei fatti in causa, specificando altresì che detto termine decorre dal “primo” tentativo, eliminando così il rischio della riproposizione della conciliazione finalizzata ad una rimessione in termini (caso presentatosi spesso nella realtà). A tal proposito, dunque, non possono essere accolti i rilievi in senso contrario mossi da alcune Associazioni di consumatori, ancora una volta non potendosi surrogare le precise e motivate esigenze sottese alla modifica con istanze non supportate da adeguate motivazioni”.
grado” di giudizio, o quantomeno così viene percepito dalla maggior parte degli utenti. Si tratta di un sistema di conciliazione che il Legislatore ha da tempo reso obbligatorio, con le finalità che, in sostanza, oggi sono state condivise fino a ricomprendere le numerose liti in materia civile e commerciale contemplate dal già citato decreto mediazione.
Ne consegue, all’evidenza, che il procedimento arbitrale Agcom gode, di riflesso, della notorietà (necessaria) di cui gode il predetto sistema di conciliazione obbligatoria cui è collegato.
In altre parole, tutti coloro (e sono davvero molti) che intendono avviare una lite avente ad oggetto un rapporto ricadente nell’ambito delle comunicazioni elettroniche sono – per legge – obbligati ad esperire un tentativo di conciliazione, che costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.
Pertanto, all’insorgere della lite, i soggetti interessati sono immancabilmente “dirottati” (dalle Associazioni di utenti e consumatori, dai legali di fiducia, dalle stesse controparti, se non anche dal Giudice che ne rileva il mancato esperimento) verso il sistema conciliativo del settore, che, nella pratica, è disciplinato dallo stesso Regolamento del sistema giustiziale/arbitrale qui in esame e si svolge dinanzi agli stessi soggetti (e tutto ciò, certamente, costituisce anche un tratto distintivo di questo sistema rispetto a quello in precedenza esaminato dell’Arbitro Bancario Finanziario).
Ne consegue che, nel momento in cui esperiscono la conciliazione obbligatoria, gli utenti entrano in contatto anche con la diversa realtà della “definizione amministrativa della lite”, vale a dire con il potere giustiziale attribuito all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con la dettagliata regolamentazione – anche in materia di indennizzi – dalla stessa emanata; pertanto, in modalità che potrebbe quasi definirsi “automatica”, nei casi in cui l’esito delle conciliazione sia negativo, ovvero soltanto parziale, gli stessi utenti aderiscono spontaneamente al sistema giustiziale, avendo ormai acquisito
familiarità con il suo funzionamento generale e così, in definitiva, contribuendo alla sua diffusione297.
Sotto un ulteriore profilo, poi, la diffusione del metodo Adr di competenza dell’Agcom deriva certamente anche dalla sua particolare organizzazione territoriale, la quale, davvero unica nel suo genere e paragonabile soltanto a quella della Magistratura, prevede una dislocazione regionale (allo stato su quasi tutto il territorio nazionale), grazie alla presenza nei capoluoghi dei Comitati regionali per le comunicazioni (Co.re.com), già organi funzionali dell’Autorità per lo svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, e nel tempo gradualmente delegati a svolgere ulteriori funzioni dell’Autorità, tra le quali vi è stata – a partire dal 1° gennaio 2010 – anche quella relativa della definizione amministrativa delle controversie.
Questa particolare configurazione permette dunque di disporre di un sistema Adr decisamente “a portata di utente” e, fondata sulla originale previsione dell’articolo 13 della Legge istitutiva dell’Autorità298
, che già individuava i
297
Per questi motivi, infatti, come si vedrà più diffusamente in seguito, a partire dall’anno 2007 in Agcom cominciò a porsi seriamente il problema dell’elevato numero di procedimenti di definizione avviati e del conseguente sovraccarico di lavoro presso la struttura competente per l’istruttoria delle relative pratiche (Direzione tutela dei consumatori). Il problema è stato in gran parte poi risolto grazie alla sottoscrizione di un nuovo Accordo, tra l’Autorità e le Conferenze rappresentative, per il passaggio ai Co.re.com (Comitati regionali per le comunicazioni) delle deleghe, tra le altre, in materia di definizione della controversie. Nello stesso senso di una volontà più o meno esplicita di arginare l’ormai dilagante ricorso al sistema di definizione amministrativa delle controversie con un effetto quasi sostitutivo della conciliazione, peraltro, possono essere lette alcune norme – piuttosto impopolari – della recente cosiddetta delibera indennizzi (n. 73/11/Cons, recante Approvazione del regolamento in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle
controversie tra utenti ed operatori e individuazione delle fattispecie di indennizzo automatico ai sensi dell‟articolo 2, comma 12, lett. g), della legge 14 novembre 1995, n. 481, pubblicata nella
Gazzetta ufficiale della repubblica italiana n. 60 del 14 marzo 2011) che in sede di definizione della controversia appongono dei limiti al riconoscimento degli indennizzi per i casi in cui sia stata rifiutata, nella precedente sede della conciliazione obbligatoria, un’offerta congrua secondo le condizioni contrattuali applicabili (il riferimento è, in particolare, all’articolo 2, comma 1, del citato regolamento, secondo cui “Il presente regolamento stabilisce i criteri per il calcolo degli
indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra operatori e utenti finali, ai sensi dell‟articolo 14 del Regolamento. Le disposizioni del presente regolamento non si applicano nei casi in cui l‟operatore abbia già corrisposto gli indennizzi ai sensi delle norme contrattuali prima dell‟instaurazione della controversia, o quando, all‟esito della fase conciliativa, dal relativo verbale risultino l‟impegno dell‟operatore al riconoscimento degli indennizzi e le concrete modalità di corresponsione degli stessi”.
298 Legge 31 luglio 1997, n. 249, “Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e