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Il Trattato di Non Proliferazione e il parere della Corte Internazionale di Giustizia

Effetti delle esplosioni Causa dell'effetto Conseguenze sull'uomo Radiazione termica Il calore sprigionato

LA POLITICA INTERNAZIONALE DI CONTROLLO

2. Il Trattato di Non Proliferazione e il parere della Corte Internazionale di Giustizia

Sebbene i dettagli siano complessi, la cornice giuridica relativa all'uso del nucleare per scopi bellici è semplice nella sua essenza, poiché vi sono pochi imperativi fondamentali a sostegno della tesi che gli ordigni nucleari siano sostanzialmente illegittimi: le norme che hanno come obiettivo il divieto delle armi nucleari riguardano la loro non acquisizione, il non utilizzo e l'eliminazione; la non acquisizione inoltre, include tanto la non proliferazione orizzontale quanto quella verticale.

170 Dal sito internet http://www.enea.it. I dati sugli Accordi di salvaguardia, detti anche “di garanzia”, sono aggiornati all'anno 2009. Tutti gli impianti nucleari esistenti, che siano funzionanti o in disattivazione, sono soggetti ai controlli di salvaguardia. Inoltre, la IAEA rappresenta un'agenzia di controllo a livello internazionale, ma esistono anche a livello nazionale vari istituti preposti agli stessi scopi, ovviamente ognuno differente dall'altro a seconda dello Stato in questione. In Italia, ad esempio, il materiale e gli impianti nucleari sono sottoposti ad un triplice controllo: a livello nazionale da parte dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA, a livello comunitario da parte dell’EURATOM e a livello internazionale dalla IAEA.

Fra i diversi trattati internazionali e accordi bilaterali stipulati nella storia, ognuno orientato alla realizzazione di questi obiettivi con proprie e specifiche finalità, il Trattato di Non Proliferazione nucleare rappresenta senza dubbio lo strumento giuridico di base della politica anti-proliferatoria e del disarmo.

Il TNP, infatti, si propone di bloccare i processi di diffusione delle armi atomiche attraverso 11 articoli che si basano su tre principi basilari: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare.171

La nascita del TNP fu piuttosto travagliata e le premesse che posero le basi per la sua origine possono essere fatte risalire al 1961, quando l'Assemblea generale delle Nazioni Unite dichiarò, mediante la risoluzione 1653, intitolata “Dichiarazione sulla proibizione dell'uso di armi nucleari e termonucleari”, che l'utilizzo di armi nucleari “sarebbe eccessivo all'interno di una cornice bellica e causerebbe sofferenza e distruzione indiscriminate all'umanità e alla civiltà, risultando, pertanto, contrario alle regole giuridiche internazionali e alle leggi dell'umanità.” Tale risoluzione fu approvata con voto controverso all'interno dell'Assemblea, ma ha costituito comunque una dichiarazione chiara e normativa da cui prendere spunto per far evolvere l'impalcatura giuridica sulla questione.172

Nel 1965, Stati Uniti ed Unione Sovietica iniziarono a fare separatamente le prime proposte di un trattato incentrato sui temi della non proliferazione e del disarmo: dopo lunghe fasi di negoziazione, nel 1967 fu presentato a Ginevra, presso il Comitato del Disarmo delle Diciotto Nazioni (ENDC), un primo progetto congiunto americano-sovietico. Nel 1968 fu finalmente stabilito il testo definitivo del trattato che venne poi aperto alle firme dei vari Stati: il trattato fu sottoscritto da USA, Regno Unito e Unione Sovietica il 1º luglio 1968 ed entrò in vigore il 5 marzo 1970.173

I punti più rilevanti del Trattato di Non Proliferazione nucleare possono essere individuati nei seguenti: secondo l'art. 9 i Paesi sono divisi in due categorie, di cui fanno parte da un lato gli Stati Nucleari che hanno effettuato un test atomico prima del 1 gennaio 1967, cioè USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina, e dall'altro quelli non nucleari; per prevenire la diffusione delle armi nucleari, obiettivo enunciato nell'art. 1, le potenze nucleari si impegnano a non trasferire armi nucleari ad alcun altro Paese e a non favorire eventuali tentativi di produrle da parte di uno Stato 171 John Burroughs, Gli aspetti giuridici del disarmo nucleare e della non proliferazione, in Chiara Bonaiuti (a cura di), Op. cit., p. 103. I contenuti di tale assunto possono essere approfonditi anche nel testo di C.J. Moxley, J. Burroughs, J. Granoff, Nucelar weapons and compliance with international humanitarian law and the nuclear Non-Proliferation

Treaty, in “34 Fordham International Law Journal”, 2011.

172 Ibidem. I voti a favore furono 55, quelli contrari 20, fra cui le potenze nucleari occidentali e la Cina, e 26 le astensioni. La risoluzione, a parte l'Unione Sovietica, mancava quindi dell'appoggio delle altre potenze nucleari. 173 CeSPI e USPID, Op. cit., p. 88-89. Il Comitato del Disarmo delle Diciotto Nazioni era a quell'epoca il nome del foro negoziale multilaterale che oggi ha sede a Ginevra e si occupa, in stretto collegamento con l'ONU, degli accordi di controllo degli armamenti e di disarmo. Esso si è successivamente allargato a 40 membri e nel 1979 ha assunto il nome di Conferenza sul Disarmo (CD).

militarmente non nucleare; questi ultimi, a loro volta, si impegnano con il trattato a non acquisire armi nucleari, obbligo previsto all'art. 2, e ad accettare, previo accordo, i controlli della IAEA, in modo che non siano attuabili diversioni di materiale fissile dal settore energetico a quello militare (art. 3); l'art. 4 si propone poi di facilitare lo sviluppo dell'energia nucleare, con particolare riguardo ai Paesi in via di sviluppo aderenti al trattato e non dotati di armi nucleari, mentre l'art. 5 si occupa di assicurare che agli Stati non nucleari firmatari del trattato siano resi disponibili anche i potenziali benefici di esplosioni nucleari pacifiche; il disarmo nucleare viene auspicato all'art. 6, con l'invito a proseguire i negoziati in buona fede per efficaci misure di eliminazione delle testate; per quanto riguarda le regole di procedura e funzionamento del TNP, sono previste conferenze quinquennali di rassegna per esaminare il funzionamento del trattato stesso (art. 8). In base all'art. 10, venne programmata una Conferenza, da tenere a 25 anni dall'entrata in vigore del trattato, che avrebbe dovuto decidere le sorti del TNP, cioè se esso avesse dovuto continuare ad esistere “indefinitamente, oppure se sarà prorogato per un ulteriore periodo definito o per più periodi”; sempre all'art. 10, si prevede anche la possibilità che ogni Stato membro abbia facoltà di ritirarsi dal trattato “se eventi straordinari relativi alla materia oggetto del TNP metteranno in pericolo i suoi supremi interessi”, notificando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con tre mesi d'anticipo la sua uscita e spiegandone i motivi.174

Inizialmente, il TNP sostenuto dalle nazioni promotrici, ovvero Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, ebbe un buon successo numerico di adesioni ed alla fine del 1971, su un totale di 133 Paesi membri delle Nazioni Unite, gli Stati in cui era entrato in vigore erano 70, mentre altri 31 lo avevano solo firmato e lo avrebbero ratificato in seguito. Non mancavano però gli Stati che si opponevano al trattato, alcuni perché effettivamente intenzionati a dotarsi di un armamento nucleare, altri perché non accettavano l'impostazione e le clausole in esso contenute: gli Stati che da subito rifiutarono di aderire furono Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cile, Corea del Nord, Cuba, India, Israele, Pakistan, Spagna e Sud Africa. La contestazione provenne soprattutto da Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, secondo i quali il trattato era troppo discriminatorio a sfavore delle nazioni che rinunciavano alla costruzione della bomba atomica; ma anche Francia e Cina, che facevano già parte degli Stati nucleari, si opposero per ragioni di principio.175

Col tempo, buona parte degli Stati che non vollero accettare il Trattato di Non Proliferazione ha comunque cambiato progressivamente posizione: Francia e Cina, gli altri due Stati Nucleari, vi aderirono nel 1992, mentre la Corea del Nord lo sottoscrisse nel 1985 ma, sospettata di costruire ordigni atomici e rifiutando ispezioni, si ritirò definitivamente dal trattato nel 2001.

174 Ibidem. Nell'ambito del rapporto tra il Trattato di Non Proliferazione nucleare e la IAEA, il nome del testo relativo all'accordo standard tra l'agenzia ONU e gli Stati Militarmente Non Nucleari membri del TNP èINFCiRC/153.

Il Sudafrica, all'inizio non membro del TNP, ha costruito sei testate nucleari che ha successivamente dichiarato di aver smantellato, aderendo poi al trattato nel 1991 come Stato non-nucleare. Inoltre, molti Stati non nucleari hanno accettato il carattere intrinsecamente discriminatorio (tra “Stati nucleari” e “Stati non-nucleari”) del trattato, perché hanno riconosciuto che i progetti di costruzione di armamenti atomici sono contrari ai propri specifici interessi, oltre che agli interessi globali. Un numero sempre maggiore di Paesi è dunque arrivato a percepire la proliferazione nucleare come antitetica agli interessi della collettività degli Stati o all’ordine globale, ed attualmente i membri sono diventati 189.176

D’altra parte, un numero assai limitato di Stati ha comunque intrapreso, a vario livello, attività connesse allo sviluppo di armamenti nucleari: alcuni di essi tentarono a tutti gli effetti di costruire la bomba ed altri parteciparono al programma NATO di condivisione nucleare.

Precisamente, oltre agli Stati nucleari, altre quattro nazioni non aderenti al TNP hanno sviluppato e possiedono tutt'ora armamenti nucleari: queste sono India, Pakistan, Corea del Nord ed Israele, sebbene il governo israeliano non abbia mai confermato ufficialmente di possedere un arsenale nucleare e non abbia nemmeno mai svolto alcun test; il Sudafrica, come detto, allestì un arsenale nucleare tra la metà degli anni settanta e la fine degli anni ottanta ma scelse spontaneamente di smantellarlo nel 1991; dopo la caduta e la disgregazione dell'Unione Sovietica, i neo indipendenti Stati di Bielorussia, Kazakistan ed Ucraina si ritrovarono invece a gestire armi nucleari ex URSS, smantellandole o restituendole alla Russia entro il 1997. Svariati altri Stati hanno avviato e sviluppato inoltre, soprattutto negli anni della Guerra Fredda, programmi nucleari militari, senza però mai arrivare alla costruzione ed alla sperimentazione di un ordigno atomico.177

176 Ibidem. Tra il 1985 e il 1988 aderirono al trattato anche Spagna e Arabia Saudita ed in seguito seguirono la stessa strada Algeria e Argentina nel 1995; per ultimi, Brasile e Cile divennero consenzienti con i suoi obiettivi.

177 Ivi, p. 92-98. I Paesi che hanno costruito clandestinamente armi nucleari, escluse le cinque potenze nucleari ufficiali, o che hanno tentato recentemente di produrle vengono etichettati col termine di Stati di “soglia nucleare”. L'elenco di queste nazioni vede presenti India, Pakistan, Corea del Nord ed Israele tra quelle che possiedono la bomba, mente Iran, Iraq, Sudafrica, Argentina e Brasile hanno tentato di produrre testate nucleari o sono accusati di detenerle. Avendo già esaminato in precedenza i casi di India e Pakistan, bisogna aggiungere che la Corea del Nord risulta essere l'unica nazione che ha abbandonato il TNP; Israele invece, avviò il programma nucleare per approvvigionarsi della bomba già dagli anni '50 con l'aiuto fondamentale della Francia per la produzione del plutonio, ed arrivò ad avere la bomba circa a metà degli anni '60, poco prima della nascita del TNP, anche se il governo israeliano non ha mai ammesso in modo esplicito di possedere armamenti atomici. Si può pensare che il suo arsenale nucleare, dotato presumibilmente di circa 100 ordigni, funga da strumento di deterrenza estrema nei confronti del mondo arabo che lo circonda; tra gli altri Stati di “soglia nucleare”, l'Iraq ha rinunciato agli armamenti atomici, voluti negli anni '70, dopo la sconfitta del 1991, il Sud Africa ha smantellato i suoi arsenali, Argentina e Brasile hanno abbandonato i loro programmi militar-nucleari sempre nel 1991, concludendo gli accordi con la IAEA perché tutte le loro installazioni venissero sottoposte a controllo; il caso dell'Iran è invece il più controverso, per l'ambiguità con cui il governo del Paese opera nell'ambito dell'energia nucleare. Vanno infine considerati i Paesi emersi dalla disgregazione dell'Unione Sovietica che si ritrovarono in possesso di testate nucleari all'interno del loro territorio, ovvero Russia, Bielorussia, Kazakhstan e Ucraina: mentre la Russia è rimasta titolare dello status di potenza nucleare, gli altri tre Stati, rimanendo in possesso delle armi, avrebbero fatto nascere un serio caso anomalo di proliferazione. Tale possibilità è stata cancellata poiché prima Bielorussia, e poi nell'ordine Kazakhstan e Ucraina (che deteneva nei suoi confini più di 1.400 testate), sono stati convinti con aiuti economici americani e garanzie di sicurezza russe a rinunciare alle armi.

La condivisione nucleare (cosiddetta nuclear sharing) è invece un concetto politico appartenente alla politica della NATO, relativo alla teoria di deterrenza nucleare che coinvolge i Paesi membri nella pianificazione per l'uso di armi nucleari, ed in particolare prevede che le forze armate di questi Paesi siano coinvolte nella fornitura di queste armi in caso di necessità del loro utilizzo.

Per gli Stati partecipanti, la condivisione nucleare consiste nel prendere decisioni comuni in materia di politica sulle armi nucleari e nel mantenere le attrezzature tecniche necessarie per l'uso delle armi nucleari, tra cui vettori come aerei da guerra e sottomarini, conservandole sul loro territorio.

Delle tre potenze nucleari della NATO, cioè Stati Uniti, Regno Unito e Francia, solo gli Stati Uniti hanno fornito armi nucleari per la condivisione: Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia fanno parte del progetto di condivisione nucleare avendo ordigni nucleari statunitensi nel proprio territorio; il Canada ha ospitato ordigni fino al 1984 e la Grecia fino al 2001; il Regno Unito ha inoltre ricevuto supporto logistico statunitense e armi nucleari tattiche come mezzi di artiglieria e missili fino al 1992, nonostante esso sia uno Stato dotato di armi nucleari proprie.178

Sia il Movimento dei Non-Allineati che i critici all'interno della NATO credono che la condivisione nucleare della NATO violi gli articoli I e II del Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP), che vietano il trasferimento e l'accettazione, rispettivamente, del controllo diretto o indiretto sulle armi nucleari. Gli Stati Uniti insistono nell'affermare che le loro forze hanno il controllo delle armi e che nessun trasferimento delle bombe nucleari o controllo su di esse è previsto “a meno che e fino a quando una decisione di andare in guerra viene presa, nel cui caso il TNP non sarebbe più applicabile”, e quindi non c'è violazione del TNP.

In sostanza, nel momento in cui il TNP era in fase di negoziazione, gli accordi di condivisione nucleare della NATO rimasero segreti e vennero comunicati solamente ad alcuni Stati, tra cui l'Unione Sovietica. Le argomentazioni della NATO per non trattare la condivisione come proliferazione furono dunque stabilite con pochi interlocutori, ma la maggior parte degli Stati che hanno firmato il TNP nel 1968 non sarebbero stati in quel momento a conoscenza di tali accordi ed interpretazioni.179

178 Come riporta il testo di John Clearwater, Canadian Nuclear Weapons: The Untold Story of Canada's Cold War

Arsenal, Dundurn Press Ltd, 1998, storicamente la condivisione dei sistemi d'arma non era limitata alle bombe: la

Grecia ed il Canada, ad esempio, hanno avuto alcune tipologie di missili armati con testate nucleari. Attualmente, il Belgio possiede una base a Kleine Brogel in cui sono custoditi circa 10-20 bombe e vettori come gli aerei militari F-16; la base in Germania è situata a Büchel, ha ugualmente 10-20 bombe nucleari e aerei Tornado; i Paesi Bassi, nel sito di Volkel, hanno anch'essi 10-20 bombe ed F-16; in Italia invece si trovano due basi, una ad Aviano, con ben 50 testate ed F-16, e l'altra a Ghedi Torre, che tra i 20 e i 40 ordigni ed aerei Tornado; la Turchia, infine, ha messo a disposizione la base di Incirlik, con al suo interno 50-90 e vari di aerei. La tipologia di bombe sono tutte B61, ovvero bombe termonucleari all'idrogeno prodotte a Los Alamos nell'epoca della Guerra Fredda e tuttora presenti anche nell'arsenale nucleare americano. Le armi sono sotto la custodia e il controllo della USAF Munitions Support Squadrons collocata sulle principali basi operative della NATO che lavorano insieme con le forze della nazione ospitante.

179 Il documento relativo a questo discorso è quello di Brian Donnelly, Foreign and Commonwealth Office, The

Nuclear Weapons Non-Proliferation Articles I, II and VI of the Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons,

Stati che