• Non ci sono risultati.

3 2 L’oracolo e il racconto oracolare

3.2 L’oracolo epiceno

Nel VI libro delle Storie Erodoto tramanda un oracolo il cui testo, originariamente unitario, viene scomposto e inserito in due contesti narrativi differenti. La prima parte della profezia (77, 2) riguarda la strage di Sepeia, in cui numerosi Argivi perdono la vita per mano del re di Sparta Cleomene. La seconda parte riguarda invece la conquista di Mileto (19, 2) ad opera dei Persiani durante le ultime fasi della rivolta ionica. In realtà l’ordine con cui compaiono i vaticini è invertito come specificato dallo stesso storico il quale sottolinea che l’oracolo relativo alla città ionica è in realtà un’aggiunta di un responso cumulativo più ampio (ἐπίκοινον χρηστήριον) che in parte si riferisce agli Argivi, in parte ai Milesi (19, 1). Aggiunge inoltre che riporterà la parte concernente gli Argivi quando arriverà al punto adatto del racconto ( 19, 2: Τὸ μέν νυν ἐς τοὺς Ἀργείους ἔχον, ἐπεὰν κατὰ τοῦτο γένωμαι τοῦ λόγου, τότε μνησθήσομαι […]). Il testo dell’oracolo nella sua interezza apparirebbe in tal modo: (VI 19, 2) Ἀλλ' ὅταν ἡ θήλεια τὸν ἄρσενα νικήσασα ἐξελάσῃ καὶ κῦδος ἐν Ἀργείοισιν ἄρηται, πολλὰς Ἀργείων ἀμφιδρυφέας τότε θήσει. Ὥς ποτέ τις ἐρέει καὶ ἐπεσσομένων ἀνθρώπων· “Δεινὸς ὄφις τριέλικτος ἀπώλετο δουρὶ δαμασθείς”. (VI 77, 2) Καὶ τότε δή, Μίλητε, κακῶν ἐπιμήχανε ἔργων, πολλοῖσιν δεῖπνόν τε καὶ ἀγλαὰ δῶρα γενήσῃ, σαὶ δ' ἄλοχοι πολλοῖσι πόδας νίψουσι κομήταις, νηοῦ δ' ἡμετέρου Διδύμοις ἄλλοισι μελήσει.

Ma quando la femmina, vinto il maschio, lo scaccerà e acquisterà gloria tra gli Argivi,

allora farà sì, che molte Argive si lacerino le guance.

Tanto che un giorno dirà qualcuno degli uomini che verranno: “Il terribile serpente dalla triplice spira perì domato dalla lancia”. E allora, o Mileto, artefice di imprese malvagie,

diverrai banchetto e splendido dono per molti

e le tue spose laveranno i piedi a molti uomini dai lunghi capelli e ad altri toccherà la cura del nostro tempio a Didima.

43 La connotazione epica di quest’oracolo, come ribadito da Nenci, è particolarmente spiccata158 come si evince sin dal primo verso: θήλεια e ἄρσενα sono entrambi termini omerici. Nell’Iliade, infatti, all’interno del Catalogo delle navi dedicato alla rassegna delle forze greche in campo, compare il verso θηλείας, φόβον Ἄρηος φορεούσας, che è in connessione con il binomio donna-guerra. Anche per ἄρσην vi sono alcune attestazioni (Il. VIII 7: μήτε τις οὖν θήλεια θεὸς…μήτε τις ἄρσην; VII 315; XX 495). L’immagine della “femmina che uccide il maschio” evoca un episodio omerico (Il. XIX 122) in cui Agamennone racconta che anche Zeus fu ingannato da Era poiché la dea, grazie ad uno stratagemma riuscì a rimandare la nascita di Eracle, anticipando quella di Euristeo159.La formula κῦδος ἐν Ἀργείοισιν ἄρηται non si trova in Omero, ma ἐν Ἀργείοισιν si trova spesso in questa posizione160. Si noti inoltre in Il. XIV 364-365 il verso Ἀργεῖοι καὶ δ' αὖτε μεθίεμεν Ἕκτορι νίκην/ Πριαμίδῃ, ἵνα νῆας ἕλῃ καὶ κῦδος ἄρηται, riferito alla vittoria bellica. Anche l’aggettivo ἀμφιδρυφέας (con le guance graffiate) si trova in Omero (Il. II 700; XII 392-393) così come l’emistichio ὥς ποτέ τις ἐρέει (Il. 15 182; VI 462; VII 91). Δεινὸς ὄφις è, invece, un’espressione utilizzata in Esiodo (Theog. 299). L’espressione δουρὶ δαμασθείς, i cui termini appartengono al lessico epico, compare solo una volta nell’Iliade (XVI 816); κακῶν ἐπιμήχανε ἔργων ricalca la struttura metrica in un verso della Teogonia di Esiodo: κακῶν ξυνήονας ἔργων (v. 595). Per ἀγλαὰ δῶρα numerose sono le attestazioni nell’Iliade161

, nell’Odissea162, nell’Inno ad Ermes (vv. 462, 470), nella Teogonia163

; πόδας νίψουσι si trova nell’Odissea (XIX 356, 376) e in un frammento esiodeo (59, 4 M.-W). L’immagine (epica) della donna che uccide l’uomo ha dei rimandi anche nella tragedia con cui condivide somiglianze lessicale. Basti pensare a Clitemnestra che uccide Agamennone (Aesch. Ag. 1231 τοιάδε τόλμα· θῆλυς ἄρσενος φονεύς·); ad Ecuba che viene interrogata da Agamennone (Eur. Hec. 883 καὶ πῶς γυναιξὶν ἀρσένων ἔσται κράτος) e a Deianira che “vince” Eracle (Soph Trach. 1062-1063: γυνὴ δέ, θῆλυς οὖσα κοὐκ ἀνδρὸς φύσιν,

158 Nenci (1998), p. 242. 159

Franchi (2014), p. 342.

160 Il. II 274; IX 647, 680; XIX 175; XXIII 456; Od. III 379.

161 I 213; IV 97; XI 124; XVI 86, 381, 867; XVIII 84; XIX 18, XXIV 278, 447, 534. 162 IV 589; VII 132; IX 201; XI 357; XIII 135; XVI 230; XVIII 279; XIX 413; XXIV 314. 163

44 μόνη με δὴ καθεῖλε φασγάνου δίχα). Diodoro Siculo (VIII 23, 2), inoltre, riporta un oracolo riguardante la fondazione di Reggio in cui è presente tale immagine164 e Dioniso di Alicarnasso (XIX, 2) aggiunge che alcuni Calcidesi fondarono Reggio nel luogo in cui videro una vite abbarbicata ad un fico selvatico.

La parte relativa ai Milesi, come si piò dedurre dal testo, è più chiara rispetto all’altra ed è molto più semplice collegarla all’evento di cui fa menzione. La parte relativa agli Argivi, invece, è più complessa e, come sottolinea il Piérart165, non vi è nessuna allusione che possa collegarla direttamente alla battaglia di Sepeia. Un’analisi del racconto oracolare può contribuire a trovare dei riscontri significativi fra la profezia e la cornice narrativa che la racchiude e può inoltre rafforzare l’ipotesi che la parte argiva dell’oracolo epiceno sia un riuso del vaticinio per rafforzare una tradizione storica.

Il racconto oracolare nel quale è inserita la profezia data agli Argivi è a sua volta incastonato in una digressione sulle cause della pazzia di Cleomene. Questi, dopo aver sostituito Demarato (l’altro sovrano spartano) con l’inganno166

, teme una ritorsione da parte degli Spartiati a causa della sua crudele condotta. Si rifugia così in Arcadia dove tenta di organizzare una rivolta contro Sparta. Viene però richiamato in patria dagli stessi suoi concittadini i quali, intimoriti dai suoi progetti, gli restituiscono il potere. Ma Cleomene una volta rientrato, manifesta chiari segni di squilibrio mentale e di lì a poco si procurerà lui stesso la morte facendo strazio delle sue carni. La sua

164 Ἀψία ᾗ ποταμῶν ἱερώτατος εἰς ἅλα πίπτει,/ ἔνθ' εἴσω βάλλοντι τὸν ἄρσενα θῆλυς ὀπυίει,/

ἔνθα πόλιν οἴκιζε, διδοῖ δέ σοι Αὔσονα χώραν (Dove l’Apsia, il più sacro dei fiumi, si getta in mare,/ troverai una femmina che sposa un maschio/ lì fonda una città perché il dio ti concede la terra Ausonia). Per alcuni studiosi, come Parke-Wormell (1956b pp. 54-55) e Fontenrose (1978), l’oracolo è molto simile ad un folk-tale, reso ancora più suggestivo dal misterioso fascino che una “incognita profetica” sa conferire. Sebbene la fondazione di Reggio risalga al 720 a. C. (Bearzot 2005, p. 37), l’oracolo viene collocato in un’epoca più tarda: cfr. Suárez de la Torre (1994), pp. 7-37.

165 Piérart 2003, p. 289.

166 Cleomene rientrato da Egina, dove si era recato su richiesta degli Ateniesi per punire i

responsabili dell’alleanza con il re persiano Dario (VI 49-50, 3), venuto a conoscenza delle calunnie mosse da Demarato in sua assenza, riesce a escogitare un modo per destituirlo dalla carica. A tal proposito coinvolge Leutichida, anch’esso come Demarato discendente dal ramo della famiglia meno illustre, il quale cita in giudizio il secondo sovrano spartano con l’accusa di essere figlio illegittimo del re precedente, Aristone. Gli Spartiati, chiamati a giudicare e risolvere la questione, trovandosi in difficoltà si rivolgono all’oracolo di Delfi. Il responso divino conferma la natura illegittima del potere di Demarato, e ne sancisce perciò l’immediata destituzione. L’oracolo in questione è in realtà un falso poiché Cleomene tramite Cobone, uomo molto influente a Delfi, ha corrotto la Pizia (VI 61-66, 3).

45 follia, che raggiunge l’apice nella “spettacolarità” del suicidio, è attribuita a diverse cause: per la maggior parte dei Greci, per esempio, e per Erodoto stesso (VI 84, 3), è ricondotta alla vicenda relativa alla corruzione della Pizia in seguito alla quale Demarato perde il suo potere. Fra le altre versioni riportate, lo storico si sofferma in modo più dettagliato su quella sostenuta dagli Argivi. Per questi ultimi la pazzia del sovrano affonda le radici in un episodio avvenuto durante il conflitto contro Argo. Cleomene, infatti, aveva ricevuto un oracolo delfico in base al quale avrebbe conquistato Argo (76, 1). Convinto di riuscire nell’impresa, aveva condotto l’esercito a Sepeia, vicino Tirinto. Gli Argivi intanto, venuti a conoscenza degli spostamenti dei nemici, si erano accampati proprio di fronte a loro, poiché temevano molto di più gli inganni di Cleomene che non una battaglia in campo aperto. A questi inganni si riferisce la prima parte dell’oracolo epiceno che annuncia la vittoria della femmina sul maschio, i visi lacerati delle donne argive e la morte del serpente dalla triplice spira. Erodoto non si sofferma sul significato della profezia, ma continua il suo racconto sulla guerra riportando le orrende azioni compiute da Cleomene: dopo aver ucciso numerosi Argivi in battaglia, aveva sterminato con l’inganno parte dei superstiti rifugiati nel santuario del luogo e, in seguito, aveva completato il massacro incendiando il bosco sacro. Mentre gli alberi ardevano, era venuto a conoscenza che il bosco era consacrato ad Argo e per questo, avendo intuito di essere stato ingannato dall’oracolo, aveva rinunciato a conquistare la città167

. Lo aveva distolto dall’impresa anche un altro episodio: subito dopo la strage di Sepeia si era recato presso il santuario di Era per offrire sacrifici e durante il rito (compiuto da lui stesso) aveva visto una lingua di fuoco fuoriuscire dal petto della statua della dea. Da questo aveva intuito che non avrebbe conquistato Argo poiché la fiamma non era stata sprigionata dalla testa. Convinto a questo punto di aver concluso l’impresa, aveva rinunciato a entrare nella città di Argo e per questa sua decisione sarebbe stato processato al suo rientro a Sparta. Ad Argo, intanto, rimasta sprovvista di uomini erano saliti al potere gli schiavi (i ‘douloi’), fino a che i figli degli Argivi morti in battaglia non fossero cresciuti.

167 VI 80, 1:“Apollo, dio degli oracoli, davvero mi hai grandemente ingannato, dicendo che

46 Il racconto oracolare, alquanto oscuro, sulla pazzia di Cleomene termina con la versione fornita dagli Spartiati: Cleomene sarebbe impazzito non per un dio, ma per aver frequentato gli Sciti ed essere diventato un accanito bevitore. Fontenrose è convinto gli Argivi si siano lasciati sopraffare da un responso ingannevole168. Secondo la sua interpretazione “la femmina” dell’oracolo va identificata con la città di Sparta poiché Σπάρτη è un sostantivo femminile. Apollo, dunque, da una parte avrebbe cercato di rassicurare Argo facendole credere che una sua eventuale sconfitta fosse impossibile (come è altamente improbabile che una donna sconfigga un uomo), dall’altra le avrebbe teso una trappola ricorrendo ad un cambio di prospettiva. Secondo lo Stein169, invece, la Pizia intendeva preannunciare che Sparta (la femmina) sarebbe stata la vincitrice, Argo (il maschio) sarebbe stato il vinto. Tuttavia gli Argivi avevano interpretato la femmina come la località della battaglia (Sepeia), il maschio come il re Spartano Cleomene. Il Macan sottolinea il carattere oscuro e fortemente ingannevole della profezia e ne cita le possibili interpretazioni: favorevole ad Argo (Argo sconfiggerà e scaccerà i Lacedemoni con un costo per le donne argive; la “femmina” in questo caso alluderebbe alla dea Era che di fatto, ha impedito al re spartano di conquistare la città), sfavorevole ad Argo (Sparta conquisterà Argo; la sola perplessità legata a tale interpretazione è rappresentata da ἐξελάσῃ, ma potrebbe essere spiegata collegando θήλεια ad Era)170. Una terza interpretazione inserita dal Macan nel suo commento fa riferimento ad un’altra versione della guerra fra Sparta e Argo che presenta non poche differenze con la narrazione erodotea. L’immagine della donna che prevarica sull’uomo è stato inteso come un’allusione a Telesilla, poetessa argiva della prima metà del V di cui ci rimane qualche frammento171. Sarebbe stata proprio lei a salvare le sorti della città dopo la battaglia di Sepeia. Essa tuttavia non compare in tutti i resoconti antichi che ci riferiscono della battaglia suddetta (oltre al passo, già citato delle Storie di Erodoto, è attestata in un frammento attribuito a storici locali argivi dei quali citato esplicitamente è solo Socrate di Argo172, in un passo della Periegesi di Pausania (II 20, 8), e nel lessico Suda (s.v. IV 518, 3-12 Adler = T6) che secondo Piérart dipenderebbe 168 Fontenrose (1978), pp. 70-71. 169 Stein (1894), ad loc. 170 Macan (1908), ad loc. 171 Pizzocaro (1993), pp. 83-103. 172

47 interamente da Pausania173. Esse non divergono nella sostanza, ma presentano alcune divergenze. La battaglia di Sepia, secondo queste fonti, avrebbero avuto un seguito diverso, perché protagonista ne sarebbe Telesilla: Cleomene non si accontenta della strage compiuta a Sepia e prosegue nella conquista di Argo; la città, ormai senza uomini, viene difesa da Telesilla al comando di un esercito di donne; gli Spartani attaccano, guidati sia da Cleomene che Demarato, l’altro re spartano e vengono sconfitti e ad Argo salgono al potere gli schiavi. Questa versione spiegherebbe i primi due versi dell’oracolo e verrà utilizzata da Plutarco (Mul. virt. 245C-F .) per spiegare le origini di una festa argiva durante la quale uomini e donne avevano la consuetudine di scambiarsi le vesti fra di loro174.

173 Piérart (2003), pp. 276-77.

174 Nello stesso capitolo, Plutarco racconta di come Telesilla, di salute cagionevole, fosse

48

Documenti correlati