• Non ci sono risultati.

3 2 L’oracolo e il racconto oracolare

3.4 Il sacrificio di Leonida

Fra tutte le battaglie succedutesi nelle guerre persiane, quella delle Termopili rappresenta senz’altro un unicum per il contrasto evidente fra l’esito storico (si rivelò infatti un fallimento dal punto di vista tattico-strategico) e l’immagine positiva restituita dalle fonti. Il sacrificio di tutti coloro che scelsero di rimanere a combattere consapevoli di andare incontro a morte certa, divenne il simbolo dei più alti valori non solo di Sparta, ma anche dell’intera Grecia245

. La grande risonanza che ebbe tale avvenimento è ben dimostrata dalle parole di Tucidide (IV 36, 3), il quale, ad oltre cinquant’anni di distanza, paragona la situazione in cui versavano gli Spartani a Sfacteria con quella dei loro antenati alle Termopili. A parità di condizioni, in quanto accerchiati dai rispettivi nemici, gli uni si arresero (παρεῖσαν τὰς ἀσπίδας) e si consegnarono agli Ateniesi, gli altri, pur avendo la possibilità di ritirarsi, non abbandonarono il proprio posto e vennero uccisi dai Persiani. Tucidide (40, 1) sottolinea il grande stupore che questo episodio suscitò nei Greci poiché i Lacedemoni erano considerati dei grandi combattenti disposti al sacrificio estremo246. In questo contesto non è casuale il riferimento alla battaglia delle Termopili che rappresenta certamente un fatto illustre e un potente mezzo di propaganda attraverso cui si è rafforzata l’ideologia spartana della belle mort247.

3.4.1 Le fonti

Le altre fonti, oltre ad Erodoto, che parlano dell’avvenimento, sono tutte concordi nel delineare un’immagine gloriosa di Sparta. Prima fra tutte è l’ἐγκώμιον di Simonide, tramandato da Diodoro (XI 11, 6; fr. 26 Page), in cui si fa riferimento al destino glorioso (εὐκλεὴς τύχα) e alla bella morte (καλὸς δ' ὁ πότμος) che avranno i “caduti alle Termopili”248, all’immortalità cui sono destinati uomini così valorosi e alla εὐδοξία che l’intera Grecia si è assicurata. 245 Cfr. Moggi (2007), pp. 1-39. 246 παρὰ γνώμην τε δὴ μάλιστα τῶν κατὰ τὸν πόλεμον τοῦτο τοῖς Ἕλλησιν ἐγένετο· τοὺς γὰρ Λακεδαιμονίους οὔτε λιμῷ οὔτ'ἀνάγκῃ οὐδεμιᾷ ἠξίουν τὰ ὅπλα παραδοῦναι, ἀλλὰ ἔχοντας καὶ μαχομένους ὡς ἐδύναντο ἀποθνῄσκειν. 247 Loraux (1977), pp. 105-20.

248 Si noti come non siano menzionati gli Spartani, ma i generici τῶν ἐν Θερμοπύλαις

θανόντων, e come non sia un componimento volto ad elogiare un solo uomo. Qui Leonida ha il ruolo di testimoniare l’eroismo e la gloria che lui insieme ai suoi uomini ha conquistato: cfr. Molyneux (1992), pp. 185-186.

67 Gli ultimi due versi rappresentano un omaggio al re spartano Leonida che è testimone (μαρτυρεῖ) dell’ἀρετή di questi uomini e che ha lasciato anch’egli ἀρετᾶς μέγαν κόσμον e ἀέναόν κλέος. Erodoto, nel dettagliato racconto delle operazioni militari, riporta anche tre epigrammi (VII 228, 1-4), di cui due commissionati dai membri dell’Anfizionia delfica249

e una da Simonide di Ceo250. I primi due erano dedicati rispettivamente a tutti i caduti del Peloponneso; il secondo ai soli Spartiati; il terzo era stato scolpito in onore di Megistia, l’indovino che, nonostante avesse previsto la distruzione dei Greci, scelse comunque di rimanere accanto ai soldati e perire con loro. Interessante è notare che nelle prime due iscrizioni non compare il nome di Leonida e questo atteggiamento di predilezione nei confronti della comunità a scapito del singolo è presente anche altrove, come ad esempio nell’episodio del tripode consacrato a Delfi dopo la battaglia di Platea (e quindi al termine delle guerre persiane). Sul tripode d’oro offerto in decima ad Apollo erano incisi i nomi delle città che avevano sconfitto i Persiani251.

Del tutto insolito è il silenzio di Eschilo sugli eventi alle Termopili. Il tragediografo, nei Persiani, dà maggiore peso alla battaglia di Salamina e nomina anche altri scontri quali quello di Maratona (vv. 236, 244, 474-475) e di Platea (vv. 816-817), ma nessun accenno alla sconfitta degli Spartani. Tale omissione potrebbe essere spiegata alla luce di una volontà da parte dell’autore di stabilire una netta differenza fra i meriti degli Ateniesi e quelli dei

249

Per quanto riguarda il ruolo degli Anfizioni, occorre sottolineare che essi avevano scelto di sostenere Serse (cfr. Hdt. VII 132, 1); i successi ottenuti dai Greci avevano poi spinto i membri del santuario delfico verso un orientamento diverso. Cfr. Giuliani (2001) pp. 55-77. In questa prospettiva bisogna leggere le iniziative delfiche dopo le guerre persiane: il pagamento di una decima per i popoli che avevano medizzato (VII 132, 2); le celebrazioni delle vittorie sui Persiani (VIII 121, 2); la ricompensa per chiunque avesse catturato Efialte (VII 213, 2).

250 Erodoto sostiene che Simonide, legato a Megistia da vincoli di ospitalità, non compose

l’epigramma, ma lo fece incidere. Tuttavia gli editori (come il Diehl e il Bergk) sono concordi nell’assegnarlo al poeta di Ceo. Più incerta è l’attribuzione degli altri due epigrammi. Per una disamina del problema si veda Page (1981, pp. 231-234) il quale attribuisce la paternità simonidea alla sola iscrizione per Megistia.

251 Hdt. VIII 82, 1; IX, 81, 1; l’elenco di tutte le città partecipanti è fornito da Pausania (V 23,

1; X 13, 9). Diodoro Siculo (XI 33, 2) tramanda un’iscrizione dedicata ai “salvatori dell’Ellade” che allude all’intera guerra non solo al fatto contingente della battaglia di Platea. A dimostrazione di ciò lo storico riporta subito dopo gli epigrammi sui caduti delle Termopili cui fa cenno anche Erodoto. Il tripode delfico offerto come decima alla divinità e contenente l’iscrizione sui partecipanti alle guerre persiane è ricordato inoltre da Tucidide (III 57, 2). Quest’ultimo, in I 132, 2-3, sostiene che Pausania, nipote di Leonida e vincitore della battaglia di Platea, aveva fatto incidere un distico elegiaco in suo onore. Gli Spartani avevano poi “raschiato” il testo e avevano inserito i nomi delle città.

68 Lacedemoni nelle guerre persiane252. Ad esempio la vittoria di Platea, per cui il ruolo degli Spartani è stato decisivo, è considerata una conseguenza dell’indebolimento dell’esercito di terra dopo la battaglia di Salamina (v. 728) e non una dimostrazione di valore dei Greci.

Per quanto riguarda gli storici, oltre ad Erodoto e a Tucidide253 ed Eforo che è considerato la principale fonte di Diodoro, non sono pervenuti molti riferimenti alle guerre persiane in generale e alla battaglia delle Termopili in particolare254. L’episodio ha ottenuto, invece, grande risalto presso gli oratori attici, come Lisia (Epit. 30-31) e Isocrate (Paneg. 90-92), i quali ne offrono un’immagine positiva, giudicandolo un esempio edificante di coraggio e virtù, un fatto illustre che rispecchiava i più alti ideali panellenici (gli Spartani furono vinti nel corpo, ma non nell’animo e non furono realmente sconfitti in quanto non abbandonarono il posto assegnato)255.

Diodoro (XI 4, 1-10, 4) offre un resoconto abbastanza simile al racconto erodoteo inserendo qualche elemento nuovo (come ad esempio, in XI 10, 3, la notizia di una sortita notturna da parte di alcuni soldati greci che riuscirono quasi ad uccidere Serse; oppure la decisione dei Persiani di attaccare le truppe nemiche “ai fianchi e alle spalle” per timore di avere uno scontro frontale XI 10, 4)256. In XI 11, 5 Diodoro afferma che i caduti alle Termopili hanno garantito in un certo senso la salvezza dell’Ellade perché, se per i Greci sono stati un modello da emulare, per i Persiani rappresentavano una grande prova della virtù dei nemici e un monito per le future imprese. Il processo di trasformazione dell’evento alle Termopili da pesante sconfitta a exempla virtutis è evidente anche in Pausania, il quale colloca l’episodio sullo stesso piano delle vittorie di Maratona e di Salamina (III 4, 7; VIII 52, 2) e in altri casi attribuisce la sconfitta al tradimento di Efialte (III 4, 8; 5,5).

252

Moggi (2007), p. 12.

253 Tucidide, oltre al paragone fra gli Spartani a Sfacteria e i loro antenati alle Termopili (IV

36, 3), nomina il luogo altre due volte (Thuc., II 101, 2; III 92, 6).

254 Qualche riferimento in Ctesia di Cnido (FGrHist 688 F 13 (27) e in Senofonte, Hell. VI 5,

43; VII 1, 34.

255

L’accoglienza benevola dell’evento delle Termopili da parte degli oratori attici deve essere letto alla luce dell’antagonismo con Sparta: pur avendo un grande impatto sociale e culturale era del tutto innocuo dal punto di vista politico e militare. Il ruolo di Atene nelle guerre persiane non veniva adombrato dal gesto degli Spartani alle Termopili: cfr. Nouhaud (1982), pp. 139-164; 183-190.

256 La fonte di Diodoro è stata individuata in Eforo: cfr. Flower (1998), pp. 365-379 secondo

cui gli elementi suppletivi mancanti in Erodoto sarebbero stati desunti da testi poetici (primo fra tutti i componimenti simonidei).

69 Tra tutte le fonti che parlano dello scontro alle Termopili è certamente Erodoto l’autore che dà un maggiore risalto. Lo storico offre un racconto articolato e complesso (VII 201- 239, 4) ricorrendo a poche e brevi digressioni, insistendo sulla figura del re spartano Leonida che sembra divenire il protagonista assoluto dello scontro e la vittima sacrificale (secondo le parole di un oracolo) per la salvezza di Sparta.

3.4.2 L’oracolo e il racconto oracolare

In VII 175, 1-2 Erodoto racconta che i Greci, di fronte all’imminente minaccia persiana, si riunirono all’Istmo e discussero sulle strategie da adottare, esaminando le possibili vie d’accesso. Abbandonato il progetto di ostacolare l’avanzata di Serse a Tempe (la via che portava dalla Macedonia inferiore alla Tessaglia), venne deciso che l’esercito di terra si stanziasse alle Termopili, mentre la flotta a capo Artemisio. Lo storico sottolinea che tale scelta venne fatta per la natura morfologica del passo delle Termopili, che era più stretto rispetto a quello che porta in Tessaglia e più vicino al loro paese. Nella presentazione delle truppe coinvolte (202, 1), Erodoto nomina per primi gli Spartani e mantiene questo atteggiamento di preferenza in diverse occasioni. In VII 204, 1, infatti, dice che i contingenti delle varie città erano guidati da un proprio comandante, ma il ὁ δὲ θωμαζόμενος μάλιστα καὶ παντὸς τοῦ στρατεύματος ἡγεόμενος, era lo spartano Leonida al quale è riservata una presentazione degna dei più grandi eroi. Dopo essere stato brevemente menzionato in V 41, 3257, è qui nominato in modo ufficiale con tutta la sua genealogia, che da Anassandrida, suo padre, risale fino ad Eracle258 e ne viene spiegata l’inaspettata ascesa al potere, in quanto non era discendente diretto del precedente sovrano (egli infatti era fratellastro del re Cleomene259, di cui sposò la sua unica figlia, e fratello di un altro possibile erede al trono, Dorieo260, il

257 Anassandrida, re di Sparta, ebbe dalla prima moglie tre figli: Dorieo, Leonida e

Cleombroto; cfr. n. 4.11

258 Vandiver (1991), pp. 187-189.

259 Per la morte di Cleomene si veda Hdt. VI 75, 1-3. 260

Erodoto, in V 39,1-48, 1, racconta, di come Cleomene sia diventato re di Sparta attirando le ostilità di Dorieo. Il padre di Cleomene, Anassandrida, riuscì ad ottenere una concessione davvero insolita: poiché non riusciva ad avere eredi dal primo matrimonio, sposò un’altra donna, pur non ripudiando la precedente. Si trovò ad avere così due mogli e due case. Quando la seconda moglie diede alla luce il suo unico figlio, Cleomene, la prima moglie rimase incinta.

70 quale, però, era rimasto ucciso durante una spedizione in Sicilia). Le truppe spartane, guidate dal re Leonida, erano costituite da trecento opliti scelti261 previsti dalla legge. Uno dei requisiti fondamentali per questi membri della guardia reale262 era il possedere necessariamente dei figli (per garantirne la successione). A questi, si aggiunsero quattrocento Tebani, richiesti dallo stesso sovrano per mettere alla prova la loro lealtà in quanto erano accusati di parteggiare per i Persiani (205, 3). Gli Spartani inviarono un contingente ristretto, sia perché in quel periodo si stavano svolgendo le feste Carnee sia perché intendevano spronare gli altri Greci a combattere evitando la diffusione di atteggiamenti filopersiani (206, 1). Anche gli altri alleati greci, per il presidio del passo, non impiegarono tutte le forze disponibili, ma preferirono inviare i πρόδρομοι263, ossia le avanguardie perché si prevedeva una guerra di maggiore durata e, inoltre, perché gli eventi coincidevano con i Giochi Olimpici (206, 2). Gli Spartani, come gli altri alleati, pensavano di raggiungere le Termopili con l’intero esercito al termine delle celebrazioni. Si noti come i Lacedemoni siano posti sullo stesso piano degli altri alleati, quasi a voler dare una connotazione panellenica alla singola polis. Prima della battaglia finale, ebbero luogo alcuni scontri il cui esito si rivelò vincente per i Greci: “gli Spartani combatterono in maniera memorabile, dimostrando in vari modi di conoscere l’arte della guerra in mezzo ad uomini che la ignoravano” (211, 3). Questa descrizione si riallaccia a quanto detto a Serse da Demarato, co-sovrano di Sparta al tempo del regno di Cleomene, il quale, destituito dall’incarico a

Quest’ultima, dopo aver generato Dorieo, diede alla luce altri due figli, Leonida e Cleombroto. Nonostante ciò, ad ereditare il potere fu comunque Cleomene non per i suoi meriti, ma κατὰ γένος. Dorieo, non tollerando di rimanere a Sparta da suddito, partì con altri uomini per fondare una colonia. Fallita l’impresa in Libia, per la quale non aveva interpellato nemmeno l’oracolo delfico come era consuetudine fare, si recò in Sicilia sulla base delle parole di un indovino e in seguito di un vaticinio della Pizia. Secondo una versione fornita dai Sibariti, Dorieo sarebbe morto durante la spedizione nell’isola per non aver seguito le parole dell’oracolo: egli infatti, mentre si recava in Sicilia, sarebbe intervenuto nella guerra fra Crotone e Sibari, combattendo con successo a fianco dei Crotoniati.

261 Erodoto insiste più volte su questo numero (VII 202; 205; 224; 229; 232).

262 I Trecento erano dei λογάδες ossia dei guerrieri d’élite selezionati e legati tra loro dalla

solidarietà stretta delle confraternite belliche antiche. Combattevano nei primi ranghi di fronte al nemico o costituivano le ultime file in caso di ritirata; erano inoltre testimoni di un’epoca in cui un corpo d’élite riportava la vittoria oppure andava incontro alla morte: Loraux (1977) p. 117. Erodoto parla di cento ἄνδρας λογάδας previsti dalla legge (VI 56, 1), ma Leonida ne ebbe trecento. Cfr. anche I 67, 5 e VIII 124, 3.

263

L’ esercito greco riunito alle Termpili era composto da contingenti provenienti dal Peloponneso (Sparta, Tegea Mantinea, Orcomeno e altre città dell’Arcadia, Corinto Fliunte e Micene) e dalla Beozia (Tespie e Tebe). A questi si aggiunsero i Locresi Opunzi e i Focesi, chiamati a combattere con la garanzia dell’arrivo immediato dei rinforzi e della protezione delle coste da parte della flotta (VII 202-203, 1-2).

71 causa di un complotto, era stato costretto a fuggire e aveva trovato ospitalità presso i Persiani264. Nei suoi discorsi con il re persiano, (VII 102, 1-3; 104 1-5; 209, 2-4) Demarato sottolinea più volte il valore di Sparta, l’abilità dei suoi uomini nella lotta, ma soprattutto il loro coraggio e la loro disponibilità al sacrificio estremo265. In 102, 1 alla domanda di Serse sull’eventuale resistenza (eroica) dei Greci contro la sua potente armata, risponde tessendo un elogio nei confronti degli Elleni di stirpe dorica (τοὺς περὶ ἐκείνους τοὺς Δωρικοὺς χώρους οἰκημένους) e sostenendo che la virtù è la loro miglior difesa contro la povertà e l’asservimento. Restringe poi il suo discorso ai soli Spartani e afferma: ἤν τε γὰρ τύχωσι ἐξεστρατευμένοι χίλιοι, οὗτοι μαχήσονταί τοι, ἤν τε ἐλάσσονες τούτων, ἤν τε καὶ πλέονες. E ancora, in 104, 4, aggiunge che gli Spartani, pur essendo liberi, sono sottoposti al νόμος e agiscono secondo quanto questo ordina, e cioè οὐκ φεύγειν ἐκ μάχης e μένοντας ἐν τῇ τάξι ἐπικρατέειν ἢ ἀπόλλυσθαι. Le parole di Demarato sembrano anticipare quanto accadrà successivamente alle Termopili quando il solo Leonida, con il suo contingente, si troverà a difendere il passo.

Nelle battaglie che precedono il grande scontro finale, dunque, la superiorità numerica dei barbari non si rivelò un punto di forza sia per l’angustia del campo di battaglia, sia per il coraggio che dimostrarono le truppe greche. Il conflitto ebbe una svolta quando i Persiani, guidati da Efialte, uomo della Malide, raggiunsero le Termopili attraverso un sentiero dapprima sconosciuto che passava per il monte Anopea, da cui prese anche il nome. I Greci furono avvisati dell’accerchiamento dei Persiani inizialmente dall’indovino Megistia, che preannunciò loro la morte, poi da disertori, e infine dalle vedette. Erodoto riporta una versione (λέγεται) secondo la quale fu lo stesso Leonida a congedare gli altri Greci quando si accorse che, non avrebbero combattuto sino alla fine, e decise pertanto di affrontare i nemici da solo, con i suoi uomini “per guadagnarsi la fama” e “per preservare la gloria di Sparta”. A questo punto è introdotto l’oracolo dato agli Spartani di cui viene fornita prima una parafrasi e poi il testo in esametri (VII 220, 3-4):

264 Per le vicende di Demarato confronta VI 61-70, 2.

265 VII 209, 4: “Sappilo: se sottometterai costoro e quanti sono rimasti a Sparta, non vi è o re,

nessun altro popolo che ti si opporrà impugnando le armi: ora in effetti stai attaccando il regno più bello della Grecia e gli uomini più valorosi”.

72 Ἐκέχρητο γὰρ ὑπὸ τῆς Πυθίης τοῖσι Σπαρτιήτῃσι χρεωμένοισι περὶ τοῦ πολέμου τούτου αὐτίκα κατ' ἀρχὰς ἐγειρομένου, ἢ Λακεδαίμονα ἀνάστατον γενέσθαι ὑπὸ τῶν βαρβάρων, ἢ τὸν βασιλέα σφέων ἀπολέσθαι. Ταῦτα δέ σφι ἐν ἔπεσι ἑξαμέτροισι χρᾷ λέγοντα ὧδε· Ὑμῖν δ', ὦ Σπάρτης οἰκήτορες εὐρυχόροιο, ἢ μέγα ἄστυ ἐρικυδὲς ὑπ' ἀνδράσι Περσεΐδῃσι πέρθεται, ἢ τὸ μὲν οὐχί, ἀφ' Ἡρακλέους δὲ γενέθλης πενθήσει βασιλῆ φθίμενον Λακεδαίμονος οὖρος. Οὐ γὰρ τὸν ταύρων σχήσει μένος οὐδὲ λεόντων ἀντιβίην· Ζηνὸς γὰρ ἔχει μένος· οὐδέ ἕ φημι σχήσεσθαι, πρὶν τῶνδ' ἕτερον διὰ πάντα δάσηται.

In effetti agli Spartani che la consultavano riguardo a questa guerra, nel momento in cui era appena iniziata, la Pizia aveva risposto che o Sparta sarebbe stata distrutta dai barbari o il suo re sarebbe perito. Pronunciò il responso in esametri che così suonavano:

Voi che abitate Sparta dalle ampie contrade,

o la città vostra, grande e gloriosa, dai discendenti di Perseo viene distrutta, oppure no, ma la terra di Lacedemone piangerà morto un re della stirpe di Eracle.

Non lo arresterà la forza né dei tori né dei leoni,

faccia a faccia: possiede la forza di Zeus; né lui, io lo dichiaro, si arresterà prima di aver fatto a pezzi l’una cosa o l’altra.

Si tratta di un oracolo composto chiaramente dopo la battaglia delle Termopili. I riferimenti al Λακεδαίμονος οὖρος266 che piangerà un βασιλῆ φθίμενον, ucciso ad opera dei “discendenti di Perseo” sono troppo specifici per ipotizzare un caso di riutilizzo o una destinazione originaria diversa267. L’associazione di Perseo con i Persiani e i loro re è presente in Eschilo dove Serse è definito χρυσογόνου γενεᾶς, progenie discesa dall’oro (Pers. 79-80), chiara allusione alla saga di Perseo, nato dall’unione di Zeus (sotto forma di pioggia d’oro) e di Danae. Più avanti (vv. 176-214) la regina Atossa racconta di aver visto in sogno due donne bellissime, l’una adorna di pepli persiani, l’altra avvolta in abiti dorici, sorelle della medesima stirpe (κασιγνήτα γένους ταὐτοῦ), ma destinatarie di due terre diverse (rispettivamente quella greca e quella barbara). Il dissidio sorto successivamente fra le due donne fa riferimento all’impossibile

266 Si confronti il Κέκροπος οὖρος dell’oracolo dato agli Ateniesi (VII 141, 3). Lacedemone è

stato identificato con un eroe, figlio della ninfa Taigete e di Zeus (cfr. Macan ad loc.); Parke- Wormell (1949) p. 139.

267 Si veda a questo proposito Parke-Wormell (1956b), pp. 169-170. Secondo gli studiosi,

inoltre, l’oracolo era stato composto subito dopo le Termopili per infondere coraggio nell’animo degli Spartani sconfitti (cfr. Parke-Wormell, 1956a, p. 44). Il Macan afferma che il contesto originario di questo oracolo potrebbe anche essere l’ostilità fra Sparta e Argo.

73 coesistenza della Grecia e della Persia, sorelle per stirpe in quanto discendevano entrambe dall’eroe Perseo, ma molto differenti fra di loro268

. In VII 61, 3 Erodoto, nella digressione sui popoli che presero parte alla spedizione di Serse, si sofferma sulle origini dei Persiani e indica come loro capostipite Perse, figlio di Perseo e Andromeda269. Il conflitto tra Leonida e i Persiani, dunque, è presentato sul piano genealogico, come il conflitto tra Eraclidi e Perseidi. Parke e Wormell sottolineano un altro gioco di parole esistente fra Πέρσαι e Περσεΐδαι accogliendo la lettura πέρσεται270

in luogo di πέρθεται (v. 3), variante che si accorderebbe col futuro πενθήσει (v. 4). Secondo un’altra ipotesi271, si potrebbe individuare un riferimento indiretto anche ad Argo impegnata per anni in una guerra estenuante con la città laconica. Erodoto (VII 150, 2) riporta un racconto diffuso in Grecia in base al quale gli Argivi avevano scelto di appoggiare Serse poiché questi, tramite un araldo, era riuscito a persuaderla in nome dell’antenato comune Perse (versione questa che non coincide con quella fornita dai Persiani e contro la quale si scaglia lo stesso autore)272. In quest’ottica la versione greca relativa alle origini dei Persiani potrebbe aver permesso agli Spartani di presentare gli Argivi e i Persiani come la stessa identica minaccia273.

Questi primi quattro versi dell’oracolo, costruiti sul topos ricorrente del sacrificio di un re o della distruzione della sua città274, sono molto più chiari e specifici rispetto agli ultimi tre versi. La forza dei leoni è stata interpretata come un’allusione al re spartano Leonida (evidente è infatti l’assonanza fra i nomi275). Meno chiaro è invece il riferimento ai tori, che il Macan considera una mera aggiunta, mentre il Vannicelli ipotizza che si tratti di un simbolo del

268 Cfr. Belloni (1988), pp. 114-115; Garvie (2009), p. 117 riprendendo West, sottolinea che i

poeti greci tendono a stabilire connessioni genealogiche con i popoli stranieri. Inoltre l’Europa e l’Asia sono menzionate da Esiodo (Th. 357; 359) nell’elenco delle Oceanine.

269

Cfr. anche I 125, 3.

270 Oenom., ap. Eus., PE 5, 25. Il futuro richiama Il. XXIV, 729; il verso eschileo περσέπτολις

65 e πέρσαι (178) cf. Parke-Wormell (1949), p. 139.

271 Macan (ad loc.); Vannicelli (2012) pp. 259-263.

272 In VI 54, 1 i Persiani sostengono che Perse sia stato un Assiro, divenuto solo in seguito un

Greco; Erodoto in VII 152, 1-3 pur esponendo la sua metodologia di indagine che lo assolve dall’obbligo di prestar fede a tutto ciò che riporta, tende a sostenere la tesi degli Argivi secondo cui si sarebbero alleati con il nemico per incomprensioni nate con Sparta.

273

Vannicelli (2012) pp. 259-263. In IX 12, 1 gli Argivi promisero a Mardonio di impedire agli Spartani la fuga dal Peloponneso.

274 Clarke (2002), pp. 69-70.

275 How-Wells (19363) ad loc.; Macan (ad loc). Erodoto (VII 225, 2) fa riferimento ad un leone

74 potere regale insieme al leone276. Il τὸν (v. 5) è solitamente riferito a Serse277, o comunque a qualcuno che Leonida non riuscirà a fermare278. Ζηνὸς γὰρ ἔχει

Documenti correlati