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Capitolo II: La nuova disciplina del diritto di interpello

2.3 Interpello probatorio

L’interpello probatorio (art.11, comma 1, lett. b, Legge 212/200069

) consiste in una richiesta all’Amministrazione Finanziaria di ottenere un parere circa la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di una determinato regime fiscale. In questa categoria sono ricomprese ipotesi eterogenee tra loro sulla base della comune finalità di sollecitare un parere dell’agenzia sulla idoneità degli elementi

probatori a disposizione del contribuente70. Data l’acquisizione dei fatti nelle

modalità di presentazione del contribuente, e non in seguito alla verifica fiscale, rende la qualificazione dell’interpelo ancor più prossima all’accertamento

preventivo. L’articolo 11 fa espresso riferimento a “elementi probatori richiesti

dalla legge”, risulta dunque chiaro come, a differenza di quanto accade per

l’interpello ordinario, la possibilità di presentare l’interpello probatorio sia limitato all’elencazione di casi disposti dalla legge. Sicuramente l’aspetto più significativo della tipologia di interpello in esame è il superamento del precedente requisito di obbligatorietà, la loro presentazione rimane quindi

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Art.11, comma 1, lett. b, Legge 212/2000:” la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti”

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Da definizione di Massimo Gabelli e Maria Cristina in “La revisione della disciplina degli interpelli”, fiscalità & commercio internazionale, n.4/2016, p.47.

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meramente eventuale. Il legislatore ha, però, ritenuto indispensabile ottemperare la mancanza di obbligatorietà con il dovere, da parte del contribuente, di segnalare in dichiarazione dei redditi se questo non è stato presentato71 o se ha avuto un esito negativo. Come sarà maggiormente chiaro nella sezione finale del paragrafo, il riferimento all’accesso a un determinato regime fiscale va

interpretato in senso ampio, non solo con riferimento ad ipotesi di accesso in

senso proprio (c.d. accesso al regime del consolidato mondiale72) ma anche dei

casi in cui si discute della non operatività di determinate limitazioni o della applicabilità di regole speciali rispetto a quelle ordinariamente applicabili (c.d.

CFC73). L’unificazione di diverse ipotesi di istanze in una categoria unitaria

denominata, appunto, istanze “probatorie” facilita la distinzione tra questo tipo di interpelli e le altre categorie, tanto con riferimento agli interpelli qualificatori quanto con riferimento alla categoria degli interpelli disapplicativi di cui al

comma 2 dell’articolo 174

. Risulta essere proprio quest’ultima una delle più importanti novità della categoria di interpello in esame, il legislatore, razionalizzando l’ambito applicativo, è andato così a definire uno strumento probatorio disconnesso dalla disciplina disapplicativa (storicamente affine). Questa distinzione non è solamente dovuta ad una differente natura obbligatoria dell’istituto disapplicativo rispetto a quello probatorio ma principalmente per motivazioni di carattere operativo relativi agli obblighi di segnalazione in dichiarazione dei redditi ed alla differente disciplina sanzionatoria (vedi paragrafo 2.11). La mancata segnalazione in dichiarazione dei redditi comporta, infatti, una sanzione fissa da euro 2000 a euro 21000 che diventa invece

71 L’Amministrazione Finanziaria dovrà, in sede di accertamento, non solo verificare l’esistenza dei fatti e delle condizioni, ma anche della loro rilevanza ai fini dell’accesso al regime.

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“Il Consolidato nazionale è una particolare regime di determinazione del reddito complessivo Ires per tutte le società partecipanti, rappresentato dalla somma algebrica delle singole base imponibili che risultano dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. Le società che intendono adottare la tassazione consolidata di gruppo (articoli 117-129 del TUIR) devono esercitare la specifica opzione che dura per un triennio ed è irrevocabile” come da definizione dell’Agenzia delle Entrate.

73 La disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC) rappresenta uno strumento utilizzato dagli ordinamenti fiscali per contrastare la localizzazione fittizia di redditi significativi in società partecipate estere residenti in paesi a fiscalità privilegiata che non procedono alla sistematica distribuzione dei dividendi.

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proporzionale (nella misura del 10%) nel caso di dividendi e delle plusvalenze da Paesi Black List e dei redditi soggetti al regime CFC.

Come già affermato precedentemente, in questa categoria, sono ricomprese ipotesi eterogenee tra loro, le ipotesi tassativamente individuate dal legislatore

sono in primis le disposizioni contenute nell’articolo 110, comma 11, TUIR75,

che dispone in materia di deducibilità dei costi e degli acquisti originati in paesi Black List, dimostrando l’effettiva esecuzione dell’operazione e della sua convenienza. Per meglio comprendere l’evoluzione storica della fattispecie in esame dobbiamo considerare che per effetto delle novità introdotte dall’articolo 1, comma 142, lettera a) della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità per il 2016), le disposizioni dei commi da 10 a 12 bis del citato articolo 110 sono state abrogate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015. In particola modo è stato abrogato il comma 10 dell’art.110 del TUIR che in seguito alle modifiche apportate dall’articolo 5, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, prevedeva che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto

“Le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell'articolo 9”. In pratica, il

contribuente che intendeva ottenere una risposta in ordine all’adeguatezza delle proprie prove, al fine di superare le limitazioni di indeducibilità disciplinate dall’articolo 10, poteva presentare istanza probatoria con riferimento ai periodi di imposta per i quali non erano ancora scaduti i termini di presentazione dell’istanza stessa. Se, invece, prendiamo in considerazione i periodi di imposta successivi al 31 Dicembre 2015, la disciplina probatoria in esame si ritiene abrogata e quindi non utilizzabile dal contribuente.

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Le disposizioni in esame, prima delle modificazioni recenti, erano contenute nell’articolo 11, comma 13, della legge 30 dicembre 1991, n. 413. L’entrata in vigore del D.lgs. 156/2015, l’art.7, comma 6, ha comportato l’abrogazione dell’art.11, comma 13, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

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La seconda categoria tassativamente individuata dal legislatore è definita come le

Istanze di interpello Controlled Foreign Companies (CFC) disciplinata

dall’articolo 167 del TUIR. In particolare si distingue la tipologie regolata dal

comma 576 in materia di CFC nei Paesi Black list, disapplicazione per effettivo

esercizio di attività commerciali o per l’assenza dell’effetto di localizzazione dei redditi dei Paesi in questione. Risulta inoltre individuata la fattispecie contenuta

nel comma 8-ter77 che disciplina il CFC per il passive income78, che consiste

nella dimostrazione che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale (interpello che in origine aveva natura obbligatoria).

Il legislatore prosegue indicando le istanze presentate ai sensi dell’articolo 113, comma 5 del TUIR. Le istanze in questione fanno riferimento all’applicazione del regime di Participation Exemption (Pex, art.87 TUIR) per le partecipazioni acquisite dalle banche per il recupero di crediti. Nel caso in questione si fa espresso riferimento al recupero di crediti derivanti dall’acquisizione di partecipazioni o dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria. Anche questa tipologia, come la precedente, è una delle forme di interpello ex obbligatorie.

76 Art.167, comma 5, TUIR: “Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra, alternativamente, che: a) la societa' o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento; b) dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4.”

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Art.167, comma 8-ter, TUIR: ”Le disposizioni del comma 8-bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l'insediamento all'estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. Ai fini del presente comma il contribuente puo' interpellare l'Amministrazione finanziaria secondo le modalita' indicate nel comma 5. Per i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo l'interpello di cui al precedente periodo può essere presentato indipendentemente dalla verifica delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 8-bis.

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Le passive income sono redditi come di capitale, dividendi, royalties, canoni di locazione, non generati da un’attività operativa. Nella circolare 65 del dicembre 2000, Assonime aveva dato la definizione di passive income come reddito “derivante, più che dall’esercizio di una effettiva attività economica, dalla produttività insita in cespiti di facile mobilità, quale, tipicamente, il reddito di natura finanziaria”.

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La quarta categoria fa riferimento alle Istanze di interpello per la continuazione

del consolidato, ai sensi dell’articolo 124, comma 5 del TUIR79. L’istanza

consiste nella richiesta di prosecuzione del Consolidato Fiscale in seguito ad operazioni straordinarie con società non aderenti. L’interpello è dunque finalizzato a verificare che, anche dopo l’effettuazione di tali operazioni, permangono tutti i requisiti previsti dalle disposizioni di cui agli articolo 117 e

seguenti previste ai fini dell’accesso al regime80

. L’articolo 13, comma 2, del DM 9 giugno 2004 prosegue affermando che “Nei casi diversi da quelli previsti

all'art. 11 e dal precedente comma 1, può essere richiesta la continuazione della tassazione di gruppo da parte della societa' che effettua l'operazione, mediante l'esercizio dell'interpello ai sensi dell'art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212”.

L’articolo 11 in questione indica tutte le ipotesi le operazioni che non

determinano l’interruzione della tassazione di gruppo81

, il comma 1 cui si fa riferimento, invece, individua ulteriori ipotesi di interruzione (quindi non

79 Art. 124, comma 5 del TUIR: “Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche nel caso di

fusione di una societa' controllata in altra non inclusa nel consolidato. Nel caso di fusione della societa' o ente controllante con societa' o enti non appartenenti al consolidato può essere richiesta, mediante l'esercizio dell'interpello ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la continuazione del consolidato. Con il decreto di cui all'articolo 129 sono disciplinati gli eventuali ulteriori casi di interruzione anticipata del consolidato”.

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Gli articoli in questione disciplinano i requisiti di accesso alla tassazione consolidata distinguendo quelli di natura strettamente soggettivi (forma societaria) e quelli soggettivi (controllo, durata, esercizio congiunta dell’opzione).

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L’art 11 del DM 9 giugno 2004 disciplina le operazioni che non determinano l’interruzione della tassazione di gruppo:” La fusione tra societa' consolidate non interrompe la tassazione di gruppo. Il vincolo di permanenza temporale nel consolidato delle societa' partecipanti alla fusione si trasferisce alla societa' risultante dalla fusione, che e' tenuta a rispettare il termine che scade per ultimo. 2. La fusione tra la consolidante e una o più consolidate estingue la tassazione di gruppo tra i soggetti stessi senza gli effetti di cui all'art. 124 del testo unico. Nel caso di fusione per incorporazione della consolidante in una consolidata permane la tassazione di gruppo nei confronti delle altre consolidate. 3. La fusione per incorporazione di societa' non inclusa nel consolidato in societa' inclusa nel consolidato non interrompe la tassazione di gruppo, qualora permangano i requisiti di cui all'art. 117 del testo unico. 4. La scissione totale o parziale di consolidata che non comporti modifica della compagine sociale non muta gli effetti derivanti dall'opzione alla tassazione di gruppo, fermo restando i requisiti richiesti di cui all'art. 117, comma 1, del testo unico; in tal caso, le societa' beneficiarie che si costituiscono per effetto della scissione si considerano partecipanti alla tassazione di gruppo per un periodo pari a quello residuo della societa' scissa, ancorche' non esercitino l'opzione di cui all'art. 117, comma 1, del testo unico. 5. Se la consolidata e' beneficiaria di una scissione di societa', anche non inclusa nella tassazione di gruppo, non si verifica interruzione della tassazione di gruppo, qualora permangano i requisiti di cui all'art. 117 del testo unico. 6. La scissione parziale della consolidante non modifica gli effetti derivanti dall'opzione alla tassazione di gruppo da parte della scissa, fermo restando i requisiti richiesti di cui all'art. 117, comma 1, del testo unico. 7. La liquidazione volontaria della consolidante o della consolidata non interrompe la tassazione di gruppo. 8. I conferimenti effettuati da soggetti partecipanti alla tassazione di gruppo, qualora permangano i requisiti di cui all'art. 117 del testo unico. non interrompono la medesima tassazione di gruppo”.

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disciplinate dall’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212) , con gli effetti previsti dall'art. 124 del testo unico, che fanno espresso riferimento ai casi di: liquidazione giudiziale; trasformazione di una societa' soggetta all'imposta di cui al titolo II del testo unico in societa' non soggetta a tale imposta; trasformazione della consolidata in un soggetto avente natura giuridica diversa da una di quelle indicate nell'art. 120 del testo unico, trasformazione della consolidante in un soggetto avente natura giuridica diversa da una di quelle indicate nell'art. 117 del testo unico; trasferimento all'estero della residenza, ai sensi dell'art. 166 del testo

unico82, della consolidata o della consolidante se la stessa non rispetta le

condizioni di cui all'art. 117, comma 2, del testo unico; fusione tra consolidata e societa' non inclusa nella tassazione di gruppo.

Per quanto concerne la categoria delle Istanze di interpello per l’accesso al

consolidato mondiale, disciplinato dall’articolo 132, comma 3 del TUIR, questo

risulta essere uno strumento volto alla verifica delle condizioni per l’adesione al consolidato mondiale e/o per la richiesta di semplificazioni. In particolare, si ritiene che la societa' controllante, interpellando l’Agenzia delle entrate, provi la sussistenza di specifici requisiti quali: la qualificazione soggettiva del soggetto

controllante all'esercizio dell'opzione ai sensi dell'articolo 130, comma 283; la

puntuale descrizione della struttura societaria estera del gruppo con l'indicazione di tutte le societa' controllate; la denominazione, la sede sociale, l'attività' svolta, l'ultimo bilancio disponibile di tutte le controllate non residenti nonché la quota

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L’articolo 166, comma 1 del TUIR afferma che: “ Il trasferimento all'estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero. Per le imprese individuali e le societa' di persone si applica l'articolo 17, comma 1, lettere g) e l)”.

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Art.130 comma 2 del TUIR: “L'esercizio dell'opzione di cui al comma 1 (Soggetti ammessi alla determinazione della unica base imponibile per il gruppo di imprese non residenti) e' consentito alle societa' ed agli enti: a) i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati;b) controllati ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1) del codice civile esclusivamente dallo Stato o da altri enti pubblici, da persone fisiche residenti che non si qualifichino a loro volta, tenendo conto delle partecipazioni possedute da loro parti correlate, quali soggetti controllanti ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numeri 1) e 2), del codice civile di altra societa' o ente commerciale residente o non residente”

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di partecipazione agli utili riferita alla controllante ed alle controllate di cui

all'articolo 131, comma 284, l'eventuale diversa durata dell'esercizio sociale e le

ragioni che richiedono tale diversità; la denominazione dei soggetti cui e' stato attribuito l'incarico per la revisione dei bilanci e le conferme dell'avvenuta accettazione di tali incarichi e l'elenco delle imposte relativamente alle quali

verrà presumibilmente richiesto il credito di cui all'articolo 16585.

Il legislatore, inoltre, classifica le Istanze presentate dalle società che presentano

i requisiti per essere considerate “non operative”86

nonché le istanze delle

84Quanto gli effetti dell’esercizio dell’opzione l’articolo 131, comma 2 afferma che “Nel caso in cui la partecipazione in una controllata non residente sia detenuta in tutto o in parte per il tramite di una o più controllate residenti, per la validità dell'opzione di cui all'articolo 130 e' necessario che la societa' controllante e ciascuna di tali controllate residenti esercitino l'opzione di cui alla sezione II. In tal caso la quota di reddito della controllata non residente da includere nella base imponibile del gruppo corrisponde alla somma delle quote di partecipazione di ciascuna societa' residente di cui al presente comma”.

85 Secondo quanto disposto dall’art.165, comma 6 del TUIR: “Nel caso di reddito d'impresa prodotto, da imprese residenti, nello stesso Paese estero, l'imposta estera ivi pagata a titolo definitivo su tale reddito eccedente la quota d'imposta italiana relativa al medesimo reddito estero, costituisce un credito d'imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d'imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all'ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l'eccedenza dell'imposta estera puo' essere riportata a nuovo fino all'ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d'imposta nel caso in cui si produca l'eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma. Le disposizioni di cui al presente comma relative al riporto in avanti e all'indietro dell'eccedenza si applicano anche ai redditi d'impresa prodotti all'estero dalle singole societa' partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso paese, salvo quanto previsto dall'articolo 136, comma 6”. 86

L’art.30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724: “Le societa' per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le societa' e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, e' inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali:2% del valore dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle quote di partecipazione nelle societa' commerciali di cui all'articolo 5 del medesimo testo unico, anche se i predetti beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 6% al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale e' ridotta al 5 per cento; per gli immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti, la percentuale e' ulteriormente ridotta al 4 per cento; per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale e' dell'1 per cento; c) il 15 % al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria”.

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società in perdita sistematica87 ai sensi e per gli effetti della disciplina prevista dall’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (interpello ex obbligatorio). Come si legge nell’art. 30, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244: “ Per le società e gli enti non

operativi, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o di cessione ai sensi dell’articolo 5, comma 4- ter, del decreto- legge 14 marzo 1998 n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 13 maggio 1988 n. 154. Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi” Come risulta chiaro dal testo, l’elemento di criticità dello strumento

in esame è costituito dall’impossibilità di richiedere il rimborso e la

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