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Argomenti favorevoli all’obbligatorietà

Capitolo II: La nuova disciplina del diritto di interpello

3.1 L’obbligatorietà dell’interpello disapplicativo

3.1.1 Argomenti favorevoli all’obbligatorietà

Partendo da un analisi sistematica del fenomeno possiamo distinguere quattro motivazioni favorevoli all’obbligatorietà dell’interpello disapplicativo: il primo nasce dall’osservazione della volontà del legislatore di separare questa particolare tipologia di interpello da tutte le altre. Infatti mentre tutte le altre

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Da intendersi che l’interpello disapplicativo è l’unica forma prevista di interpello obbligatoria. 146 Come osservato da Guglielmo Fransoni e Rossella Suraci nel “ Corriere Tributario”, n. 21/2016, p.1646-1647.

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fattispecie sono previste dall’articolo 11, comma 1 dello Statuto dei diritti del contribuente l’interpello disapplicativo viene autonomamente disciplinato al comma 2 del medesimo articolo. Questo potrebbe far presumere che la volontà del legislatore sia quella di separare le tipologie degli interpello cosiddetti

facoltativi dall’unica fattispecie obbligatoria147.

La seconda motivazione di carattere puramente lessicale nasce dallo studio dei commi 1 e 2 dell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente. Mentre nel

primo viene utilizzata l’espressione “Il contribuente può interpellare

l'amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali“ , nel secondo comma viene specificato che “Il contribuente interpella l'amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie”. La

valutazione lessicale dei tempi verbali utilizzati pare però una debole struttura probatoria dell’obbligatorietà dell’interpello, l’utilizzo dell’indicativo da parte del legislatore è compatibile tanto con l’obbligatorietà quanto con la facoltatività dell’istituto.

La terza motivazione di carattere lessicale nasce dall’approfondimento dell’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 156/2015 il quale dispone che “Le risposte alle istanze di interpello di cui all'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, non sono impugnabili, salvo le risposte alle istanze presentate ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 11, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo”.

Se da una prima osservazione può essere sottolineata la volontà del legislatore di delimitare ulteriormente la disciplina dell’interpello disapplicativo dalle altre

fattispecie, separazione riconducibile all’intrinseca caratteristica di

obbligatorietà148, dobbiamo rilevare discordanti interpretazioni di legittimità

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Per contro parte della giurisprudenza ritiene che la motivazione in questione non sia sufficiente a dimostrare l’obbligatorietà dell’interpello in quanto si potrebbe pensare che la diversa collocazione sia dovuta non a caratteristiche contrapposte ma a caratteristiche omogenee di grado superiore.

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In quanto la rilevanza effettuale delle risposte agli interpelli disapplicativi è maggior di quanto non accada per gli altri interpelli, tanto da imporre l’impugnabilità dei primi a fronte del divieto del divieto di impugnazione dei secondi.

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dell’articolo da parte della giurisprudenza. Se secondo alcuni149

l’interpretazione letterale dell’articolo, che sancisce un generalizzato e astratto divieto di impugnazione delle risposte negative degli interpelli di cui all’articolo 11, comma 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, si espone a un forte sospetto di

illegittimità costituzionale150, secondo altri151il diverso trattamento di

impugnabilità della risposta è riconducibile alla lettura congiunta con l’articolo 6,

comma 2 del D.Lgs. 156/2015152. Secondo questa interpretazione l’impugnabilità

dell’interpello disapplicativo si lega strettamente alla disposizione secondo cui per le questioni oggetto di interpello disapplicativo debba realizzarsi il contraddittorio preventivo con l’Agenzia delle entrate prima dell’emanazione dell’atto impositivo e che quindi il contraddittorio abbia rilevanza solo in caso dell’avvenuta risposta negativa e con espressa esclusione di una risposta in termini di inammissibilità dell’interpello. In tale ultima ipostesi, nel caso di notificazione dell’atto impositivo, il contribuente avrà sicuramente interesse a sindacare davanti al giudice la sussistenza degli estremi declaratori di inammissibilità dell’interpello resi dall’Agenzia delle entrate, se questi estremi non sussistevano e l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto pronunciarsi sul merito, sicuramente con esito negativo, in tal caso l’atto di accertamento

149

Cfr. Fransoni e Rossella Suraci, “Facoltatività o obbligatorietà dell’interpello disapplicativo?”, Corriere Tibutario, n. 21/2016, 1647

150

Per violazione dell’Articolo 24 della Costituzione che impone il riconoscimento del diritto di accesso alla tutela giurisdizionale tutte le volte in cui vi sia un interesse ad agire.

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Cfr. Graziella Glendi, “Permane il contrasto giurisprudenziale sull’autonoma impugnabilità del diniego di interpello”, in Corriere Tributario, n.41/2016.

152

Articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 156/2015: “Se e' stata fornita risposta alle istanze di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, al di fuori dei casi di cui all'articolo 5, senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice, l'atto di accertamento avente ad oggetto deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo e' preceduto, a pena di nullità, dalla notifica di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni. La richiesta di chiarimenti e' notificata dall'amministrazione ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti, ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta, e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo e' automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni. L'atto impositivo e' specificamente motivato, a pena di nullità, anche in relazione ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al periodo precedente.”

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sarebbe illegittimo ed andrebbe annullato perché emesso in violazione delle

regole del contraddittorio preventivo153.

La quarta motivazione, di rilevanza sicuramente maggiore rispetto alle precedenti, consiste nel commento dato dall’Agenzia delle Entrate sull’intera nuova disciplina del diritto di interpello attraverso la circolare 9/E del 1 Aprile 2016. Come si legge a pagina 20 della Circolare “L’interpello c.d.

disapplicativo, infine, costituisce l’unica categoria di interpello obbligatorio rimasta nel sistema”. In tal caso la rilevanza della fonte avvalora

l’interpretazione secondo cui l’interpello disapplicativo ha sicuramente natura obbligatoria.

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