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Aristea di Proconneso (IV 15, 3)

Oracoli delfici in Erodoto Libro

17) Aristea di Proconneso (IV 15, 3)

Una delle versioni sulle origini del popolo scitico riportata da Erodoto è tratta dal poema epico di Aristea di Proconneso, i Canti Arimaspi. Proprio sulla figura misteriosa di questo poeta e sulle sue apparizioni post mortem lo storico riporta due racconti: l’uno udito a Proconneso e a Cizico, l’altro proveniente da Metaponto. Sono proprio i Metapontini a chiedere all’oracolo delfico spiegazioni su Aristea, apparso loro con la specifica richiesta di rendere onori a lui stesso e ad Apollo. Per ordine della Pizia, che aveva intimato loro di eseguire quanto detto dal poeta, innalzano accanto al monumento consacrato ad Apollo una statua col nome di Aristea.

La fondazione di Cirene 18) (IV 150, 3)

Sull’origine della città di Cirene vengono riportate due versioni, una sostenuta dagli stessi Cirenei, l’altra narrata dai Terei (i fondatori della città). Secondo il racconto dei Terei, fu proprio il loro re, Grinno, a ricevere, su iniziativa autonoma della Pizia, un oracolo in base al quale avrebbe dovuto fondare una città in Libia. Il sovrano, reputando l’impresa troppo pesante per un uomo della sua età, indicò come candidato più valido Batto, uno dei cittadini che lo aveva accompagnato a Delfi. Rientrati nell’isola di Tera, ignorarono completamente il vaticinio poiché non avrebbero mai fondato una colonia in una terra che non conoscevano.

120 19) (IV 151,1)

I Terei, vivendo ormai da sette anni un periodo di grave siccità, si recarono a Delfi per interrogare l’oracolo. La Pizia ripeté di nuovo l’ordine di fondare una colonia in Libia. Poiché i Terei non sapevano dove si trovasse, inviarono messaggeri a Creta per cercare qualcuno che fosse già approdato in quel paese. Nella città di Itano, finalmente incontrarono un pescatore di nome Corobio, che una volta, spinto dai venti, era giunto su un’isola della Libia, Platea. Con una ricompensa lo convinsero a seguirlo e lo condussero a Tera. Da Tera partirono pochi uomini e, guidati dal pescatore, giunsero nell’isola libica. I Terei poi, lasciarono qui Corobio (assicurandogli viveri a sufficienza per alcuni mesi) e ritornarono in patria per avvisare gli altri del successo ottenuto. A Tera si decise di inviare una nuova spedizione composta da uomini provenienti da tutti i distretti dell’isola con a capo Batto, loro re e guida. Termina qui la versione dei Terei per quanto riguarda la colonizzazione di Cirene.

20) (IV 155, 3)

Nella versione dei Cirenei la Pizia diede l’incarico di fondare una nuova colonia non ai Terei, ma a Batto in persona. Quest’ultimo si era rivolto all’oracolo per una questione del tutto differente e cioè il motivo della sua balbuzie. Secondo i Terei e i Cirenei era stato chiamato “Batto” poiché aveva difficoltà a parlare. Erodoto, invece, sostiene che l’origine di tale nome era da attribuirsi proprio all’oracolo delfico. La Pizia, infatti, rivolgendosi a lui con questo epiteto, non lo aveva chiamato per nome, ma gli aveva preannunciato il suo destino poiché “Batto” in lingua libica significava re. Batto, non sentendosi all’altezza della missione affidatagli, aveva tentato di interrogare nuovamente la sacerdotessa, ma sentendosi ripetere sempre le stesse parole, era ritornato a Tera ignorando il responso.

21) (IV 156, 2)

Secondo la versione dei Cirenei, simile per alcuni aspetti anche a quella dei Terei, Batto e i Terei affrontarono un periodo molto difficile, “dove tutto andava male”. A tal proposito si recarono a Delfi per interpellare l’oracolo e la Pizia indicò loro, come sicuro rimedio alle disgrazie, la fondazione di Cirene in Libia specificando la partecipazione di Batto all’impresa. Quest’ultimo, insieme ai suoi compagni, fu inviato così in Libia, e dopo aver tentato invano di ritornare in patria, colonizzò l’isola di Platea vicino alla Libia.

22) (IV 157, 2)

Batto e i Terei vissero sull’isola di Platea per circa due anni ma, vedendo che la situazione per loro rimaneva immutata e le disgrazie non cessavano, lasciarono lì uno di loro e si recarono a Delfi per interrogare nuovamente l’oracolo. La Pizia rispose che la terra colonizzata non corrispondeva in realtà alla Libia e che avrebbero dovuto raggiungere il luogo esatto per fondare la nuova città.

121 Batto e i suoi, a questo punto, rientrarono a Platea e preso con sé il compagno che avevano lasciato lì, partirono alla volta della Libia approdando ad Aziri. Dopo aver vissuto per sei anni in questa località vennero condotti dagli stessi abitanti del luogo verso un’altra zona della regione, considerata più conveniente. Proprio in questo territorio, dove il cielo è forato, avrebbero fondato la nuova colonia di Cirene.

La dinastia dei Battiadi 23) (IV 159, 3)

Erodoto si sofferma sulle vicende relative alla dinastia dei Battiadi dove l’oracolo delfico riveste un ruolo molto importante. Sotto Batto II detto il Felice, terzo sovrano della sua dinastia, per ordine della Pizia altri Greci giungeranno in Libia e la colonizzeranno.

24) (IV 161, 2):

Sotto Batto lo Zoppo, quinto discendente della dinastia dei Battiadi, i Cirenei, data la situazione di precarietà in cui versavano, si rivolgono all’oracolo delfico per ottenere consigli su come governare e vivere meglio. Su ordine della Pizia, verrà convocato a Cirene un riformatore di Mantinea il quale adotterà importanti riforme dal punto di vista sociale (ripartizione dei cittadini in tre tribù, conferimento al sovrano di aree sacre e uffici sacerdotali, assegnazione al popolo di tutti privilegi che prima possedevano i re).

25) (IV 163, 2)

Arcesilao III, figlio di Batto lo Zoppo, si reca a Delfi per chiedere informazioni relative al suo ritorno in patria (il sovrano infatti, insieme alla madre Feretime aveva dovuto lasciare Cirene a causa di una rivolta scoppiata per motivi politici). La morte di Arcesilao, ucciso per mano dei suoi avversari a Barce, sarà la conseguenza inevitabile di un’interpretazione errata del responso oracolare.

LIBRO V

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