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Le armi atomiche ed i loro effett

Uranio Arricchimento dell’uranio e trasformazione di U fertile in Pu fissile Plutonio Produzione di Pu fissile da U fertile e riprocessamento del

3. Le armi atomiche ed i loro effett

Tutte le implicazioni portate alla luce dalla scoperta della fissione e dalla fusione nucleare, a partire dal loro utilizzo bellico e proseguendo sulla volontà di utilizzarle per fini civili, hanno assunto negli anni della Guerra Fredda un'importanza preminente nel determinare le azioni degli Stati e alimentare il dibattito sulla sicurezza internazionale.

Seppure da una parte si volle favorire lo sviluppo del nucleare civile, la potenza militare e politica associata alle forze nucleari, indusse in quel periodo quasi tutti i Paesi dotati di strutture scientifiche e tecnologiche adatte, a considerare e in molti casi intraprendere programmi per l'acquisizione di tali armi.75

In questo modo, la corsa alle armi nucleari che ha caratterizzato il confronto militare nella Guerra Fredda, ha portato non solo alla produzione di un numero esorbitante di ordigni di vario tipo e potenza e di un insieme di sistemi per il loro impiego in ogni contesto bellico ipotizzabile, ma anche alla creazione di articolati complessi per la ricerca, lo sviluppo e la produzione degli armamenti, in grado di fornire anche le enormi quantità di esplosivi nucleari, ovvero uranio arricchito e plutonio, richieste dai programmi militari.

Durante quell'arco di tempo che va dagli anni '50 fino all'inizio degli anni '80, si assistette dunque all'accumulo sconsiderato di materiale fissile che condusse gli Stati impegnati in questo intento a far 74 Cit. Giampiero Giacomello e Alessandro Pascolini, Op. cit., p. 30.

75 Ivi, p. 45. Gli Stati che avevano questa possibilità non erano tanti: alla Germania appena sconfitta venne imposto il disarmo totale, mentre alcuni altri Paesi considerarono semplicemente la possibilità di costruire la bomba, abbandonando poi la tentazione soprattutto in funzione dei costi economici che questa avrebbe comportato.

raggiungere il livello di proliferazione delle armi atomiche al punto più elevato della storia: si parla nell'ordine di circa 70.000 testate prodotte dagli americani, 55.000 dai sovietici, 1.260 dai francesi, 1.200 dagli inglesi e 750 dai cinesi.76

A ciò si aggiunse lo sviluppo dei cosiddetti vettori, ovvero mezzi ausiliari sempre abbinati all'uso bellico del nucleare, di cui fanno parte aerei militari, missili balistici con basi a terra o in mare, sommergibili, missili a motore noti come cruise, sistemi antimissile e antiaereo, vari tipi di artiglieria e siluri: tutti i vettori, abbinati agli ordigni nucleari veri e propri, formano degli apparati di guerra noti come sistemi d'arma che possono così comprendere piattaforme appositamente concepite dalle quali le armi vengono lanciate, come pure sistemi di supporto e di comando degli armamenti.

La corsa alle armi della Guerra Fredda fu dunque caratterizzata da una feroce e vana competizione che drenò dalle politiche interne dei vari Paesi ingenti risorse umane, economiche e materiali, portando a sfiorare più volte il rischio di una guerra nucleare e mantenendo il mondo in un continuo clima di ansia, determinando anche il lascito di gravi problemi collaterali da risolvere nel futuro.77 La proliferazione delle armi atomiche riguardò in tal modo sia la crescita del numero delle nazioni coinvolte, si parla in questo caso di proliferazione orizzontale, sia l'aumento esponenziale degli armamenti totali e dei vettori di cui gli Stati potevano disporre, fenomeno conosciuto invece come

proliferazione verticale. Oltre alla moltiplicazione degli ordigni prodotti, l'affinamento delle

tecniche di installazione e montaggio delle bombe ha portato a migliorare anche la loro qualità, rendendo maggiore la loro efficienza e sviluppando un grado di potenza via via sempre più alto.78 Secondo una prima generale categorizzazione delle armi atomiche, si possono individuare alcune differenze relative alle diverse funzioni militari che gli vengono affidate, anche se non esiste alcun accordo internazionale sul modo di individuare i diversi compiti o le armi corrispondenti atte a soddisfarli. I testi internazionali si attengono infatti per la maggior parte alla classificazione non ufficiale utilizzata tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica in alcuni trattati bilaterali, nei quali la differenziazione tra le funzioni attribuite agli armamenti nucleari veniva basata sul loro raggio d'azione: la terminologia usata, utilizzata poi anche in futuro, identifica tale distinzione suddividendo le armi in “strategiche”, “tattiche” e “da campo di battaglia”.

76 Cfr. Alessandro Pascolini, Op. cit., p. 53.

77 Cfr. Giampiero Giacomello e Alessandro Pascolini, Op. cit., p. 46. Dalla citazione contenuta nel testo, si aggiunge che “i primi programmi nucleari militari avevano inizialmente quali obiettivi sia la propulsione navale (Francia 1939, Giappone 1942) che la produzione di armi impiegabili in azioni belliche (Germania 1939, Giappone 1943) ovvero a scopo deterrente per dissuadre gli avversari dal loro uso (Regno Unito 1940, USA 1940, URSS 1942)”. Vale la pena osservare che gli Alleati erano convinti che il Giappone non possedesse armi nucleari, neppure immaginando che vi fosse un programma atomico nipponico.

78 Cfr. Alessandro Colombo, Natalino Ronzitti (a cura di) , La questione nucleare: proliferazione orizzontale e corsa

Le armi nucleari strategiche sono generalmente dirette contro il potenziale militare ed economico di un avversario ed hanno una portata a lungo raggio o intercontinentale; le armi nucleari tattiche, avendo la funzione di mettere fuori uso o ridurre la capacità aggressiva del nemico, possono essere impiegate invece contro obiettivi militari sul campo di battaglia ed hanno un raggio d'azione più ridotto rispetto alle armi strategiche; infine, le armi concepite per essere indirizzate su obiettivi che si trovino esclusivamente nella zona dei combattimenti sono chiamate armi da campo di battaglia e di norma hanno un raggio d'azione estremamente limitato.79

A questa categorizzazione, segue una classificazione più approfondita relativa nello specifico alle varie forme di testate nucleari: appare opportuno specificare infatti che la parte essenziale di un'arma nucleare è costituita dal congegno esplosivo nucleare, o testata. Col termine “arma nucleare” si indica invece abitualmente sia la testata nucleare, sia il vettore che la conduce al bersaglio, soprattutto quando tale vettore è un missile. Le testate nucleari possono essere classificate secondo dei criteri che riguardano il tipo di reazione nucleare che determina il meccanismo di innesco, e vi sono a questo proposito due tipi di testate nucleari predominanti: quelle fondate unicamente sulla fissione e quelle che utilizzano anche la fusione; una particolare tipologia di armi a fusione, inventate posteriormente e poco diffuse, sono invece la bomba al cobalto e la bomba al neutrone, che chiudono il cerchio sull'elenco delle armi nucleari odiernamente conosciute.80

Le prime bombe nucleari, tra cui quelle utilizzate contro Hiroshima e Nagasaki, erano basate su reazioni di fissione dell'uranio o del plutonio e furono chiamate atomiche o bombe A; successivamente si arrivò alla costruzione di bombe termonucleari o bombe H, dal simbolo dell'idrogeno che costituiva l'elemento portante, basate invece su reazioni sia di fissione che di fusione. Attualmente i vari tipi di bombe fabbricate presentano caratteristiche molto differenziate soprattutto dal punto di vista costruttivo e strutturale, ma è proprio a partire da una conoscenza delle bombe di tipo A e H che si possono comprendere i principi generali di funzionamento e porre le basi per lo studio degli effetti delle esplosioni.81

Riguardo le bombe a fissione, o bombe A, i materiali con cui esse vengono formate in misura maggiore sono l'uranio fortemente arricchito del suo isotopo 235, oppure il plutonio 239 di qualità militare; altri materiali fissili prodotti artificialmente in reattori nucleari sono stati inoltre provati come esplosivi, tra questi si possono riconoscere l'uranio 233, il nettunio 237, americio 241, ma non risulta però che questi siano stati utilizzati effettivamente per l'assemblaggio di armi nucleari.82 79 Cfr. Lawrence Freedman, The evolution of nuclear strategy, St. Martin's press, New York, 1981, p. 118.

80 Cit. Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari del Disarmo, Armi nucleari, studio onnicomprensivo, New York, 1991, p. 15. Trad. It. (a cura di) Michele Di Paolantonio, La Perdonanza, L'Aquila, 1994. Nel corso degli anni sia le testate che i vettori hanno subito un importante processo di sviluppo e perfezionamento.

81 Cfr. CeSPI e USPID, Op, cit., p. 135. 82 Ibidem.

Per avviare all'interno di questi ordigni il meccanismo di innesco che conduce all'esplosione, i nuclei di materiale fissile vengono colpiti da neutroni e scissi in frammenti più leggeri, formando così due nuovi nuclei e rilasciando solitamente due, oppure tre, neutroni; se questi neutroni colpiscono a loro volta altri nuclei è possibile instaurare una reazione a catena, attuabile soltanto qualora sia presente più di una determinata quantità di materiale fissile detta massa critica, stimata in circa 20-25 chilogrammi di U-235 o in 4-8 chilogrammi di Pu-239.83

Ogni fase della reazione a catena libera quindi una cosiddetta generazione di neutroni, in modo tale che le fissioni si possano moltiplicare nei passaggi successivi: perché una reazione a catena possa autosotenersi è necessario che il numero di neutroni prodotti nella fissione sia maggiore o uguale alla somma dei neutroni dispersi. Si deve tenere presente infatti che non tutti i neutroni prodotti colpiscono altri nuclei, ma possono verificarsi altri processi che ostacolano l'innesco e l'autosostentamento della reazione a catena che possono impedire il raggiungimento della massa critica.84

Perché una bomba a fissione esploda con massima liberazione di energia, è necessario quindi che la massa di combustibile diventi ipercritica al momento opportuno, mantenendola tale per un tempo sufficiente a sviluppare una reazione a catena con un numero di generazioni che coinvolga una rilevante percentuale del materiale fissile. La massa complessiva delle particelle prodotte in una reazione di fissione risulta essere minore della massa del nucleo iniziale, essendosi la massa mancante trasformata in energia: la bomba dev'essere allora progettata per soddisfare al meglio i requisiti della reazione a catena portando il combustibile a superare la massa critica. Tanto più il dispositivo sarà assemblato in maniera ottimale a questo scopo, maggiore sarà la resa dell'arma; l'uranio possiede un valore di massa critica superiore al plutonio che risulta essere quindi più 83 Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari del Disarmo, Op. cit., p. 16. Vengono usati inseme esplosivi convenzionali ad altro potenziale per far raggiungere la massa critica molto rapidamente in modo da farla esplodere con ancora più violenza. In una bomba al plutonio il materiale fissile può essere concentrato in un volume non più grande di quello del un pugno di un uomo.

84 Cfr. CeSPI e USPID, Op. cit., p. 137-39. Il rapporto tra il numero medio di neutroni prodotti in una certa generazione ed il numero medio di neutroni spariti in quella precedente viene detto coefficiente di moltiplicazione, indicato con la lettera k, mentre il numero di neutroni effettivamente guadagnati in ogni generazione per ogni neutrone sparito nella generazione precedente viene indicato con v' che è uguale al valore di k -1: se k è maggiore di 1 (v' > 0) la situazione diventa ipercritica e si può ottenere l'esplosione; se k invece è minore di 1 (v' < 0), si ha una situazione sottocritica per cui la reazione di spegne gradualmente; infine, quando nella reazione di fissione k = 0 (v' = 0) vuol dire che questa è in equilibrio, ovvero rappresenta la situazione critica, quella che è presente in un reattore durante il funzionamento a regime di una centrale nucleare a scopi civili. I processi che impediscono o rallentano la reazione a catena possono essere individuati nei seguenti: i neutroni fuggono all'esterno del materiale fissile e vengono perduti; avvengono degli urti con i nuclei vicini; i neutroni possono venir catturati da nuclei non fissili. Il primo aspetto è quello su cui gli scienziati possono intervenire per evitarlo. Maggiore è infatti la massa del materiale fissile, minore è la probabilità che i neutroni riescano a fuggire, cosa che avviene invece con l'aumentare della sua superficie. Per ogni isotopo fissile esiste una sfera di raggio minimo (raggio critico) in cui la reazione a catena riesce ad autosostentarsi e la massa di questa sfera viene chiamata appunto massa critica: aumentando la concentrazione del materiale fissile il numero di neutroni prodotti aumenta più rapidamente di quello dei neutroni che fuggono, permettendo di abbassare la soglia di massa critica oltre la quale si crea l'esplosione.

efficiente per determinare l'esplosione.85

Per quanto riguarda invece la bomba a fusione, o bomba H, i nuclei degli isotopi di idrogeno pesante, il deuterio ed il trizio, vengono portati ad altissime temperature da un'esplosione dovuta a fissione, reazione indispensabile per l'innesco nelle armi termonucleari. La potenza prodotta dalla bomba H deriva così al tempo stesso dalla fissione e dalla fusione, alle quali si può aggiungere un'ulteriore energia di fissione rivestendo le armi con un involucro di uranio 238.86

Le bombe termonucleari sono quindi anche conosciute come bombe a fissione-fusione-fissione, proprio perché sono composte da un triplice sistema che nel suo insieme funziona con questa sequenza ciclica: l'esplosione dell'innesco primario a fissione determina un flusso di energia e di neutroni che crea le condizioni di pressione e temperatura che permettono il susseguirsi delle reazioni di fusione; queste, emettendo neutroni veloci, provocano in ultima istanza la fissione dell'uranio 238 con funzione di moltiplicatore di neutroni.87

Dopo aver esaminato a grandi linee la composizione ed il comportamento delle bombe H classiche più diffuse, rimane da prendere in considerazione le due tipologie di bombe nate successivamente ed appartenenti alla sottoclasse delle armi nucleari a fusione, rappresentate dalla bomba al cobalto da una parte, detta anche bomba ai sali, e dalla bomba al neutrone dall'altra, etichettata con la sigla di bomba N.

La bomba al cobalto è un modello di arma nucleare costruita come una normale bomba H, in cui l'uranio provoca due terzi dell'energia sprigionata ed il restante terzo appartiene alla reazione di fusione nucleare: la differenza si trova nello strato esterno, detto tamper, che è costituito da cobalto metallico. L'idea si basa sulla possibilità di utilizzare i neutroni presenti nell'esplosione nucleare di una bomba H per trasmutare del comune cobalto 59, non radioattivo, nell'isotopo cobalto 60 che è invece altamente radioattivo.

85 Ibidem. Oltre alle proprietà nucleari del materiale, ci sono altri fattori che possono rallentare o accelerare la reazione a catena e quindi influire sul valore della massa critica. Se ne possono considerare alcuni: minori sono le impurità nel materiale fissile, minore è la probabilità che un neutrone sia perso per aver interagito con esse e quindi minore è la massa critica da raggiungere per provocare l'esplosione; l'uso di un involucro di materiale che rifletta i neutroni (tamper), per esempio berillio o uranio naturale, permette anch'esso di ridurre la massa critica; più alta è la densità del materiale fissile, più piccolo è il cammino che un neutrone compie prima di causare un'altra fissione e, quindi, minore è la sua massa critica.

86 Cfr. Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari del Disarmo, Studio onnicomprensivo sulle armi nucleari, pubblicazione N° E.81.I.11, par. 12 e 17.

87 Cfr. CeSPI e USPID, Op. cit., p. 143-46. Il sistema primario può essere costituito da una normale bomba A, con materiale fissile a cui viene aggiunta una piccola quantità di litio 6, la cui esplosione servirebbe a fornire una quantità di energia inizialmente necessaria per permettere l'avvio della fusione, nella quale il deuterio ed il trizio hanno bisogno di raggiungere esorbitanti temperature nell'ordine dei milioni di gradi; le reazioni di fusione avvengono così nel sistema secondario, suddivise in due intervalli: nel primo il deuterio ed il trizio producono un nucleo di elio ed un neutrone, la cui massa complessiva è minore di quella iniziale e si trasforma in energia, nel secondo il neutrone prodotto può a sua volta disintegrare un nucleo di litio 6, fornendo sia il trizio necessario perché il processo possa autosostenersi, sia una dose supplementare di energia; il sistema terziario infine, può essere costituito da un guscio di uranio 238, per il quale la reazione di fissione può però essere innescata solo con neutroni veloci, al contrario dell'uranio 235 maggiormente fissionabile con neutroni lenti.

La bomba al cobalto venne proposta per la prima volta da Szilárd nel febbraio del 1950, non con un effettivo progetto per il suo utilizzo, ma per evidenziare il fatto che presto sarebbe stato possibile creare armi, le “armi dell'apocalisse”, in grado di cancellare la vita dalla Terra, accompagnando l’azione enormemente distruttiva della bomba con una ricaduta radioattiva (fallout) assai persistente e letale.88

Completamente diverso è ciò che avviene invece nella bomba al neutrone che affida il suo potenziale distruttivo non ad effetti termici e meccanici, come la bomba atomica o la bomba all'idrogeno, bensì ad un enorme flusso di neutroni. La creazione della bomba N è in genere attribuita a Samuel Cohen del Lawrence Livermore National Laboratory, che sviluppò il concetto nel 1958.89 Questa possiede uno schema di funzionamento comunque simile a quello della bomba all'idrogeno, essendoci un sistema primario di innesco e uno secondario in cui avviene la fusione; il sistema terziario però, invece di essere formato da uranio 238 che fornisce energia con la fissione, è generalmente costituito da berillio 9 che assorbe energia ed emette mediamente il doppio dei neutroni che riceve.

Una bomba al neutrone richiede inoltre una quantità considerevole di trizio, che avendo una emivita di 12,3 anni, rende impossibile immagazzinare in efficienza l'arma per periodi molto lunghi.90 Nonostante le differenti modalità di assemblaggio e i vari comportamenti specifici distinguibili tra le bombe a fissione e quelle a fusione si può notare che tutte queste testate nucleari producono un ciclo di eventi estremamente simile, ad eccezione delle bombe al neutrone. La natura degli effetti distruttivi delle bombe all'uranio, al plutonio o all'idrogeno, a prescindere dalla tipologia di arma, comprende infatti degli elementi costanti, riconducibili fondamentalmente all'esplosione che produce calore, un'onda d'urto e la radiazione: mentre il calore e l'onda d'urto provocano effetti immediati, la radiazione produce sia effetti istantanei che a lungo termine.

Le esplosioni, a livello generale, sono caratterizzate da una grande emissione di energia in un intervallo di tempo molto breve: nel caso delle esplosioni nucleari il fenomeno è dovuto alla trasformazione di materia in energia in seguito alle reazioni di fissione e fusione che avvengono 88 Si confronti la descrizione presente nel sito internet http://nuclearweaponarchive.org/Nwfaq/Nfaq1.html#nfaq1.6 Al momento dell'esplosione, i neutroni veloci prodotti dalla fusione termonucleare bombardano il cobalto 59 trasmutandolo in cobalto 60 radioattivo e disperdendolo. Il cobalto 60 decade beta con una lunga emivita di circa 5 circa anni, in nichel 60 (stabile) il quale emette raggi gamma.

89 Si veda il sito della BBC, http://news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/april/7/newsid_2523000/2523051.stm. Si pensa che gran parte dell'arsenale nucleare degli USA sia stato smantellato dall'amministrazione del presidente George H. W. Bush. Il “Cox Report” del 1999 indica che la Cina è in grado di produrre bombe al neutrone, anche se non si conosce esattamente se qualche Paese le abbia dispiegate abitualmente nel proprio arsenale o se le abbia in effetti impiegate.

90 Cfr. CeSPI e USPID, Op. cit., p. 146. Le bombe al neutrone, note in inglese come “enhanced radiation bombs” (armi ER), sono armi termonucleari relativamente piccole nelle quali il lampo di neutroni liberi generato dalla reazione di fusione nucleare viene lasciato libero di fuggire dalla struttura della bomba. I riflettori interni di raggi X ed il contenitore della bomba sono fatti in cromo o nichel in modo che ai neutroni sia consentito “sfuggire”.

all'interno del nucleo atomico: un'esplosione nucleare genera, in meno di un microsecondo, temperature superiori a 70 milioni di gradi, con una pressione calcolabile in milioni di atmosfere; il riscaldamento dell'aria circostante forma poi una massa gassosa incandescente detta “sfera di fuoco” (fireball) che si ingrandisce fino a raggiungere in pochi secondi un raggio massimo la cui ampiezza dipende dall'energia sprigionata dalla bomba.91

L'energia emessa durante un'esplosione nucleare viene solitamente misurata in

kilotoni (kt) o in megatoni (Mt) che

corrispondono all'energia scaturita da mille e da un milione di tonnellate di esplosivo convenzionale (TNT, tritolo). Paragonandole alle armi convenzionali, si può così affermare che “la tecnologia nucleare ha reso possibile che una singola arma atomica produca in un microsecondo un'energia maggiore della quantità totale di energia prodotta da tutte le armi convenzionali utilizzate in tutte le guerre nel corso della storia”.92

Quando avviene un'esplosione nucleare A o H, vengono dunque a determinarsi gli effetti immediati