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Evenio di Apollonia, il guardiano delle greggi sacre (IX 93, 4)

Oracoli delfici in Erodoto Libro

58) Evenio di Apollonia, il guardiano delle greggi sacre (IX 93, 4)

Evenio di Apollonia, padre di un indovino greco, era uno dei custodi delle greggi sacre al Sole. Una volta, addormentatosi durante il suo turno di guardia, parte del bestiame da lui custodito venne sbranato dai lupi. Quando gli altri Apolloniati lo vennero a sapere, sottoposero a giudizio il loro concittadino e lo condannarono ad essere privato della vista. Subito dopo questo avvenimento, dovettero fronteggiare una grande disgrazia: la terra non dava più frutti e il bestiame non partoriva più. Si rivolsero perciò agli oracoli di Delfi e Dodona. Entrambi i responsi spiegarono che quel flagello era in realtà una punizione divina inflitta per riscattare Evenio. I lupi, infatti, erano stati inviati dagli dei per cui il guardiano non aveva colpa per quanto avvenuto. La vendetta divina, pertanto, avrebbe avuto fine solo dopo aver dato il giusto riscatto al guardiano delle greggi sacre, esaudendo tutte le sue richieste. Gli Apolloniati, durante una conversazione informale con l’ex guardiano, senza menzionare i responsi, riuscirono a strappare informazioni utili: nell’eventualità di una proposta di riscatto per l’ingiustizia subita, Evenio avrebbe voluto due appezzamenti,

131 quelli che lui stesso considerava i più belli di Apollonia. Gli Apolloniati glieli concessero, rivelando solo in un secondo momento tutta la storia dei responsi. In seguito Evenio, nonostante l’ingiustizia e l’inganno che aveva dovuto subire, si ritrovò a possedere una naturale capacità divinatoria che lo rese famoso.

132 Bacide:

- Una profezia inascoltata è causa di una grande sventura per gli Euboici (VIII 20, 2)

Dopo la battaglia dell’Artemisio, la cui conclusione è senza vinti e vincitori, Temistocle, comandante ateniese, in attesa di organizzare il rientro in Grecia, incita gli altri strateghi ad adottare alcune strategie contro i nemici: uccidere il bestiame degli Euboici per evitare che cada in mano ai Persiani; accendere i fuochi, per segnalare agli avversari la loro permanenza all’Artemisio. Gli abitanti dell’Eubea vanno incontro così ad una grande sventura che, in passato, era stata loro preannunciata da un oracolo di Bacide. Tale profezia, rimasta inascoltata, avvertiva di allontanare dall’Eubea “le capre dal frequente belato” nel momento in cui un uomo straniero avrebbe gettato sul mare un “giogo fatto di papiro”(chiaro riferimento ai ponti di barche gettati da Serse sull’Ellesponto; in uno di essi le navi erano tenute insieme da corde fatte di papiro).

- Il giorno della libertà della Grecia (VIII 77, 1)

Dopo la battaglia all’Artemisio, la flotta dei Greci, lascia l’Eubea e, su consiglio degli Ateniesi si dirige a Salamina. Intanto l’esercito guidato da Serse, dopo aver distrutto Tespie e Platea in Beozia, giunge fino ad Atene, devastandone il santuario e l’acropoli mentre la flotta approda parallelamente al Falero. Si preannuncia così un imminente scontro. Il grosso delle forze greche intende abbandonare Salamina e schierarsi lungo il Peloponneso. Temistocle, ispirato dal colloquio avuto con l’ateniese Mnesifilo, riesce a persuadere Euribiade, capo della flotta, convincendolo a rimanere a Salamina e affrontare il combattimento sul mare. Intanto si svolge il consiglio convocato da Serse dove solo Artemisia (comandante di cinque navi provenienti da Alicarnasso, Cos, Nisiro e Calidno) sconsiglia la battaglia, mentre tutti gli altri sono favorevoli. Dal Falero si dirigono perciò a Salamina impiegando un giorno per lo schieramento delle navi. Durante la notte, i Greci sono sopraffatti dalla paura e discutono nuovamente su un’eventuale ritirata verso il Peloponneso. Temistocle, a questo punto, assume un’iniziativa che si rivelerà vincente: per mezzo di Sicinno informa Serse su quanto sta accadendo e lo incita immediatamente ad attaccare battaglia. I Barbari così fanno avanzare le navi per evitare la fuga dei Greci e occupano silenziosamente le posizioni. A questo punto Erodoto cita un oracolo di Bacide che preannunciava la vittoria della Grecia nel momento in cui le navi nemiche avrebbero occupato il territorio fra la sacra spiaggia di Artemide e Cinosura marina.

- Oracolo sulla battaglia di Platea (IX, 43)

La battaglia nella zona di Platea presso il fiume Asopo, dove i due eserciti sono schierati l’uno di fronte all’altro, non si svolge nell’immediato, ma dopo ben dodici giorni. Quest’attesa, dovuta al parere contrario degli indovini dei rispettivi eserciti, volge al termine quando Mardonio prende la decisione di attaccare i Greci. Prima di muovere battaglia interroga i comandanti

133 sull’esistenza di eventuali oracoli sfavorevoli e, non ricevendo alcuna informazione, cita e interpreta lui stesso un responso delfico di sua conoscenza: in base a tale vaticinio i Persiani avranno la peggio solo dopo aver saccheggiato il santuario di Delfi. Ignorando del tutto i presagi degli indovini (l’eleo Egesistrato per i Persiani e Ippomaco di Leucade per i Greci che combattevano con loro) e abbandonando qualsiasi pretesa sul santuario delfico, dispone ogni cosa per la battaglia che avrà luogo all’alba del giorno successivo. Erodoto sostiene che l’oracolo preso in considerazione da Mardonio era destinato ad altri (agli Illiri e agli Enchelei, popolazione stanziata nell’Illiria meridionale) e non ai Persiani. Questi ultimi, secondo lo storico, sono sicuramente destinatari di un oracolo di Bacide (e di alcune profezie di Museo), che preannunciava la caduta di molti Medi sul Termodonte e sull’Asopo. Anfilito di Acarnania

- Pisistrato tiranno di Atene per la terza volta (I, 62, 4)

L’episodio è inserito nella digressione sulle tirannidi di Pisistrato ad Atene (cap. 59-64). Pisistrato, dopo dieci anni di esilio ad Eretria, invade l’Attica, occupa Maratona e si dirige verso Atene. Con le truppe si ferma al santuario di Atena Pallene e si schiera proprio di fronte all’esercito ateniese. A questo punto l’indovino (χρησμολόγος ἀνήρ) Anfilito di Acarnania, su ispirazione divina, (<<θείῃ πομπῇ>>) preannuncia a Pisistrato un oracolo ricorrendo ad un’immagine legata alla pesca: <<Il lancio è stato compiuto, la rete è stata spiegata, i tonni vi si getteranno in una notte di luna>>. Pisistrato comprende la profezia, la accetta, e fa avanzare le sue truppe. L’azione risulta vincente poiché coglie gli Ateniesi di sorpresa. Così Pisistrato, per la terza volta diventa tiranno di Atene.

Lisistrato di Atene

- Profezia sulla battaglia di Salamina (VIII 96, 2)

La battaglia di Salamina, svoltasi nel tratto di mare antistante l’isola, si rivela disastrosa per i Persiani i quali subiscono innumerevoli perdite a causa del loro modo disordinato di combattere e della pressione esercitata da Serse che assiste allo scontro. Molti relitti delle navi affondate, spinti dal vento, vengono portati sulla spiaggia dell’Attica chiamata Coliade. In questo modo si realizza quanto era stato predetto da una profezia di molti anni prima, pronunciata da Lisistrato di Atene (χρησμολόγος ἀνήρ) e che era rimasta oscura per tutti i Greci: <<Le donne di Coliade faranno l’arrosto con i remi>>.

Oracolo in esametri “autonomo”

134 Dopo il fallimento della spedizione navale di Mardonio nei pressi del monte Athos, i Persiani organizzano una nuova spedizione contro la Grecia. Dario questa volta affida il comando delle truppe a Dati e ad Artaferne con l’ordine di ridurre in schiavitù gli abitanti di Eretria ed Atene, colpevoli di aver sostenuto l’insurrezione di Mileto. Il percorso che seguono è diverso rispetto al precedente poiché si dirigono in Grecia passando attraverso le isole. L’unica fra queste che non viene saccheggiata e anzi riceve onori da parte di Dati, è Delo. Appena il comandante persiano lascia Delo puntando verso Eretria, l’isola è scossa da un violento terremoto. Si realizza così ciò che era stato predetto da un oracolo: <<Muoverò anche Delo, benché sia immobile>>. Erodoto interpreta questo evento come segno dei mali futuri per la Grecia.

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