• Non ci sono risultati.

Attuazione della riforma fiscale: nuova disciplina dell'interpello

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Attuazione della riforma fiscale: nuova disciplina dell'interpello"

Copied!
80
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITA’ DI PISA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

ATTUAZIONE DELLA RIFORMA FISCALE: NUOVA

DISCIPLINA DELL’INTERPELLO

Candidato: Relatore:

Canale Augusto Nicolò Zanotti

(2)

2

Indice ... 2

Premessa ... 4

Capitolo I : Evoluzione del diritto di interpello 1.1 Introduzione del diritto di interpello: Interpello antielusivo ... 8

1.1.1 Ratio della disciplina ed aspetti operativi ... 8

1.1.2 Abrogazione del Comitato Consultivo ... 13

1.2 Interpello per la disapplicazione di norme antielusive ... 14

1.2.1 Ambito applicativo ed adempimenti ... 15

1.2.2 Effetti delle conclusioni ... 18

1.3 Interpello ordinario ... 19

1.3.1 Presupposti e soggetti legittimati ... 20

1.3.2 Aspetti operativi ed effetti dell’interpello ... 22

Capitolo II: La nuova disciplina del diritto di interpello 2.1 Introduzione ... 26

2.2 Interpello ordinario “puro” o qualificatorio ... 28

2.3 Interpello probatorio ... 32

2.4 Interpello anti-abuso ... 40

2.5 Interpello disapplicativo ... 42

2.6 Le nuove regole comuni alle istanze di interpello ... 45

2.7 Le istanze di interpello: preventività e contenuto ... 49

2.8 Il procedimento di istruttoria ... 51

2.9 La risposta dell’Amministrazione Finanziaria ... 53

2.10 La rinuncia ... 56

(3)

3

Capitolo III: Considerazioni e problematiche applicative

3.1 L’obbligatorietà dell’interpello disapplicativo ... 59

3.1.1 Argomenti favorevoli all’obbligatorietà ... 60

3.1.2 Argomenti contrari all’obbligatorietà ... 63

3.1.3 Considerazioni conclusive ... 66

3.2 Gli effetti delle risposte all’interpello sul contenzioso ... 68

3.2.1 Evoluzione storica dell’autonoma impugnabilità ... 68

3.2.2 La disciplina attuale ... 72

3.3 Considerazioni finali ... 73

(4)

4 Premessa

L’interpello è un’istanza che il contribuente rivolge all’Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione ad un caso concreto e personale in merito all’interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di

varia natura relative a tributi erariali1. L’istituto dell’interpello nasce dalla

necessità di garantire al contribuente la possibilità di essere edotto sugli effetti dei propri comportamenti fiscalmente rilevanti e dal principio di collaborazione

tra l’Amministrazione Finanziaria ed il contribuente2

che, come sarà ampiamente osservato nei prossimi capitoli, si sostanzia in un dovere di collaborazione dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del contribuente stesso. L’interpello, dunque, è sorto sotto la spinta delle esigenze di tutela del contribuente, del suo diritto ad affidarsi, in situazioni di incertezza, alla preventiva conoscenza della

posizione dell’Amministrazione Finanziaria3

. Tale risultato può essere ottenuto solo attraverso la presunzione del capovolgimento della dialettica tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria, l’attività di accertamento risulta così essere disancorata dal mero controllo della dichiarazione ma assume rilevanza preventiva ed anticipatoria. La complessità dell’ordinamento tributario italiano ha reso indispensabile l’introduzione di strumenti come Autotutela, Interpello, Accertamento con adesione e Conciliazione giudiziale, volti a favorire la partecipazione del contribuente ed a limitare il ricorso al contenzioso tributario

1

Come da definizione dell’Agenzia delle Entrate.

2 Marta Basile in “Il principio di collaborazione tra fisco e contribuente” definisce il principio di collaborazione come “una manifestazione del diritto naturale” e continua “il principio di collaborazione è un principio imprescindibile in uno Stato che voglia definirsi di diritto; uno di quei principi che, per la loro immanenza in ciò che è socialmente giusto finisce per essere di diritto naturale.”, pag. 17-19. 3 Sull'attività amministrativa partecipata, cfr. P. Russo, Manuale di diritto tributario, Parte Generale, Milano, 2002, 211 s., il quale afferma che "l'atto di partecipazione in alcune ipotesi si raccorda ad un esercizio della funzione nel quale emergono profili di attuazione concordata della pretesa e di disponibilità dell'obbligazione in una ottica non oppositiva ma collaborativa, con esaltazione dei principi di economicità, correttezza, e trasparenza dell'attività amministrativa; in altre, l'atto è, evidentemente, inteso, a garantire al partecipante anche uno strumento di tutela in via non contenziosa ma per l'appunto in via amministrativa e presuntiva, ossia in un momento anteriore all'eventuale emanazione di un atto impugnabile"

(5)

5

anche se, nella pratica, questo ha prodotto risultati non soddisfacenti4.

Considerata la natura preventiva dell’istituto, il diritto di interpello è precluso ove sia già intervenuto l’accertamento o, comunque, sia stata avviata l’attività di controllo con l’effettuazione di atti istruttori aventi rilevanza esterna

(verifiche,questionari ecc)5.

Il seguente elaborato propone un’analisi dell’istituto del diritto di interpello alla luce delle recenti modifiche avvenute con il D.lgs. 156/2015. In prima analisi sarà presentata l’evoluzione storica dell’istituto, focalizzando l’attenzione sull’introduzione del diritto di interpello attraverso lo studio della ratio anti-elusiva dell’articolo 21 della legge n.413/1991 e sulla sua concreta applicazione attraverso i Decreti Ministeriali 194-195 del 1997. Il Capitolo I presenterà, inoltre, un’attenta ed accurata osservazione dell’Interpello per la disapplicazione

di norme antielusive, disciplinato dall’articolo 37 bis comma 8 del DPR 600/73,

e dell’Interpello ordinario, disciplinato dall’articolo 11 della Legge n.212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), istituti operativi nella vecchia disciplina del diritto di interpello. L’obiettivo, di questa prima parte, è quello di mettere in luce le caratteristiche delle tre principali tipologie di interpello valide al momento della revisione della disciplina, questo per facilitare una miglior comprensione dell’analisi comparativa svolta nel capitolo successivo.

L’attenzione, nel Capito II, si concentrerà sull’analisi delle modificazioni

avvenute con il D.lgs. 156/20156 attraverso un’osservazione comparativa e

trasversale con la vecchia disciplina del diritto di interpello. In particolar modo saranno osservate le modifiche dello Statuto dei diritti del contribuente sulla base

4 La “Relazione e monitoraggio contenzioso 2015” del Ministero dell’Economia e delle Finanze evidenzia

che il 2015 ha fatto registrare un aumento dei ricorsi pervenuti innanzi alle Commissioni tributarie pari al 5,86% rispetto al 2014 e una sostanziale stabilità rispetto al 2013. I ricorsi definiti sono diminuiti dell’1,18% rispetto al 2014 e del 2,83% rispetto al 2013.

5 “Contenzioso tributario:processo, prevenzione e definizione” realizzato dalla redazione di Ipsoa-Francis Lefebvre, pag. 445.

6 Che come osservato dalla premessa del Decreto Legislativo costituiscono misure per la revisione della

disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettera a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23.

(6)

6

di un sostanziale processo di armonizzazione della disciplina7. Il legislatore ha,

infatti, ridisegnato la disciplina dell’interpello prevedendone quattro tipologie:

Interpello ordinario, Interpello anti abuso, Interpello probatorio e Interpello disapplicativo.

Sarà dunque obiettivo di questa seconda parte quello di analizzare le caratteristiche delle tipologie in questione, comparandole a quelle esecutive prima della riforma dell’istituto e comprendendone gli aspetti comuni e le novità introdotte. Questa analisi sarà svolta senza tralasciare gli aspetti procedurali dell’istituto in merito alla maggiore tempestività nella redazione dei pareri, quanto alla certezza dei tempi e quanto alla loro significativa riduzione (specialmente nelle ipotesi di richiesta di documentazione integrativa).

Nel Capitolo III, invece, saranno presi in considerazione due degli aspetti critici derivanti dall’introduzione della nuova disciplina. Il primo è rappresentato

dall’obbligatorietà dell’interpello disapplicativo, in particolar modo verrà

osservata la volontà del legislatore nel monitorare le tipologie di interpello facoltative, che si contrappone all’eliminazione delle forme obbligatorie

dell’istitutivo8

. Da questo deriva un apposito onere di segnalazione in dichiarazione dei redditi nel caso in cui l’istanza non sia stata presentata o, qualora sia stata presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole. Sarà analizzato il caso in cui il contribuente non adempia all’obbligo di segnalazione nella dichiarazione dei redditi e gli effetti che questa omissione produce (questo viene punito con l’irrogazione di una sanzione amministrativa sulla base del nuovo art. 8, co. 3- quinquies, D.Lgs. 471/1997 introdotto dall’art. 15, co. 1 lett. h) n. 4, D.Lgs. 158/2015). Il secondo fattore di criticità è rappresentato dall’art 6 del d.lgs. 156/2015, che al fine di superare le incertezze sorte nella

7 La Circolare 9/E del 1° aprile 2016 dell’Agenzia delle Entrate afferma “la ricomprensione di tutte le tipologie di istanze nell’ambito dell’articolo 11 dello Statuto ha consentito anche di realizzare una omogeneizzazione della disciplina applicabile che si ritrova in parte nei commi 3 e seguenti del citato articolo 11, in parte nelle disposizioni di cui agli articoli da 2 a 5 del decreto..”

8

Con la nuova Riforma resta ferma l’obbligatorietà dell’interpello disapplicativo, tutte le altre forme di interpello obbligatorie vengo eliminate in quanto hanno finito per gravare i contribuenti di oneri maggiori rispetto al correlato beneficio, in termini di monitoraggio preventivo, per l’amministrazione finanziaria.

(7)

7

giurisprudenza circa l’impugnabilità, o meno, delle risposte alle istanze di

interpello prevede espressamente che tali risposte non siano impugnabili; unica

eccezione è prevista per l’interpello disapplicativo, la cui risposta può essere impugnata in sede di ricorso proposto avverso il successivo atto impositivo. Verrà osservata la volontà del legislatore di andare a definire una forma di tutela differita restando, comunque, preclusa la possibilità di impugnare direttamente ed immediatamente la risposta all’interpello. In conclusione sarà osservato come questo istituto, benché potenzialmente sia in grado di garantire un’efficiente dialogo tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, abbia prodotto effetti non sempre adeguati alla finalità per il quale è stato introdotto dal legislatore e presenti ancora dei limiti che rendono l’applicazione dell’istituto in esame ancora difficoltosa. Nonostante la riforma dell’istituto sarà riscontrato come la sensibilità nei rapporti tra Stato e Cittadino costituisce, ad oggi, il più grande limite alla partecipazione del contribuente e che questo non abbia contribuito a limitare i ricorsi al contenzioso tributario.

(8)

8

Capitolo I: Evoluzione del diritto di interpello.

1.1 Introduzione del diritto di interpello: Interpello antielusivo.

L’istituto dell’interpello viene introdotto attraverso la legge n.413 del 30/12/1991

9

, legge che dispone per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento, per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; disposizione che delega al Presidente della Repubblica il potere per la concessione di amnistia per reati tributari e che

istituisce centri di assistenza fiscale e del conto fiscale10. Il diritto di interpello è

stato introdotto dall’articolo 21 della legge del 30/12/1991 n.413 definito come

Interpello antielusivo; questa procedura ha avuto una lenta introduzione nel

nostro ordinamento, rimasta non operativa per molti anni è stata avviata mediante l’adozione di due distinti regolamenti che hanno dato concreta attuazione alla disciplina del 1991, trattasi rispettivamente del D.M. 13 Giugno

1997, n.194 e del D.M. 13 giugno 1997, n.19511. I Decreti Ministeriali in

questione disciplinano i termini e le modalità da osservare per l’invio delle richieste di parere alla Direzione Generale e per la comunicazione dei pareri stessi al contribuente.

1.1.1 Ratio della disciplina ed aspetti operativi

La tipologia di interpello in esame è finalizzato a far preventivamente conoscere all’Amministrazione Finanziaria che determinati fatti, atti o negozi sono posti in essere per valide ragioni economiche e non per fini elusivi, rendendo pertanto, inefficace l’applicazione di norme antielusive. Per tale motivo l’interpello in

esame è qualificato anche come antielusivo12. La particolarità dell’istituto sta nel

9

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.305 del 31 Dicembre 1991. 10 Come evidenziato dalla premessa della legge 413/1991. 11

Come osservato da Francesco Fratini nel “Gli interpelli tributari tra doveri di collaborazione dell’amministrazione finanziaria e tutela del contribuente” 2012, pag. 72.

12 Come evidenziato nel “Contenzioso tributario:processo, prevenzione e definizione” realizzato dalla redazione di Ipsoa-Francis Lefebvre, pag. 446.

(9)

9

fatto che le operazioni che possono essere oggetto della disciplina sono esclusivamente quelle disciplinate dalla legge, il contribuente risulta così limitato all’esercizio del diritto di interpello sulla base di una casistica piuttosto ristretta che si focalizza su determinate tipologie di operazioni societarie o sulla qualificazione di particolari tipologie di costi. La tipologia di interpello in esame non risulta essere funzionale a chiarire l’interpretazione di norme ma è finalizzato, piuttosto, a consentire all’Amministrazione Finanziaria di accertare la sussistenza dei requisiti occorrenti ai fini dell’applicazione di determinate

disposizioni13. Le operazioni oggetto di interpello vengono identificate

direttamente dall’articolo 21 della legge 413/91 con richiamo normativo, andando così a delinearsi la seguente casistica: la prima ipotesi è quella

dell’interposizione fittizia di persone14

(art.37,c.3, DPR 600/73); viene poi classificato, come seconda fattispecie, il comportamento inopponibile all’Amministrazione Finanziaria riguardante atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche e diretti ad aggirare obblighi e divieti posti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti, nell’ambito del quale siano utilizzate una o più delle seguenti operazioni: trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili, conferimenti in società o negozi aventi a oggetto il trasferimento o il godimento di aziende o di complessi aziendali, cessione di crediti, cessioni di eccedenze di imposta, operazioni straordinarie con società di Stati membri CE (D.Lgs. 544/92), operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni aventi ad oggetto azioni, partecipazioni qualificate in società, titoli non rappresentativi di merci, certificati di massa, valute estere, metalli preziosi e quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo (art.81, c.1, lett.

13

Come osservato da Marco Miccinesi in:“Lo Statuto dei diritti del contribuente” di Gianni Marongiu del 2004, pag. 105.

14 Norma quest’ultima che autorizza l’Amministrazione Finanziaria, in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio, a imputare al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona. Al riguardo è bene precisare che la prevalente dottrina è da sempre orientata a ritenere che detta previsione non può che riferirsi ai soli casi di “interposizione fittizia” e non anche a quelli di “interposizione reale”.

(10)

10

c, c-ter, c-quater e c-quinquies, DPR n.917/1986)15. La terza fattispecie in esame

è rappresentata dalla qualificazione delle spese di pubblicità, di propaganda o di

rappresentanza sostenute dal contribuente (art.74, c.2, DPR 917/1986)16; il

legislatore prosegue andando a classificare la natura e il trattamento tributario delle operazioni intercorse tra imprese residenti e società domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione Europea, aventi un regime fiscale

privilegiato (art.76 , c.7-bis, DPR 917/198617; e art.11, c.13, L.413/19911819);

infine viene fatto espresso riferimento alle ultime due ipotesi di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, di uno o più soggetti, non residenti in Stati dell’Unione europea, in una società madre italiana (art.96-bis, c.7, DPR

917/198620) e di conferimenti in denaro provenienti da soggetti residenti

relativamente all’individuazione delle variazioni in aumento del capitale investito

rilevanti ai fini della Dual Income Tax (art.3, c.3, lett. a, D.lgs. 466/199721).

15 La seconda fattispecie su richiamo normativo dell’art. 37-bis, DPR 600/72.

16 Art.74, c.2, DPR 917/1986: “Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell'impresa, e i contributi erogati per l'organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente lire cinquantamila”.

17Art.76, c.7-bis, DPR 917/1986: “Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti.” 18

Art.11, c.13, L.413/1991: “Fermo restando il potere dell'Amministrazione di controllare l'effettiva esecuzione dell'operazione, le prove di cui al comma 7-ter dell'articolo 76 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, non devono essere fornite qualora il contribuente abbia preventivamente richiesto, secondo le disposizioni di cui all'articolo 21 della presente legge, di conoscere l'avviso dell'Amministrazione finanziaria in merito alla natura ed al relativo trattamento tributario dell'operazione che intende porre in essere e l'abbia realizzata nei termini proposti tenendo conto delle eventuali prescrizioni dell'Amministrazione”.

19

Comma abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dall'art. 7, comma 6 decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 156.

20 Disposizione abrogata. 21

Art.3, c.3, lett. a, D.lgs. 466/1997 “La variazione in aumento che residua non ha altresì effetto fino a concorrenza: dei conferimenti in denaro provenienti da soggetti non residenti, se controllati da soggetti residenti, qualora non sia stato ottenuto il parere favorevole del comitato istituito ai sensi dell'articolo 21 della legge 30 dicembre 1991”.

(11)

11

La richiesta di parere, sulle materie precedentemente elencate, deve essere fatta pervenite alla Direzione Centrale Normativa. Le modalità con la quale deve essere fatta richiesta e gli adempimenti della Direzione Regionale e della Direzione Centrale Normativa sono disciplinati dal Decreto Ministeriale n. 195 del 13 giugno 1997. La richiesta di parere deve essere indirizzata alla Direzione Regionale competente, in relazione al domicilio fiscale del richiedente, e deve essere spedito a mezzo servizio postale, in plico raccomandato, con avviso di ricevimento. La richiesta di parere alla Direzione Regionale ha un contenuto obbligatorio, ossia: i dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante e delle altre parti interessate, l’indicazione dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni, la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante, l’esposizione dettagliata del caso concreto e la soluzione interpretativa prospettata. Nella richiesta di parere va esposto dettagliatamente il caso concreto, nonché la soluzione interpretativa prospettata; ad essa va allegata copia della documentazione, con relativo elenco, rilevante ai fini della individuazione e

della qualificazione della fattispecie prospettata22. La Direzione Regionale deve

trasmettere alla Direzione Generale del Dipartimento delle Entrate la richiesta di

parere entro 15 giorni dalla sua ricezione23. Al fine di consentire una più

completa valutazione della problematica da parte degli Uffici centrali, le Direzioni Regionali dovranno unire alla documentazione presentata dal contribuente le proprie articolate considerazioni sul merito della questione

prospettata24.

I tempi di risposta della Direzione Centrale Normativa sono definiti sulla base di quanto stabilito dall’articolo 16, comma 1, lettera a) del D.lgs. n.185 del 2008 che ha introdotto nel comma 9 dell’articolo 21 della legge n.413 del 1991 rilevanti modifiche alla disciplina. La Direzione Centrale Normativa competente,

22

Cfr. art.1 D.M. 195/1997. 23 Cfr. art. 1, c. 7, D.M. 195/1997. 24

Per le fattispecie di particolare complessità o in caso di integrazioni delle istruttorie, il termine per la trasmissione della richiesta di parere alla Direzione generale del Dipartimento delle Entrate può essere aumentato fino a un massimo di 30 giorni, come specificato in “Contenzioso tributario:processo, prevenzione e definizione” realizzato dalla redazione di Ipsoa-Francis Lefebvre, pag. 448.

(12)

12

sulla base del domicilio fiscale del richiedente, deve comunicare il parere al contribuente entro 120 giorni dalla richiesta mediante plico postale raccomandato con avviso di ricevimento, dunque nelle medesime modalità con il quale il richiedente aveva inviato la richiesta di parere alla Direzione Regionale. La mancata comunicazione del parere da parte dell’Agenzia delle Entrate entro 120 giorni e dopo ulteriori 60 giorni dalla diffida ad adempiere da parte del

contribuente equivale a silenzio assenso25. L’inammissibilità della richiesta di

interpello si lega inscindibilmente al proprio contenuto obbligatorio, sono cause di inammissibilità: la mancanza dei dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante e delle altre parti interessate, mancanza dell’indicazione dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni, omessa sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante. La Direzione Centrale Normativa può comunicare direttamente al contribuente l’inammissibilità della richiesta nei casi di mancanza dei dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante e delle altre parti interessate e di omessa sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante. L’eventuale mancata individuazione e qualificazione della fattispecie oggetto della richiesta di parere non comporta l’inammissibilità, bensì l’attivazione da parte della Direzione Regionale per richiedere formalmente la debita integrazione. Ne consegue che qualora la richiesta risulti essere generica o carente dal punto di vista documentale, dunque nei casi in cui non vi sia la certezza della sussistenza dei profili di elusività disciplinati dall’art. 37-bis, comma 1 del DPR 600/1973, l’istanza di appello viene ritenuta improcedibile.

Grazie alla riforma dei reati tributari, introdotta con il D.lgs. 74/200026 questa

tipologia di interpello ha acquisito un ulteriore effetto di carattere penalistico, in quanto è prevista la non punibilità dei soggetti che, a seguito di istanza, si siano

25

Al momento dell’introduzione dello strumento i tempi per la comunicazione della risposta della Direzione generale erano di massimo 60 giorni come definito dall’articolo 1, comma 7 del Decreto Ministeriale 195/1997.

26

Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 76 del 31 marzo 2000).

(13)

13

uniformati al parere dell’Amministrazione Finanziaria. La previsione è in linea con la ratio della normativa penale tributaria che, per l’individuazione delle fattispecie sanzionabili, fa perno sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico. Non è rilevabile, infatti, alcun tipo di comportamento doloso nel contribuente che, prima di porre in essere un’operazione potenzialmente elusiva, interpelli le autorità competenti al fine di ottenere un parere sul suo operato. La

disciplina di cui sopra è stata abrogata dall’ art. 14, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24

settembre 2015, n. 15827 in tema di “Revisione del sistema sanzionatorio penale

tributario”.

1.1.2. Abrogazione del Comitato Consultivo.

In quanto non individuato dai provvedimenti richiamati dal comma 4

dell’articolo 29 del decreto legge n.223 del 200628

è stato abrogato il Comitato Consultivo per l’applicazione delle norme antielusive. Con la soppressione dell’organismo in parola, sono state implicitamente abrogate le disposizioni recate dall’articolo 21 della legge n. 413 del 1991 che disciplinavano l’attività del

Comitato Consultivo e l’efficacia dei relativi pareri29. E’ stata abrogata, in

particolare, la disposizione recata dall’articolo 21, comma 10, primo periodo, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, ai sensi del quale “In caso di mancata risposta da parte della Direzione Generale, trascorsi sessanta giorni dalla richiesta del contribuente, ovvero, qualora alla risposta fornita il contribuente non intende uniformarsi, lo stesso potrà richiedere il parere in ordine alla fattispecie medesima, al comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive” nonché quella del periodo successivo, secondo cui “La mancata risposta da parte

27

Vengono abrogati gli articoli 7 e 16 del decreto legislativo 10 marzo 2000,n.74. 28

Art. 29, comma 4, decreto legge n.223 del 2006: “Ferma restando la realizzazione degli obiettivi di risparmio di spesa di cui al comma 1, gli organismi non individuati dai provvedimenti previsti dai commi 2 e 3 entro il 15 maggio 2007 sono soppressi. A tale fine, i regolamenti ed i decreti di cui al comma 2, nonché gli atti di natura regolamentare di cui al comma 3, devono essere trasmessi per l'acquisizione dei prescritti pareri, ovvero per la verifica da parte degli organi interni di controllo e per l'approvazione da parte dell'amministrazione vigilante, ove prevista, entro il 28 febbraio 2007”.

29

Come si legge dall’articolo 21, co. 1 della legge n.413 del 1991: “E' istituito, alle dirette dipendenze del Ministro delle finanze, il comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, cui e' demandato il compito di emettere pareri su richiesta dei contribuenti”.

(14)

14

del Comitato Consultivo entro sessanta giorni dalla richiesta del contribuente, e dopo ulteriori sessanta giorni da una formale diffida ad adempiere da parte del contribuente stesso, equivale al silenzio-assenso”. L’abrogazione delle disposizioni riguardanti l’attività del Comitato Consultivo contenute nell’articolo 21 della legge n. 413 del 1991 ha comportato, inoltre, il venir meno delle disposizioni attuative recate dal D.M. 13 giugno 1997 n. 194 (regolamento concernente l’organizzazione interna, il funzionamento e le dotazioni finanziarie del Comitato Consultivo per l’applicazione delle norme antielusive) nonché dal D.M. 20 dicembre 1999 (deposito, raccolta, conservazione e pubblicazione dei

pareri deliberati dal comitato consultivo)30.

Il Comitato Consultivo, prima dell’abrogazione con il decreto legge n.223 del 2006, era un organo centrale nel procedimento di richiesta di interpello antielusivo. Il parere reso dalla Direzione Centrale Normativa non era vincolante per il richiedente ed il procedimento relativo all’interpello si concludeva solamente nell’ipotesi in cui il contribuente si fosse uniformato al parere, anche contrario, della Direzione Centrale Normativa o qualora il parere emesso dalla stessa risultasse conforme alla soluzione interpretazione prospettata dal contribuente. Al Comitato Consultivo era possibile rivolgersi, sempre nelle ipotesi di cui al comma 2 dell’articolo 21, anche nel caso in cui mancasse la tempestiva risposta da parte della Direzione Centrale Normativa, in quanto il silenzio assenso non poteva essere inteso come un implicito assenso a favore del contribuente. Risulta dunque semplice osservare come il Comitato Consultivo era l’organo sul quale faceva perno tutta la procedura d’interpello antielusivo.

1.2 Interpello per la disapplicazione di norme antielusive

La seguente tipologia di interpello, prevista dall’ art. 37 bis comma 8 del D.P.R.

n. 600/7331, consiste in un istanza attraverso la quale il contribuente chiede al

Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate la non applicazione di una norma

30 Cfr. Circolare N. 40/E , 27 giugno 2007 Agenzia delle Entrate. 31

(15)

15

antielusiva nel presupposto che gli effetti elusivi che la stessa intende evitare, avuto riguardo alla fattispecie concreta rappresentata dal contribuente con l’istanza medesima, non possono verificarsi. La particolarità di questo istituto sta nella circostanza che esso non è volto, come invece lo sono le altre tipologie di interpello, a fornire all’istante un parere; esso invece mira ad ottenere un vero e proprio provvedimento da parte del Direttore Regionale, con cui viene eccezionalmente disapplicata una norma antielusiva, la quale, altrimenti, sarebbe

applicata nel caso specifico indicato32. Si tratta, in linea generale, del

riconoscimento di un principio di pari opportunità tra fisco e contribuente; esso parte dalla constatazione che nel nostro ordinamento sono state introdotte numerose norme sostanziali che hanno lo scopo di limitare comportamenti elusivi del contribuente ma che hanno come effetto collaterale quello di provocare penalizzazioni indebite. La disciplina concernente il procedimento per la presentazione dell’istanza di cui alla suddetta disposizione è contenuta nel decreto del Ministro delle Finanze 19 giugno 1998, n. 259, mentre le relative istruzioni operative sono state fornite con le circolari n. 98/E del 17 maggio 2000, n. 99/E del 2000, n. 23/E del 2005 e, da ultimo, n. 5/E del 2009.

1.2.1 Ambito applicativo ed adempimenti

L’articolo 37 bis comma 8 del D.P.R. n. 600/73 afferma che: “Le norme

tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi”. Per comprendere l’ambito applicativo dell’interpello

disapplicativo di norme antielusive non si può prescindere da analizzare due aspetti dell’articolo in questione. Il primo elemento da osservare è sicuramente il fatto che la disciplina in questione è stata inserita all’interno di un decreto legislativo funzionale al riordino delle imposte sui redditi. Il secondo elemento

32

(16)

16

consiste nel fatto che il comma 8 faccia espresso riferimento a “quelle norme tributarie che hanno lo scopo di contrastare comportamenti elusive”, ciò potrebbe far ritenere che l’istanza non si riferisca solo all’art.37-bis del DPR 600/73 ma a tutte le norme di tale natura presenti nel nostro ordinamento. Per quanto indicativo sia questo secondo elemento non è possibile ignorare la forte volontà del legislatore di legare inscindibilmente la disciplina disapplicativa con le imposte sui redditi. Ciò fa si che l’interpello di cui si tratta si applichi solo alle

fattispecie aventi ad oggetto le imposte dirette e l’IRAP33. Si ritiene, tuttavia, che

qualora una stessa fattispecie costituisce oggetto di previsione normativa parallele, rispondenti alla stessa ratio antielusiva, quando sussista cioè una evidente, stretta connessione logica tra norme tributarie diverse, il Direttore Regionale delle entrate, nel prevedere in ordine a istanze di disapplicazione di norme riguardanti le imposte sui redditi, possa estendere l’esame anche ai fini di

tributi diversi34.

Il Decreto Ministeriale 19 giugno 1998, n. 259 disciplina le modalità di presentazione dell’istanza da parte del contribuente. Il contribuente, che vuole richiedere la disapplicazione di norme antielusive, deve presentare istanza al Direttore regionale delle entrate competente per territorio. L’istanza deve essere spedita, a mezzo di sevizio postale, in plico raccomandato con avviso di

ricevimento, all’ufficio finanziario competente35

per l’accertamento in ragione

del domicilio fiscale del contribuente36. La Direzione provinciale competente

trasmette al Direttore regionale l’istanza, unitamente al parere, entro trenta giorni dalla ricezione della medesima. Le determinazioni del Direttore regionale vengono comunicate al contribuente non oltre 90 giorni dalla presentazione dell’istanza con provvedimento che è da ritenersi definitivo. I provvedimenti del

33 Come osservato dalla circolare 19 dicembre 1997, n.320: “In conclusione, la norma antielusiva può trovare applicazione soltanto con riferimento al settore delle imposte sui redditi e sempreché sia stata effettuata una o più delle operazioni predeterminate”.

34

Cfr. Circ. Min. 17 Maggio 2000, n.98. 35

In seguito alla procedura di riordino degli uffici dell’Agenzia delle entrate, le istanze presentate da soggetti diversi da imprese di più rilevanti dimensioni devono essere rivolte al Direttore regionale competente per territorio e spedite, nelle medesime modalità alla Direzione provinciale competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente. Come disciplinato dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate 24 febbraio 2009, n.5.

36

(17)

17

Direttore regionale, concernenti l’istanza, sono comunicati mediante servizio

postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento37. Due sono le

particolarità relative al termine di risposta del Direttore regionale: il termine di risposta può essere sospeso solo a causa di richieste istruttorie che l’Amministrazione Finanziaria fa direttamente al contribuente o a terzi, e fino al giorno di ricezione della risposta, e in caso di successiva regolarizzazione della mancata sottoscrizione dell’istanza, il termine posto a carico del Direttore regionale delle entrate decorre dalla data di sottoscrizione stessa. L’istanza deve contenere, a pena di inammissibilità: i dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante, l’indicazione dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni e la sottoscrizione del

contribuente o del suo legale rappresentante38. Nell’istanza il contribuente deve

descrivere compiutamente la fattispecie concreta per la quale ritiene non applicabile le disposizioni normative che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta e altre posizioni soggettive altrimenti riconosciute dall’ordinamento tributario; il mancato adempimento dell’obbligo, da parte del contribuente, comporta la dichiarazione di improcedibilità della procedura. Ulteriore caso di improcedibilità della procedura si ha qualora l’istanza del contribuente manchi del requisito della preventività. Il contribuente, infatti, dovrà presentare l’istanza per la disapplicazione delle norme antielusive nel rispetto dei termini per la ricezione del parere entro la data di scadenza per la presentazione della

dichiarazione dei redditi39.

37

Cfr. D.M 19 giugno 1998, n.259, art.1, comma 4-6. 38

Cfr. D.M 19 giugno 1998, n.259, art.1, comma 2.

39 Come osservato in “Conciliare col fisco. Formulario della conciliazione tributario” di Francesco Verini, pag 54: ”Perché l’istanza d’interpello possa essere possa essere concretamente applicabile, è necessario il rispetto del requisito della preventività del’istanza in maniera tale da consentire all’Ufficio di fornire una risposta prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi stessa”.

(18)

18 1.2.2 Effetti delle conclusioni

In caso di risposta favorevole da parte dell’Amministrazione Finanziaria al contribuente, questo può ritenersi protetto dal giudizio positivo e dall’applicazione della norma antielusiva. Resta comunque fermo il potere da parte dell’Amministrazione Finanziaria di compiere atti di accertamento. In caso di risposta negativa da parte dell’Amministrazione Finanziaria, dunque nei casi in cui l’operazione venga considerata come elusiva, il contribuente che vorrà porre in essere il comportamento oggetto dell’istanza potrà successivamente impugnare l’atto di accertamento davanti la commissione tributaria competente. La disciplina in merito all’impugnabilità dell’atto di accertamento, successivo al parere reso dall’Amministrazione Finanziaria, ha avuto interpretazioni diverse prima della riforma in materia di interpello. La sentenza della Corte di Cassazione n.8863 del 2011 aveva infatti sostenuto che la mancata impugnazione, da parte del contribuente, del diniego espresso impedisse la possibilità di presentare ricorso avverso l’eventuale atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. La successiva sentenza n.17010 del 5 Ottobre 2012 ha chiarito la disciplina affermando che resta comunque ferma la possibilità data al contribuente di impugnare l’atto di accertamento successivo eccependo, in tal

caso, anche in vizi in merito all’oggetto dell’interpello40

.

Nulla, infine, viene detto in merito alla non punibilità penale per il contribuente che si sia conformato al parere dell’amministrazione. Si riteneva dunque di poter applicare la medesima disciplina dell’interpello antielusivo in quanto rispondente alla medesima ratio. La correlazione tra le due disciplina, come ampiamente

dibattuto alla pagina 12 del presente elaborato41, è stata eliminata attraverso

l’abrogazione con l’ art. 14, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158

in tema di “Revisione del sistema sanzionatorio penale tributario”.

40 Vista la grande sensibilità della giurisprudenza sull’argomento ed il susseguirsi di alcune importanti sentenze della Corte di Cassazione rimandiamo al “Capito III: considerazioni e problematiche applicative” della presente trattazione un’accurata analisi dell’impugnabilità della risposta dell’interpello alla luce delle recenti modifiche in materia.

(19)

19 1.3 Interpello ordinario

L’Interpello ordinario è stato disciplinato dall’art.11 della legge 27 luglio 2000, n.212 definita come “Disposizione in materia di statuto dei diritti del contribuente”. Lo Statuto del contribuente ha introdotto un istituto, definito anche come interpello generalizzato, che prevede la possibilità per tutti i contribuenti di rivolgersi all’Amministrazione Finanziaria ogni volta che vi sia incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni tributari. Il principale elemento innovativo dell’interpello ordinario consiste nell’ampliamento dell’ambito applicativo che ha ad oggetto l’interpretazione di qualsiasi norma tributaria, sia questa primaria o secondaria, ad esclusione degli atti privi di contenuto normativo (es. circolari). Gli altri elementi di portata innovativa consistono nell’introduzione di un termine perentorio entro il quale l’Amministrazione Finanziaria deve rispondere al contribuente, la possibilità che vengano fornite risposte collettive qualora le istanze di interpello, formulate da un numero elevato di contribuenti, riguardino la stessa questione o questioni

analoghe, la vincolatività della risposta nei limiti della questione in esame42.

Nell’ambito dello Statuto dei diritti del contribuente, l’interpello è sicuramente l’istituto che più di ogni altro ha scosso i meccanismi applicativi dei tributi. Sullo sfondo dello scenario risultano proiettati sia i diritti di garanzia del contribuente, sia la funzione pubblica di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Questo perché viene attuata, in termini diversi e nuovi, la funzione di accertamento tributario, inteso come cura dell’interesse pubblico alla rappresentazione completa e fedele della fattispecie dell’imposizione ed alla sua corretta

qualificazione43. L’obiettivo risulta dunque essere quello di disancorare

l’accertamento dell’Amministrazione Finanziaria ad un controllo della dichiarazione, e di rendere certo e stabile il rapporto obbligatorio qualora il contribuente decidesse di attenersi alla pronuncia dell’Amministrazione. Questo secondo aspetto è sicuramente tra i più significativi perché, prima

42

Cfr. Legge n.212 del 27 luglio 2000, art.11, comma 1-2-4 prima della riforma del diritto di interpello. 43 Come osservato da Marco Miccinesi in: “Lo Statuto dei diritti del contribuente” di Gianni Marongiu del 2004, pag. 91.

(20)

20

dell’introduzione dello strumento, la certezza del rapporto obbligatorio era conseguibile solamente con la rettifica della dichiarazione da parte del fisco, con inevitabili conseguenze pregiudizievoli per il contribuente. Questa impostazione, ad ogni modo, perderebbe di significato se l’interpello fosse rimasto un istituto astratto volto ad una mera garanzia del soggetto passivo in casi eccezionali. Al contrario, l’Amministrazione Finanziaria, rendendo certa tra le parti la fattispecie oggetto dell’interpello, svolgono la relativa porzione di accertamento e la propria funzione di concreta attuazione dei tributi. In tal senso, l’interpello ordinario può essere visto come lo strumento principale attraverso il quale, la generalità dei

contribuenti può avvalersi del potere interpretativo dell’Amministrazione

Finanziaria sui tributi di propria competenza. Il principio di generalità viene riscontrato anche in relazione alla modalità di presentazione dell’istanza all’Amministrazione Finanziaria, la quale, aldilà dell’interpretazione della qualificazione giuridica del contribuente, dovrà attenersi unicamente a quanto disposto dall’Art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente. Gli organi, le procedure e egli adempimenti invece sono stati disciplinati dal Decreto Ministeriale 26 Aprile 2001, n.209 del Ministero delle Finanze.

1.3.1 Presupposti e soggetti legittimati

Per poter analizzare i presupposti dell’istituto non possiamo prescindere dal richiamo normativo dell’art 11, comma 1 della legge 27 luglio 2000, n.212 il quale fa espresso riferimento a “circostanziate e specifiche istanze di interpello,

concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi sia siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse”44. In astratto l’elemento di oggettiva

44

Il comma 1 dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000,n.212 , come sarà ampiamente dibattuto nel Capitolo II, ha subito notevoli modifiche in seguito alla riforma dell’istituto; oggi sulla questione in esame prevede che i presupposti di interpello sussistano “quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all'articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'articolo 1 del decreto legislativo

(21)

21

incertezza, indicato dal comma in questione, presuppone che la disposizione non

sia oggettivamente in grado di indicare il comportamento da tenere. Dunque il principio di oggettività presuppone l’impossibilità da parte di tutti i membri della collettività, chiamati ad applicare la disposizione, di interpretare la disposizione stessa e di trarne il comportamento da tenere. Risulta dunque chiaro come l’incertezza evidenziata può essere superata solamente attraverso la collaborazione tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziari. Proceduralmente la collaborazione viene scandita dalla richiesta di interpello, successiva risposta e conseguente comportamento adesivo del contribuente. Dobbiamo però considerare che l’incertezza rilevante nella nostra analisi non faccia riferimento all’astratta definizione della portata della norma, bensì alla sua applicazione alla fattispecie concreta (la norma fa espresso riferimento a “casi

concreti e personali”). Dunque risulta chiaro come l’incertezza a cui facciamo

riferimento non può che rimanere oggettiva, non può mai dipendere dalla situazione soggettiva e psicologica del soggetto. L’incertezza deve essere propria di ogni soggetto che si trovi di fronte a quella determinata fattispecie concreta. Dobbiamo però ricordare che non ricorrono le obiettive condizioni di incertezza qualora l'Amministrazione Finanziaria abbia compiutamente fornito la soluzione interpretativa di fattispecie corrispondenti a quella prospettata dal contribuente, mediante circolare, risoluzione, istruzione o nota, portata a conoscenza del contribuente attraverso la pubblicazione nel sito "documentazione tributaria" del Ministero delle finanze.

Passando ad esaminare i soggetti legittimati, l’istanza di interpello ordinario può essere presentata da ciascun contribuente, persona fisica o giuridica, direttamente interessato alla soluzione del quesito. A norma dell’art.1 co 3 del D.M. 209/2001, l’istanza può essere presentata anche da “soggetti che in base a specifiche

disposizioni di legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto del contribuente”. La circolare dell’Agenzia delle Entrate 31.05.2001

n. 50 chiarisce che tra i soggetti legittimati a presentare istanza di interpello in

14 settembre 2015, n. 147 e di cui all'articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”.

(22)

22

base alla richiamata disposizione rientrano i sostituti d’imposta di cui all’art. 23 del DPR 600/73, limitatamente ai quesiti riguardanti le norme che disciplinano l’effettuazione delle ritenute alla fonte e gli obblighi consequenziali. Rientrano inoltre i responsabili di imposta (ad esempio i notai obbligati al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni riferibili ai propri clienti), i coobbligati al pagamento dei tributi, i soggetti a cui è attribuita la rappresentanza di contribuenti diversi dalle persone fisiche, i procuratori generali o speciali del

contribuente45.

1.3.2 Aspetti operativi ed effetti dell’interpello

Gli organi, le procedure e egli adempimenti sono stati disciplinati dal Decreto Ministeriale 26 Aprile 2001, n.209 del Ministero delle Finanze. L’istanza di interpello deve essere redatta in carta libera e deve essere presentata mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale in plico, senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento agli uffici competenti. La disciplina generale afferma che l’istanza deve essere presentata alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, la quale deve essere competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente. Qualora, invece, l’istanza sia presentata dalle amministrazioni centrali dello Stato, dagli enti pubblici a rilevanza nazionale, dai contribuenti i quali hanno conseguito nel periodo di imposta precedente ricavi per un ammontare superiore a 500 miliardi di lire presentano l’istanza di interpello alla Direzione centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle entrate, in deroga alla disciplina generale prima evidenziata. La competenza degli uffici predisposti ad accogliere la domanda di interpello da parte del contribuente è determinata dalla tipologia di tributo oggetto dell’interpello. Questo si è reso indispensabile alla luce della volontà del legislatore di ampliare l’ambito di applicazione dello strumento e di conseguenza anche la platea di contribuenti che possono ricorrervi risulta ampliata. Qualora la fattispecie concreta sia

45 Come analizzato in “Accertamento” di Alfio Cissello, Gianluca Odetto e Gianpaolo Valente, 2010, pag.1205.

(23)

23

rappresentata da tributi la cui gestione è attribuita all’Agenzia del territorio l’istanza di interpello deve essere presentata alla Direzione compartimentale nel cui ambito opera l’ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto di interpello, qualora si sia di fronte ad un tributo di competenza dell’Agenzia delle dogane l’istanza deve essere presentata alla Direzione compartimentale territorialmente competente per il caso particolare, nel caso di tributi gestiti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato questa deve essere presentata, in materia di giochi, all’Ufficio regionale competente in base al

domicilio fiscale del contribuente4647.

L’istanza di interpello del contribuente deve contenere a pena di inammissibilità: i dati identificativi del contribuente ed eventualmente del suo legale rappresentante, la circostanziata e specifica descrizione del caso concreto e personale da trattare ai fini tributari sul quale sussistono concrete condizioni di incertezza, l'indicazione del domicilio del contribuente o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'amministrazione finanziaria, la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante. La mancanza degli elementi di cui sopra comporta l’inammissibilità del’interpello, resta comunque ferma la possibilità data al contribuente di regolarizzare l’istanza, entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio, solamente in caso di mancata sottoscrizione della stessa. Vista la sussistenza del preponderante requisito di “obiettiva incertezza”, ampiamente dibattuto nel paragrafo precedente, l’istanza del contribuente deve contenere una esposizione chiara ed univoca del comportamento e della

soluzione interpretativa che si intendono adottare48.

46

Cfr. D.M n.209 del 26 Aprile 2001, art. 1 co.4, art 2 co.1-2-3-4-4bis.

47 L’art.2 comma 4-bis prosegue specificando che deve essere “fatta eccezione per coloro i quali abbiano conseguito nel precedente anno solare un volume di raccolta delle giocate non inferiore a 500.000,00 euro, i quali sono tenuti a presentare la predetta istanza alla Direzione per i giochi; per i tributi in materia di tabacchi lavorati l'istanza di interpello e' presentata alla Direzione per le accise, fatta eccezione per i casi di verbalizzazione per contrabbando da parte della polizia giudiziaria, per i quali l'istanza e' presentata all'Ufficio regionale competente per territorio in relazione al luogo in cui e' stato commesso l'illecito”.

48

(24)

24

In seguito alla ricezione della domanda, gli uffici competenti devono comunicare la risposta, scritta e motivata, entro il termine di 120 giorni decorrenti dalla data di consegna o ricezione dell’istanza, o dalla data di sottoscrizione quando questa ha effetto sanatorio. In ogni caso la risposta può sempre essere fornita direttamente dalla Direzione centrale normativa e contenzioso. Quanto alle modalità di notifica della risposta, questa deve essere comunicata al contribuente mediante servizio postale a mezzo raccomandata, con avviso di ricevimento, o può essere fornita anche per via telematica. Qualora l'istanza d'interpello venga presentata ad un ufficio diverso da quello competente, questo deve provvedere tempestivamente a trasmetterla all'ufficio competente; in tal caso il termine perentorio di 120 giorni inizierà a decorrere dalla data di ricezione dell'istanza da parte dell'ufficio competente. La novazione del termine di risposta si ha anche qualora l’ufficio competente non si in grado di rispondere al contribuente sulla base della documentazione allegata da quest’ultimo, in tal caso l’Amministrazione Finanziaria potrà richiedere, una sola volta, la documentazione integrativa ed il termine di 120 giorni inizierà a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa . Uno degli aspetti innovativi dell’interpello nell’ambito dello Statuto dei diritti del contribuente consiste nella possibilità data all’Amministrazione Finanziaria di fornire risposta collettiva mediante circolare o risoluzione, da pubblicare nel sito "Documentazione tributaria" del Ministero delle finanze, qualora siano presentate istanze da un numero elevato di contribuenti e che queste concernano la stessa questione o

questioni analoghe tra loro49.

Quanto agli effetti della risposta da parte dell’ufficio competente, l’art.5 comma

1 del D.M 209/200150 evidenzia come l’effetto vincolante della risposta abbia

efficacia esclusivamente nei confronti del contribuente che ha presentato l’istanza e limitatamente al caso concreto e personale prospettato. La portata

49

Cfr. D.M n.209 del 26 Aprile 2001, art 4. co.1-2-3-4-5

50 Art. 5 comma 1 del D.M 209/2001: ”La risposta dell'ufficio finanziario ha efficacia esclusivamente nei confronti del contribuente istante, limitatamente al caso concreto e personale prospettato nell'istanza di interpello. Tale efficacia si estende anche ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione finanziaria”.

(25)

25

innovativa della norma sta nel fatto che mentre non sono previste specifiche conseguenze per il contribuente che non si dovesse conformare alla risposta, anche se verosimilmente questo comportamento graverebbe su di lui in sede di contenzioso, per l’Amministrazione Finanziaria il vincolo della risposta risulta essere totale. Ciò significa che è prevista la nullità di qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo e sanzionatorio, emanato in difformità rispetto alla risposta fornita al contribuente. L’immediata conseguenza di questa disposizione è che ,

nel caso di silenzio assenso51 , non possono essere irrogate sanzioni nei confronti

del richiedente che abbia posto in essere i comportamenti dell’istanza. Infine, nel caso in cui L’amministrazione Finanziaria rettifichi la propria decisione, comunicando la risposta al contribuente anche oltre il termine di 120 giorni (modificando quindi la soluzione interpretativa precedente sia che questa sia pervenuta in maniera esplicita o implicita), l’ufficio competente recupera le imposte eventualmente dovute ed i relativi interessi, senza irrogare le sanzioni, a condizione però che il contribuente non abbia ancora posto in essere il comportamento specifico prospettato o dato attuazione alla norma oggetto

d'interpello52.

51 Il D.M n.209 del 26 Aprile 2001, art.5,comma 2, afferma “Qualora la risposta dell'ufficio su istanze ammissibili e recanti l'indicazione della soluzione interpretativa di cui all'articolo 3, comma 3, non pervenga al contribuente entro il termine di cui all'articolo 4, comma 1, si intende che l'amministrazione concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Limitatamente alla questione oggetto d'interpello, sono nulli gli atti amministrativi, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanati in difformità della risposta fornita dall'ufficio, ovvero della interpretazione sulla quale si e' formato il silenzio assenso.

52

(26)

26

Capitolo II: La nuova disciplina del diritto di interpello

2.1 Introduzione

Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n.156 (“D.Lgs. 156/2015”), avente ad oggetto la riforma del contenzioso tributario, in attuazione della disposizione di cui all’art.6, comma 6, della Legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega Fiscale), ha attuato una profonda rivisitazione della disciplina generale degli interpelli, con l’intento di razionalizzarla e sistematizzarla. La rivisitazione dell’istituto si è resa necessaria al fine di potenziare, omogeneizzare, semplificare e riconoscere maggiore certezza ad uno strumento che è stato pensato dal legislatore come di supporto al contribuente nella interpretazione e nell’applicazione delle leggi tributarie e che è finito, invece, per tradursi, nel tempo, a causa dell’ampliamento delle tipologie di interpello e delle sovrapposizioni e stratificazioni delle norme, in un elemento

stesso di complicazione del sistema tributario53. Per la concreta attuazione della

riforma degli interpelli l’Agenzia delle Entrate ha adottato due distinti documenti, il primo è il Provvedimento del 4 gennaio 2016, che definisce le regole procedurali per le istanze di interpello presentate in base alle nuova disciplina, il secondo è la circolare n.9/E del 1° aprile 2016 che commenta le novità del Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156. Il Decreto legislativo in questione ha individuato quattro diverse tipologie di interpello: ordinario “puro” o qualificatorio, probatorio, antielusivo e disapplicativo. Anche se l’attribuzione del singolo interpello ad una delle quattro tipologie può suscitare alcune perplessità, il vantaggio di questa qualificazione consiste nella chiara conoscenza di quale interpello si applica al caso concreto. Gli unici interpelli obbligatori sono quelli disapplicativi, che cioè determinano la non rilevanza di situazioni, stabilite per legge, ostative al conseguimento di effetti fiscali favorevoli. Tutti gli altri interpelli sono facoltativi, ma per quelli probatori il contribuente ha l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi se non lo ha presentato o se ha ottenuto risposta negativa. Tutte le tipologie dei “nuovi interpelli” sono stati accomunati

53 Come chiarito da Massimo Gabelli e Maria Cristina in “La revisione della disciplina degli interpelli”, fiscalità & commercio internazionale, n.4/2016, p.45.

(27)

27

nel nuovo testo dell’articolo dell’art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente (“lo Statuto”: Legge 27 luglio 200, n.212) con la conseguente abrogazione delle

norme esterne a tale disposizione54. Significative sono state le modifiche alla

disciplina contenuta nell’art.11 dello Statuto, essenzialmente dirette, a sostituire il riferimento all’interpello concernente “ l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni medesime” (interpello c.d. ordinario) con l’interpello in quanto tale nelle sue varie forme che lo stesso nuovo articolo 11, ai commi 1 e 2, declina e specifica. Secondo quanto disposto dal nuovo articolo 11 il contribuente può interpellare l’Amministrazione Finanziaria al fine di ottenere un parere relativamente ad un caso concreto e personale con i riferimento: all’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni (d’ora in avanti cd. interpello ordinario “puro”) ed alla corretta qualificazione (d’ora in avanti interpello qualificatorio) di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni

di obiettiva incertezza55; alla sussistenza delle condizioni e la valutazione della

idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici

regimi fiscali nei casi espressamente previsti (c.d. interpello probatorio)56;

all’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie

(c.d. interpello antiabuso)57. Invece, secondo quanto disposto dal comma 2 “il

contribuente interpella l’Amministrazione Finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano

54

Raffaele Rizzardi nel “Corriere Tributario”, 20/2016, p.1535, osserva che vengono meno le disposizioni dell’art.21 della Legge 30 dicembre 1991, n.413 (interpello antielusivo, peraltro richiamato in varie disposizioni di altro genere) e l’art.11, comma 13 di tale legge (interpello per oneri originati in Paesi black list, disposizione non più pertinente dal 1° gennaio 2016).

55

Cfr. Legge, 27/07/2000 n.212, comma 1, lettera a: “l'applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all'articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all'articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147;”

56 Cfr. Legge, 27/07/2000 n.212, comma 1, lettera b. 57

(28)

28

deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi”58. L’autonoma collocazione di questa tipologia di interpello rispetto

alle fattispecie di cui al comma 1 e la differente locuzione utilizzata (“il contribuente interpella” in luogo de “il contribuente può interpellare”)

confermano che, attraverso la nuova formulazione delloStatuto, il legislatore ha

inteso delimitare l’area dei cosiddetti “interpelli obbligatori” a quelli previsti al

comma 259.

2.2 Interpello ordinario “puro” o qualificatorio

Il comma 1, lett. a) dell’art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente individua questa tipologia di interpello, definito come il diritto del contribuente ad ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali, relativamente all’applicazione delle disposizioni tributarie quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza relativa alla corretta interpretazione della normativa e alla corretta qualificazione di fattispecie nelle disposizioni tributarie. Vengono così a delinearsi due tipologie di interpello, la prima, che dal punto di vista sostanziale viene formalizzata nella richiesta interpretativa di una norma, si limita a mutuare la formulazione contenuta attualmente nell’articolo 11, confermando la struttura di interpello "generale", attivabile in relazione a qualsiasi disposizione di legge che si presenti obiettivamente incerta nella sua applicazione alla fattispecie

concreta e personale (c.d. interpello ordinario “puro”); la seconda, che

rappresenta la più grande innovazione della sottospecie in esame, è la domanda relativa ad una valutazione con prevalente rilevanza degli elementi di fatto rispetto a quelli di legge, in cui il dubbio non è sulla norma ma sulla riferibilità

del fatto ad una specifica disposizione60 (c.d. interpello qualificatorio). Rientrano,

58

Cfr. Legge, 27/07/2000 n.212, comma 2.

59

Come commentato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n.9/E del 1° aprile 2016, p.7.

60 Fino a questo momento “risultavano precluse in sede di lavorazione degli interpelli ordinari tutte quelle valutazioni caratterizzate da una spiccata prevalenza degli elementi fattuali rispetto a quelli

(29)

29

in particolare, nell'ambito applicativo della nuova ipotesi tutte quelle fattispecie, purché complesse, obiettivamente incerte, quali ad esempio la valutazione della sussistenza di un'azienda o di una stabile organizzazione ai fini dell'esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti di cui al nuovo articolo 168 ter del TUIR o la riconducibilità di una determinata spesa alla categoria delle spese di pubblicità ovvero a quelle di rappresentanza, sempre che l'istanza sia finalizzata ad ottenere chiarimenti sull'applicazione di disposizioni

tributarie61. Le esemplificazioni riprese dalla relazione illustrativa al Decreto

vanno a definire sia fattispecie già precedentemente disciplinate nell’ambito dell’interpello (come, ad esempio, i casi di qualificazione delle spese come “di pubblicità” o “rappresentanza”), sia ipotesi dai tratti del tutto innovativi (la valutazione dell’esistenza di una stabile organizzazione estera ai sensi e per gli

effetti di cui all’articolo 168-ter del TUIR)62

.

Per meglio definire l’ambito applicativo del nuovo interpello nella circolare 9/E l’Agenzia ritiene utile richiamare due passaggi della relazione illustrativa al decreto, nel primo passaggio si legge:”La facoltà di presentazione delle istanze

di interpello presuppone in ogni caso l'esistenza di un'obiettiva incertezza sulla qualificazione delle fattispecie, con la conseguenza che quelle ricorrenti, se non caratterizzate da elementi di peculiarità o, comunque, di complessità, non possono costituire oggetto dell'istanza”.Viene pertanto esclusa la possibilità di

presentare un interpello relativo al periodo di competenza o all’inerenza di un componente di reddito, tranne i casi in cui il contratto sia disciplinato dalla normativa estera e pertanto non agevolmente inquadrabile nelle regole del nostro paese. Risulta chiaro come se venisse data risposta ad un interpello relativo alla “normale” competenza o inerenza, ci si troverebbe di fronte ad un accertamento preventivo della veridicità del caso e della sua prospettazione. Risultano pertanto

giuridici, ossia tutti i casi in cui, di fatto, il dubbio del contribuente - più che vertere sulla interpretazione delle norme - aveva ad oggetto la qualificazione del fatto, determinate ai fini dell’applicazione di una disposizione in luogo di un’altra”,’Agenzia delle Entrate, circolare n.9/E del 1° aprile 2016.

61 Esemplificazioni riprese dalla relazione illustrativa al Decreto, “Schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario”, 26.06.2015.

62

Devono considerarsi non validamente presentabili le istanze di interpello qualificatorio aventi ad oggetto l’esistenza di una stabile organizzazione ai fini IVA in quanto questo è ricompreso nell’oggetto del ruling internazionale.

Riferimenti

Documenti correlati

Al fine di porre in essere le attività previste dal progetto, quale l’incremento nell’anagrafe vaccinale, delle coorti di nascita dall’anno 1999 al 2009 ancora in fase

4496 del 16/11/2016 si è preso atto del Progetto FAMI SILVER “Obiettivo nazionale 1- “Potenziamento del Sistema di 1° e 2° accoglienza” – Tutela della Salute dei richiedenti

Il personale da impiegarsi nel progetto dovrà svolgere l’attività progettuale al di fuori dell’orario di servizio e del profilo orario di appartenenza; il personale

9/E del 1° aprile 2016, è stato chiarito che le istanze di interpello (indipendentemente dalla tipologia di appartenenza) devono essere presentate entro la scadenza

Nel caso in esame, la Commissione regionale, seppure in maniera sintetica, ha ritenuto di rigettare l'appello dell'Ufficio e di confermare la sentenza di primo grado che

- ritenuto infine che nemmeno la dott.ssa Golia possa essere applicata, visto che, come rappresentato dal relativo dirigente dell’ufficio in data 20 luglio 2020,

- considerato che a seguito di bando disposto con delibera in data 5 giugno 2019 non è stato possibile applicare alcuno dei magistrati che hanno comunicato la

- considerato che la dott.ssa Raffaella MASCARINO è stata trasferita al Tribunale di Milano, e che lo stesso Tribunale con delibera in data 22 dicembre 2016 è stato a